Commissione Tributaria Regionale per l’Umbria, sezione n. 2, sentenza n. 433 depositata il 23 dicembre 2019
IVA – Prestazioni professionista sanitario “chiripatico” – Esenzione ex art. 10 DPR n. 633/1972 – Non applicabilità
Massima:
In assenza del regolamento di attuazione in grado d’individuare il profilo professionale del dottore in chiropratica, le relative prestazioni non possono essere comprese tra quelle sanitarie e soggiacciono quindi all’ordinario regime dell’IVA sull’intero volume di affari e nell’aliquota dovuta “ratione temporis”. Non vale pertanto la vigenza della legge n.3/18 art. 7 né la legge n.244/07,comma 355, atteso che anche tali norme necessitano di indispensabili regolamenti attuativi (cfr. Cass.8145/19).
Testo:
Il sig. XXXXX XXXXX, chiropratico, ha proposto appello avverso la sentenza n. 636/03/18 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Perugia e depositata il 30.11.2018, relativa ad avviso di accertamento n. XXXXX/2017 per l’anno di imposta 2012 notificato in data 15.12.2017, con il quale venivano accertate maggiori imposte per IVA pari ad euro 36.051,00, per IRPEF pari ad euro 5.5.64,00, per IRAP pari ad euro 590,00, addizionale regionale pari ad euro 217,00, addizionale comunale pari ad euro 106,00, oltre interessi e sanzioni pari ad euro 29.628,25.
L’attività di controllo dell’Ufficio nei confronti del ricorrente era iniziata a seguito di alcune anomalie collegate ad un elevato volume di costi residuali ed un’elevata incidenza degli stessi rispetto ai ricavi dichiarati, per cui l’Ufficio procedeva al controllo per gli anni di imposta 2011 e 2012.
Lo stesso acquisiva copia di tutti i rapporti finanziari relativi al periodo di imposta 01.01.2011-31.12.2012 ai sensi dell’art. 32 DPR n. 600/73, e per il periodo di imposta 2012 notificava al ricorrente e alla moglie XXXXX XXXXX gli inviti n. XXXXX/2017 e n. XXXXX/2017, con cui comunicava l’acquisizione di tutti i rapporti finanziari riconducibili agli stessi e richiedeva l’acquisizione in contraddittorio degli elementi rilevanti ai fini del controllo. Al termine di tale controllo, l’Ufficio notificava avviso di accertamento n. XXXXX/2017 rilevando omessa contabilizzazione di componenti positive di reddito per euro 4.294,00; indebita deduzione di componenti negativi di reddito per euro 10.858,03 e omesso assoggettamento ad IVA di operazioni attive imponibili e conseguente recupero dell’imposta sull’intero volume di affari per euro 36.051,00.
Il ricorrente presentava istanza di adesione cui allegava documentazione, e l’Ufficio effettuava autotutela parziale, annullando il primo rilievo in considerazione del fatto che la parte aveva consegnato copia degli assegni incassati che non trovavano riscontro con le scritture contabili e li ha riconciliati con le ricevute emesse.
Malgrado ciò, non si addiveniva ad adesione e il contribuente presentava ricorso per l’annullamento dell’atto in data 14.05.2018.
La C.T.P. di Perugia, con la sentenza impugnata, rigettava il ricorso.
Con l’appello odierno, il contribuente espone che la sentenza avrebbe travisato i fatti, rilevando quanto segue.
L’Ufficio aveva inizialmente imputato un maggior reddito di euro 15.152,04 di cui euro 4.294,00 per assegni versati sul c/c relativo all’attività e, secondo l’Ufficio, relativi a compensi non dichiarati; il ricorrente in fase di adesione aveva invece dimostrato la riconducibilità di tutti gli assegni a parcelle regolarmente emesse, per cui l’Ufficio aveva riconosciuto quali compensi dichiarati quelli incassati con assegni riconciliati, decurtando della somma di euro 4.294,00 il maggior reddito accertato.
