COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Piemonte sez. 4 sentenza n. 718 depositata il 4 maggio 2017
Contratto di espromissione – Novazione del contratto originario – Non sussiste.
Conclusioni delle parti
Parte appellante Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale II di Torino: dichiararsi la legittimità dell’atto impugnato.
Parte appellata XXX: rigettarsi l’appello.
Svolgimento del giudizio
Il signor XXX impugnava avviso di liquidazione e irrogazione sanzioni in relazione alla registrazione di una scrittura privata autenticata di espromissione, per la quale l’Ufficio aveva applicato l’aliquota del 3% ex art. 9 della Tariffa allegata al D.P.R. 131/86.
Il ricorrente esponeva come originariamente fosse stato stipulato tra i signori ZXX e XXX da una parte e la Banca PXXX dall’altra contratto di mutuo, registrato in esenzione di imposta, avendo i mutuatari dichiarato che intendevano beneficiare delle agevolazioni previste dall’art. 15 co 1 del D.P.R. 601/73 e come successivamente la signora ZXX avesse estromesso il signor XXX.
Il ricorrente riteneva che non avendo le parti dato origine a un nuovo atto a contenuto patrimoniale, l’ atto di espromissione fosse assoggettabile all’imposta fissa.
L’Agenzia delle Entrate nelle proprie controdeduzioni evidenziava come il precedente contratto di mutuo avesse finalità e oggetto totalmente diversi, cosi da rendere legittima la tassazione in misura proporzionale dell’atto di espromissione.
La C.T.P. di Torino con sentenza n. 517/01/15 accoglieva il ricorso a spese compensate.
Riteneva che il contratto di espromissione non rientri tra gli atti soggetti a registrazione con pagamento dell’imposta a misura proporzionale, neppure a voler tener conto del carattere residuale dell’art. 9 della Tariffa.
Secondo il Giudice di prime cure il contratto di espromissione non aveva inciso sul precedente contratto di mutuo, essendo l’Istituto bancario rimasto estraneo alle pattuizioni tra i signori ZXX e XXX; inoltre, diversamente opinando, si verrebbe ad assoggettare un atto alla doppia imposizione in violazione dell’art. 53 della Costituzione.
La C.T.P., per altro, riteneva che l’Ufficio fosse incorso in un errore materiale nell’individuazione della base imponibile, in quanto non avrebbe tenuto conto del pagamento di alcune rate del mutuo.
L’Agenzia delle Entrate appellava la decisione, sostenendo che il secondo negozio giuridico ha una propria causa diversa dal mutuo e non costituisce una rinnovazione del negozio precedente, né è assorbito da esso.
L’appellante escludeva la possibilità di duplicazione di imposta, non vertendosi nell’ipotesi di doppia tassazione di un medesimo atto ma di tassazione di due distinti atti.
Chiedeva, pertanto, dichiararsi la legittimità dell’atto impugnato.
Il signor XXX nelle proprie controdeduzioni riteneva che l’Ufficio avesse erroneamente interpretato e applicato l’art. 15 del D.P.R. n. 601/73.
Riferiva come lo stesso Consiglio Nazionale del Notariato, rispondendo a un quesito riguardante la tassabilità di un atto che aveva già goduto del trattamento tributario agevolato, avesse precisato che l’espromissione di cui all’art. 1272 cc., non è compresa nell’elencazione contenuta nel co. I dell’art. 15 del citato decreto che mira ad agevolare tutte le vicende dell’operazione principale e cioè il finanziamento: ne conseguirebbe che qualsiasi evoluzione del rapporto debba comunque ritenersi ricompresa nella previsione agevolativa de qua.
Parte appellata richiamava numerosi atti, rogitati dal medesimo Notaio Fochesato che aveva rogitato la scrittura di espromissione, per i quali non era stata ·contestata la registrazione con imposta fissa.
Ravvisava un ingiustificato mutamento di orientamento dell’Agenzia e ribadiva che, non essendovi stato trasferimento .di ricchezza, non era individuabile alcuna capacità contributiva.
Motivi della decisione
Il Collegio, sentiti il relatore e le parti, esaminati gli atti di causa, considera come il contratto di espromissione (art. 1272 e.e.) consista in un accordo interno tra i debitori, cui resta estraneo il creditore che non libera il debitore originario dalla sua obbligazione, con l’effetto che questi diventa
obbligato principale e l’estromesso obbligato sussidiario.
Ne consegue che l’espromissione non determina alcuna novazione oggettiva dell’originario contratto di mutuo ma genera un’obbligazione cumulativa, affiancando al debitore originario altro soggetto passivo, tenuto a pagare in via principale.
L’espromissione, inoltre, non comporta alcuna attribuzione patrimoniale né a favore del creditore né
a favore dell’espromittente e conseguentemente non può rientrare nel novero dei contratti che, pur non essendo espressamente indicati nell’art. 2 parte I della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986, sono comunque soggetti a tassazione in via residuale ai sensi dell’art. 9 della su indicata Tariffa.
L’assenza di autonomia del contratto di espromissione rispetto al mutuo comporta che la registrazione del secondo contratto debba essere assoggettata al medesimo regime agevolato del mutuo, con applicazione dei medesimi benefici previsti dall’art. 15 del D.P.R. n. 601/73.
Questo Collegio considera ancora come l’ampia formulazione di tale norma, come modificata a seguito del D.L. n. 145/2013 e del D.L. n. 91/2014 – secondo cui le operazioni relative a finanziamenti a medio e a lungo termine e tutti gli atti, contratti e formalità inerenti alle operazioni medesime, esecuzione, modificazione e alle garanzie di qualunque tipo da chiunque prestate … sono esenti dall’imposta di registro – renda pacificamente infondata la pretesa dell’Agenzia delle Entrate.
Del resto, quest’ultima si è attenuta in passato a tale principio (circostanza non contestata dall’Ufficio), generando il legittimo affidamento dei contribuenti sulla correttezza delle interpretazioni rese in materia dal Consiglio Nazionale Notarile, così che in un contesto di collaborazione e buona fede il revirement dell’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto essere portato a conoscenza attraverso specifica circolare.
La sentenza impugnata merita, pertanto, conferma.
In essa infatti non è rinvenibile il vizio motivazionale dedotto dall’appellante, non risultando in conferente il richiamo al principio di cui all’art. 53 Cost., operato dal Giudice di prime cure.
La tassazione di un atto cui non è correlabile alcuna capacità contributiva e il quale anzi è riconducibile ad altra operazione (il precedente mutuo) per il quale il Legislatore ha previsto un, regime agevolato, comporterebbe, infatti, la violazione del principio costituzionale secondo cui il prelievo non può essere disgiunto dalla manifestazione diretta o indiretta di ricchezza.
L’errore in cui sembra essere incorso l’Ufficio (desumibile anche dall’inconferente richiamo alla sentenza della Corte di Cassazione n. 6943/2001) è quello di ritenere che l’espromissione abbia comportato un trasferimento di ricchezza, in realtà assente.
La Commissione
P.Q.M.
Respinge l’appello e condanna l’Agenzia delle Entrate alle spese del grado che si liquidano in € 500,00.
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