COMMISSIONE TRIBUTARIA Regionale di Roma – Sentenza n. 4242 sez. 22 del 17 luglio 2015
ACCERTAMENTO – LIQUIDAZIONE E CONTROLLI – SUCCESSIONE – EMENDABILITA’ DELLA DICHIARAZIONE OLTRE IL TERMINE – APPLICABILITA’ – DICHIARAZIONE – SUCCESSIONE – RETTIFICABILITA’ – MODIFICABILITA’ DEL VALORE DELL’ASSE EREDITARIO NELLA DICHIARAZIONE DI SUCCESSIONE INTEGRATIVA
SVOLGIMENTO DEI FATTI
Con atto d’appello depositato il 13 gennaio 2015 le Sig. re C.A. e C.E. hanno proposto appello avverso la sentenza n. 9530/12/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, Sezione 12, che ha parzialmente accolto il ricorso proposto avverso l’avviso di liquidazione n. …, notificato in data 24/25 gennaio 2011, con cui l’Agenzia delle entrate ,in relazione alla dichiarazione di successione della sig.ra A.P., madre delle ricorrenti deceduta l’11 agosto 1997, aveva richiesto il pagamento dell’imposta principale per versamento insufficiente, per un importo totale dovuto, comprensivo di sanzioni, di euro 21.458,97, tenendo conto di un valore dichiarato di euro 271708,71.
La sentenza impugnata aveva accolto parzialmente il ricorso riducendo il valore dichiarato in euro 170.000,00.
L’appello è stato proposto per i seguenti motivi:
1) illegittimità ed inesistenza della pretesa tributaria;
2) prescrizione della pretesa;
3) nullità della sentenza impugnata per errore in procedendo e illogicità nella motivazione;
4) nullità della sentenza per difetto di motivazione su una circostanza essenziale.
La questione verte sul valore dell’asse ereditario riportato in euro 271.708,71 nella dichiarazione integrativa, n. 497,volume 9990, modificativa della denuncia n. 6/220; ma tenuto conto che le modifiche proposte riguardavano una diversa ripartizione dei beni fra gli eredi, e non l’asse ereditario i cui beni sono rimasti identici, in considerazione dell’errore materiale, contenuto nella dichiarazione n. 497 del 2010, in data 21 marzo 2011, le ricorrenti presentavano una dichiarazione di successione n. 377, volume 9990,in rettifica, confermando i valori dei beni risultanti dalla prima dichiarazione, quale base imponibile per il calcolo delle tasse e delle imposte di successione da riferire al momento dell’apertura della successione medesima.
In tal modo le appellanti hanno ritenuto non dovuta la pretesa tributaria e comunque, stante il tempo trascorso, prescritto il diritto di ripetere le somme.
Inoltre, la sentenza impugnata, stante la brevità e genericità della sua formulazione, è illogica visto che pur accogliendo la tesi secondo cui trattandosi degli stessi beni era necessario riportarsi al valore dichiarato nella prima dichiarazione di successione , assegna un ulteriore valore, pari a euro 170.000 , in virtù del tempo trascorso. Tale quantificazione è assolutamente immotivata così pure l’attribuzione degli interessi fino alla conclusione dell’iter temporale intercorso.
Le appellanti hanno chiesto la riforma dell’impugnata sentenza, l’annullamento dell’avviso di liquidazione e la condanna alle spese dei due gradi di giudizio.
L’Agenzia delle Entrate, con atto di costituzione depositato il 30 giugno 2015, ha contestato i motivi di appello, sostenendo la legittimità della pretesa tributaria fondata sulla dichiarazione di successione integrativa, presentata dalle ricorrenti il 1 aprile 2010,applicando la rendita presunta.
Ha contestato l’eccezione di prescrizione, ribadendo che l’Ufficio ha tempestivamente proceduto alla liquidazione dell’imposta, nel rispetto dell’art. 27 del d.lgs. 346/1990.
Anche gli altri motivi sono stati ritenuti infondati.
Ha chiesto il rigetto dell’appello e la condanna delle ricorrenti alle spese di giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il d.lgs 31 ottobre 1990 n. 346 all’art. 31 dispone che la dichiarazione di successione deve essere presentata entro sei mesi dall’apertura della successione.
