Commissione Tributaria Regionale per l’Emilia Romagna sezione 9 sentenza n. 2623 depositata il 25 settembre 2017
FATTO E DIRITTO
Nell’anno 2009 veniva posta in essere con riferimento ai periodi di imposta dal 2001 al 2008 un’attività di verifica nei confronti dell’odierno appellante, signor G. N., da parte delle Guardia di Finanza Nucleo di P.T. di Modena, che si concludeva il 25 novembre 2010 con un p.v.c., contenente una serie di rilievi ai fini delle II.DD. e del monitoraggio fiscale. Tale attività di controllo si inseriva nell’ambito di una più ampia indagine condotta dall’Agenzia delle Entrate per il contrasto degli illeC.i fiscali internazionali di Milano, che affermava la nullità dell’adesione al c.d “scudo fiscale due” di cui al D.L. n.82/2002a nome del signor G. N.. Si evidenziava in motivazione nell’avviso di accertamento che la Procura della Repubblica di Milano aveva delegato all’Ufficio centrale per il contrasto degli illeC.i specifica attività di ricostruzione delle disponibilità estere, per le annualità dal 2001 al 2009 con riferimento alla correttezza delle modalità di adesione ai provvedimenti agevolativi per il rientro dei capitali all’estero di cui ai D.L. n.350/2001 e n.82/2002.
L’Ufficio rilevava che partendo dal contenuto della documentazione relativa alle operazioni di regolarizzazione ex D.L. 350 del 25 settembre 2001 le accertate irregolarità escludevano la possibilità di accoglimento della procedura attivata. Sempre in premessa nell’avviso di accertamento veniva evidenziato che la Guardia di Finanza di Modena, all’inizio dell’anno 2009, aveva avviato una serie di attività d’indagine su un articolato sistema di presunte evasioni fiscali internazionali sulla base di un esposto anonimo, proveniente per via gerarchica dal Comando Regionale Lazio. In particolare si riferiva che i signori M. M., l’avvocato ticinese F. P. e Siro Z. consentivano ad aziende italiane di evadere il fisco e riciclare denaro: le illeC.e operazioni, secondo l’esposto anonimo, venivano poste in essere attraverso una settantina di società collegate con gli stessi soggetti e con sede in paesi a fiscalità privilegiata o mediante fondi. Nel febbraio 2009 la Guardia di Finanza di Milano arrestava l’avvocato P. sequestrando un notebook, il cui contenuto veniva ritenuto riferibile a vari contribuenti. In particolare G. N., secondo l’Ufficio, risultava essere beneficiario a vario titolo di somme depositate sui conti correnti accesi presso istituti elvetici. Dall’esame dell’hard disk sequestrato, risultava che i documenti venivano redatti dal P. e da Z. e M. M., cliente del P. che risultava essere titolare di molte società estere utilizzate per presunte operazioni elusive.
In estrema sintesi l’illeC.a attività risultava svolta attraverso numerose società estere, fiduciariamente gestite dal P., ma il cui reale proprietario era M. M.. In particolare si riteneva che P. facesse sottoscrivere specifici contratti per prestazioni di servizio che permettevano al cliente italiano di giustificare contabilmente esborsi finanziari all’estero che, dopo una serie di giroconti su c/c di alcune società estere, tornavano nella piena disponibilità delle società estere menzionate.
Veniva poi sintetizzata l’attività del P., rilevabile dall’hard disk sequestratogli, tra cui la gestione di conti correnti cifrati in favore di numerosi clienti e la costituzione e l’amministrazione fiduciaria di società veicolo per la realizzazione di specifiche operazioni all’estero nell’interesse dei clienti. Il relativo schema era individuato nella creazione di una società estera (società veicolo), in realtà non operativa, che fatturava fittiziamente a società del cliente italiano consentendo tra l’altro la deduzione di costi inesistenti o la creazione di fondi neri tramite corrispettivi che venivano versati e poi restituiti dedotta una percentuale, consentendo attraverso lo schema societario di celare l’effettiva identità del cliente.
