COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Roma sentenza n. 2205 sez. 1 del 19 aprile 2016
REGISTRO – TASSAZIONE DEGLI ATTI A TITOLO GRATUITO – RINUNCIA AL DIRITTO DI ABITAZIONE
FATTO
Con sentenza n. 22640/20/14, depositata il 10 novembre 2014, la Commissione tributaria provinciale di Roma rigettava il ricorso proposto dai Sigg. (omissis) notaio in (omissis), e (omissis) avverso l’avviso di liquidazione di imposta n. 1208007554 Registro 2012, per € 15.307,00, in relazione all’atto del predetto notaio (omissis), rep. 145323 dell’01.06.2012, con il quale il sig. (omissis) aveva revocato gli effetti della precedente “rinuncia unilaterale di diritto di abitazione senza contestuale accettazione” ricevuta dal notaio (omissis) e registrato in data 09.12.2008.
In particolare la CTP, a fronte della doglianza dei contribuenti di illegittimità dell’atto impositivo in quanto l’atto originario di rinuncia doveva considerarsi nullo e privo di effetti, riteneva che in base all’art. 38 del dPR n. 131/1986 la nullità o annullabilità dell’atto non dispensa dall’obbligo di registrazione con pagamento della relativa imposta.
Avverso tale sentenza ricorre in appello il notaio (omissis), con atto depositato il 5 giugno 2015, deducendo:
a) la mancata pronuncia da parte del Giudice di prime cure sulla censura di nullità dell’avviso di liquidazione impugnato, per mancata esibizione della delega legittimante la sottoscrizione del medesimo da parte di un soggetto diverso dal direttore dell’ufficio;
b) l’erroneità della sentenza nella parte in cui, con travisamento dei fatti di cui al ricorso, lo rigetta sostenendo che in base all’art. 38 del dPR n. 131/1986 la nullità o annullabilità dell’atto non dispensa dall’obbligo di registrazione con pagamento della relativa imposta. In realtà l’impugnazione dell’avviso di accertamento non era fondata sul presupposto della nullità dell’atto che ne era oggetto, bensì sull’impossibilità di interpretare il medesimo in termini di “ritrasferimento del diritto all’originario titolare” come aveva fatto l’Ufficio, e pertanto trattarlo, in sede di tassazione, come donazione con tutto ciò che ne consegue in termini di imposta applicabile. In realtà, all’atto doveva essere applicato il regime di tassazione, richiamato dalla risoluzione n. 20/B del 14.02.2014 dell’Agenzia delle Entrate, per gli atti di risoluzione per mutuo consenso di un precedente atto di donazione avente ad oggetto diritti immobiliari, senza previsione di corrispettivo, (applicazione d’imposta in misura fissa: art. 28 dPR n. 131/1986 e artt. 67 e 68 dPR n. 917/1986).
Controdeduce, con nota depositata il 25 gennaio 2016, l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale I di Roma, richiamando quanto già dedotto in primo grado in ordine alla correttezza della procedura seguita, con l’attribuzione della delega di firma al sottoscrittore dell’avviso. Quanto al merito delle altre doglianze, le ritiene non idonee a confutare la pretesa erariale non contenendo le ragioni che consentono di dimostrare inequivocabilmente che i recuperi a tassazione operati dall’Ufficio non sono conformi alla normativa vigente. In particolare, ritiene inapplicabile il regime di tassazione, richiamato dalla risoluzione n. 20/E del 14.02.2014 dell’Agenzia delle Entrate, per gli atti di risoluzione per mutuo consenso di un precedente atto di donazione, essendo l’atto di rinuncia o revoca un atto unilaterale, che non ha nulla a che vedere con l’atto di risoluzione contrattuale.
All’odierna pubblica udienza, le parti hanno riproposto le rispettive argomentazioni.
DIRITTO
La Commissione rileva preliminarmente l’infondatezza della doglianza, riproposta in appello, riguardante la presunta nullità dell’avviso di liquidazione impugnato, per mancata esibizione della delega legittimante la sottoscrizione del medesimo da parte di un soggetto diverso dal direttore dell’ufficio.
Ed infatti risulta che, già nel corso del giudizio di primo grado, l’Ufficio ebbe a produrre le disposizioni di servizio n. 8/2011 e n. 25/2011 di attribuzione della delega di firma da parte del Direttore Regionale al funzionario sottoscrittore dell’avviso di liquidazione impugnato. Tali provvedimenti sono stati riprodotti in occasione della costituzione dell’Ufficio nel presente giudizio d’appello.
Quanto poi alla questione, più direttamente riferibile al merito dell’odierna controversia, del regime di tassazione cui sottoporre l’atto di revoca che qui ne occupa, reputa il Collegio necessario formulare le seguenti considerazioni.
1) la rinuncia c.d. abdicativa a titolo gratuito ad un diritto reale di godimento, qual è appunto il diritto di abitazione, è pacificamente riconducibile ad un atto – per la dottrina, negozio giuridico unilaterale non recettizio – che trasferisce un diritto reale di godimento. Ciò in considerazione del fatto che con tale atto si produce un vantaggio in capo ad uno specifico soggetto e che tra l’atto di rinuncia e l’arricchimento del beneficiario sussiste un nesso di causalità (cfr. risol. Agenzia delle Entrate n. 25/E del 16 febbraio 2007 e circolare n. 18/E del 29 maggio 2013).
2) Pertanto, ai fini del corretto trattamento fiscale, gli atti a titolo gratuito che comportano trasferimenti di beni e diritti sono attratti nel campo di applicazione delle disposizioni dell’imposta sulle successioni e donazioni, a prescindere dal fatto che sottendano l’animus donandi. Per cui la rinuncia al diritto di abitazione, in quanto atto che trasferisce a titolo gratuito un diritto di godimento, rientra nel campo di operatività dell’imposta sulle donazioni, che deve essere applicata nel rispetto delle aliquote e delle franchigie modulate in rapporto alla natura del legame di parentela intercorrente tra dante causa e beneficiario (8% per beni devoluti a favore di altri soggetti non parenti, oltre imposte ipotecaria e catastale).
3) Ovviamente, nel momento in cui interviene un atto, anch’esso unilaterale, di revoca della precedente rinuncia, si determina, come correttamente rilevato dall’Ufficio, il ritrasferimento dal beneficiario all’originario titolare del medesimo diritto di abitazione determina l’applicazione sull’atto dell’imposta di donazione nell’analoga misura proporzionale (art. 2, comma 49, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262), nonché delle imposte ipotecaria e catastale nella misura di cui all’art. 1.
Pertanto la sentenza impugnata appare scevra dalle censure indicate nel ricorso in appello che deve essere conseguentemente rigettato, con definitiva salvezza dell’atto di accertamento impugnato in primo grado.
Sussistono giustificati motivi, in ragione delle peculiarità e dell’assoluta novità della vicenda trattata, per dichiarare compensate le spese di giudizio.
P.Q.M.
La Commissione tributaria regionale per il Lazio, Roma, Sezione I, respinge l’appello e dichiara compensate le spese di giudizio come in motivazione.
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