Commissione Tributaria Regionale per le Marche, sezione n. 4, sentenza n. 308 depositata il 23 giugno 2020

Accise sull’energia elettrica. Art. D.Lgs. 504/1995 ed art. 8 L. n. 212/2000. Compensazioni.

Testo:

Con sentenza n. 98/2/13 del 27 marzo / 10 maggio 2013 la CTP di MC accoglieva ricorso di F. E. G. Spa, esercente principalmente attività di vendita di energia elettrica e gas naturale, avverso l’avviso di pagamento prot.n. A-20792 del l 0.12.2012 volto al recupero di euro 300.868,16 a titolo di accisa sull’ energia elettrica, indennità di mora ed interessi e avverso il contestuale atto di irrogazione sanzioni prot.n. 308100-90-2012 per l’importo di euro 86.375,58, ai sensi del combinato disposto dell’art. 56 c. 2 D.Lgs. 504/1995 cd. Testo Unico delle Accise (TUA) e dell’art. 13 D.Lgs. 472/97, ritenendo dovuta la compensazione per le accise sull’energia elettrica richiesta dalla Dogana di Civitanova Marche con i crediti vantati dalla stessa società ricorrente presso altre Agenzie delle Dogane e dei Monopoli di Stato. Spese compensate.

L’ Ufficio Dogane di Civitanova Marche depositava rituale e tempestivo appello, principalmente esponendo che la compensazione, quale prevista dall’art. 8 dello Statuto del contribuente, è una possibile modalità estintiva delle obbligazioni tributarie ma solo nei casi espressamente contemplati dal legislatore e che la Corte di Cassazione ha affermato più volte la necessità della previa emanazione di una disciplina di attuazione per l’applicazione della stessa (infatti, l’art.8 della L.27/7/2000 n.212 enuncia il seguente principio: “La obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione”, ma il co.6 della citata disposizione specifica: “Con decreto del Ministero delle Finanze, adottato ai sensi dell’art 17 co.3 della L. 23 agosto 1988 n.400, relativo ai poteri regolamentari dei Ministri nelle materie di loro competenza, sono emanate disposizioni di attuazione del presente articolo”).

Ribadiva che in mancanza di una norma di attuazione non appare corretto desumere la possibilità di compensazione nell’ambito delle accise in via di interpretazione estensiva od applicazione analogica delle norme concernenti le imposte sul reddito, come sembrerebbe trasparire dai richiami operati in alcune sentenze di Giudici tributari provinciali.

Evidenziava che la statuizione contenuta nella sentenza impugnata appare oltre modo generica laddove si limita a prevedere la compensazione tra crediti e debiti, atteso che, nel caso de quo, essendo le contabilità provinciali tenute da distinti Uffici provinciali, non è possibile parlare di compensazione ma piuttosto di “trasferimento di credito”, meccanismo conosciuto dalla Società appellata che lo ha utilizzato più volte, il quale peraltro va subordinato in ogni caso, secondo le modalità previste dall’art. 6 del DM 689/96, al provvedimento di autorizzazione al trasferimento da parte dell’Ufficio competente, che previamente ne deve accertare l’esistenza e l’ammontare.

Chiedeva di dichiarare legittimo l’avviso di pagamento originariamente impugnato e di dichiarare dovuta la conseguente sanzione irrogata con l’atto pure impugnato.

Con vittoria di spese, diritti ed onorari di entrambi i gradi di giudizio.

La F. E. G. S.p.a. depositava controdeduzioni e appello incidentale con cui evidenziava violazione di varie disposizioni (art. 12 L. n. 212/2000; art. 3 L n. 241/1990; art. 7 L. n. 212/2000), in quanto l’Ufficio ha notificato un p.v.c. privo della indicazione dei recuperi a tassazione e che rinvia al contenuto di un atto ad esso conseguente qual è l’avviso di pagamento; inoltre, l’Ufficio non ha rispettato il termine di 60 giorni sancito dall’art. 7 della legge n. 212/2000, stante l’assenza di casi di particolare e motivata urgenza, peraltro non indicati nel p.v.c. ovvero nell’atto impositivo.

