COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Reggio Emilia – Sentenza n. 160 sez. 2  del 16 giugno 2017

IMPOSTA SUI REDDITI – DICHIARAZIONE DEI REDDITI – EMENDABILITA’

Svolgimento del processo

1 -La sig.ra (…) ricorre nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Reggio Emilia, avverso cartella esattoriale portante iscrizione a ruolo per omesso o carente versamento irpef, relative sanzioni ed interessi, per l’anno d’imposta 2012; deduce la Ricorrente, con il gravame introduttivo e con memoria illustrativa, che: *la Stessa era socia accomandataria della s.a.s. (…) che, nell’anno d’imposta 2009,aveva ceduto l’esercizio commerciale,che gestiva, realizzando una plusvalenza;**la suddetta plusvalenza, per un errore del consulente che, allora,seguiva la società, era stata,illegittimamente, “spalmata” su cinque anni d’imposta, il tutto in violazione del disposto dell’art.66,1 comma, T.U.I.R (“1. Il reddito d’impresa dei soggetti che, secondo le disposizioni del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, applicano il regime di contabilità semplificata, è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei ricavi di cui all’articolo 85 e degli altri proventi di cui all’articolo 89 percepiti nel periodo d’imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività d’impresa. La differenza è aumentata dei ricavi di cui all’articolo 57, dei proventi di cui all’articolo 90, comma 1, delle plusvalenze realizzate ai sensi dell’articolo 86 e delle sopravvenienze attive di cui all’articolo 88 e diminuita delle minusvalenze e sopravvenienze”), che, a differenza di quanto previsto,ex art. 86, 4comma,T.U.I.R,per le imprese in contabilità ordinaria, non prevede la possibilità della rateizzazione in cinque esercizi delle plusvalenze realizzate;***a questo illegittimo comportamento era conseguito un minor reddito d’impresa attribuito per trasparenza ai soci con,conseguente, minor versamento di irpef da parte della Ricorrente rispetto a quanto dovuto;****accortasi dell’errore la società, aveva provveduto, nei termini di legge, ex art. 43 D.P.R. n. 600 del 1973, in data 30 dicembre 2014,a presentare una dichiarazione integrativa a suo sfavore ed a favore dell’erario, con cui aveva sottoposto ad imposizione, per il suo intero ammontare, la suddetta plusvalenza, poi, in data 29 dicembre 2015, aveva provviduto a rettificare, conseguentemente, le dichiarazioni degli anni d’imposta 2010,2011,2012,2013,;*****”Conseguentemente, nelle stesse date e per i medesimi periodi d’imposta,veniva modificate le dichiarazioni della signora B.E., persona fisica incisa “per trasparenza “giusto l’art. 5 del T.U.I.R.”; conclude evidenziando come la cartella impugnata risulti, pertanto,illegittima, in quanto la stessa è la conseguenza di una dichiarazione dei redditi non più valida in quanto rettificata,qua a suo favore, risultando imputato per trasparenza un minor reddito d’impresa,conseguentemente alla rettifica della dichiarazione della società; ne chiede,pertanto, l’annullamento con vittoria di spese;si costituisce in giudizio l’Agenzia con proprie controdeduzioni,con cui,sulla premessa che,avendo la società liberamente opzionato la rateizzazione della plusvalenza realizzata su cinque anni d’imposta,la stessa non poteva modificare l’opzione e,conseguentemente, anche le dichiarazioni della Ricorrente non potevano essere modificate; chiede,infine, la conferma della legittimità del proprio operato;vinte le spese; all’udienza dibattimentale le Parti si riportano alle loro deduzioni scritte.

Motivi della decisione

2 -L’art.2, commi 8 e 8 bis,D.P.R. n. 322 del 1998 dispongono che “8 S. l’applicazione delle sanzioni e ferma restando l’applicazione dell’articolo 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo te disposizioni di cui all’articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti dall’articolo 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; 8-bis. L’eventuale credito derivante dal minor debito o dal maggiore credito risultante dalle dichiarazioni di cui al comma 8 può essere utilizzato in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241. Ferma restando in ogni caso l’applicabilità della disposizione di cui al primo periodo per i casi di correzione di errori contabili di competenza, nel caso in cui la dichiarazione oggetto di integrazione a favore sia presentata oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, il credito di cui al periodo precedente può essere utilizzato in compensazione, ai sensi del citato articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa; in tal caso, nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa è indicato il credito derivante dal minor debito o dal maggiore credito risultante dalla dichiarazione integrativa.

Resta ferma in ogni caso per il contribuente la possibilità di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull’obbligazione tributaria, determinando l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o, comunque, di un minore credito”; la Corte di Cassazione, in ordine all’interpretazione dei riportati commi, ha recentemente affermato il seguente principio di diritto:” In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del D.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria”Sent. sez. U. n.2016/13378(Rv.640206-01); più dettagliatamente,la stessa, così si esprime nel corpo motivazionale,” Il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dall’art. 2 D.P.R. n. 322 del 1998 e dall’istanza di rimborso di cui all’art. 38 D.P.R. n. 602 del 1973, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria’”; l’applicazione dei suddetti principii,alla fattispecie concreta dedotta in giudizio, porta, necessariamente,,all’accoglimento delle doglianze della Ricorrente; invero, facendone applicazione,:*risultano nei termini la presentazione delle dichiarazione dei redditi integrative a favore dell’erario ed a sfavore della società e della Ricorrente per l’anno d’imposta 2009, posto che la stesse risultano presentate nei termini decadenziali di cui all’art.43 cit.;**risultano presenti i presupposti per la legittima “correzione”, in ipotesi, a suo favore, della dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2012,con conseguente illegittimità della pretesa tributaria opposta; evidenti gli errori di diritto compiuti dalla società nella compilazione della dichiarazione dei redditi del 2009, e,conseguentemente, a cascata,quelli compiuti dalla Ricorrente, avendo spalmato su cinque anni d’imposta la plusvalenza realizzata, procedura che non le era consentita dalla legge e la cui correzione porta,necessariamente, alla “riduzione ” del reddito 2012,con conseguente illegittimità dell’iscrizione a ruolo; di nessun pregio risultano,poi, la controdeduzioni dell’Agenzia posto che,appunto, la dichiarazione dei redditi è una dichiarazione di scienza e non di volontà ed ipotizzerebbe, per assurdo, la legittimazione,da parte della Stessa, di un comportamento illegittimo della Ricorrente; in conclusione il ricorso è fondato e l’atto impugnato va annullato; le spese di giudizio,stante la particolarità della fattispecie concreta dedotta in giudizio, vanno compensate.

P.Q.M.

La Commissione in accoglimento del ricorso, annulla l’impugnato atto; spese di giudizio compensate.