COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Roma – Sentenza n. 555 sez. 19 del 14 febbraio 2017
AVVOCATO – MAGGIORI COMPENSI – STUDIO LEGALE – ASSENZA DI FATTURE – PRESTAZIONI SVOLTE IN FAVORE DI COMPAGNIE ASSICURATRICI CLIENTI – QUESTIONARI RIVOLTI AI CLIENTI – INCONGRUENZA – INUTILIZZABILITA’
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 1383/2/2015 la Commissione Tributaria Provinciale di Latina ha parzialmente accolto il ricorso proposto da T.C. avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia aveva proceduto alla rideterminazione dei maggiori compensi percepiti (per € 87.308,23) rispetto a quelli dichiarati per l’anno d’imposta 2011 ai fini IRPEF, IVA ed IRAP; in particolare la Commissione di primo grado ha annullato l’avviso di accertamento impugnato relativamente all’applicazione dell’IRAP (in mancanza di elementi per sostenere che lo studio legale del ricorrente avesse una organizzazione complessa) e respinto gli ulteriori motivi di impugnazione, valutando essere l’accertamento sufficientemente motivato nonché comprovato dalla documentazione in atti.
Avverso la predetta sentenza ha proposto appello C.T. lamentandone l’ingiustizia per i seguenti motivi:
– Difetto dei poteri di rappresentanza del firmatario dell’avviso di accertamento (in quanto dirigente “nominato” e non eletto per pubblico concorso);
– Difetto del potere rappresentativo del firmatario l’avviso di accertamento, per mancata produzione in giudizio della delega rilasciata al firmatario dell’atto;
– Difetto di motivazione;
– Inutilizzabilità dei questionari inviati alla Compagnie assicuratrici e delle relative risposte nonché incongruenza delle stesse;
– Erronea applicazione delle sanzioni secondo il cumulo materiale, in luogo del cd. cumulo giuridico;
Ha resistito al gravame l’Agenzia delle Entrate – Dir Prov. Di Latina chiedendone il rigetto.
MOTIVAZIONE
L’appello non merita accoglimento.
Si premette che i maggiori compensi accertati a carico dell’odierno appellante dall’Agenzia delle Entrate di Latina sono scaturiti dalla valutazione dei rilievi contenuti nel Processo Verbale di Constatazione redatto dalla Guardia di Finanza – Nucleo Polizia Tributaria di Latina del 20.12.2013 (in atti).
In particolare il Nucleo di Polizia Tributaria di Latina procedeva ad una verifica fiscale nei confronti dello studio di infortunistica stradale di S.T. (padre di C.T.), all’esito del quale emergeva che quest’ultimo, esercente la professione di avvocato, aveva svolto l’incarico di legale per conto dei clienti dello studio di infortunistica, curandone i rapporti con le compagnie di assicurazione per la definizione dei danni e per il risarcimento spettante ai danneggiati e ricevendo da alcune di esse la liquidazione, per le quali non risultavano emesse le relative fatture; nel corso della predetta verifica venivano, altresì, eseguite indagini finanziarie nei confronti dell’odierno appellante nonché accertamenti bancari (disposti nell’ambito del procedimento penale n. 385/12 RG, la cui documentazione è stata utilizzata ai fini fiscali su autorizzazione del magistrato inquirente).
Veniva, quindi, emesso l’accertamento oggetto di causa (a firma del Capo Area P.G., su delega del Direttore Provinciale P.P.), in quanto a fronte dei compensi professionali erogati al T. non erano state emesse le relative fatture; ciò anche tenuto conto delle risposte fornite dalle compagnie assicurative, alle quale erano state inviate dalla Guardia di Finanza specifici questionari, e della documentazione da queste inviata.
Esaminando la prima doglianza formulata dall’appellante – relativa al difetto del potere di rappresentanza del firmatario l’avviso di accertamento – come già evidenziato dalla Commissione di primo grado l’avviso è stato firmato dal Capo Area, delegato dal Direttore Provinciale dell’Agenzia P.P.; sul punto rileva il Collegio come non abbia rilevanza alcuna la dedotta mancanza di qualifica dirigenziale in capo al delegante, tenuto conto che ai sensi dell’art. 42 del dpr n. 600 del 1973, l’avviso di accertamento deve essere sottoscritto dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e che non è richiesto il possesso della qualifica dirigenziale in capo al firmatario dell’avviso (v. Cass. sent. n. 22810 del 2015 “In tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito nella l. n. 44 del 2012. (Principio affermato ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c.)”- nello stesso senso Cass. sent. n. 22800 del 2015).
Quanto, poi, al difetto di potere rappresentativo del firmatario l’avviso di accertamento per mancata produzione in giudizio della delega rilasciata al firmatario, lamenta l’appellante l’irritualità di quella prodotta in giudizio dall’Ufficio, consistente in meri specchietti sull’articolare interna dell’Agenzia.
Al riguardo il Collegio evidenzia l’irrilevanza della censura, avendo la Suprema Corte di Cassazione osservato come la delega possa essere conferita dal titolare dell’Ufficio anche in via generale, mediante la proposizione del funzionario ad un settore dell’Ufficio, con competenze specifiche (cfr. Cass. sent. n. 2432 del 2001 “In tema di contenzioso tributario, la sottoscrizione dell’atto di appello, pur non competendo ad un qualsiasi funzionario sprovvisto di specifica delega da parte del titolare dell’Ufficio, deve ritenersi validamente apposta quando proviene dal funzionario preposto al reparto competente, poiché la delega da parte del titolare dell’Ufficio può essere legittimamente conferita in via generale mediante la preposizione del funzionario da un settore dell’Ufficio con competenze specifiche”).