Rivendicava l’applicabilità del principio di non contestazione in quanto, nel corso del giudizio di primo grado, la società F. G. s.p.a. mediante deposito di copiosa documentazione, sia in sede di ricorso introduttivo che successivamente con apposita nota, ha provato la sussistenza dei crediti per accisa vantati nei confronti dell’Agenzia delle Dogane, dei quali invocava la compensazione con le esposizioni debitorie maturate derivante da tardivi o omessi versamenti dei ratei dovuti, sottolineando che la presunta carenza di certezza del credito per accisa maturato dalla F. G. s.p.a., in quanto eccepita per la prima volta solo in appello, viola il dettato normativa di cui all’art. 57 del d.Lgs. n. 546/1992 il quale dispone che alle parti non è dato introdurre dati, elementi, difese non dedotti ed allegati nel corso del giudizio di primo grado Insisteva nel ritenere applicabile l’istituto della compensazione previsto dall’art. 8 dello Statuto dei diritti del Contribuente operante nel settore delle accise, in via di interpretazione estensiva od applicazione analogica della disciplina dettata per le imposte dirette o dal D.Lgs. n. 241/97.

Riteneva le censure formulate da controparte destituite di fondamento sia in fatto che in diritto. Specificava le caratteristiche dell’accisa, quale imposta indiretta sulla produzione e sui consumi dei prodotti energetici ed elettricità, dell’alcol e delle bevande alcoliche, dei tabacchi lavorati ecc., disciplinata dal D. Lgs. n. 504/1995 così come modificato ed integrato dal D. Lgs. n. 26/2007 e dal D.Lgs. n. 48/2010. Esponeva che la ditta F. E. G. s.p.a., vanta crediti per accise nei confronti di vari uffici doganali per un importo di circa euro 1.331.525,91, accumulati in quanto gli uffici interessati non hanno dato corso alle varie istanze di trasferimento dei crediti, di compensazione debiti-crediti, di rimborso delle imposte e di riduzione delle rate d’acconto.

Riteneva che, poiché a fronte di imposte ed interessi richiesti dall’erario per euro 282.545,04 la ricorrente risulta creditrice di accise per complessivi euro 1.331.525,91, il Giudice adito ben aveva concesso l’invocata compensazione parziale tra crediti e debiti sino alla concorrenza della somma di euro 282.545,04.

Riferiva che, oltre alle posizioni ereditarie verso lo Sato per accise, la società vanta crediti verso i clienti finali per circa 9 milioni di euro con le inevitabili ripercussioni sul mancato incasso dell’imposta dovuta all’erario; aggiungeva l’esposizione nei confronti degli istituti di credito che, allo stato attuale impedisce alla F. G. S.p.A. di far fronte ad ulteriore ricorso a finanziamenti di terzi. Deduceva che quanto rappresentato le aveva impedito di poter versare le imposte dovute e spiegava appello incidentale in quanto l’Agenzia delle Dogane, Ufficio di Civitanova Marche, ha irrogato sanzioni ed indennità di mora per complessivi euro 86.375,58 e, nonostante l’art. 6, comma 5, del D. Lgs. n. 472/1997 disponga espressamente che “Non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore”, pur non essendo il mancato pagamento delle accise da parte della ricorrente imputabile a dolo o colpa, la sentenza impugnata nulla ha statuito in merito. Chiedeva, in via preliminare, dichiararsi l’inammissibilità e/o l’illegittimità dell’appello proposto dall’Agenzia delle Dogane, ufficio di Civitanova Marche secondo l’ordine delle ragioni esposte; nel merito: – respingersi l’appello proposto dall’ufficio siccome manifestamente infondato sia in fatto che in diritto; – accogliersi l’appello incidentale. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di lite oltre iva e irap, se ed in quanto dovuti per legge. L’Ufficio delle Dogane di Civitanova Marche Sono faceva pervenire memorie illustrative datate 9 marzo 2020 con cui confermava le argomentazioni addotte nell’atto di appello, respingendo tutte le avverse deduzioni, difese e produzioni di controparte, insistendo affinché la Commissione Tributaria Regionale dichiari legittimi gli atti emessi dall’Ufficio delle Dogane e dei Monopoli di Civitanova Marche, con vittoria di spese. . . La controversia veniva celebrata con trattazione scritta, in ossequio al decreto 23 aprile 2020 del Presidente della Commissione Tributaria Regionale delle Marche. L’appello proposto è fondato e merita di essere accolto, mentre va respinto l’appello incidentale della F. S.pa. in quanto infondato. Preliminarmente, va detto che non vi è stata alcuna violazione delle norme che regolano il procedimento che ha condotto all’ adozione dell’avviso di pagamento e dell’ irrogazione di sanzioni, e segnatamente circa la presunta illegittimità dell’ accertamento per violazione dell’ art. 12 commi 2 e 7 L. 212/2000, posto che l’Ufficio non ha operato mediante accessi, ispezioni od accertamenti presso la sede del contribuente ma ricorrendo all’ invito a comparire di cui all’ art. 32 DPR n. 600/73, per cui al caso di specie non si applica il comma 7 dell’ art. 12 L 212/2000 per il quale l’ ufficio a pena di nullità avrebbe dovuto attendere 60 giorni prima di emettere l’ avviso di accertamento, posto che lo stesso prevede al suo primo comma che “Tutti gli accessi , ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’ esercizio di attività commerciali, industriali… sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controlli sul luogo” ( trattasi in altre parole, di accertamenti nel corso dei quali i soggetti operanti hanno possibilità di introdursi nei luoghi altrui anche contro la volontà di chi li occupa, con limitazione di diritti e garanzie fondamentali sanciti dalla Costituzione, ragion per cui le prescrizioni di cui all’ art. 12 si applicano solo alle ipotesi individuate da esso).