L’Agenzia delle Entrate recepiva il PVC redatto dalla Guardia di Finanza ed emetteva l’avviso di accertamento impugnato con richiesta di annullamento, operandosi da parte del ricorrente censure sotto il profilo probatorio ed, in particolare, sostenendo il difetto di motivazione dell’avviso ex artt. 42 del D.P.R. n. 600/1973 e 7 Statuto del Contribuente, in quanto l’Agenzia delle Entrate aveva di fatto delegato il potere di accertamento alla GDF, senza effettuare alcun vaglio critico dei rilievi operati e senza un’ analisi attenta e circostanziata delle diverse fattispecie e delle “prove addotte”.
L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio, sostenendo la legittimità del proprio operato.
Con la sentenza n. 375/01/13 del 18.11.2013, la Commissione Tributaria Provinciale di Modena rigettava parzialmente il ricorso avanzato dalla ricorrente accogliendolo nella parte relativa alla redditività del capitale investito come calcolata dall’ufficio.
Nell’atto di appello si chiede l’integrale annullamento dell’avviso di accertamento impugnato per i seguenti motivi:
-illegittimità della sentenza impugnata per vizio di motivazione avendo l’Agenzia delle Entrate recepito acriticamente nell’avviso il contenuto del pvc della GDF;
-violazione dell’art.112 cpc per difetto di motivazione;
-l’illegittimo disconoscimento della operazione di scudo fiscale effettuata nel 2002, stante la presenza di disponibilità finanziarie all’estero alla data dell’l.08.2001;
-violazione e falsa applicazione dell’art.2697 e.e. e della disciplina in materia di ripartizione dell’onere della prova,stante la totale carenza di prova.
Nelle controdeduzioni con appello incidentale, l’Agenzia delle Entrate sostiene che la sentenza risulta correttamente motivata per il principio della motivazione per relationem sulla base di un atto richiamato conosciuto dal contribuente in quanto notificatogli. Le irregolarità formali evidenziate negli atti di accertamento ed i documenti richiamati nella sentenza confermano la non operatività dello scudo fiscale del 2002,non essendovi prova della detenzione dei capitali al momento normativamente stabilito (1.8.2001), essendosi comunque proceduto a scudare fittiziamente capitali per € 1.382.177,00 (pg.12 appello incidentale) simulando il rientro degli stessi.
Inoltre il computer del P. ha fornito la prova presuntiva dei redditi esteri non superata dalla parte avversa e ha costituito la base per la determinazione della relativa redditività dei capitali investiti, erroneamente ritenuta non dimostrata dalla CTP, con conseguente appello sul punto dell’ufficio. Aggiunge l’ufficio che tutte le sentenze di primo grado relative agli anni 2002-2007 relative ai medesimi presupposti di fatto e di diritto, favorevoli all’Agenzia delle Entrate, non sono state impugnate dal contribuente con conseguente definitività.
Circa l’appello incidentale l’Ufficio rileva che nel prospetto excel rinvenuto nel computer di P. si ipotizza un rendimento nella misura del 6% annuo da computare sui redditi di fonte estera detenuti dal contribuente relativi al rendimento delle attività fittiziamente scudate e confluite nei certificati di tipo “b” del FIRST ASSETS FUND fondo apparentemente del Merello e gestito dal P..
Se ne deduce che il reddito di capitale omesso deve essere determinato applicando all’ammontare dell’investimento estero per ciascun anno il rendimento del 6% nei relativi periodi d’imposta in base a una presunzione di natura documentale prospettata dal P., persona informata dei fatti partecipe della gestione delle disponibilità estere del contribuente controllato, che era colui che amministrava i fondi di investimento e ne certificava il valore N.A.V. delle relative quote poi divenute oggetto del fittizio scudo fiscale.
Per contro il contribuente non ha dimostrato una diversa redditività dell’investimento difforme da quella prospettata; pertanto, l’ufficio ritiene che il reddito di capitale omesso deve essere determinato applicando all’ammontare dell’investimento detenuto all’estero per ciascun anno il rendimento del 6% nei relativi periodi d’imposta oggetto di controllo, con conseguente conferma dell’avviso impugnato.
