COMMISSIONE TRIBUTARIA Regionale di Roma – Sentenza n. 4423 sez. 1 del 23 luglio 2015
ACCERTAMENTO – ATTI FIRMATI DA FUNZIONARI CON INCARICHI DIRIGENZIALI – LEGITTIMITA’
FATTO
La presente controversia ha come oggetto un avviso di accertamento, emesso, ai fini i.r.p.e.f- anno 2005, nei confronti della sig.ra Nuzzo Elvira, con il quale l’Agenzia delle entrate D.p. Il di Roma recuperava a tassazione una plusvalenza, pari a euro 172.671,46, riguardante la cessione di un terreno avvenuta con rogito del 18.07.2005.
Nel ricorso introduttivo, la contribuente chiedeva l’annullamento dell’avviso impugnato, lamentando il difetto di motivazione e il difetto ci competenza funzionale.
L’Ufficio, regolarmente costituitosi, contrastava le tesi della parte ricorrente, deducendo l’infondatezza delle argomentazioni svolte nel ricorso e confermando la legittimità della richiesta impositiva
La Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza n.l940/XII/2014, respingeva il ricorso e condannava la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in euro 1.000,00.
Avverso detta sentenza propone appello la contribuente per chiederne la riforma, riproponendo sostanzialmente le medesime motivazioni già dedotte in primo grado, ossia: mancanza o, comunque insufficienza, di motivazione dell’avviso di accertamento; omessa produzione di elementi probanti la pretesa impositiva.
La contribuente sostiene anche la nullità dell’atto di accertamento, in quanto sottoscritto da dirigente non abilitato.
L’Agenzia delle Entrate si costituisce in giudizio per contrastare, con varie deduzioni, le argomentazioni sollevate dall’appellante, affermando la validità e la fondatezza del proprio operato e chiedendo il rigetto del gravame.
La causa viene trattata in pubblica udienza, essendo stata presentata regolare istanza in tal senso.
All’udienza odierna sono presenti il difensore del contribuente e il rappresentante dell’Ufficio.
DIRITTO
Questa Commissione ritiene che l’appello della contribuente sia infondato e vada, pertanto, respinto
E, infatti, l’atto impugnato è pienamente legittimo e deve essere confermato. L’accertamento di plusvalenza relativo al terreno censito al NCT di Roma al foglio 1068. part. 405, di mq 1.430, si basa sul prezzo di vendita di € 200.000 che è stato dichiarato dalle parti contraenti nell’atto pubblico registrato il 18 Luglio 2005, dunque si basa sui dati dichiarati dalla stessa contribuente, e non su dati fomiti da organi terzi.
Ciò dà piena prova (anche in considerazione che, sul punto, non è stata presentata querela di falso) del fatto che la cessione del terreno è avvenuta nel 2005 al corrispettivo di € 200.000, e che naturalmente l’importo pattuito è
stato erogato a ridosso della stipula, come avviene normalmente: sul punto non sono state prodotte convincenti prove contrarie da parte della contribuente interessata.
Quanto al valore iniziale, appare esente da critiche il procedimento adottato dall’Ufficio, che si è basato sul prezzo dichiarato nell’atto di acquisto (rogito Notaio Morghen Valeria del 7 aprile 1993, registrato il 27/4/1993, al n. 16519 Serie IV,): in tal caso, però, atteso che il valore in atto si riferiva al cespite comprensivo dì terreno più fabbricato, l’ufficio ha previamente scorporato il valore del fabbricato, determinato in via prudenziale, in L. 169.000.000, sulla base del valore catastale: dunque il valore iniziale al 7 aprile 1993 del terreno, al netto del fabbricato, non poteva verosimilmente essere superiore a L. 31.000.000, né sul punto il ricorrente offre elementi estimativi idonei a vincere tali presunzioni.
La differenza tra il prezzo iniziale e finale, peraltro, appare ampiamente giustificata, ove si consideri il lasso di tempo trascorso (12 anni) e l’intenso sviluppo del mercato immobiliare romano in tale periodo, rispetto al quale i prezzi delle aree edificabili sono assai reattivi.
Al prezzo iniziale ed alle relative spese, l’Ufficio ha correttamente applicato l’indice di rivalutazione monetaria ISTAT, pari ad 1,3840, pervenendo ai rispettivi importi di € 22.158,08 ed € 5.170,46: detraendo questi dal prezzo di cessione del terreno, ha determinato una plusvalenza di € 172.671,46, assoggettandola a tassazione separata.
Per quanto riguarda l’eccezione di nullità dell’atto impugnato presentata dal contribuente in relazione alla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015, il Collegio è dell’avviso che detta eccezione vada respinta . Ed, invero, come è noto la sentenza di cui sopra è intervenuta abrogando le norme con cui l’agenzia delle Entrate aveva conferito incarichi dirigenziali, nelle more dell’espletamento delle procedure concorsuali. Per dirimere la problematica sorta sulla legittimità e validità dei provvedimenti a suo tempo emessi dai funzionari in parola (e quindi sia gli atti di accertamento che gli sgravi fiscali piuttosto che le convalide di condono), deve farsi riferimento al generale principio di conservazione degli atti amministrativi consustanziale al principio di certezza del diritto, potendosi considerare irrilevante rispetto al contribuente il rapporto in essere tra la pubblica amministrazione e la persona fisica dell’organo amministrativo che agisce. Ciò è tanto più vero nel caso di specie se si considera che al momento dell’emissione dell’atto oggi impugnato (ma la considerazione vale per tutti gli atti emessi dai funzionari dirigenziali in questione) il dirigente era pienamente legittimato all’esercizio di quelle funzioni e che le norme sono state dichiarate incostituzionali al termine di un lungo ed articolato iter giudiziario.
Ma vi è di più. In realtà ove non si dovesse ritenere sussistente il principio di conservazione degli atti, nella fattispecie, all’esame di questo giudice, viene in rilievo l’applicazione del principio del “funzionario di fatto”, cioè del personale che esercita attività amministrative, pur non essendo incardinato formalmentenel ruolo, ma che appare quale vero e proprio agente della pubblica amministrazione. Tale figura del funzionario di fatto ben si attaglia alla fattispecie in esame dove i profili di illegittimità sono stati acclarati ex post In sintesi la nomina del titolare di un organo è dotata di funzioni di carattere generale, per cui il procedimento di nomina è autonomo, e i vizi che da esso promanano si ripercuotono esclusivamente per il futuro, tesi quest’ultima che si riscontra ex multis dalle sentenze di Cassazione 14942/2013 e 18758/2014. A tal proposito è la stessa sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015 che prevede “la funzionalità delle Agenzie non è condizionata dalla validità degli incarichi dirigenziali previsti dalle disposizioni censurate”.
Sulla base delle dedotte considerazioni l’appello della contribuente deve essere respinto e, per l’effetto, deve essere dichiarato legittimo e pienamente valido l’avviso di accertamento impugnato.
Le spese dr lite, in applicazione del principio della soccombenza, vanno poste a carico della contribuente appellante e vanno liquidate in euro 500,00 (cinquecento/00)
P.Q.M.
La Commissione tributaria regionale del Lazio – Sezione prima, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, così dispone: “Respinge l’appello del contribuente, che condanna al pagamento delle spese di questo grado di giudizio, liquidate in euro 500,00 (cinquecento/00)”.
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