La giurisprudenza, tanto di merito che di legittimità, è consolidata nell’ affermare che le garanzie di cui all’art.12 della L. 27 luglio 2000 n.212 si applicano solo ed esclusivamente a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione, anche istantaneo (cfr. Cass. sez. Vl12.4.2019 n. 10388) o breve (cfr. Cass. sez. trib. 21.11.2018 n. 30026), nei locali dell’impresa (si vedano Cass., SS. UU. civili, 29luglio 2013, n. 18184; Sez. trib., 12 febbraio 2014, n. 3142; Cass. civ., Sez. VI-trib., 31 ottobre 2017, n. 28029; Cass. sez. VI, 29.10.2018 n. 27420), Comm. Trib. Reg. Cagliari (Sardegna), sez. V, 27.8.2019 n. 475 e sez. IV, 14.5.2019 n. 304). Quanto al merito, questo Collegio, pur consapevole degli ondivaghi orientamenti dottrinari (in realtà, la dottrina che si è occupata del tema relativo all’applicabilità dell’istituto della compensazione nel diritto tributario, con diverse motivazioni, ha generalmente escluso che l’obbligazione tributaria possa estinguersi per compensazione. Si è posta in evidenza, di volta in volta, la necessità per lo Stato e per gli alti enti pubblici di riscuotere in modo rapido e senza intralci i tributi loro dovuti, la diversa natura del credito vantato dall’ente impositore (di natura pubblicistica) rispetto a quello del contribuente (di natura privatistica), ma anche l’operatività dell’art. 225 del R.D. 22 maggio 1924, n. 827 (Regolamento di Contabilità di Stato), secondo il quale le entrate dello Stato si riscuotono, di regola, in contanti. Inoltre, secondo la maggior parte della dottrina, mentre è sempre possibile all’Amministrazione finanziaria compensare un suo credito con un debito del contribuente, quest’ultimo non può opporre in compensazione un suo debito all’erario, a meno che non sia la legge a prevedere espressamente tale possibilità) e dell’esistenza di pronunce di merito favorevoli alla tesi dell’appellata (ad es. CTP Trento 19.6.12 n. 81; CTP Parma 6.7.09 n. 37 ), contrariamente a quanto statuito dai Giudici di prime cure, ritiene non ammissibile al caso di specie l’ invocata compensazione.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione infatti ha recentissimamente affermato, ribadendo precedenti decisioni, che la compensazione è ammessa come possibile modalità di estinzione dell’obbligazione tributaria, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione e di rimborso ed ogni deduzione è regolata da norme di legge specifiche ed inderogabili. Tale principio non può considerarsi superato per effetto dell’art. 8, comma 1, L. n. 212/2000, il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato comunque ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato. Dalla lettura della parte motiva della sentenza n. 25976 emessa dalla Corte di Cassazione, Sez. V in data 15/10/2019 emerge infatti (giova riportarne stralcio testuale) che ” …

8.1. A partire dalla sentenza di questa Corte Sez. 5, Sentenza n. 4246 del 23102/2007 Rv. 595976 – 01 è infatti consolidato il principio per cui “l’estensione alla materia tributaria dei principi generali del codice civile in tema di estinzione per compensazione, prevista dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 8, opera soltanto a decorrere dall’anno d’imposta 2002, previa emanazione di apposita disciplina di attuazione, restando ferma, per il periodo precedente, la regola secondo cui la compensazione è ammessa soltanto nei casi specificamente contemplati“. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12262 del 25/05/2007 Rv. 598272- 01 ha poi aggiunto “Ciò in quanto in materia tributaria, la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione e drimborso ed ogni deduzione è regolata da specifiche, inderogabili norme di legge. Tale principio non può considerarsi superato per effetto della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 8, comma 1. (c.d. statuto dei diritti del contribuente), il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per quali non era contemplato, a decorrere dall’anno d’imposta 2002“.