Esaminando i motivi come riportati nell’appello principale, va rilevato che la giurisprudenza di legittimità ha reiteratamente affermato la legittimità della motivazione per relationem; anche di recente si e’ precisato che l’art. 7, comma 1, della l. n. 212 del 2000, che si riferisce solo agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza, consente di assolvere all’obbligo di motivazione degli atti tributari anche ”per relationem”, ovvero mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (Cass.Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9323 del 11/04/2017 Rv. 643954 – 01).
Inoltre tale vizio assume rilievo nel caso in cui il contribuente alleghi il pregiudizio subito per le proprie ragioni difensive, non essendo cioe’ sufficiente una motivazione carente per determinare la caducazione dell’atto impugnato, occorrendo in definitiva un’effettiva limitazione del diritto di difesa, che ricorre unicamente qualora il contribuente non sia stato posto in grado di conoscere le ragioni dell’intimazione di pagamento ricevuta e alleghi il pregiudizio patito effettivamente (Cass.Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9778 del 18/04/2017 Rv. 643806 – 01). Nel caso di specie l’avviso impugnato dà atto che il pvc su cui l’avviso e’ fondato e’ stato notificato alla parte congiuntamente alla segnalazione relativa all’emersione di attività detenute all’estero (v.pg.3), fatti non contestati dall’appellante. In esso vi e’ una descrizione analitica delle modalità con le quali e’ stato disposto il mandato fiduciario e delle partecipazioni societarie riferibili al contribuente con costituzione di trust e fondazioni in favore del cliente, richiamandosi anche le dichiarazioni confessorie del P. circa il fatto che le società dallo stesso amministrate non svolgevano alcuna prestazione (pg.11 avviso). Va inoltre rilevato che l’appellante non contesta le operazioni descritte nell’avviso di accertamento, ma solo la ricezione acritica delle risultanze dell’indagine della GF da parte dell’Agenzia delle Entrate che in realtà, attraverso uno strumento legittimo, quale il richiamo ad un atto conosciuto dal contribuente, ha fornito allo stesso gli elementi di conoscenza per valutare il fondamento della pretesa impositiva in funzione difensiva, adottando uno schema motivazionale che, con il richiamo dell’atto e la sua sintetica riproduzione, determina la condivisione delle relative conclusioni.
E’ inoltre infondato il riferimento all’art.112 cpc sotto il profilo del difetto di motivazione, atteso che la norma in esame attiene al principio della domanda e cioe’ alla necessaria corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato con il possibile vizio di ultrapetizione da parte del giudicante, fatto diverso dalla mancata motivazione che peraltro comporterebbe l’obbligo di integrazione da parte del giudice di appello e non l’annullamento della sentenza impugnata. Tuttavia, come già rilevato, l’avviso contiene la descrizione delle condotte rappresentative dell’utilizzo di schermi societari per conseguire vantaggi fiscali con impiego di capitali all’estero riportando da pg.7 a pg.12 i collegamenti societari del contribuente, nonche’ le dichiarazioni di terzi o degli stessi autori del sistema circa la fittizia creazione di trust rimanendo i conferimenti nella disponibilità del cliente, fatti non specificamente contestati nell’atto di impugnazione. L’applicazione dei suddetti principi al caso di specie comporta il rigetto dei motivi dedotti in quanto, da un lato il richiamo ad un atto conosciuto dal contribuente ha posto lo stesso nelle condizioni di eserC.are il diritto alla difesa, dall’altro il riferimento all’esito degli accertamenti espletati dalla GF e’ avvenuto evidenziando le ragioni che hanno portato l’ufficio accertatore a condividerne il contenuto richiamandosi le fonti (documentazione rinvenuta, dichiarazioni di terzi ed altro) che hanno consentito la ricostruzione della situazione reddituale dell’appellante.
Circa il modus operandi significativa risulta essere l’affermazione del P. che si evince dal verbale di interrogatorio del 30.07.2009, in cui precisa che “le società-da me amministrate, che avevano natura di società veicolo, non hanno mai reso alcuna effettiva prestazione (p.11 avviso).
