COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Roma sentenza n. 28862 sez. 1 del 16 dicembre 2016
LOCALI – IRESA – COMPAGNIA AEREA – LEGGE REGIONALE LAZIO N. 2/2013 – INQUINAMENTO ACUSTICO – VIOLAZIONE CON DIRETTIVA EUROPEA 30/2002 CE- ANNULLAMENTO DEGLI ATTI
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato presso la Commissione in data 1.8.2014 la S.A. ha impugnato gli avvisi di accertamento/liquidazione nn. …, …, …, …, e …, – trasmessi da A. ed aventi ad oggetto gli importi dovuti alla Regione Lazio ex L. R. Lazio n. 2/2013 a titolo di iresa, imposta regionale sulle emissioni sonore degli aerei, per i periodi indicati negli atti impugnati – ed ha chiesto l’annullamento di tali atti per tutti i vizi eccepiti nel ricorso e nelle successive memorie o, in subordine, la disapplicazione della L. R. Lazio n. 2/2013 perché contrastante con la direttiva comunitaria 30/2002 o, ancora più in subordine, la remissione alla Corte Costituzionale sollevando in via pregiudiziale le questioni di legittimità costituzionale di cui al ricorso della stessa legge regionale. La ricorrente a sostegno dei motivi di ricorso asserisce che l’atto impugnato è privo dei requisiti e contenuti necessari ed indispensabili in un atto impositivo (motivazione, responsabile del procedimento, indicazione del soggetto a cui ricorrere e termini del ricorso etc.) e soprattutto ritiene che la pretesa trovi ragione nella L. R. Lazio n. 2/2013 che tuttavia nella sua attuazione elude palesemente, per tutti i motivi esposti in ricorso, quanto specificatamente previsto dal legislatore nazionale e da quello comunitario essendo la stessa legge finalizzata al proprio fabbisogno finanziario generale senza alcun provvedimento finalizzato al completamento dei sistemi di monitoraggio acustico e al disinquinamento acustico – specificatamente previsti dalla l. n. 342/2000 art. 90 e segg. – limitandosi a prevedere un ritorno del 10% degli introiti a favore dei comuni interessati dalle emissioni sonore di cui trattasi.
La Regione Lazio si è costituita controdeducendo in merito ai motivi di ricorso ritenuti infondati e pertanto, ribadito che l’iresa non è un’imposta di scopo ma un tributo proprio regionale, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
La Commissione
esaminati gli atti ritiene che il ricorso debba essere accolto e a tal fine rileva quanto segue.
Premesso che fatto impugnato – anziché una mera nota di addebito come sostenuto dalla Regione Lazio – deve ritenersi un vero e proprio atto di liquidazione dell’imposta ritenuta dovuta e come tale impugnabile dinanzi questa Commissione, tuttavia i vizi formali le eccezioni sollevate dalla ricorrente in merito alla carenza negli atti impugnati dei requisiti ritenuti indispensabili e necessari debbono ritenersi infondati e comunque tali da non comportale l’annullamento dell’atto stesso poiché questo comunque ha raggiunto il suo scopo e la destinataria è stata in grado di difendersi adeguatamente proponendo tempestivo ricorso.
Nel merito la Commissione rileva che effettivamente, come eccepito dalla ricorrente, gli atti impugnati non perseguono i fini posti a base dell’imposta di cui trattasi come delineati dagli artt. 90 e segg. della l. n. 342/2000 nonché dalla legislazione comunitaria in materia di emissioni sonore degli aeromobili.