8.2. Le sentenze successive sono state tutte conformi. Da ultimo Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17001 del 09107/2013 Rv. 627180- 01 ha cor1fèrmato testualmente il principio sopra esposto ed ha trovato ulteriore conferma in Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10207 del 18/05/2016 Rv. 639988- 01 (v. anche 5’ez. 5, Sentenza n. 27178 del 2211212014 Rv. 634250- 01 e Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 5.!31 del 2810212017 Rv. 643236- 01 con riguardo alla compensazione in materia di imposte dirette per le quali esistono specifiche disposizioni in relazione alla compensazione anteriori alla emanazione dello statuto del diritto del contribuente).

8.3. A tale principi non si è attenuta la sentenza impugnata la quale ha ritenuto che lo statuto dei diritti del contribuente, art. 8, comma l, avesse imposto la compensazione di qualsiasi tributo pur in assenza di una previsione specifica normativa ed in assenza dei regolamenti attuativi che non esistono pacificamente in materia di accisa”. Va opportunamente evidenziato che il suddetto arresto di legittimità (così come quello contenuto nella speculare sentenza n. 25977 emessa dalla Corte di Cassazione, Sez. V pure in data 15110/2019), riguarda proprio l’odierna appellata, che non a caso non ha inteso replicare alle deduzioni dell’appellante in data 9 marzo 2020 contenenti tra l’altro i suddetti riferimenti giurisprudenziali. Dunque, la previsione di cui al citato art. 8 dello Statuto del contribuente, non ha ancora trovato concreta applicazione; mancando allo stato attuale i decreti di attuazione del Ministero delle Finanze, preferendo il legislatore persistere nell’introduzione di forme analitiche di compensazione, rendendola di fatto applicabile soltanto nelle fattispecie specificamente previste, tra le quali non rientra la fattispecie in disamina. Solo per completezza, va detto che, pur ammettendo per mera ipotesi, in conseguenza della mancata attuazione dei regolamenti attuativi, immediatamente operativa nel diritto tributario la disciplina civilistica, l’invocato principio di non contestazione circa i crediti vantati dall’ appellata non è rilevante né pertinente atteso che questi ultimi non riguardano per la maggior parte l’odierno appellante, ma altri Uffici con la conseguenza che le Dogane di Civitanova Marche, pur volendo, non potrebbero contestare la certezza, liquidità od esigibilità di crediti rivendicati dalla F. Spa verso terzi. Il principio di non contestazione, invero, opera tra parti, entrambe presenti nel giudizio, in relazione a fatti che siano stati chiaramente esposti da una parte, e non siano stati contestati dalla controparte, che pure ne abbia avuto l’opportunità. In altre parole, ferma restando la non compensabilità di crediti e debiti in ambito doganale e in genere tributario, al di fuori da casi espressamente previsti dalla legge, non si comprende come potrebbero essere ammessi in compensazione crediti e debiti afferenti a tributi diversi, senza distinzione di sorte, gravanti su differenti capitoli di imputazione e relativi a differenti Uffici, neppure parti del giudizio, per di più in violazione del meccanismo di trasferimento dei crediti tributari maturati su province diverse. L’appello incidentale, relativo alla invocata revoca/annullamento delle sanzioni, irrogate nonostante assenza di dolo o colpa in capo al contribuente, assertivamente impedito da ragioni di forza maggiore (”L’art. 6, comma 5, del D. Lgs. n. 472/1997 dispone espressamente che “Non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore”. La contribuente invoca l’applicazione del principio appena enunciato in quanto il mancato versamento delle imposte non è stato provocato da cause ad essa imputabile ma, al contrario, da fatti ed omissioni direttamente conducibili all’Erario. Nel caso in esame la ditta F.E.G. s.p.a. non ha potuto dar corso al pagamento delle accise per carenza di liquidità derivante dall’impossibilità oggettiva di utilizzare i crediti d’imposta che si sono accumulati in quanto gli uffici doganali interessati non hanno dato corso (omettendo qualsiasi riscontro scritto e, in rarissimi casi, con diniego ingiustificato) alle varie