In tale senso vi sono anche le dichiarazioni di TC riportate a pg.12 dell’avviso, collaboratore di MM e F. P. che, in data 11.12.2009, ha dichiarato:
Queste società avevano come soci essenzialmente i trust costituiti in concomitanza con gli scudi fiscali, e le cui provviste erano rappresentate dai fondi fittiziamente scudati. Nella sostanza poi le direttive su come gestire queste holding lussemburghesi venivano veicolate sempre dall’Italia attraverso i clienti titolari dei trust. A seconda del tipo di attività da svolgere il cliente si interfacciava con me, con Merello e P.. Si tratta di un’affermazione che si collega all’operazione che viene ritenuta dall’appellante pienamente valida con conseguente erroneità della decisione impugnata e che contrasta con l’impugnazione proposta.
Il contribuente ha attuato un’operazione di scudo fiscale asserendo di convertire il proprio patrimonio detenuto all’estero in quote di classe B del FIRST ASSETS FUND, fondo d’investimento con sede nelle B.V.I. (isole vergini britanniche) riferibile a MM ed amministrato dal P..
L’operazione di emersione è stata eseguita mediante la C. Spa di Brescia (oggetto di perquisizione da parte degli inquirenti milanesi). L’operazione e la fonte sono precisamente descritte nell’avviso ove si rileva che dall’esame dei documenti sequestrati presso la C. Spa, l’operazione di emersione ha avuto inizio con la spedizione dei certificati azionari del FIRST ASSETS FUND riferibili al contribuente, effettuata in data 13.05.2002, dallo Studio svizzero dell’Avv. F. P. all’indirizzo della Capitai Investment Trust Spa.
Nell’avviso di accertamento.si legge quanto segue (pg.13):
Il contribuente in parola ha attuato un’operazione di scudo fiscale asserendo di convertire il proprio patrimonio detenuto all’estero in quote di classe B del FIRST ASSETS FUND, fondo d’investimento sedente nelle B. V.I (Isole Vergini inglesi) riferibile a MM ed amministrato dal P..
L’operazione di emersione è eseguita mediante la C.I.T Spa di Brescia (oggetto di perquisizione da parte degli inquirenti milanesi).
Dall’esame dei documenti sequestrati presso la C. Spa, l’operazione di emersione ha avuto inizio con la spedizione dei certificati azionari del FIRST ASSETS FUND riferibili al contribuente, effettuata in data 13. 05.2002, dallo Studio svizzero dell’Avv. F. P. all’indirizzo della Capitai Investment Trust Spa (Allegato n. 2 alla segnalazione dell’Ufficio Fascicolo A).
Di seguito vengono riportate le evidenze emerse dall’esame dei documenti contenuti nel fascicolo della C. Spa riferibile al contribuente in esame -omissis-.
Nell’avviso si evidenzia che in data 10.05.2002 G. N. ha individuato la C. spa come intermediario abilitato tramite il quale operare il rimpatrio di attività detenute all’estero.
Con la medesima lettera è stato conferito apposito mandato fiduciario ed è stata consegnata la dichiarazione riservata. È stato, altresì, dichiarato che il contribuente avrebbe messo a disposizione la somma di € 35.480,00, pari al 2,5% delle attività rimpatriate, più una somma oggetto accordo, a titolo di commissioni e spese .
In pari data è stato stipulato il mandato fiduciario avente ad oggetto “rimpatrio ai sensi D.L. 350/01 – n. 69,109 azioni classe “B’ della società First Assets Fund Inc. – British Virgin Islands – del valore complessivo di euro 1.382.180,00 – Denaro per un importo di euro 37.030,19 (pg.13 avviso).
Inoltre, il predetto mandato fiduciario è stato integrato in pari data con una dichiarazione, sottoscritta dallo stesso contribuente, dalla quale si evince che il prezzo di carico della partecipazione fiduciariamente intestata era pari ad euro 1.382.180,00.
La dichiarazione riservata è stata sottoscritta dal contribuente in data 10.05.2002 dichiarando di detenere le attività finanziarie rimpatriate alla data dell’O 1.08.2001, mentre la C. SP A ha attestato di aver ricevuto la predetta dichiarazione riservata in data 15.05.2002. In base alle dichiarazioni della parte il corrispettivo delle azioni e’ stato pagato in data 8.5.2002 e quindi dopo la data dell’l.8.2001 entro la quale dovevano essere detenute le attività da rimpatriare (pg.14 avviso).
