COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Piemonte sez. 1 sentenza n. 947 depositata il 14 giugno 2017
IVA costo deducibile solo se inerente l’attività di impresa svolta
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.1. – xxx propose, con atto notificato a controparte con lettera raccomandata 7 giugno 2016, ricorso per la riforma della decisione n. 1959-6-15 resa dalla Commissione tributaria provinciale di Torino il 24 novembre 2015 e depositata in segreteria il 18 dicembre 2015.
Ne consegnò copia, ai fini della costituzione in giudizio, il 30 giugno 2016 alla segreteria di questa commissione.
Narrò che l’Ufficio, con avviso 26 novembre 2014, rettificò il reddito di impresa da lui dichiarato per l’anno di imposta 2009, non riconoscendo in deduzione, in quanto considerato non inerente, il costo di euro 35.000 risultante da una fattura ricevuta dalla società yyy S.A., con sede in ……., Canton Ticino e relativa a costi di studio e progettazione per un impianto di produzione di ghiaccio sintetico monouso.
Narrò di aver prodotto all’Ufficio, nella fase amministrativa, la documentazione contabile relativa al contratto di studio e progettazione dei macchinari per la produzione del bene in parola di cui alla fattura suddetta, il tutto accompagnamento da sue spiegazioni. Espose poi di aver impugnato il suddetto atto ma che la provinciale lo respinse ritenendo l’onere non congruo rispetto al volume d’affari e non afferente alla sua attività di agente di commercio.
Per la riforma della suddetta decisione riferì essere la sua attività quella di rappresentante di commercio nel settore medicale (ossia di macchinari ed attrezzature sanitarie principalmente per dentisti e studi dentistici, settore merceologico dove avrebbero dovuto essere vendute le sacche monouso di ghiaccio sintetico, da prodursi con i macchinari commissionati nello studio di progettazione e necessarie nei decorsi operatori). Per meglio dire di aver avuta una intuizione imprenditoriale che tuttavia non ebbe successo a motivo della contingente crisi economica.
Asserì come sulla scorta degli elementi provati all’Ufficio (ovvero la copia di un contratto dei disegni tecnici oltre che i pagamento ad una società estera) il costo dovesse essere ammesso in deduzione. A sostegno della sua tesi richiamò la giurisprudenza di legittimità ( cfr. sent. 1 ° aprile 2016 n. 6320 e 2 settembre 2011 n. 19702) oltre che di merito. Infine come la spesa potesse essere ritenuta congrua considerati i redditi da lui dichiarati.
1.2. – L’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Torino II, con nota depositata il 1 ° settembre 2016 si costituì in giudizio e propose le sue controdeduzioni. In particolare riesposto i fatti di causa, nella sostanza quelli sopra descritti, prese posizione sui motivi del ricorso, vale a dire:
a) sull’asserito vizio di motivazione della sentenza di primo grado per avere ritenuto privo di inerenza ex art. 109 del TUIR il costo di euro 35.000 portato dalla fattura emessa dalla società svizzera yyyl S.A.
Richiamò poi il testo della decisione di primo grado secondo cui: «il compenso corrisposto dal ricorrente alla yyy S.A. nel 2009 non trova correlazione con i ricavi realizzati e non appare congruo, neppure con riferimento ad una attività di carattere meramente potenziale: attività (di produzione e di commercializzazione, e non di mera rappresentanza e promozione dì prodotti realizzati da terzi) che comunque – per ammissione dello stesso ricorrente – non è mai stata avviata». Visto sotto altro aspetto asserì essere la decisione in linea con l’orientamento del giudice di legittimità ed in particolare con l’arresto 1° aprile 2016, n. 6320, a suo dire mal interpretato dal ricorrente.
Inoltre si lagnò come gli elementi fomiti da controparte non fossero idonei a provare l’inerenza essendo il contratto offerto privo di data certa, i disegni non meglio chiari, la fattura priva di elementi idonei alla completa identificazione del fornitore e la copia del pagamento non palesemente riferibile al fornitore. Inoltre denunciò come non fossero stati provati nel corso del giudizio le suddette affermazioni.
