Commissione Tributaria Regionale per l’Emilia-Romagna, sezione n. 12, sentenza n. 682 depositata il 9 marzo 2020
revocazione – accertamento
Testo:
Con ricorso per revocazione a norma e per gli effetti dell’art 395 c.p.c., S.M., premesso:
che con avviso cli accertamento THD01P101XXX-14, notificato il 25/11/2014, l’Ufficio aveva determinato il proprio reddito in qualità cli esercente l’attività di “Bar e altri esercizi simili senza cucina“, relativo all’anno 2009 in euro 103.595,00, a fronte cli un dichiarato di euro 14.608,00;
che avverso l’avviso di accertamento, aveva proposto ricorso in data 21/01/2015 innanzi la Commissione Tributaria Provinciale cli Ferrara, che con sentenza n. XXX/05/15, depositata in data 31/08/2015, aveva accolto il ricorso compensando le spese di lite. In particolare, i giudici di primo grado avevano ritenuto che la prova contraria richiesta dall’art. 38, comma 6, D.P.R. 600/73 fosse stata “efficacemente fornita” da parte del contribuente, avendo quest’ultimo dimostrato, mediante documentazione bancaria, che: “nel c/c cointestato a B.M. e S.M., con saldo inziale di euro 10.461,51, erano confluiti rimborsi titoli per 119.584,00 euro, un bonifico da parte dei genitori di B.M. pari ad euro 40.000 e la liquidazione di polizze vita per un ammontare complessivo di euro 10.000,00”; e che “ad ulteriore dimostrazione del legittimo possesso di disponibilità finanziarie all’inizio dell’anno oggetto cli accertamento”, il ricorrente avesse poi prodotto “copia dell’atto di vendita dell’attività commerciale avvenuta nel 2007 per 90.000,00 euro”.
Che avverso la citata sentenza aveva proposto appello l’Agenzia con atto notificato il 24/02/2016, chiedendo la totale riforma della sentenza e insisteva per la conferma della pretesa avanzata con l’avviso di accertamento, sempre nella misura del reddito sintetico ricalcolato in euro 99.029,00;
che nella contumacia della parte appellata, con sentenza n. XXXX/09/18, pronunciata 1’11/06/2018 e depositata il 16/07/2018, la Commissione Tributaria Regionale adita accoglieva l’appello dell’Ufficio compensando le spese cli lite;
tanto premesso ed esposto proponeva ricorso per revocazione assumendo l’errore di fatto risultante dagli atti e documenti cli causa, ravvisabile nella mancata considerazione di accrediti non aventi natura reddituale, perché risultanti dallo spostamento di somme dal conto cointestato al coniuge a quello intestato a “La S. di S.M.”, pari ad euro 117.900,00, idonei a giustificare l’acquisto dell’azienda bar\tabaccheria per euro 115.000,00.
Si costituiva in giudizio l’ufficio convenuto in revocazione deducendo la inammissibilità del ricorso e nel merito contestando ogni assunto attoreo.
Assume la parte ricorrente che i1 giudice d’appello ha supposto un fatto non rispondente al vero, ravvisato nella errata considerazione degli spostamenti di somme tra un conto, quello cointestato ai coniugi B.-S., e l’altro, quello intestato a “La S. di S.M.”, deducendo in particolare che il giudice dell’appello “nel computare i prelevamenti operati sul conto cointestato ai coniugi S./B., non ha tenuto, cioè, conto del fatto, desumibile per contro da un semplice esame della predetta documentazione probatoria, che euro 67.900 degli addebiti hanno riguardato somme che sono transitate da tale conto corrente al conto corrente “La S. di S.M.” e che tale importo, unitamente a quello del mutuo di euro 50.000,00, sempre accreditato sul conto corrente “La S. di S.M.”, dava luogo ad accrediti non aventi natura reddituale per complessivi euro 117.900,00, importo questo più che sufficiente per consentire l’acquisto delle aziende di bar-tabaccheria al prezzo complessivo di euro 115.000,00″ e che “il giudice di secondo grado non ha neppure considerato che, in realtà, di tale complessiva somma erano residuate sul conto corrente “La S. di S.M.” disponibilità per euro 17.900,00, in quanto per l’acquisto della azienda bar-tabaccheria tale conto corrente era stato addebitato per soli euro 100.000,00 (per la precisione addebito di euro 30.000,00 in data 7.7.2009 e di euro 70.000,00 in data 10.7.2009), essendo stato il restante importo di euro 15.000,00 pagato a titolo di acconto con addebiti operati direttamente sull’altro conto corrente, cioè quello cointestato, e derivanti dalle disponibilità finanziarie non reddituali in esso presenti”.