All’interno del fascicolo relativo allo scudo fiscale 194 sono presenti i certificati azionari n. B.038 e B.039 della società FIRST ASSETS FUND INC. – British Virgin Island-, in copia autenticata in data 13.05.2002 dal notaio Luciana SALA (dipendente dello studio P.) in Chiasso (Svizzera) e i certificati NAV del I 0.05.2002 del FIRST ASSETS FUND INC. relativi al valore della quota. In data 14.5.02, giorno successivo all’emissione delle azioni, si ha il trasferimento su un conto di Lugano di quanto conferito in precedenza per le stesse con ciò azzerando i certificati emessi da/fondo (pg.15 avviso).
Alla luce di ciò, la C. SpA non ha mai avuto alcun potere dispositivo sulle consistenze patrimoniali estere del contribuente, il quale, di fatto, ha sempre mantenuto piena ed esclusiva disponibilità sulle medesime. Di conseguenza, la C. SpA non avrebbe mai potuto adempiere agli obblighi formali e sostanziali di legge previsti nell’ipotesi di rimpatrio giuridico, quali ad esempio, l’applicazione delle imposte e la comunicazione dei redditi soggetti a ritenuta (v.pg.C.ata).
Va premesso che le operazioni descritte e la relativa scansione temporale non sono oggetto di contestazione da parte del contribuente.
Per l’ufficio le operazioni di scudo fiscale attuate dal contribuente hanno natura meramente fittizia in quanto Io stesso si è avvalso formalmente dello scudo fiscale, simulando il rimpatrio di disponibilità detenute all’estero nella forma di certificati azionari, ma ha mantenuto sostanzialmente tali disponibilità all’estero.
Relativamente al carattere fittizio dell’operazione viene riportato uno stralcio delle dichiarazioni confessorie rese da un altro cliente del P. all’A.G. di Milano, in data 14.12.2009, specifiche sul punto, nelle quali si conferma che le somme da scudare erano state fittiziamente affluite sul fondo in quanto si era trattato di un’operazione meramente cartolare con totale disponibilità delle somme che non erano state mai corrisposte (v. pg.16 avviso): ” … omissis … In questo fondo, a detta di Merello e ‘limoni, avrebbero dovuto affluire le disponibilità da scudare, che immediatamente dopo dovevano essere “rigirate 0 a noi. In realtà, lo dico da subito, noi abbiamo realizzato un’operazione soltanto sulla carta, nel senso che è stato fatto figurare l’acquisto delle quote di questo fondo, al quale ha fatto seguito di lì a poco la apparente retrocessione dell’importo corrisposto, senza che tuttavia vi sia mai stato alcun passaggio di denaro … ” ed ancora, con particolare riferimento al FONDO FIRST ASSET:
”. .. Voglio però evidenziare che io in realtà non ho mai acquistato alcuna quota di questo fondo, nel senso che non ho mai corrisposto il prezzo di acquisto ed i soldi sono sempre rimasti nella nostra disponibilità. Io ho rappresentato chiaramente a Merello che non avrei mai investito le disponibilità della mia famiglia in un fondo di cui nulla sapevo. Non mi fa opposta alcuna obiezione.
In tal senso convergono anche aspetti formali attinenti all’autentiC.à delle attestazioni rilevandosi che:
– le certificazioni rese dall’Avv. P., in ordine ai certificati azionari ed ai relativi NAV (valore quota) degli stessi certificati azionari mancano della prescritta apostille;
– difetta la dichiarazione di trasporto valutario ex di 167 /90 per il trasferimento dei certificati azionari dalla Svizzera all’Italia non in possesso dell’intermediario.
