COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Piemonte sez. 4 sentenza n. 891 depositata il 5 giugno 2017
Soggetti legittimati a chiedere il rimborso – Accisa Energia Elettrica
Testo:
Per la xxx S.p.A.: “- rigettare l’appello dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Ufficio delle Dogane di Torino e, per l’effetto, confermare la sentenza n. 638/9/15, pronunciata il 25 marzo 2015 e depositata il 22 aprile 2015 dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino; – in ogni caso, disporre la nullità e/o l’inefficacia e/o l’annullamento, del provvedimento di diniego Prot. n. A677 del 9 gennaio 2014 emesso dall’Ufficio delle Dogane di Torino, in quanto viziato e palesemente illegittimo e/o infondato e, per l’effetto, riconoscere il diritto della Società al rimborso dell’accisa assolta e condannare l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli alla corresponsione di Euro 34. 778, 79 o della diversa somma che vorrà riconoscere, oltre interessi maturati e maturandi: – in via subordinata, deferire questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ex art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, al fine di chiarire se i) la disposizione contenuta nel paragrafo 2, dell’articolo 1 della Direttiva 2008/118/CE avesse efficacia diretta e, in ogni caso, se ii) l’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica istituita dalla lettera c), comma 1 dell’art. 6 del D.L. n. 511 del 28 novembre 1988 dovesse includersi nella definizione di “altre imposte indirette” di cui al paragrafo 2, dell’articolo 1 della Direttiva 2008/118/CE e, laddove la risposta fosse positiva, se – nella citata disposizione normativa – si dovessero intravedere “finalità specifiche” diverse da quelle di bilancio, considerato che tale imposta è istituita “in favore delle province”, così da chiarire se la normativa comunitaria fosse effettivamente preclusiva rispetto all’applicazione dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica. Con vittoria di spese”.
Resisteva l’Ufficio controdeducendo l’inammissibilità della domanda di rimborso, evidenziando: a) che la società non è soggetto passivo d’imposta, b) l’esistenza delle finalità specifiche per l’addizionale dell’accisa sull’energia elettrica, c) l’inesistenza ‘dell’asserita natura self executing della Direttiva 2008/118/CE, d) la traslazione dell’imposta e l’indebito arricchimento, e) l’erroneità degli importi richiesti a rimborso .
La CTP di Torino accoglieva il ricorso, riconoscendo come l’addizionale provinciale fosse priva delle “finalità specifiche” richieste dalla Direttiva 2008/118/CE e rispondesse “solo ad esigenze di bilancio delle Province, tendendo ad assicurare alle stesse gettiti di denaro utile per le spese”. Quanto alla legittimazione attiva della ricorrente, la CTP riteneva legittimati “tutti i soggetti che dimostrino di aver comunque pagato indebitamente l’imposta indiretta”. In merito all’indebito arricchimento per la traslazione dell’imposta riteneva la Commissione che “l’Ufficio non ha provato le affermazioni” e che “quando l’energia elettrica costituisce materia prima [. .. ] il fenomeno della traslazione non è neppure ipotizzabile”.
l’inammissibilità dell’istanza di rimborso per traslazione dell’imposta da parte della Società sui propri clienti, con conseguente indebito arricchimento della stessa in caso di rimborso; e) l’errata indicazione dell’importo rimborsabile, in quanto per le somme relative al periodo precedente alla data dell’8 luglio 2010 sarebbe intervenuta la decadenza di cui all’art. 14, comma 2, TUA.
Si costituisce la xxx S.p.A. controdeducendo:
La sentenza della CTP merita di essere confermata.
In merito ai soggetti legittimati a chiedere il rimborso, l’art. 14, comma 2, d.lgs. 504/95, nel disciplinare il rimborso delle accise indebitamente pagate, non contiene alcuna indicazione specifica circa i soggetti legittimati e deve, quindi, ritenersi applicabile a tutti coloro che dimostrino di avere indebitamente pagato l’imposta (cfr. Cass. S.U. 6589/09), a prescindere dal fatto che il soggetto richiedente sia il soggetto passivo d’imposta o il consumatore finale.
La Commissione ritiene doversi escludere qualsiasi finalità specifica dell’imposta in esame, poiché nelle Premesse al Decreto Legge il Legislatore ha previsto testualmente che l’introduzione dell’imposta è dovuta alla “straordinaria necessità ed urgenza di assicurare le necessarie risorse agli enti della finanza regionale e locale”, individuando pertanto un esclusivo scopo di bilancio.
Quanto alla natura dell’imposta in contestazione, la stessa Commissione Europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per incompatibilità con le norme europee dell’istituzione di accise provinciali e comunali, procedura conclusa solo dopo che l’Italia ha abrogato la disposizione di cui all’art. 6 D.L. 511/88 adeguandosi alla Direttiva 2008/118/CE, secondo la quale gli Stati membri possono applicare a prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi finalità specifiche. Nel caso in esame, non sono state riconosciute dall’organismo comunitario le finalità specifiche di cui sopra, ravvisando un esclusivo scopo di bilancio.
Anche questa Commissione non ritiene necessario rimettere la questione alla Corte di Giustizia Europea, dal momento che deve riconoscersi l’applicazione immediata nel nostro ordinamento della Direttiva comunitaria in esame, ritenuta chiara e precisa dal momento che individua univocamente il requisito della “finalità specifica” quale legittimazione di imposte indirette diverse dall’accisa, con conseguente disapplicazione della norma nazionale contraria.
Anche l’eccezione di inammissibilità dell’istanza di rimborso per traslazione dell’imposta e indebito arricchimento va respinta, poiché l’Ufficio, sul quale incombeva l’onere di provare l’avvenuta traslazione dell’imposta, non ha fornito alcuna prova in tal senso, posto che quando l’energia elettrica costituisce materia prima, il fenomeno della traslazione è inapplicabile (cfr. Cass. Civ. 12510/02).
Si conferma, infine, la correttezza dell’importo del rimborso richiesto, poiché il rimborso dell’accisa indebitamente pagata deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento e non, come sostenuto dall’Ufficio, da quella dei consumi presi in considerazione dalla relativa fattura. Il primo pagamento delle fatture oggetto della domanda di rimborso risale al 5 agosto 2010 e l’istanza di rimborso è stata presentata il 9 luglio 2012, pertanto in nessuna decadenza è incorsa la contribuente.
La Commissione condanna, per il principio della soccombenza, parte appellante a rifondere all’appellata le spese di giudizio, che liquida nell’ammontare indicato in dispositivo.
Così deciso in Torino il 3 maggio 2017
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