COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Piemonte sentenza n. 825 sez. 5 depositata il 22 maggio 2017

Massima

Le cessioni di contratti stipulati con giocatori professionisti, i cui importi generano plusvalenze, da una società sportiva all’altra, concorrono a formare la base imponibile ai fini IRAP. La CTR di Torino, ribaltando la sentenza dei primi giudici, ritiene di aderire all’orientamento tracciato da una precedente pronuncia della CTP di Parma (sent. n. 11/9/2008) ed all’unica sentenza della Suprema Corte riguardante la fattispecie (sent. n. 3545/2004). Secondo i giudici piemontesi la cessione del contratto iniziale non può considerarsi altro che una effettiva cessione di un bene immateriale volta a produrre effetti sulle parti coinvolte e benefici ai fini imprenditoriali analoghi alla cessione di beni strumentali.

Svolgimento del Giudizio

Si premette che la SPA (——) (——) negli anni dal 2008 al 2010 risolveva anticipatamente contratti stipulati con alcuni calciatori professionisti. I plusvalori ricavati erano considerati al fine di definire l’imponibile IRAP per gli anni in esame Successivamente, a seguito di alcune pronunce giurisprudenziali che ritenevano la non imponibilità IRAP dei proventi derivanti dal trasferimento di calciatori da una società sportiva all’altra, la, in data 29/11/2012, presentava all’Ufficio istanza di rimborso dell’imposta versata per le seguenti somme di euro 256.786,02 (2008); euro 320.425,58 (2009) ed euro 268.944,00 (2010).

L’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale I di T orino notificava alla società contribuente tre atti di diniego (2013/65535, 2013/65585 e 2013/65587) motivati col richiamo alla risoluzione n. 213/2001 in base alla quale la cessione di atleti rientrava nella fattispecie delle plusvalenze ricavate dalla cessione di beni strumentali.

La contribuente ricorreva tempestivamente avverso i provvedimenti con tre atti distinti contestando l’operato dell’Ufficio. A sostegno della propria impugnazione sosteneva che le cessioni in esame non erano qualificabili come trasferimento di beni in quanto non si era in presenza di cessione di un contratto ma di un diritto acquisito col versamento di un corrispettivo che si risolveva con la risoluzione del medesimo.

In conclusione chiedeva l’annullamento dei provvedimenti e la condanna dell’Amministrazione al rimborso delle somme versate a titolo IRAP, gravate dagli interessi.

Resisteva l’Agenzia delle Entrate ribadendo la legittimità del propno operato e chiedeva il rigetto del ricorso.

La Commissione Tributaria Provinciale di Torino sez. III, con sentenza n. 1346/3114 depositata il 23/06/2014, previa riunione dei procedimenti, richiamando pronuncia della Suprema Corte e parere del Consiglio di Stato, riteneva corretto l’operato dell’Ufficio. In particolare osservava che, qualora la cessione fosse stata considerata con una diversa categoria, la medesima sarebbe in ogni caso stata soggetta al tributo in virtù dell’art. 5 co. 4 D.Lgs 446/1997. Respingeva pertanto il ricorso e condannava la soccombente al pagamento delle spese di lite liquidate in complessivi ? 8.000,00.

Con atto depositato il 27/02/2015 appella la società contribuente contestando la sentenza dei primi giudici. In sintesi espone i dettagli relativi alla risoluzione anticipata dei contratti stipulati con i vari calciatori, indicando in ogni caso le plusvalenze realizzate e i tributi versati. Nell’argomentare i motivi a base dell’impugnazione sostiene, motivando, che i primi giudici hanno erroneamente interpretato la sentenza n. 3545/2004 della Corte di Cassazione e sulla questione richiama l’orientamento espresso dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio (n. 92/28/2012) che non lo ha considerato come trasferimento di contratto. Rileva quindi come tali operazioni siano da considerarsi straordinarie, autonome e distinte, non collegabili al plusvalore derivante dalla vendita di beni strumentali. Nel proseguo, pur riconoscendo la problematica che attiene al legame che unisce i giocatori al proprio club, rileva come il prevalente orientamento giurisprudenziale tenda a differenziare le cessioni in esame dai trasferimenti di contratto in ragione della particolare natura del legame tra lo sportivo e la società; richiama la citata sentenza della CTR del Lazio.

Chiede in conclusione la riforma della sentenza impugnata e per l’effetto l’annullamento dei provvedimenti di diniego e di ordinare all’Amministrazione il rimborso dell’IRAP versata per gli anni 2008, 2009 e 2010 oltre gli interessi.

Con favore delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio.

Con atto depositato il 10/04/20 15 si costituisce l’Amministrazione controdeducendo sui motivi di appello e ribadendo la correttezza del proprio operato. In particolare richiama la norma che disciplina il contratto di prestazione sportiva (DL 91/1981) che ha mutato la natura dei contratti rendendo evidente che le cessioni in oggetto riguardano il contratto e pertanto soggette all’IRAP in quanto si prevede il trasferimento di un diritto equiparabile a quello derivante dalla cessione di beni immateriali che genera plusvalenza rientrante, in ambito tributario, nella determinazione del reddito del soggetto cedente. Richiama pronuncia favorevole della CTP di Parma.

Chiede quindi il rigetto dell’appello, con vittoria delle spese del giudizio.

