COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per l’Emilia-Romagna sez. 9 sentenza n. 994 depositata il 11 aprile 2018
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Ufficio delle Dogane di Piacenza propone appello alla sentenza n.77 /01/2015 del 11/04/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Piacenza che ha dichiarato illegittimo l’avviso di accertamento n.39/AD del 17/12/12 per l’anno 2010 con il quale è stato richiesta l’inclusione del valore dei servizi resi dalla casa madre tedesca alla società italiana nel prezzo di acquisto della merce importata perché il contratto tra le stesse prevede il corrispettivo del 7,5% delle vendite nette nel mercato nazionale a titolo di uso diritti inerenti la fabbricazione, la vendita, l’uso e la rivendita di merce importata che l’ufficio ha considerato una royalty, mentre la ricorrente ha dimostrato l’insussistenza delle tre tassative condizioni ai fini dell’inclusione delle royalties nel valore doganale :
1-assenza del pagamento specificamente riferibile alle merci oggetto di valutazione in quanto le stesse sono corrisposte non in relazione a tutta la merce importata ma soltanto con riferimento alla merce rivenduta in Italia;
2-assenza del pagamento come condizione di vendita delle merci dai fornitori asiatici a P. ltalia, in quanto le royalties sono corrisposte da P. Italia P. Germania casa madre e non ai 40 fornitori esteri né l’ufficio ha dimostrato il contrario come richiede la norma;
3-assenza del legame tra produttore estero e P. casa madre tedesca,in quanto la stessa esercita il controllo sulla qualità della produzione e non, come ritiene l’ufficio, un controllo esercitato dal titolare del marchio sui produttori esteri non avendo la Dogana dimostrato il controllo indiretto tra un licenziante e una pluralità di fornitori come richiesto dall’art.143 d.a.c ..
Anche il merito all’IVA richiesta dall’ufficio sulle royalties, l’appellata ha dimostrato che i corrispettivi dei servizi resi dalla casa madre sono trimestralmente corrisposti mediante il sistema del reverse charge trattandosi di soggetti comunitari e, dunque,la relativa IVA è già stata pagata una volta.
Conseguentemente, le sanzioni non sono applicabili sia per l’obiettiva incertezza sulla portata e ambito applicativo della norma e sia per mancanza di colpa o dolo del contribuente.
In data 26/07/2017 il difensore costituito in primo grado ha presentato ricorso per ottemperanza cui è seguito il presente avviso di trattazione nel merito.
Con memoria del 23/02/2018 l’ufficio delle Dogane deposita il contenuto della sentenza del 09/03/2017 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C-173/15 in materia di determinazione del valore in dogana delle merci importate con particolare riguardo alle royalties analoga alla presente contestazione, che ha stabilito che i corrispettivi e i diritti di licenza devono ritenersi condizione della vendita ed essere incluse nel valore da dichiarare in dogana anche quando fanno riferimento a rapporti commerciali di società appartenenti ad uno stesso gruppo e ne chiede l’applicazione nei giudizi riferibili a contesti sorti in vigenza del vecchio codice doganale comunitario come nella fattispecie.
Con memoria difensiva la società insiste sulla illegittimità della pretesa concernente l’inclusione del valore dei servizi resi da P. SE a P. ITALIA nel prezzo di acquisto della merce importata per assenza dei tre presupposti e mancando ogni legame tra i fornitori esteri e la P. estera in quanto il controllo richiesto è solo di qualità.
All’odierna trattazione in Pubblica Udienza, le parti si rimettono agli atti.
Indi la causa viene posta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è infondato e va reietto.
Affinchè le royalties siano assoggettate ai dazi, è necessario che il loro pagamento sia qualificabile come condizione di vendita delle merci importate, secondo l’art.71,punto c) del Nuovo Codice Doganale e questo avviene solo in tre casi :
-quando l’impresa estera, esportatrice delle merci, o un soggetto ad essa collegato, richieda il pagamento delle royalties;
-quando il pagamento delle royalties da parte dell’acquirente sia effettuato per soddisfare un obbligo del venditore, conformemente agli obblighi contrattuali;
-quando, infine, le merci non possono essere vendute all’acquirente o da questo acquistate senza versamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza a favore di un licenziante che sono rispettivamente i punti a),b),c) dell’art.136,par.4,del Regolamento n.2744/2015.