L’Ufficio non aveva invece riconosciuto la deducibilità dei costi sostenuti dal ricorrente per un macchinario concessogli dalla XXXXX, pari al costo del leasing da quest’ultima corrisposto alla XXXXX, che lo aveva fornito, sostenendo che nel contratto di leasing tra la XXXXX e la XXXXX il bene doveva essere installato a Spoleto, in Località XXXXX n. XX, e che la società locataria aveva l’obbligo di tenere il bene nel luogo di installazione, il che avrebbe escluso che il ricorrente potesse farne uso presso la sede del suo studio in Perugia, Via XXXXXX.
In realtà, secondo il ricorrente, il macchinario DRX 9000, come da documentazione di avvenuta consegna trasmessa dalla XXXXX alla XXXXX in data 09.12.2009, acquisita agli atti del giudizio, era stato consegnato e installato presso lo studio del dr. XXXXX, e dallo stesso utilizzato nel 2012, ragione per cui la XXXXX aveva emesso fatture a carico del ricorrente per il noleggio, pagate con bonifico bancario, quindi in modo tracciabile.
La decisione del primo Collegio secondo cui egli non avrebbe fornito idonea documentazione a sostegno delle propri difese sarebbe smentita dalla documentazione già depositata in primo grado, tra cui in primo luogo il documento di consegna trasmesso dalla XXXXX alla XXXXX, che attestava la consegna del macchinario alla XXXXX, in data 09.12.2009, presso lo studio del ricorrente in Perugia, Via XXXXX n. XX, su richiesta della XXXXX stessa e quindi non a Spoleto. Il macchinario pertanto era sempre rimasto a Perugia presso lo studio del ricorrente.
Lo stesso aveva rimborsato alla XXXXX le spese di leasing in quanto, sebbene il macchinario fosse stato portato presso di lui per delle dimostrazioni a beneficio di potenziali acquirenti (vero scopo dell’acquisto, possedendo egli un altro modello del macchinario), era stato poi dallo stesso utilizzato per trattamenti di decompressione spinale. Ciò anche in considerazione del fatto che la XXXXX, in cattive condizioni finanziarie e priva di un soggetto esperto nell’uso del macchinario stesso, non era in grado di utilizzarlo. Pertanto, la sentenza aveva travisato i fatti ed aveva errato circa il mancato deposito di documentazione contabile per il possesso della seconda macchina, stanti le fatture prodotte, emesse nel 2012 dalla XXXXX nei confronti dell’appellante.
In merito all’IVA, l’appellante ribadiva la legittimità del ricorso sulla base della L. n. 244/2007, che all’art. 2, comma 335, riconosce al chiropratico la qualità di professionista sanitario di grado primario nel campo del diritto alla salute: riconoscimento che consente agli esercenti tale professione il diritto di non assoggettare ad IVA le prestazioni sanitarie eseguite.
Pertanto sarebbe illegittimo ed erroneo l’accoglimento, da parte del primo Collegio, dei rilievi sollevati dall’Ufficio circa la non operatività della norma in mancanza dell’emanazione del decreto attuativo del Ministero della Salute, che avrebbe dovuto essere emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della L. n. 244/2007, essendo la chiropratica una professione che rientra a pieno diritto tra le prestazioni volte alla cura e riabilitazione della persona, come confermato anche dalla L. 11.01.2018 n. 3, che classifica la professione di chiropratico tra quelle sanitarie, dal D.M. 17.05.2002 e dall’art.13, parte A, n.1, lettera c), della VI Direttiva del Consiglio UE del 17.05.1977 n. 77/388/CEE.
In via subordinata, l’appellante deduceva infine che l’Ufficio, nell’avviso impugnato, non aveva scorporato I’IVA dai compensi, rivendicandola quale quota del 21% in aggiunta rispetto alle somme incassate, e che, per effetto dell’applicabilità al caso di specie dell’esenzione IVA, anche le relative sanzioni debbono essere ritenute inapplicabili.