Sotto il primo profilo va rilevato che i certificati azionari FIRST hanno una data di emissione priva di certezza (Maggio 2001 ), rilevandosi dal giudice di primo grado che gli stessi non sono stati prodotti in originale, ma con autenticazione da parte di persona dipendente dal P. che, come si e’ precisato, risulta avere ammesso la creazione di un sistema fraudolento attraverso l’interposizione fittizia societaria; peraltro assume valore indiziario utilizzabile in funzione presuntiva anche quanto sopra riportato circa l’ammissione di altro soggetto sul carattere fittizio dell’operazione. Inoltre le operazioni documentate richiamate dall’ufficio attestano che il conferimento e’ stato stornato il 14.5.2002 e cioe’ il giorno dopo l’emissione delle azioni per essere versato in una banca svizzera eliminando in concreto il valore delle relative quote. Va inoltre condivisa l’affermazione del giudice di primo grado secondo cui il difetto dell’apostille rende priva di qualsiasi certezza sia la titolarità del certificato azionario, sia il relativo valore di stima (NAV) necessario per la liquidazione fiscale. In sintesi il contribuente non ha fornito la prova della titolarità delle azioni del fondo FIRST prima del 1.8.200 I ed altro elemento in tal senso è costituito dal fatto che il pagamento del relativo corrispettivo risulta avvenuto in data 8.5.2002 con riassegnazione al contribuente il 14.5.2002 in base ai file rinvenuti nel computer del P.. Come evidenziato dalla Corte di legittimità (Cass sez.5 26.8.2015 n.17183 prodotta dall’ufficio) sia in materia di imposte dirette sia di IV A, il processo tributario e anche prima l’accertamento fiscale, consentono l’ingresso di prove atipiche e cioe’ di dati acquisiti in forme diverse da quelle regolamentate che possono costituire la base di una inferenza presuntiva idonea a produrre conclusioni probatorie circa i fatti di causa. Circa l’utilizzabilità a fini presuntivi di dati provenienti da terzi si e’ rilevato che nel processo tributario, le dichiarazioni di terzi acquisite in fase di accertamento hanno normalmente valore indiziario, e pur tuttavia, per il loro contenuto intrinseco ovvero per l’attendibilità dei riscontri offerti, possono assumere valore di presunzione grave, precisa e concordante ex art. 2729 e.e. e, cioè, di prova presuntiva idonea a fondare e motivare l’atto di accertamento. (Cass.sez. 5, n. 16711 del 09/08/2016 Rv. 640982 – 01). Ne discende che, in conformità ai dati ed alle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, l’ufficio ha fornito la base presuntiva delle proprie conclusioni con inversione dell’onere della prova, ponendosi a carico del contribuente la deduzione di elementi contrari intesi a confutare le stesse (v.in termini Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14930 del 15/06/2017 Rv. 644593 – 01). L’appellante si limita ad affermare che i dati contenuti nei file reperiti nel computer del P. non sono attendibili perchè suscettibili di manipolazione come evidenzia una perizia svoltasi in altra sede. Va rilevato che si tratta di una contestazione generica dato che riguardo ai file oggetto di valutazione nulla e’ emerso o e’ stato evidenziato dalla parte circa la presunta manipolazione; inoltre, come osservato, vi sono altri elementi (dichiarazioni, requisiti formali) che convergono circa la fittizietà dell’operazione e che consentono di presumere la mera apparenza della stessa, priva di dati certi circa il momento della detenzione del capitale, oltre che dell’effettivo rientro dello stesso nel territorio nazionale.
Proprio l’applicazione dell’art. 2697 cc indicata come motivo di impugnazione dal contribuente, gli imponeva di fornire gli elementi capaci di inficiare il dato presuntivo, cosa non avvenuta, principio di cui la CTP ha fatto corretto uso in quanto, una volta riscontrata la presenza di dati presuntivi per la fondatezza dell’atto impositivo, spetta al contribuente dare ingresso alla valutazione della prova contraria da cui è onerato ai sensi degli artt. 2727 e ss. e 2697, comma 2,c.c. ( v.in termini Cass.Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14237 del 07/06/2017 Rv. 644435 – 01).
Ne consegue che l’appello proposto non può essere accolto.
