COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Roma sentenza n. 38 sez. 38 del 9 gennaio 2015
ACCERTAMENTO LIQUIDAZIONE CONTROLLI – IRES – PLUSVALENZA – CESSIONE RAMO D’AZIENDA – ALTRO ATTO IMPOSITIVO – IMPOSTA DI REGISTRO – VALIDITÀ DELL’ATTO IMPOSITIVO – NON SUSSISTE.
Fatto
In data 13.1.2010 il legale rappresentante della “A.C. Spa”, incorporante della “A. Spa” depositava ricorso avverso l’avviso d’accertamento col quale l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale Roma 2 per l’esercizio 2004 aveva rettificato la plusvalenza derivante dalla cessione di un ramo aziendale – concernente la gestione del numero telefonico 187 – dichiarata ai fini IRES in € 222.909, elevandola ad € 22.466.783, sulla base sostanzialmente di altro avviso d’accertamento, avente ad oggetto la stessa operazione, ma ai fini dell’imposta di registro. Conseguentemente veniva richiesta un’imposta di € 4.663.359 più accessori.
Col ricorso veniva chiesto l’annullamento di detto avviso per difetto di sottoscrizione, per carenza di motivazione, data la mancata allegazione dell’avviso d’accertamento ai fini imposta di registro; per l’utilizzo di presunzioni a catena, fondate su mere illazioni congetture e formule astratte. Veniva, infine fatto presente che la compravendita era stata effettuata sulla scorta di una specifica perizia della D., col metodo del costo di sostituzione.
Si costituiva l’Ufficio sostenendo la legittimità del proprio operato e chiedendo il rigetto del ricorso. In particolare veniva osservato che l’avviso in questione era stato regolarmente sottoscritto e compiutamente motivato a seguito di richiesta di chiarimenti e documentazione. La valutazione era stata calcolata prendendo a base il giro d’affari dei tre esercizi precedenti ed applicando il coefficiente di redditività pari al 32,19% desunto dai bilanci forniti dalla Società contribuente.
In data 10.06.2011 la CT Provinciale di Roma, con sentenza n. 325/04/11, accoglieva parzialmente il ricorso, respingendo tutte le pregiudiziali, ma riducendo il valore della plusvalenza ad € 2.500.000, tenendo conto della riduzione praticata dalla CT Provinciale in sede di accertamento ai fini dell’imposta di registro e ritenendo eccessivo il coefficiente di redditività applicato. Venivano compensate le spese di giudizio.
In data 1.3.2012 l’Ufficio presentava appello chiedendo la riforma della sentenza impugnata, per carenza e contraddittorietà della motivazione, che sostanzialmente faceva un pedissequo rinvio per relationem alla sentenza emessa dalla CT Provinciale riguardante la stessa transazione, ma ai fini dell’imposta di registro. Nel fare numerosi riferimenti giurisprudenziali, veniva sottolineato inoltre come l’Ufficio, nella fattispecie potesse operare induttivamente e come spettasse al contribuente l’onere della prova.
In data 23.3.2012 la Società contribuente contro deduceva e presentava appello incidentale. Dopo una breve riproposizione dell’intera storia dell’operazione, veniva contro dedotta l’inammissibilità dell’appello data la sua genericità e la mancanza di specifiche eccezioni, con citazioni giurisprudenziali non attinenti o addirittura favorevoli alla tesi del contribuente. Per quanto riguarda l’appello incidentale, veniva chiesto l’annullamento totale dell’avviso d’accertamento ed a tal fine venivano riproposti i calcoli con i quali veniva dimostrata la correttezza di quanto dichiarato e l’infondatezza di quanto presunto dall’Ufficio, mettendo in evidenza sia l’appartenenza delle due contraenti allo stesso gruppo T., sia l’andamento decrescente della redditività e del giro d’affari del ramo d’azienda in questione. Venivano riproposte, infine, le eccezioni pregiudiziali respinta dalla sentenza appellata.
In data 23.10.2014 la contribuente spediva copia della sentenza della CT Regionale con la quale veniva confermata la sentenza della CT Provinciale n. 340/03/08.
Motivi della decisione
Anche secondo questa Commissione le pregiudiziali di cui al ricorso introduttivo, ribadite dal contribuente in appello, vanno respinte.
Questa Commissione, infatti, condivide le affermazioni riportate nella sentenza impugnata e ritiene che quanto riportato nell’appello incidentale dal contribuente, non possa modificare detta circostanza.
Entrando nel merito questa Commissione ritiene che la sentenza appellata vada riformata. La stessa, infatti, anche nel ridurre l’imponibile accertato, ha fatto esclusivo riferimento all’avviso d’accertamento col quale l’Ufficio aveva rettificato il valore della stessa transazione, ma ai fini dell’imposta di registro. Come è noto e come, da ultimo, è stato anche confermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 21632/14, i principi relativi alla determinazione dell’imponibile è differente per le due imposte. Per il registro, infatti, viene tassato il valore di comune commercio, mentre per le imposte dirette viene tassata la plusvalenza, la differenza, cioè, tra prezzo d’acquisto o costo ed il prezzo di vendita. In altri termini un conto è il valore di comune commercio, altro conto, specie per due società che, come nella fattispecie, appartengono allo stesso gruppo, è il prezzo.
Partendo da tale presupposto appare evidente che sia l’Ufficio, con l’avviso d’accertamento in esame che successivamente la CTP hanno seguito un metodo errato, facendo in pratica riferimento al valore di comune commercio, mentre ciò che andava individuato era il prezzo e cioè il punto d’incontro tra domanda ed offerta che, essendo nella fattispecie appartenenti allo stesso gruppo, non avevano come fine ultimo solo quello economico.
Anche per detta individuazione l’Ufficio appare sbilanciato verso l’imposta di registro, ricorrendo al metodo dettato in detto contesto per stabilire il valore di avviamento (giro d’affari degli ultimi tre esercizi, sul quale viene applicato un coefficiente di redditività, desunto dai bilanci dello stesso contribuente). Il contribuente, invece, pur non perseguendo fini economici, fa effettuare una valutazione da una delle più importanti società di revisione, applicando, come è suo diritto, il più contenuto ed oculato dei metodi di valutazione che è quello del rimpiazzo e considerando la fase calante, in termini di giro d’affari e di redditività, del ramo d’azienda ceduto. L’operato del contribuente appare a questa Commissione corretto avendo effettuato l’operazione in questione, se non al valore di mercato, ad un prezzo che ha una sua logica ed anche un certo impatto da un punto di vista fiscale.
Per quanto riguarda l’appello dell’Ufficio, lo stesso va respinto in quanto, l’Ufficio, pur potendo operare induttivamente, non ha portato a sostegno della propria tesi, calcoli accettabili, come abbiamo visto in precedenza. Spettava senz’altro al contribuente dare la prova contraria e, per quanto sopra esposto, ciò è avvenuto.
Per quanto riguarda le spese, infine, questa Commissione ritiene che le stesse debbano essere a carico della parte soccombente per i due gradi di giudizio. Vengono conseguentemente liquidate in favore della Società ricorrente € 5.000,00 per il primo grado ed € 7.000,00 per il secondo.
La Commissione
P.Q.M.
Respinge l’appello principale dell’Ufficio; in accoglimento dell’appello incidentale della società contribuente dichiara illegittimo l’atto impugnato; condanna l’appellante principale a rifondere all’appellato – appellante incidentale le spese del doppio grado di giudizio, liquidandole in € 5.000,00 per il primo grado ed in € 7.000,00 per l’appello.
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