Al riguardo si rileva che la l. n. 342/2000 nell’istituire l’iresa all’art. 90 1° comma dispone che il relativo gettito “è destinato prioritariamente al completamento dei sistemi di monitoraggio acustico e al disinquinamento acustico e all’eventuale indennizzo delle popolazioni residenti nelle zona A e B dell’intorno aeroportuale…” e successivamente al 3° comma dispone che la ripartizione del gettito dell’imposta viene effettuata al proprio interno da ciascuna regione e provincia autonoma sulla base dei programmi di risanamento e di disinquinamento acustico presentati dai comuni dell’intorno aeroportuale ed elaborati sui dati rilevati dai sistemi di monitoraggio acustico realizzati in conformità al decreto del Ministro dell’ambiente del 20 maggio 1999″. E la Corte Costituzionale – pronunciandosi sul ricorso della Regione Lazio in merito all’asserita illegittimità costituzionale del d.l. n. 145/13 con il quale è stato determinato il valore massimo dell’aliquota dell’iresa – con la sentenza n. 13/2015 ha rilevato tra l’altro che “va inoltre evidenziato che l’imposta in esame, originariamente finalizzata a promuovere il disinquinamento acustico in relazione al traffico aereo, ha mantenuto uno scopo specifico il quale tuttora comprende finalità attinenti alla tutela dell’ambiente. Lo dimostra la previsione della destinazione prioritaria del gettito al completamento dei sistemi di monitoraggio acustico e al disinquinamento acustico e all’eventuale indennizzo delle popolazioni residenti nelle zona A e B dell’intorno aeroportuale”.
Anche la direttiva 30/2002 CE – a cui è stata data attuazione con il d.to lgs. n. 13/05 – nel prevedere tutta una serie di misure ed interventi finalizzati alla riduzione delle emissioni sonore degli aerei tra cui anche la possibilità di istituire una tassa sul rumore, è evidentemente finalizzata al perseguimento di “obiettivi definiti di riduzione dell’inquinamento acustico a livello dei singoli aeroporti” come peraltro ritenuti indispensabili anche dal citato d.to lgs.
Nonostante quanto sopra rilevato la Regione Lazio, come peraltro emerge in tutta evidenza dalle controdeduzioni in atti, ha ritenuto e ritiene, sulla base dell’art. 119 della Costituzione, che l’iresa è un tributo proprio senza vincolo di destinazione.
Ed al riguardo la Commissione, alla luce dell’attuale normativa, ritiene che effettivamente l’imposta di cui trattasi, come disposto dall’art. 7 della legge delega n. 42/09, costituisce un tributo proprio istituito dalla Regione Lazio ai sensi del comma 1 lett. b) n. 3 del citato articolo e non, come sostiene la ricorrente, un tributo proprio derivato, previsto dal comma 1 lett. b) n. 1 dello stesso articolo, istituito e regolato da leggi statali il cui gettito è attribuito alle regioni.
A conferma della suddetta natura si richiama l’art. 8 del d.to lgs. n. 68/2011 in attuazione della legge delega n. 42/2009 che con il 1° comma ha trasformato dall’1.1.13 in tributo proprio regionale, tra altri, anche l’iresa e che al 3° comma ha disposto che alle regioni a statuto ordinario spettano gli altri tributi che costituiscono tributi propri derivati.
Pertanto la Commissione dall’esame della richiamata normativa ritiene che con l’emanazione del d.lgs. n. 68/2011 l’iresa non possa più ritenersi, come in precedenza e sulla base della l. n. 342/2000, un tributo proprio derivato ma un tributo proprio regionale.