Quanto all’appello incidentale dell’ufficio (rendimento presunto del 6% sul capitale detenuto all’estero alla data del 10.5.2002) anche in questo caso l’applicazione dell’art.2697 cc comporta l’accoglimento della relativa domanda. In base al prospetto excel rinvenuto nel computer di P. si evidenza un rendimento presuntivo nella misura del 6% annuo; se ne deduce che il reddito di capitale omesso deve essere determinato applicando all’ammontare dell’investimento estero per ciascun anno il rendimento del 6% nei relativi periodi di imposta. Si tratta di un’indicazione proveniente dal soggetto che partecipava alla gestione delle disponibilità economiche estere del contribuente e che provvedeva a determinare il valore delle quote investite (NAV). L’informazione deriva da un soggetto qualificato ed in rapporto diretto con il contribuente e trova riscontro, sul piano logico, nella redditività dell’investimento che giustifica l’affidamento del capitale la cui quantificazione e’ avvenuta in base al valore dichiarato dal contribuente per la fruizione dello scudo fiscale. Per contro il contribuente non ha fornito alcuna documentazione o altro elemento di una diversa ed effettiva redditività dell’investimento difforme da quella prospettata o della diversa destinazione del patrimonio o dell’ eventuale estinzione del medesimo il che, in applicazione del principio dell’onere probatorio,comporta l’accoglimento dell’appello dell’ufficio. Al rigetto dell’appello del contribuente consegue la condanna al pagamento delle spese del presente giudizio per il principio della soccombenza che si liquidano ex DM 55/2014 tenendo conto delle singole fasi (studio,trattazione,decisoria) in euro 5.332,00 (euro 6.665,00 meno 20%). Inoltre, atteso il rigetto integrale dell’impugnazione, trova applicazione l’art. 13 comma 1- quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. I, comma 17, della 1. 24 dicembre 2012, n. 228, da cui discende che il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che la definisce, a dare atto – senza ulteriori valutazioni discrezionali – della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, a norma del comma I-bis del medesimo art. 13 (Cass.sez.6, 15.4.2014 n. 14183).
PQM
rigetta l’appello proposto dal contribuente e condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano nella complessiva somma di euro 5.332,00.
Condanna l’appellante al pagamento di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta. In riforma della sentenza impugnata accoglie l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate quanto al rendimento del capitale.
Bologna 10.7.17.
Depositato in segreteria il 25 settembre 2017.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- MINISTERO FINANZE - Decreto ministeriale 01 febbraio 2024 Modalità di utilizzo dei dati fiscali relativi ai corrispettivi trasmessi al Sistema tessera sanitaria Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) «dati fiscali», i…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 28 aprile 2021, n. 11162 - Il diritto interno, sia in materia di imposte dirette sia in materia di imposta sul valore aggiunto, consente l'acquisizione nel corso dell'accertamento fiscale e, successivamente, nel processo…
- MINISTERO UNIVERSITÀ E RICERCA - Decreto ministeriale 29 aprile 2020, n. 57 - Modalità di svolgimento della prima sessione degli esami di Stato delle Professioni regolamentate, non regolamentate, di Dottore Commercialista ed Esperto Contabile nonché di…
- MINISTERO UNIVERSITA' E RICERCA - Decreto ministeriale 26 febbraio 2021, n. 238 - Modalità di svolgimento della prima e della seconda sessione 2021 degli esami di Stato delle Professioni regolamentate, non regolamentate e di Dottore Commercialista ed…
- PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - Ordinanza 20 settembre 2021, n. 795 - Ordinanza di protezione civile per favorire e regolare il subentro della Regione Emilia-Romagna nelle iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticità…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 06 settembre 2022, n. 26194 - Un'autonoma questione di malgoverno la valutazione delle risultanze delle prove, giudizio sull'attendibilità dei testi e così la scelta, tra le varie, delle risultanze probatorie può porsi,…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Bancarotta fraudolente distrattiva è esclusa se vi
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 14421 depositata il 9…
- Per i crediti di imposta di Industria 4.0 e Ricerc
L’articolo 6 del d.l. n. 39 del 2024 ha disposto, per poter usufruire del…
- E’ onere del notificante la verifica della c
E’ onere del notificante la verifica della correttezza dell’indirizzo del destin…
- E’ escluso l’applicazione dell’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9759 deposi…
- Alla parte autodifesasi in quanto avvocato vanno l
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 7356 depositata il 19…