COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Roma sentenza n. 1234 del 2 marzo 2015
TRIBUTI LOCALI ICI – IMMOBILE ISCRITTO AL CATASTO IN A/10 – CONTRIBUENTE RESIDENTE – ABITAZIONE PRINCIPALE – ALIQUOTA RIDOTTA – COMPETE
Fatto
Con ricorso depositato il 28 dicembre 2011 il Sig. C. F. impugnava l’avviso n. 107330201, notificato il 29 settembre 2011, con cui il Comune di Roma ha accertato e richiesto in tassazione maggiore imposta ICI per l’annualità 2007 relativa ad un appartamento di proprietà del contribuente sito in via Cola di Rienzo n. 203, scala A, piano 6, interno 11. Il ricorrente deduceva :
– l’illegittimità della tassazione in base ad una variazione di classamento dell’immobile, in origine iscritto in Cat. A/l4, per la quale egli non aveva mai ricevuto notificazione;
– di avere, comunque, diritto a fruire dell’aliquota ridotta (4,6 per mille), trattandosi di immobile accatastato come ufficio, ma destinato a propria abitazione principale, come da risultanze anagrafiche.
Il Comune intimato, con controdeduzioni spedite il 24 settembre 2012 e ricevute il 26 settembre 2012, deduceva:
– il difetto di legittimazione passiva circa l’eccezione concernente il classamento catastale e l’attribuzione della rendita rideterminata, in quanto trattasi di atti propri dell’Agenzia del territorio; la variazione è stata comunque disposta in conformità a legge e secondo le procedure previste.
– la legittimità dell’accertamento a fini ICI, effettuato dal Comune stesso in base alla categoria catastale di iscrizione dell’immobile per l’anno 2007 (cat. A/10).
La CTP adita, con sentenza n. 590/44/2012 pubblicata il 10 dicembre 2012, non notificata, ha accolto parzialmente il ricorso, ritenendo essere legittima ed efficace la rideterminazione della rendita catastale, ma non legittimo il mancato riconoscimento, in favore del contribuente e da parte del Comune, del diritto a fruire di aliquota agevolata del 4, 6 per mille, in quanto l’immobile è adibito a propria abitazione ed avendo il ricorrente fornito prova di ivi risiedere anagraficamente.
Il Comune di Roma Capitale appella la sentenza, tramite atto notificato il 3 giugno 2013 e depositato il 17 giugno 2013.
L’appellante deduce che il classamento catastale nella categoria delle “abitazioni” è l’unico presupposto essenziale per l’applicazione dell’agevolazione prevista per l’abitazione principale, come recepito da giurisprudenza della Commissione regionale di Roma (sent. n. 373 del 2011 e sent. n. 372 del 2011). Chiede pertanto riformarsi la sentenza, con vittoria di spese.
L’appellato resiste con controdeduzioni del 19.8.2013 e memorie illustrative dell’1.12.2014.
Osserva che ai fini dell’appIicazione della norma di riferimento (art. 8 del d. Igs. n. 592/92) assume rilievo l’effettiva utilizzazione dell’immobile come abitazione principale (provato in atti in base a certificato storico anagrafico) e non la categoria catastale assegnata all’immobile, come ritenuto dalla CTR di Roma con sentenza n. 65/2010 e con sentenza n. 4900/22/2014 pubblicata il 28 luglio 2014, riferita allo stesso immobile per l’annualità ICI 2006.
Con atto depositato il 9 giugno 2014 l’appellato ha nominato un difensore aggiunto nella persona dell’Abg P. S..
All’udienza del 17 dicembre sono intervenuti il dott. A. per il Comune appellante e l’Abg S. per l’appellato, che hanno insistito nelle rispettive tesi e prospettazioni.
Ragioni della decisione
Il tema devoluto in appello dal Comune di Roma Capitale concerne la parte della sentenza di primo grado che, accogliendo parzialmente il ricorso proposto dal contribuente, ha ritenuto spettare a fini IC1 l’agevolazione della aliquota ridotta (nella specie 4,6 per mille) prevista per abitazione che sia adibita a residenza principale, pur se l’immobile de quo risulti iscritto in catasto nella Cat. A/10 (ufficio), in quanto tale non fruente in generale dell’agevolazione ai sensi di legge.
Posto che tra le parti in causa e in appello non è più controversa nessuna delle circostanze fattuali (tra cui la nuova rendita catastale, scaturita dalla intervenuta variazione del classamento), oggetto del decidere resta la fruibilità o meno del beneficio dell’aliquota agevolata, previsto con riferimento ad unità immobiliare che sia adibita ad abitazione principale.
Orbene, ai sensi dell’art. 8, comma 2, del d. lgs. n. 504/1992 le riduzioni e detrazioni dall’imposta de qua spettano per unità immobiliare che sia “adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica”.
I successivi commi 2 bis e 2 ter – oggetto di un’abrogazione esplicita disposta tramite il d.l. 27 maggio 2008, n. 93 convertito con modificazioni dalla l. 24 luglio 2008, n. 126, quindi non rilevante ratione temporis – dispongono un abbattimento della base imponibile calcolato in percentuale che opera con la sola eccezione per immobili ascritti a categoria catastale A1, A8 e A9.
In sostanza, quindi, anche per gli immobili iscritti in categoria A/10, quale quello oggetto della odierna controversia, valgono i benefici fiscali qualora lo stesso sia adibito ad abitazione principale del soggetto passivo.
Il ricorrente – odierno appellato – ha prodotto in giudizio certificazione storica anagrafica, in tal modo provando la sussistenza del presupposto di legge per la fruizione dell’agevolazione.
Il Comune appellante, senza aver mai fornire alcuna prova in contrario, si limita ad invocare la non spettanza del beneficio nel presupposto, contraddetto dalla stessa norma di legge e quindi errato, che a fini impositivi valga ed abbia effetto decisivo ed assorbente il solo dato formale della categoria di iscrizione catastale dell’immobile.
L’appellante, peraltro, menziona non pertinenti precedenti di legittimità (Cass. sent. n. 21332 del 2008), riferiti a vicenda nella quale si controverteva in ordine ad una porzione sita in immobile avente destinazione alberghiera, per la quale non era stata effettuata alcuna dichiarazione e rilevazione in catasto (secondo procedure di legge), né era intervenuta alcuna variazione di classamento idonea a far scattare il diritto all’agevolazione fiscale di legge.
L’appello, pertanto, non ha giuridico fondamento e va respinto, restando integralmente confermata la sentenza impugnata.
La controvertibilità della problematica, attestata dai menzionati precedenti giurisprudenziali, integra giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Respinge l’appello.
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