Ad ulteriore conferma della natura di tributo proprio regionale dell’iresa si richiama la stessa sentenza della Corte Costituzionale n. 13/2015, invocata dalla ricorrente a supporto dei motivi di ricorso, che ha dichiarato infondata la violazione dell’art. 119, primo e secondo comma Cost., in relazione all’art. 11 del d.lgs. n. 68/11 e all’art. 19 della l. n. 196/09, sollevata dalla Regione Lazio che lamentava – nel censurare il comma 15 bis dell’art. 13 della l. n. 9/14 – che tale norma avrebbe disposto il valore massimo dell’iresa senza disporre le misure compensative di cui al citato art. 11 così ledendo l’autonomia regionale. Al riguardo la Corte ha affermato che “ha rilievo l’attuale configurazione giuridica dell’iresa quale tributo proprio regionale così definito dall’art. 8 del d.lgs. n. 68 del 2011 e riconosciuto come tale da questa Corte (sentenza n. 18 del 2013), sia pure con le peculiarità che saranno appresso indicate. Ciò esclude, ai sensi dell’art. 7 comma 1 lett. b) della l. n. 42 del 2009, la necessità di misure compensative giacché tale disposizione le prevede soltanto per altri tributi regionali”. Ed in effetti l’art. 11 del d.lgs. n. 68/2011 prevede misure compensative solo per interventi statali sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi regionali di cui all’articolo 7 comma 1 lett. b) nn. 1 (i tributi propri derivati n.d.r.) e 2; pertanto, avendo la Corte escluso nella fattispecie la necessità di misure compensative, deve ribadirsi che l’iresa, sulla base della normativa vigente, è un tributo proprio regionale e non più un tributo proprio derivato.
Ma se è vero che il legislatore con l’art. 8 del d.lgs. n. 68/11 non solo ha trasformato l’iresa da tributo proprio derivato in tributo proprio regionale ma ha addirittura concesso alle Regioni anche la facoltà di sopprimerla è altrettanto vero che la stessa sentenza n. 13/2015, dopo aver riconosciuto all’iresa la natura di tributo proprio regionale sia pure connotato da particolari peculiarità, al punto 4.2.1 ha ritenuto di specificare tali peculiarità e di dover quindi affermare che: “va inoltre evidenziato che l’imposta in esame, originariamente finalizzata a promuovere il disinquinamento acustico in relazione al traffico aereo, ha mantenuto uno scopo specifico il quale tuttora comprende finalità attinenti alla tutela dell’ambiente. Lo dimostra la previsione della destinazione prioritaria del gettito al completamento dei sistemi di monitoraggio acustico e al disinquinamento acustico e all’eventuale indennizzo delle popolazioni residenti nelle zona A e B dell’intorno aeroportuale.”
La riportata puntualizzazione della Corte Costituzionale induce necessariamente a ritenere che l’iresa, pur essendo un tributo regionalizzato previsto dall’art. 8 1° comma del d.to lgs. n. 68/2011, non sia completamente assimilabile ai tributi propri istituiti dalle regioni e previsti dalla legge delega sul federalismo fiscale ma rientri pur sempre tra quei tributi che, seppur regionalizzati, hanno come precipua caratteristica di costituire forme di imposizione introdotte dalla legislazione nazionale, legislazione di cui debbono continuare ad osservare e perseguire finalità e scopi.
E se così è la Regione Lazio, nei ritenersi svincolata – come emerge chiaramente dalle controdeduzioni depositate – da qualsiasi obbligo di destinazione del gettito derivante dall’iresa, ha evidentemente disatteso criteri, scopi, finalità e principi posti a base della disciplina nazionale e comunitaria omettendo di adottare qualsiasi provvedimento diretto alla riduzione dell’inquinamento acustico né tale omissione viene meno dalla sola previsione della destinazione del 10% del gettito a favore dei comuni interessati dall’inquinamento acustico.
In considerazione di quanto precede l’imposta liquidata risulta priva di causa e giustificazione e la legge regionale n. 2/2013 è in contrasto e in violazione della direttiva 30/2002 CE e conseguentemente va disapplicata con annullamento degli atti impugnati e con condanna della Regione Lazio al rimborso di quanto versato dalla ricorrente in relazione ai suddetti atti.
La particolare e complessa fattispecie induce a compensare integralmente le spese di giudizio.
P.Q.M.
La Commissione disapplicando la legge regionale del Lazio n. 2/2013 annulla gli atti impugnati e condanna la Regione Lazio a rimborsare alla ricorrente quanto versato in dipendenza di tali atti; spese di giudizio.
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