Soggiunse di aver rimarcato nella costituzione in giudizio di primo grado che: «dalle visure camerali che si allegano sub 8) emerge che il ricorrente ha sempre e solo svolto l’attività di “agenti e rappresentanti prod. sanitari, medicali, ortopedici” e non ha mai iscritto alcun codice attività relativo alla commercializzazione al dettaglio di tali beni né risultano registrati, in contabilità, altri acquisti riconducibili a tale attività potenziale di commercializzazione di sacche monouso di ghiaccio a prezzi concorrenziali» e come sul punto si fosse correttamente espressa la provinciale.
In merito all’istanza cautelare sostenne non esservi le condizione per la sua concessione.
All’odierna pubblica udienza, udita dal relatore l’esposizione dei fatti e dei motivi del ricorso, ascoltata la parte presente illustrante le sue posizioni processuali, la Commissione decise il giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2.0. – Il ricorso non merita accoglimento.
2.1. – Questo collegio non ritiene infatti di muovere censure alla sentenza di primo grado. Infatti questa altro non fece che applicare l’ormai consolidatissimo principio di diritto della Suprema Corte di Cassazione secondo cui: «Ai fini delle imposte sui redditi d’impresa, l’inerenza quale requisito di deducibilità del costo è una relazione concettuale tra costo e impresa, sicché il costo assume rilevanza nella determinazione della base imponibile non tanto per la connessione ad una precisa componente di reddito, quanto per la correlazione con un’attività d’impresa potenzialmente ‘ idonea a produrre utili (Cass. 21 gennaio 2009, n. 1465, Rv. 606467; Cass. 27 febbraio 2015, n. 4041, Rv. 634740). Ai fini dell’IVA, l’inerenza quale requisito di detraibilità del costo richiede elementi obiettivi che evidenzino una concreta strumentalità del bene o servizio all’attività d’impresa (Cass. 10 dicembre 2014, n. 25986, Rv. 633567; Cass. 24 marzo 2016, n. 5860, Rv. 639429). L’onere di provare l’inerenza incombe al contribuente (per le imposte sul reddito, Cass. 9 dicembre 2013, n. 27458, Rv. 629460; Cass. 13 maggio 2016, n. 9818, Rv. 639871; per l’IVA, Cass. 31 gennaio 2013, n. 2362, Rv. 625113; Cass. 24 marzo 2016, n. 5860, Rv. 639429); a lui spetta anche provare la coerenza economica della spesa, ove contestata dall’amministrazione (Cass. 27 marzo 2013, n. 7701, Rv. 625810; Cass. 8 ottobre 2014, n. 21184, Rv. 632824)» (cfr. Cass. Sent. 20 gennaio 2017, n. 1544).
Orbene applicando questo pnnc1p10 nel caso in giudizio questa commissione rileva che il contribuente non assolse all’onere su di esso incombente. Per meglio dire asserì come la spesa fosse stata dimostrata nella fase del contraddittorio amministrativo. Ma non si premurò di fornire tali prove anche in questa fase del giudizio. Vale a dire né la copia del contratto, né i disegni tecnici, né della fattura né dell’assegno con il quale sopportò la spesa. Cosicché questa commissione non può prendere atto che nel ricorso fece generiche affermazioni non supportate in alcun modo da prove.
Né può essere sostenuto che la dimostrazione degli appena citati fatti sia acquisita in questo processo avendo l’Ufficio specificamente contestato la efficacia probatoria degli stessi prodotti durante la fase amministrativa. Il ricorso deve quindi essere respinto e la decisione impugnata merita conferma.
2.2. – Alla soccombenza del contribuente segue la sua condanna alle spese che si liquidano in euro 1.500 (millecinquecento).
P.Q.M.
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del PIEMONTE
Sezione I
visti gli artt. 61 e 35 D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 cosi decide:
respinge l’appello.
Liquida le spese di giudizio in euro 1500,00.
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