Costituitasi in giudizio con controdeduzioni, l’Agenzia delle Entrate ribadiva la legittimità del proprio operato e chiedeva il rigetto dell’appello, sostenendo che proprio la documentazione depositata dall’appellante in primo grado era idonea a smentire la sua ricostruzione dei fatti: il contratto di locazione finanziaria tra la XXXXX e la XXXXX prevedeva espressamente, quale luogo di installazione del bene, la località di Spoleto, XXXXX n. XX, e nelle condizioni generali del contratto era prescritto l’obbligo di tenere il bene nel luogo di installazione indicato nelle condizioni particolari, oltre al divieto di distogliere i beni dalla loro prevista destinazione.
L’Ufficio evidenziava che non era stato prodotto altro contratto, mentre viceversa, se gli assunti dell’appellante fossero stati veritieri, doveva quanto meno esistere un contratto tra la XXXXX e il dr. XXXXX. Altra incongruenza, secondo l’Ufficio, era che lo stesso, benché a suo dire il bene fosse già nel suo possesso dal 2009 al 2011, non avesse dedotto alcun costo per la locazione del bene, pur avendo versato alla XXXXX nel 2011 cifre analoghe (circa euro 1.000,00 mensili) con bonifici aventi causali generiche, e senza emissione di alcuna fattura e/o ricevuta.
Quanto al recupero dell’IVA, deduceva l’Ufficio la legittimità del proprio operato, poiché, in assenza del regolamento di attuazione citato dall’appellante, in grado di individuare il profilo professionale del dottore in chiropratica, le relative prestazioni non possono essere comprese tra quelle sanitarie e soggiacciono quindi all’ordinario regime IVA; l’Ufficio faceva altresì rilevare che, per l’anno 2011, questa Commissione Regionale aveva confermato la legittimità del recupero IVA nei riguardi dell’appellante con la sentenza n. 41/03/2019 depositata in data 26.03.2019.
L’appellante depositava memorie illustrative in vista dell’udienza di discussione.
All’udienza pubblica dell’11.12.2019, uditi i difensori, la causa è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Osserva la Commissione Tributaria Regionale che l’appello proposto è infondato.
Per quanto attiene alla professione di chiropratico, le relative prestazioni non possono ritenersi esenti da IVA perché non ricomprese tra quelle sanitarie, per le quali opera l’esenzione di cui all’art. 10 DPR 633/1972.
Se infatti è vero che la L. n. 244/2007 ha riconosciuto che la professione di chiropratico rientra tra quelle sanitarie, è altrettanto vero (Cass. ord. 22812/2014) che la norma rinvia, ai fini della sua valenza, ad uno o più regolamenti attuativi finora mai emanati, e non è compito del Giudice valutare il perché, a distanza di tanti anni, la stessa sia rimasta inattuata. Né, d’altra parte, è condivisibile la motivazione addotta dall’appellante circa la valenza dell’entrata in vigore della L. n. 3/18, art. 7, che abrogherebbe implicitamente la normativa citata, posto che anche tale ultima norma necessita di uno o più regolamenti di attuazione: come statuito sul punto dalla Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 8145 del 22 marzo 2019, emessa nell’ambito di identica fattispecie: “la indispensabilità del regolamento di attuazione per la determinazione dei criteri definitori della professione di chiropratico e per l’esercizio concreto di quest’ultima, è stata confermata anche dal recente espresso riconoscimento delle prestazioni dei chiropratici quali “professioni sanitarie” in forza della L. n. 3 del 2018, art. 7 […]“.
La situazione non muta qualora si consideri la VI Direttiva del Consiglio UE del 17.05.1977 n. 77/388/CEE, che ha trovato attuazione nel nostro ordinamento con il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, n. 18, in materia di esenzione IVA.
Le censure dell’appellante vanno pertanto ricondotte sotto il profilo della prospettata violazione della disciplina interna nazionale appena citata, la quale ha stabilito che “sono esenti dall’imposta: […] le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della Sanità, di concerto con il Ministro delle Finanze”.