Il riferimento alla causa C-173/15 della Corte di Giustizia Europea del 09/03/2017,non è applicabile alla fattispecie in quanto il punto 54,dispositivo 1,così si esprime :” l’articolo 32, paragrafo 1, lettera c) del regolamento n. 2913/92,come modificato dal regolamento n.1791/2006 e l’articolo 160 del regolamento (CEE) n.2454/93 della Commissione, del 18 dicembre 2006,devono essere interpretati nel senso che i corrispettivi o diritti di licenza costituiscono una ‘condizione di vendita’ delle merci da valutare allorchè, in seno ad uno stesso gruppo di società,il pagamento di detti corrispettivi o detti diritti di licenza venga richiesto da un’impresa collegata tanto al venditore quanto all’acquirente e venga versato a questa stessa impresa”.
La condizione prevista affinchè i corrispettivi o diritti di licenza entrino a far parte del valore di dogana a titolo di condizione di vendita, è quella di appartenenza ad “uno stesso gruppo di società” in cui una società collegata tanto al venditore quanto all’acquirente chieda il corrispettivo o diritti di licenza.
Nella fattispecie, non è dimostrato che i fornitori cinesi facciano parte dello stesso gruppo di società di P. AG nel senso che la casa madre possieda partecipazioni sociali nelle aziende dei fornitori cinesi, in quanto la concessione di licenza del marchio prevede il controllo di qualità e l’esclusiva di fabbricazione, ma nessun riferimento a sottoscrizione di quote minoritarie o maggioritarie nelle loro aziende.
La nozione di ‘stesso gruppo di società’ va intesa nel senso di un gruppo di aziende legate tra loro dal vincolo delle partecipazioni societarie di cui una capo gruppo possiede quote di minoranza o di maggioranza e quando la partecipazione è di minoranza le imprese si dicono collegate, quando è di maggioranza si dicono controllate.
Nella fattispecie il collegamento azionario esiste solo tra P. AG e P. ITALIA ma non è dimostrato che la casa madre abbia partecipazioni societarie nei fornitori cinesi di cui controlla solo la qualità dei prodotti e l’esclusività della produzione, salvo l’autorizzazione per terzi.
Altro aspetto controverso che induce questo Collegio a propendere per l’erroneità del riferimento fatto dalle Dogane, è che il valore doganale si riferisce al valore delle merci importate in ltalia, mentre la percentuale del 7,50% viene corrisposta, come da contratto, solo sul valore delle merci importate vendute in Italia con la conseguenza che l’importatore italiano,nella ipotesi prospettata dalle dogane, si vedrebbe costretto a dichiarare il valore della merce comprensiva dei diritti di licenza senza che la merce sia stata ancora venduta, pagando un dazio indebito su quella parte di merce che, comunque, va a finire tra le rimanenze di magazzino tra i cosiddetti ‘fondi di magazzino’.
Nella nota n.69073 del 17/06/2016 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, viene specificato che occorre “capire se il venditore può vendere o se il compratore può comprare le merci senza pagare royalties o diritti di licenza. La condizione può essere implicita o esplicita. In alcuni casi sarà specificato nell’accordo di licenza se la vendita delle merci importate è subordinato al pagamento di un corrispettivo o di un diritto di licenza.
Tuttavia, non è richiesto che ciò debba essere precisato negli accordi.”
Riconosciuto, in definitiva, che i produttori esportatori del sud est asiatico sono soggetti autonomi ed indipendenti dal gruppo P. non avendo questa in essi rapporti partecipativi azionari, che i contratti di compravendita sono stipulati direttamente tra l’importatore italiano e l’esportatore asiatico, non c’è ragione di ritenere che il corrispettivo del 7,50% che P. ITALIA versa sulle vendite in Italia alla casa madre, sia una condizione di vendita ai fini doganali.
Per le motivazioni suesposte ed ogni altra eccezione disattesa restando assorbita da quanto prefato, l’appello dell’Agenzia delle Dogane deve essere rigettato anche se, alla soccombenza, non si ritiene di far seguire la condanna al pagamento delle spese di giudizio che, pertanto, restano integralmente compensate tra le parti in causa a motivo dell’assenza di giurisprudenza di legittimità in merito.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna di Bologna, sezione n.9, definitivamente decidendo,rigetta l’appello e compensa le spese.
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