Ciò posto in via di esame delle motivazioni addotte a ragione del ricorso in revocazione, va qui in sintesi ricordato come l’errore previsto come motivo di revocazione consiste in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo, che dagli atti e documenti medesimi risulti positivamente accertato, “purché non cada su un punto controverso e non attenga a un’errata valutazione delle risultanze processuali” (in tal senso da ultimo, Cass. 26890/2019; conformi ex multis, C. 27570/2018; Cass. 18278/2017).
In particolare, la stessa Suprema Corte ha avuto modo in più occasioni di affermare che il suddetto errore deve avere ad oggetto la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche, dovendo avere ” i caratteri dell‘assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche”.
Ove il ricorrente deduca, sotto la veste del preteso errore, l’errato apprezzamento da parte della Corte di un motivo di ricorso – qualificando come errore di percezione degli atti di causa un eventuale errore di valutazione sulla portata della doglianza svolta con l’originario ricorso – si verte in un ambito estraneo a quello dell’errore revocatorio, dovendosi escludere che un motivo di ricorso sia suscettibile di essere considerato alla stregua di un «fatto» ai sensi dell’art. 395 c.p.c., 1 ° co., n. 4, potendo configurare l’eventuale omessa od errata pronunzia soltanto un error in procedendo ovvero in iudicando (Cfr Cass. 5221/2009).
Ciò posto, va nella sede rilevato che nel caso in esame quanto dedotto dalla parte attrice risulta oggetto di considerazione espressa da parte del giudice del gravame laddove ha affermato che «L’aspetto obliterato dal contribuente (e dalla sentenza), invece, è quello riferito al fatto che la somma della quale S. disponeva nei 2009 (160.471,58 euro) non era sufficiente a sostenere nello stesso anno le spese indicate nell’avviso di accertamento (euro 19.029 per consumi ed euro 80.000 per investimenti), atteso che il contribuente nel 2009 ha sostenuto spese per euro 152.447 non per consumi, non attinenti con le spese per consumi e per investimenti individuate nell’avviso. L’Ufficio ha specificamente individuato i prelevamenti di maggiore entità dal conto corrente cointestato con la moglie, che apparentemente non presentano alcun nesso con dette spese, le quali, sommate al saldo del conto corrente al 31/12/2009 (di 20.479,06 euro), superano l’entità delle risorse disponibili nell’anno”.
Di tal che appare evidente come non si tratti di un errore che presenta i caratteri della assoluta evidenza e della semplice rilevabilità in quanto attiene all’assunzione argomentativa operata dal giudice di appello sulla movimentazione dei conti dedotti dall’ufficio nell’accertamento operato in atti, assunzione argomentativa che pertanto può essere oggetto di critica nei soli limiti dei vizi che abilitano la parte al ricorso per Cassazione.
Deve pertanto provvedersi al rigetto del ricorso con condanna della parte ricorrente alle spese di lite, spese che si liquidano in euro
La Commissione Tributaria Regionale, definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione ex art. 64, comma 1, D.Lgs. 1992, n. 546 ed ex art. 395, n. 4, C.P.C. della sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, Sez. n. 9, n. XXXX/9/18 (R.G.A. n. XXX/2016), cosi provvede:
a) Rigetta il ricorso in quanto infondato in fatto ed in diritto;
b) Condanna parte attrice alla integrale rifusione delle spese di lite, spese che si liquidano in complessivi euro 2.460,00 oltre accessori di legge.
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