COMMISSIONE TRIBUTARIA Regionale di Roma – Sentenza n. 5246 sez. 6 del 7 ottobre 2015
RISCOSSIONE – AVVISO BONARIO. PRIMA RATA IN RITARDO SENZA DECADENZA
Con ricorso proposto in data 5 maggio 2011, il contribuente in epigrafe descritto, impugnava la cartella di pagamento riferita al 2007 notificatagli il 23 marzo 2011, relativa al controllo formale ex art. 36 bis del Modello Unico 2008, per l’omesso versamento delle imposte dichiarate, lamentandone l’infondatezza della stessa eccependo che la somma richiesta è una duplicazione dell’avviso bonario ricevuto in data 22 dicembre 2009 di cui sono già state pagate, alla data odierna, 12 delle rate, come da prospetto di dilazione e copia dei modelli F24 allegati, concludeva chiedendo l’annullamento dell’atto impugnato.
L’Agente della riscossione, costituitosi in giudizio, dichiarava la propria estraneità alle doglianze relative alla legittimità delle somme iscritte a ruolo in quanto, la propria attività si limita a riscuotere le somme richieste dall’Ente impositore.
Si costituiva l’Ufficio finanziario dichiarando di aver effettuato uno sgravio di Euro 504,54, (si presume pari alla prima rata della dilazione dell’avviso bonario versata) e chiedeva il rigetto del ricorso; in via principale per mancata costituzione nei termini della parte ricorrente; in subordine chiedendo la conferma del proprio operato.
La CTP di Roma con sentenza n. 1632/41/14 del 31/01/2013, depositata il 31/01/2014, accolse il ricorso, compensando le spese di giudizio. La sentenza è impugnata con tempestivo atto di appello dall’Agenzia delle Entrate DP2 di Roma che ne chiede la riforma.
L’Agenzia nel censurare la sentenza, ritiene che, avendo il contruibuente, ricevuto la comunicazione di pagamento in data 19/12/2009 ed avendo pagato la prima rata in data 27/01/2010 è decaduto, ai sensi dell’art. 3bis del D.Lgs. n. 462/97, avendo pagato la prima rata oltre il termine previsto dall’articolo suddetto di 30 giorni. Fa presente che alla data del 21/08/2013, il contribuente ha pagato n. 15 rate delle 20 previste, che sono oggetto di sgravio come da prospetto allegato.
Il contribuente si costituisce in giudizio chiede il rigetto dell’appello e la condanna alle spese di giudizio da distrarsi in favore dell’Avv. P.T. che si dichiara antistatario.
La Commissione osserva che, la norma richiamata dall’Ufficio (art.3 bis D.Lgs. n. 462 del 1997), disciplina soltanto il caso di mancato pagamento e non – com’ è il caso di specie – quello di un pagamento avvenuto con soli pochi giorni di ritardo.
Nel nostro caso, l’Ufficio ha del tutto ignorato lo “Statuto dei diritti del contribuente” (L. n. 212 del 2000) che parla di principi di correttezza, lealtà e collaborazione tra fisco e contribuenti. Affidamento e buona fede che prevedono che se il cittadino si è comportato secondo tali principi, non può vedersi irrogare – per lievi e veniali errori come in questo caso – sanzioni sproporzionate alla mancanza commessa.
La stessa Corte di Cassazione si è pronunciata sulla questione con la sentenza n. 4760 del 3 marzo 2001, secondo cui “… la volontà legislativa deve essere ricostruita in ragione dei canoni costituzionali di razionalità, uguaglianza e buon andamento della pubblica amministrazione, la norma deve essere esaminata non soltanto nell’ottica degli interessi erariali, ma anche in quella degli interessi del contribuente… Soltanto uno Stato inefficiente ed autoritario può aspirare a compensare le proprie carenze con una legislazione ed una giurisprudenza “protezionistica” che disconosca i diritti del cittadino… Uno Stato moderno che operi secondo i criteri di efficienza e di economia che non ha timore di porsi su un piede di parità con il cittadino (non più suddito) tanto da formalizzare e tutelarne i diritti inviolabili nei confronti del fisco con un apposito Statuto 212/2000…”.
Se si accoglie l’operato dell’Ufficio, si viene a violare nel caso in questione il principio di uguaglianza fra i cittadini di cui all’art. 3 della Costituzione, in quanto a norma dell’art. 19 D.P.R. n. 602 del 1973, modificato dal D.L. n. 669 del 1996 e convertito con modificazioni dalla L. n. 30 del 28 febbraio 1997, si prevede che in caso di mancato pagamento di due rate consecutive, deve darsi luogo alla riscossione in unica soluzione dell’intero debito. L’applicazione dell’art. 3 bis D.Lgs. n. 462 del 1997, si pone in contrasto non solo con il principio di buona fede e di leale collaborazione che deve essere alla base dei rapporti tra Fisco e contribuente, ma esso trovasi anche in contraddizione con le previsioni dello stesso Ufficio con le altre forme di dilazione presenti nell’Ordinamento.
Nella rateizzazione dei ruoli, la decadenza si ha in caso di mancato pagamento di due rate anche non consecutive. Nelle rateizzazioni riguardanti gli altri istituti deflativi del contenzioso la decadenza si verifica solo nel caso in cui il contribuente non versi la rata entro il termine previsto per il pagamento della rata successiva, ovvero entro il trimestre successivo ex D.Lgs. n. 98 del 2011 che, inspiegabilmente, non ha modificato la rateizzazione degli avvisi bonari ed il regime delle decadenze.
Nel caso che qui interessa invece, la decadenza dalla rateazione si ha con il mancato pagamento anche di una sola rata, e la decadenza dal beneficio della dilazione comporta l’impossibilità di poter fruire delle successive dilazioni dei ruoli, il che appare troppo penalizzante per il contribuente in considerazione del fatto che questo non è previsto nelle altre fattispecie. Pertanto per quanto sopra riportato, la Commissione respinge l’appello, le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La CTR di Roma, sez. 6, respinge l’appello; spese € 500,00 (Cinquecento/00) da distrarsi a favore dell’Avv. P.T. che si dichiara antistatario.
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