COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Piemonte sez. 2 sentenza n. 1006 depositata il 22 giugno 2017
Impugnabilità dell’atto di adesione al P.V.C. se inficiato da errori
Conclusioni parte appellante
In totale riforma della sentenza impugnata dichiarare illegittimo l’atto impugnato nella parte in cui non riconosce in detrazione i costi e di conseguenza rettificare l’atto stesso, dichiarando legittimi ad essere dedotti i costi indicati nel PVC della GdF, mandando all’Ufficio la corretta rideterminazione del debito di imposte, interessi e sanzioni. Con vittoria di spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio.
Conclusioni parte appellata
Rigettare l’appello e condannare il ricorrente alle spese di giudizio.
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Con memoria di costituzione in giudizio l’Ufficio rileva che l’adesione ai PVC consente di
evitare qualsiasi forma di contraddittorio concedendo la possibilità .di aderire integralmente al
contenuto del PVC. Tale adesione è possibile solo nei casi in cui il PVC consenta l’emissione di un
accertamento parziale ex art. 41 bis d.p.r. 600/1973 come espressamente prevede l’art. 5 bis d.lgs
21871997, si tratta cioè di quei PVC che contestino questioni di fatto che non richiedono una
ulteriore valutazione da parte dell’Ufficio, sono quindi da escludere dall’adesione quelle
contestazioni che pur risultando dal PVC stesso necessitano di una ulteriore attività istruttoria
. dell’Ufficio e che quindi non possono essere recepiti acriticamente. Richiama giurisprudenza di
merito in tema di accertamento con adesione e sulla non impugnabilità dello stesso e
giurisprudenza di legittimità in merito alla tassatività degli atti impugnabili. Nel merito rileva che
trattasi di accertamento analitico induttivo e pertanto i costi deducibili devono essere documentati .
e provati dal contribuente ex art. 10, comma 4, lett. d) d.p.r. 917/1986, se il contribuente intendeva
dedurre taki costi avrebbe dovuto presentare istanza di adesione all’accertamento e l’lP” al PVC . La
quantificazione operata dalla GdF attiene al valore teorico degli acquisti in nero, ciò non costituisce
prova che quel costo è stato realmente sostenuto.
Alla pubblica udienza le parti richiamano le rispettive concusioni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Dalla motivazione dell’atto di definizione impugnato si rileva che vi è menzione nella parte
espositiva della esistenza di costi per acquisti di beni per ? 30.994, verificati dalla GdF nel PVC che
vengono considerati unicamente ai fini della violazione IVA; dal PVC in effetti (pag. 6 e 7) risultano
elencati con precisione acquisti in nero corrispondenti in grammi oro alle cessioni effettuate nel
medesimo periodo pari a grammi oro 1.658,09, valutati a prezzi ufficiali in ? 30.994,33. Vi è inoltre
contestazione IVA per gli acquisti in nero prima citati. Le dettagliate contestazioni su acquisti in
nero determinati analiticamente per periodi e importi indubitabilmente costituiscono il contenuto
“integrale” del PVC, a cui si riferisce l’art. 5 bis, comma 2, d.lgs 218/1997 a cui la contribuente ha
inteso presenta,re adesione, l’Ufficio poteva rifiutare l’adesione ed emettere l’accertamento ovvero
aderire all’istanza di adesione e quindi ar contenuto del PVC. La tesi per cui l’Ufficio poteva ed ha
aderito unicamente per quei rilievi che la situazione fiscale rappresentata portava a ritenere
costituire violazioni sostanziali cui può conseguire accertamento parziale ex art. 41 bis dpr 600/73,
con esclusione di altre situazioni teoricamente suscettibili di ulteriori valutazioni istruttorie oltre a
non trovare riscontro nella motivazione del provvedimento adottato è anche da ritenere in
violazione di legge, non potendosi ritenere che la norma consenta una tale discrezionalità da parte
dell’Ufficio e quindi ritenere consentita una definizione parziale del PVC medesimo. L’atto di
definizione da parte dell’Ufficio doveva quindi essere su tutto il contenuto del PVC riconoscendo i
costi che la GdF aveva ricostruito analiticamente.
In presenza di un provvedimento dell’Ufficio che si pronuncia solo parzialmente sulla
istanza di adesione non può ritenersi operante il divieto di ir;npugnazione previsto dall’art. 2,
comma 3, D.Lgs 218/1997 in quanto la norma non può che riferirsi ad una adesione “integrale”
come sopra indicata. Viceversa si verificherebbe la paradossale situazione che l’Ufficio si sostituisca
al contribuente nella richiesta di adesione determinandone il contenuto, impedendo una tutela
giurisdizionale su una pretesa tributaria in violazione dell’art. 24 Costituzione e dell’art. 2 d.lgs
546/1992 non ostando l’art. 19 D.Lgs 546/1992 sulla tipologia degli atti impugnabili alla luce della
plurime giurisprudenza di legittimità che consente l’impugnazione di atti che recano pretese
impositive ancorchè non rientranti tra quelli indicati nell’art. 19 citato. La sentenza di primo grado
deve pertanto essere riformata in punto inammissibilità e stante la richiesta avanzata dal ricorrente
di “dichiarare la parziale illegittimità dell’atto impugnato nella parte in cui non riconosce ulteriori
costi in detrazione e rettificare l’atto stesso dichiarando legittimi ad essere dedotti i costi indicati
nel PVC, mandando all’Agenzia delle Entrate la corretta rideterminazione del debito di imposte,
interessi e sanzioni” rettifica il provvedimento di definizione impugnato nel senso che il reddito
d’impresa deve determinarsi con la deduzione dei costi risultanti dal PVC.
Considerata la novità della questione si dichiarano compensate le spese di giudizio.
P.Q.M.
In accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza di primo grado manda all’Agenzia
delle Entrate di rettificare il provvedimento di definizione impugnato con la deduzione dei costi
risultanti dal PVC. Spese compensate.
Torino, 3.5.2017
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