La L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 355, ha previsto che: “è istituito presso il Ministero della Salute[…] un registro dei dottori in chiropratica. L’iscrizione al suddetto registro è consentita a coloro che sono in possesso di diploma di laurea magistrale in chiropratica o titolo equivalente. Il laureato in chiropratica ha il titolo di dottore in chiropratica ed esercita le sue mansioni liberamente come professionista sanitario di grado primario nel campo del diritto alla salute, ai sensi della normativa vigente {…] Il regolamento di attuazione del presente comma è emanato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 3, dal Ministro della Salute”. Orbene, deve ritenersi che la modifica normativa intervenuta nel 2007 non ha integrato gli elementi necessari per inserire la professione del chiropratico fra quelle sanitarie per le quali il legislatore ha inteso garantire il diritto all’esenzione IVA, se solo si considera che: a) nessuna disposizione è stata introdotta, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, secondo le linee indicate dalla legislazione sopra richiamata- D.P.R. n. 633 del 1972 e art 13 sesta direttiva CEE come modificata dall’art. 132, p.1, lett c) Dir. 112/2006/CEE, per qualificare la tipologia delle prestazioni sanitarie svolte dal chiropratico; b) la previsione normativa introdotta nell’anno 2007 non integra alcuno degli elementi previsti dal quadro normativa di riferimento, nè disciplina i profili della anzidetta professione; c) il regolamento di attuazione previsto dall’art. 2, comma 335 cit. si rivela, pertanto, indispensabile per la determinazione dei criteri definitori della professione stessa, non potendosi ritenere che la mera norma di principio introdotta nel 2007 risponda ai requisiti che l’ordinamento interno, in piena sintonia con il quadro normativa eurounitario, ha determinato per fruire del beneficio fiscale anzidetto.
Pertanto, in tale quadro normativa e giurisprudenziale, la prestazione sanitaria del chiropratico continua ad essere assoggettata ad IVA, la quale deve necessariamente essere calcolata sull’intero volume d’affari, e nell’aliquota dovuta ratione temporis.
Quanto al recupero dei canoni per il noleggio delle attrezzature, l’appellante nulla ha dimostrato circa la certezza e l’inerenza dei costi sostenuti ai fini della loro deducibilità.
Sul punto, deve osservarsi che il contratto di locazione finanziaria tra la XXXXX e la XXXXX del 2009 prevedeva espressamente, quale luogo di installazione del bene, la località di Spoleto, XXXXX n. XXX, e che nelle condizioni generali erano prescritti l’obbligo di tenere il bene nel luogo di installazione indicato nelle condizioni particolari, e il divieto di distoglierlo dalla sua prevista destinazione. Senza contare, inoltre, che eventuali spostamenti del bene stesso (eventualmente anche in violazione delle clausole contrattuali) sono difficilmente ipotizzabili nella realtà, stanti le sue dimensioni ed il suo peso.
Inoltre, nessun altro contratto è stato prodotto dall’appellante – mentre viceversa, se i suoi assunti fossero stati veritieri, doveva quanto meno esistere un contratto con la XXXXX; infine, lo stesso, pur in possesso del macchinario già dal 2009 e fino al 2011, non ha dedotto alcun costo per la sua locazione, pur versando alla XXXXX nel 2011 cifre analoghe (circa euro 1.000,00 mensili) con bonifici aventi causali generiche, e senza alcuna fattura e/o ricevuta.
Le deduzioni ulteriori depositate dall’appellante non appaiono a questa Commissione idonee a fondare la correttezza dei suoi assunti; per tale ragione, non può che dichiararsi l’infondatezza dell’appello anche sotto tale profilo.
Tuttavia, trattandosi di fattispecie inquadrabile in un complesso ambito normativa e giurisprudenziale, in corso di evoluzione per quanto sopra evidenziato, si reputa opportuno compensare integralmente le spese di lite.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale respinge l’appello con integrale conferma della sentenza impugnata. Spese compensate.
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