Commissione Tributaria Regionale per le Marche sez. 4 sentenza n. 56 depositata il 20 gennaio 2022
Tassa di concessione governativa sugli abbonamenti telefonici da parte dei Comuni. Diniego di rimborso. Legittimità.
Massima:
In tema di radiofonia mobile, gli enti locali sono tenuti al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari, non estendendosi ad essi l’esenzione riconosciuta dall’art. 13 bis, comma 1, del d.P.R. n. 641 del 1972, a favore dell’Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione fiscale di stretta interpretazione, e attesa, ai sensi dell’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001, l’inesistenza di una generalizzata assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità presuppone una specifica scelta (nella specie, non adottata) legislativa. Ancora, risulta irrilevante l’abrogazione dell’art. 318 del d.P.R. 28 marzo 1973, n. 156, ad opera dell’art. 218 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259 e la disciplina nazionale non è contraria alla disciplina comunitaria. Tale abrogazione non ha fatto venire meno l’assoggettabilità dell’uso del “telefono cellulare” alla tassa governativa di cui all’art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, in quanto la relativa previsione è riprodotta nell’art. 160 del d.lgs. n. 259 cit. Va, infatti, esclusa – come anche desumibile dalla norma interpretativa introdotta con l’art. 2, comma 4, del d.l. 24 gennaio 2014, n. 4, conv. con modif. in legge 28 marzo 2014, n. 50, che ha inteso la nozione di stazioni radioelettriche come inclusiva del servizio radiomobile terrestre di comunicazione – una differenziazione di regolamentazione tra “telefoni cellulari” e “radio-trasmittenti”, risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso, al d.lgs. 259 cit. (attuativo, in particolare, della direttiva 2002/20/CE, cosiddetta direttiva autorizzazioni), e, quanto ai requisiti tecnici per la messa in commercio, al d.lgs. 5 settembre 2001, n. 269 (attuativo della direttiva 1999/5/CE), sicché il rinvio, di carattere non recettizio, operato dalla regola tariffaria deve intendersi riferito attualmente all’art. 160 della nuova normativa, tanto più che, ai sensi dell’art. 219 del medesimo D.Lgs., dalla liberalizzazione del sistema delle comunicazioni non possono derivare “nuovi o maggiori oneri per lo Stato”, e, dunque, neppure una riduzione degli introiti anteriormente percepiti. Né, in ogni caso, l’applicabilità di siffatta tassa si pone in contrasto con la disciplina comunitaria attesa l’esplicita esclusione di ogni incompatibilità affermata dalla Corte di Giustizia. La tassa è quindi dovuta e legittimati passivi sono i Comuni.
Testo:
Si discute circa la debenza da parte dei Comuni di M. e P. al pagamento della tassa di concessione governativa sugli abbonamenti telefonici. L’Ufficio, ritenendo i Comuni tenuti al pagamento della tassa, ha rigettato le richieste di rimborso effettuate da entrambi gli Enti Territoriali per gli anni 2007 – 2010. La Commissione Provinciale ha ritenuto illegittimo il rifiuto dell’Ufficio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello appare fondato. Non sono fondate le eccezioni preliminari sollevate dagli appellati. La notifica dell’appello è stata ricevuta il 30.6.2015 e quindi, ex art.38 del D.L.vo n.546/1992, entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza di primo grado (31.12.2014). Nel computo dei termini processuali mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 c p.c., si osserva, a norma degli artt. 155, comma 2, C.P.C., e 2963, comma 4, c.c., il sistema della computazione civile non “ex numero” bensì “ex nominatione dierum”, nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale di sospensione feriale dei termini, sicché per calcolare i termini di decadenza dal gravame non occorre tenere conto dei giorni compresi tra il primo e trentunesimo giorno agosto di ciascun anno (Cass. civ. n.17640/2020) Sul punto sono probanti le cartoline A/R prodotte dall’appellante. D’altra parte per il notificante deve farsi riferimento alla data di spedizione, che è certamente precedente al 30.6.2015. Sussiste la legittimazione del funzionario che ha sottoscritto l’appello, stante la delega richiamata nello stesso atto di appello. Passando al merito, in tema di radiofonia mobile gli enti locali sono soggetti passivi d’imposta (vedere in questo senso Cass.civ. n.30244/2018). Inoltre le sezioni unite della Suprema Corte hanno affermato che: in tema di radiofonia mobile, gli enti locali sono tenuti al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari, non estendendosi ad essi l’esenzione riconosciuta dall’art. 13 bis, comma 1, del d.P.R. n. 641 del 1972, a favore dell’Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione fiscale di stretta interpretazione, e attesa, ai sensi dell’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001, l’inesistenza di una generalizzata assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità presuppone una specifica scelta (nella specie, non adottata) legislativa (vedere Cass.civ.sez.un. n.9560/2014) Conformi sono le successive decisioni della Suprema Corte (vedere sentenza n.23081/2019). Risulta infine irrilevante l’abrogazione dell’art. 318 del d.P.R. 28 marzo 1973, n. 156, ad opera dell’art. 218 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259 e la disciplina nazionale non è contraria alla disciplina comunitaria. Tale abrogazione non ha fatto venire meno l’assoggettabilità dell’uso del “telefono cellulare” alla tassa governativa di cui all’art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, in quanto la relativa previsione è riprodotta nell’art. 160 del d.lgs. n. 259 cit. Va, infatti, esclusa – come anche desumibile dalla norma interpretativa introdotta con l’art. 2, comma 4, del d.l. 24 gennaio 2014, n. 4, conv. con modif. in legge 28 marzo 2014, n. 50, che ha inteso la nozione di stazioni radioelettriche come inclusiva del servizio radiomobile terrestre di comunicazione – una differenziazione di regolamentazione tra “telefoni cellulari” e “radio-trasmittenti”, risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso, al d.lgs. 259 cit. (attuativo, in particolare, della direttiva 2002/20/CE, cosiddetta direttiva autorizzazioni), e, quanto ai requisiti tecnici per la messa in commercio, al d.lgs. 5 settembre 2001, n. 269 (attuativo della direttiva 1999/5/CE), sicché il rinvio, di carattere non recettizio, operato dalla regola tariffaria deve intendersi riferito attualmente all’art. 160 della nuova normativa, tanto più che, ai sensi dell’art. 219 del medesimo D. Lgs., dalla liberalizzazione del sistema delle comunicazioni non possono derivare “nuovi o maggiori oneri per lo Stato”, e, dunque, neppure una riduzione degli introiti anteriormente percepiti. Né, in ogni caso, l’applicabilità di siffatta tassa si pone in contrasto con la disciplina comunitaria attesa l’esplicita esclusione di ogni incompatibilità affermata dalla Corte di Giustizia (CGCE, 12 dicembre 2013 in C-335/2013). (Cass. civ.sez.un.9560/2014).
La tassa è quindi dovuta e legittimati passivi sono i due Comuni. Le ragioni della decisione e l’incertezza giurisprudenziale giustificano la compensazione delle spese di entrambi i gradi.
P.Q.M.
accoglie l’appello dell’Ufficio e dichiara legittimo il rifiuto al rimborso; compensa le spese di entrambi i gradi.
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