istanze di trasferimento dei crediti, di compensazione debiti-crediti, di rimborso delle imposte e di riduzione delle rate d’acconto (…) Oltre alle posizioni ereditarie verso lo Stato per accise, la società ricorrente vanta crediti commerciali per circa euro 9 milioni, verso clienti, con le inevitabili ripercussioni sul mancato incasso dell’imposta dovuta”), è infondato e va respinto. Come con divisibilmente affermato in proposito dalla S.C. “in tema di accise, la sussistenza di una situazione di illiquidità o di crisi aziendale non costituisce, di per sé, forza maggiore,’ ai fini dell’operatività della causa di non punibilità di cui all’art. 6, comma 5, del dlgs. n. 472 del 1997, essendo invece necessaria la sussistenza di un elemento oggettivo, costituito da circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, correlato al dovere del contribuente di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, mediante l’adozione di misure appropriate, pur senza incorrere in sacrifici eccessivi ” (così, Cassazione civile sez. trib., 22/03/2019, (ud. 20/02/2019, dep. 22/03/2019), n.8175). Più in dettaglio, così si esprime in parte motiva la sentenza appena citata: ” ... Cass. sez. 6-5, 29/03/2018, n. 7850, Rv. 647720-01, ha chiarito che in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, la sussistenza di una crisi aziendale non costituisce forza maggiore, ai fini dell’operatività del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5. In particolare, in tema di sanzioni IVA, la citata ordinanza ha argomentato dall’orientamento assunto da questa Corte, in sede penale, con riferimento a fattispecie costituenti reati in materia tributaria ex D.Lgs. n. 74 del 2000 (in senso conforme anche la successiva Cass. sez. 6-5, 02/11/2018, n. 28063, Rv. 651116-01, in motivazione). Questa Corte, ancora più nel dettaglio, ha di recente ritenuto, con riguardo alla materia dell’IV A (Cass. sez. 5, 22/09/2017, n. 22153, Rv. 645636-01) e con affermazione estesa anche alla materia, pure comunitarizzata, delle accise (Cass. sez. 6-5, 08/02/2018, n. 3049, Rv. 647110-01, anche in motivazione), che il concetto di forza maggiore, richiamato dalla norma in esame debba interpretarsi in modo conforme a quello elaborato dalla giurisprudenza Eurounitaria. Quest’ultima ha chiarito che la nozione di forza maggiore, in materia tributaria e fiscale, comporta la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi (si vedano: Corte giust., C/314/06, punto 24, nonché Corte giust., 18 gennaio 2005, causa C-325/03 P, Z M/UAMI, punto 25). Rilevano dunque non necessariamente circostanze tali da porre l’operatore nell’impossibilità assoluta di rispettare la norma tributaria bensì quelle anomale ed imprevedibili, le cui conseguenze, però, non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso (Corte giust., 15 dicembre 1994, causa C-195/91 P, B/Commissione, punto 31, nonchè Corte giust., 17 ottobre 2002, causa C-208/01, P M, punto 19). Sotto il profilo naturalistico, infine, la forza maggiore si atteggia come una causa esterna che obbliga la persona a comportarsi in modo difforme da quanto voluto, di talché essa va configurata, relativamente alla sua natura giuridica, come una esimente poiché il soggetto passivo è costretto a commettere la violazione a causa di un evento imprevisto, imprevedibile ed irresistibile, non imputabile ad esso contribuente, nonostante tutte le cautele adottate (Cass. sez. 5, 22/09/2017, n. 22153, cit., e Cass. sez. 6-5, 08/02/2018, n. 3049, cit)”. In definitiva, l’impugnazione va accolta, mentre va respinto l’appello incidentale della F. Spa con conseguente piena ed integrale efficacia dell’avviso di pagamento prot.n. A-20792 del 10.12.2012 e del contestuale atto di irrogazione sanzioni prot.n. 308100-90-2012 per l’importo di euro 86.375,58, emessi dalla Dogana di Civitanova Marche. Tuttavia, la complessità della questione e l’evoluzione giurisprudenziale menzionata in parte motiva, sino ad. arresti della S.C. in subiecta materia intervenuti in tempi recentissimi, suggeriscono di compensare le spese fra le parti.

PQM

La Commissione accoglie l’appello dell’Ufficio, respinge l’appello incidentale del contribuente e compensa le spese.