Con memorie illustrative depositate il 22/03/2017 la società, nel ribadire le proprie doglianze, evidenza come la fattispecie in esame non rientri nelle cessioni di contratto in quanto, ex art. 1406 cc, i contratti si trasferiscono immutati, mentre la cessione di un giocatore si conclude con una più complessa e articolata transazione.

Motivi della Decisione

Osserva questa Commissione che l’appello della contribuente non è accoglibile.

La vertenza trae origine dalla particolarità dei contratti che vedono una società sportiva rinunciare ai propri diritti sul giocatore in favore di un’altra, in cambio di un corrispettivo. Sulla questione l’appellante insiste nel ritenere che la particolarità della cessione, regolata da rapporti personali, non si possa configurare come un trasferimento di beni, con le conseguenze sull’imponibilità ai fini IRAP e nemmeno come cessione di un contratto, ma, in rispetto delle Norme Organizzative Interne della Federazione Italiana Gioco Calcio, deve essere trattata come una sequenza di accordi “complessi” che vedono risolversi il contratto esistente tra cedente e calciatore in cui si rilevano una cessazione (con il consenso del giocatore), prima della scadenza prevista, di un rapporto personale, seguito dall’attivarsi di un nuovo contratto dello stesso con la nuova società sportiva. I due diversi passaggi sono regolati da un accordo tra le due società in cui la cedente trae un beneficio economico per la rinuncia effettuata, beneficio che, secondo la società, va inquadrato come una plusvalenza rientrante nelle componenti ordinarie nelle voci di conto economico (ex art. 2425 cc). In estrema sintesi, per l’appellante quello che viene trasferito è solo il diritto alla stipula di un nuovo contratto e non di uno strumento “produttivo” di reddito come previsto dalle norme riguardanti l’IRAP.

I primi giudici, nell’esaminare la controversia, non hanno ritenuto di adeguarsi a una precedente pronuncia della giustizia tributaria (Lazio), ma, nel richiamare l’art.5 della L 91/1981 ove è specificamente prevista la cessione del contratto da una società sportiva all’altra e l’unica sentenza della Suprema Corte riguardante la fattispecie (n. 3545/2004), hanno ritenuto di inquadrare le operazioni in esame di cessione dell’atleta nell’insieme di quelle cessioni producenti plusvalenze soggette a IRAP (in adesione alla risoluzione 213/2001 dell’Agenzia delle Entrate).

Nell’opporsi a una simile conclusione la società appellante sostiene che le norme e la giurisprudenza della Corte di Cassazione non sono state correttamente interpretate. Anzi, secondo l’appellante, la giurisprudenza indicata a fondamento della decisione andava nella direzione opposta, individuando nella tipologia della cessione un’operazione straordinaria, autonoma e distinta non inquadrabile con quelle ordinarie. In particolare, riconoscendo che il legame che unisce il calciatore alla società sportiva ha sempre costituito un “problema interpretativo”, insiste nell’individuare il trasferimento come una cessione del “diritto” a stipulare un contratto diverso da quello già in essere e ciò anche in virtù di una giurisprudenza prevalente sulla questione.

L’attuale Collegio non condivide una simile valutazione. Come già rilevato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Parma nella n. 1119/2008 (e in tale contesto non si comprende da dove derivi la giurisprudenza prevalente prospettata dalla società), l’analisi attenta dei documenti che regolano il trasferimento di un giocatore pone in evidenza la presenza di tre fasi: accordo formale tra le due società con indicazione del prezzo pattuito e il nome del giocatore; la variazione di tesseramento che si basa unicamente sulla produzione dell’accordo precedente in cui l’atleta esprime il suo consenso; un terzo passo formale in cui l’acquirente subentra al cedente con le medesime condizioni previste dal contratto originale. Nulla incidendo la prevedibile variazione del contratto originale per consentire alla cessionaria di garantirsi un rapporto più esteso col giocatore. Risulta evidente dai passaggi indicati che non è in discussione la cessione di un diritto, ma l’effettiva trasmissione di un contratto a suo tempo confezionato che il club acquirente può, in un secondo tempo, integrare con nuove clausole. Infatti la cessione (del contratto) iniziale rappresenta l’effettivo fondamento per i passaggi successivi e non può considerarsi, alla luce del buon senso (e della sostanzialità del processo tributario), altro che una effettiva cessione di un bene immateriale volta a produrre effetti sulle parti coinvolte e in particolare sul cedente che, rinunciando anzitempo al diritto esistente, trae un beneficio ai fini imprenditoriali analogo alla cessione di beni strumentali. Una diversa lettura interpretativa dei fatti porterebbe, come osservato dalla citata Commissione Tributaria Provinciale di Parma, a una fattispecie definibile come una forma elusiva in violazione del principio della legalità nelle questioni fiscali.

In conclusione le operazioni qui esaminate devono ritenersi incluse nelle previsioni di cui all’ art. 1406 cc (che peraltro prevede anche la variabilità del contratto ceduto) per la cessione di contratto con il conseguente effetto sull’applicabilità dell’IRAP. La Commissione quindi conferma la sentenza impugnata e respinge l’appello. Inoltre, in applicazione dell’art. 15 D.Lgs 546/1992, condanna la soccombente al pagamento delle spese liquidate in complessivi ? 9.000,00 (novemila,00), donde il dispositivo.

PQM

Respinge l’appello. Liquida le spese di giudizio in ? 9.000,00.

Così deciso nella camera di consiglio della sezione V della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte il 4 aprile 2017.

Depositato in segreteria il 22 maggio.