Il funzionario proposto al reparto competente, infatti, deve intendersi con ciò stesso delegato in via generale a sostituire il direttore nelle specifiche competenze, senza necessità di una speciale procura; ne la parte appellante ha eccepito o provato la non appartenenza del sottoscrittore l’avviso di accertamento all’ufficio cui lo stesso era preposto (v. Cass. sent. n. 874 del 2009).
Quanto, poi, al dedotto difetto di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato, il motivo di appello è inammissibile, ex art. 53 del D.L.vo n. 546 del 1992, per mancanza di indicazione nello stesso dei motivi specifici di impugnazione.
Osserva la Commissione come il principio della specificità dei motivi di appello, in quanto assolve alla duplice funzione di delimitare l’estensione del riesame domandato e di indicarne le ragioni concrete, postula la specificazione, sia pure in forma succinta, degli “errores” attribuiti alla sentenza di primo grado e non consente il generico richiamo alle difese svolte in tale sede; l’appellante, altresì, ha l’onere di indicare le parti della sentenza ritenute errate e le ragioni, di fatto e diritto, su cui fonda la relativa impugnazione (Cass. sent. n. 15166 del 2008).
Nel vigente sistema processuale, infatti, non avendo l’appello effetto pienamente devolutivo, il riesame deve essere contenuto nei limiti segnati dai motivi di impugnazione; l’onere di specificazione dei motivi di appello esige, quindi, che la manifestazione volitiva dell’appellante, indirizzata a ottenere la suddetta riforma, trovi un supporto argomentativo idoneo a contrastare la motivazione in proposito della sentenza impugnata (v. Cass. sent. n. 355 del 1997).
Nel caso esame il motivo di doglianza non muove specifiche censure alla sentenza gravata né indica in alcun modo le ragioni delle doglianze proposte avverso la motivazione della Commissione di primo grado, ma solo si limita a ritrascrivere le argomentazioni di diritto già svolte nell’atto introduttivo in ordine al difetto di motivazione e disattese dal giudice di primo grado, senza sviluppare argomentazioni idonee a contrastare la motivazione della sentenza gravata.
Consegue da tali premesse l’inammissibilità del terzo motivo di censura.
Altresì inammissibile – rileva la Commissione – è la doglianza relativa alla inutilizzabilità dei questionari inviati alla Compagnie assicuratrici e delle relative risposte (nonché l’incongruenza delle stesse), in quanto non proposta in primo grado.
Il giudizio tributario, infatti, è caratterizzato da un meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio, circoscritto alla verifica della legittimità della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati, ed avente un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni mosse dal contribuente con i motivi specificamente dedotti nel ricorso introduttivo in primo grado, sicché in sede di gravame le parti non possono proporre nuove eccezioni, ai sensi dell’art. 57 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (divieto che concerne le sole eccezioni in senso stretto, e non anche le eccezioni improprie o le mere difese – in tal senso Cass. sent. n. 25756 del 2014).
I questionari inviati alle Compagnie assicuratrici e le relative risposte (le cui risultanze sono state riportate in un elenco consegnato in visione al signor TC nel corso dell’accertamento) sono stati, invero, prodotti in giudizio dall’Agenzia unitamente alle controdeduzioni di primo grado e ben avrebbe potuto l’odierno appellante formulare le censure sui predetti questionari integrando i motivi del ricorso, peraltro entro il termine perentorio fissato dall’art. 24 del dpr n. 546 del 1992 (in tema di produzione di documenti e motivi aggiunti).
Quanto, infine, alla applicazione delle sanzioni operata dall’Ufficio, emerge dall’esame dell’avviso di accertamento impugnato come le stesse siano state irrogate sulla base del cumulo giuridico (e non materiale), il cui importo era di misura inferiore (v. pagine 11 e 12 dell’avviso di accertamento in atti).
L’appello, conclusivamente, deve essere respinto.
Le spese di lite – liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza; deve darsi altresì atto che sussistono le condizioni oggettive richieste dall’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115/2002 per il versamento dell’ulteriore importo del contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione.
P.Q.M.
Rigetta l’appello e condanna l’appellante alle spese, liquidate in € 2.000,00, oltre al raddoppio del contributo.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, sentenza n. 3461 depositata il 4 aprile 2023 - Va considerato infondata la domanda risarcitoria formulata in maniera del tutto generica in punto di quantificazione del danno, in tema di…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 25642 depositata il 31 agosto 2022 - L'elezione del domicilio dalla medesima parte operata presso lo studio del procuratore ha la mera funzione di indicare la sede dello studio del procuratore medesimo. In tale caso il…
- COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Piemonte sentenza n. 185 sez. V depositata il 11 febbraio 2019 - E' legittimo il comportamento e non costituisce abuso del diritto, il risparmio di imposta, la circostanza che un professionista abbia portato in…
- LEGGE n. 83 del 13 giugno 2023 - Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri, con Protocollo aggiuntivo e Scambio di Lettere, fatto…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 07 febbraio 2022, n. 3835 - Attesa la funzione dell’elezione di domicilio presso lo studio del proprio difensore, l’accertamento, compiuto dall’agente postale, della circostanza che il difensore domiciliatario non era…
- PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - Ordinanza 25 luglio 2019, n. 599 - Ulteriori disposizioni di protezione civile finalizzate al superamento della situazione di criticità determinatasi in conseguenza della tromba d'aria e delle intense…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…