La dichiarazione può sempre essere modificata fino alla scadenza, con la presentazione di dichiarazioni sostitutive.
Se dopo la presentazione della dichiarazione della successione sopravviene un evento che dà luogo al mutamento della devoluzione dell’eredità, i soggetti obbligati devono presentare dichiarazione sostitutiva o integrativa.
Le norme citate contribuiscono a chiarire i termini della questione, facilitando l’esame del primo motivo di appello, volto a sostenere l’illegittimità della pretesa tributaria a causa di un errore rilevabile nella dichiarazione integrativa e modificativa n. 497dell’1/4/2010, disposta a seguito della pubblicazione del testamento olografo, successivamente rinvenuto, da considerarsi come evento sopravvenuto.
Con tale testamento non era stato modificato il valore dell’asse ereditario, costituito dai medesimi tre beni immobili, ma esso prevedeva una diversa ripartizione dei beni fra gli eredi.
L’amministrazione, d’altronde, con l’avviso di liquidazione, non ha in alcun modo motivato il maggior valore dei tre immobili, indicati nella dichiarazione, all’epoca non censiti, ma si è basata sulla dichiarazione di valore effettuata dalle stesse ricorrenti tenendo conto del ”valore nel frattempo attribuito a tali beni.”
Ma poiché il valore, secondo le norme vigenti, deve essere ricondotto a quello del momento in cui si è aperta la successione, è necessario tener conto della successiva dichiarazione (n. 376) del 21 marzo 2011, con cui, individuato un errore, le contribuenti si sono riportate ai valori della dichiarazione n.6 del 6 febbraio 1998.
Con consolidato orientamento giurisprudenziale della suprema Corte di Cassazione (si vedano fra le tante Cass. Sez. V: sent. n. 2366 del 2013, n. 12754 del 2011, n. 6609 del 2011) la dichiarazione di successione va considerata come dichiarazione di scienza, se affetta da errori è emendabile e retrattabile, anche dopo la notificazione dell’avviso di rettifica e di liquidazione, quando da tali errori possano derivare, per il dichiarante, l’assoggettamento ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico.
Infatti, in base ai principi costituzionali di capacità contributiva e di buona amministrazione, è intollerabile un sistema legale che impedisca al contribuente di dimostrare l’inesistenza di fatti giustificativi del prelievo, nonché all’attuazione dei principi di collaborazione e di buona fede che devono improntare i rapporti fra i contribuenti e l’amministrazione finanziaria; consegue che il contribuente può procedere alla rettifica di errori contenuti nella dichiarazione anche dopo la scadenza del termine per la sua presentazione e che tale rettifica fondata deve essere presa in considerazione dall’ufficio, ai fini della liquidazione dell’imposta dovuta.
Alla luce degli elementi così emersi, poiché l’Ufficio non ha dimostrato l’erroneità della dichiarazione in rettifica, il primo motivo di gravame è meritevole di accoglimento.
Con il terzo motivo di gravame si ritiene illogica la motivazione dell’impugnata sentenza che,a seguito del ritrovamento del testamento olografo, nel considerare i medesimi beni evidenziati nella precedente dichiarazione, modifica il valore degli stessi in euro 170.000, ritenendo tale valore congruo, in relazione al tempo intercorso di circa 10 anni. Tale motivo è fondato e va accolto, visto che non è possibile cogliere dall’impugnata sentenza l’iter logico seguito e su cui il primo giudice ha fondato il proprio convincimento per definire un diverso valore di rettifica.
Restano assorbiti gli altri motivi proposti.
Per i motivi sopra esposti accoglie l’appello e condanna L’Ufficio al pagamento delle spese per entrambi i gradi di giudizio da liquidarsi nella misura di euro 2.000,00 (duemila), importo comprensivo delle spese generali e forfettarie in favore dei procuratori antistatari delle appellanti.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglie l’appello, condanna L’Ufficio al pagamento delle spese di giudizio da liquidarsi nella misura di euro 2.000,00, comprensive di spese generali e forfettarie per entrambi i gradi di giudizio da liquidarsi a favore dei procuratori antistatari delle appellanti.
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