COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Roma sentenza n. 6942 sez. 10 del 15 novembre 2016
LIQUIDAZIONE CONTROLLI – STUDI DI SETTORE – MAGGIORI RICAVI – NEGOZIO – PERCENTUALE RICARICO DOPPIA – LEGITTIMITA’ AVVISO
SVOLGIMENTO IN FATTO E VALUTAZIONI IN DIRITTO
La Direzione Provinciale di Viterbo, in persona del suo Direttore, ai sensi degli artt. 54 e 23 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, appella la sentenza di cui in epigrafe.
Va detto, in fatto, che in data 14.06.2013 l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Viterbo, ha notificato alla società F. Sas di P.S. e C. l’avviso di accertamento n. (omissis) relativo all’anno di imposta 2009 con il quale, sulla base dell’applicazione dello studio di settore (omissis) relativo all’attività svolta di “commercio al dettaglio di confezioni per adulti” e dell’istruttoria compiuta dall’Ufficio mirante a quantificare la capacità contributiva effettiva della società, sono stati determinati maggiori ricavi per euro 35.186,00 (da euro 235.668,00 a euro 270.047,00) con reddito di impresa di euro 23.798,00 in luogo della perdita dichiarata pari ad euro 11.388,00. Conseguentemente a tale atto, l’Agenzia delle Entrate ha provveduto a notificare alla società in questione l’avviso di accertamento (omissis) con il quale si è proceduto alla rettifica dei redditi di partecipazione dichiarati ai fini Irpef.
In data 26/09/2013 la società F. Sas ed il socio P.S. hanno presentato ricorsi avverso gli avvisi di accertamento chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
– inesistenza/nullità per difetto di valida sottoscrizione essendo gli atti (e gli inviti in contraddittorio) firmati da persona diversa dal Direttore Provinciale dell’Agenzia de Entrate;
– carenza di motivazione dell’atto emesso nei confronti della società (da cui è scaturito poi conseguenza l’avviso di accertamento emesso nei confronti del socio), avendo l’Ufficio proceduto ad applicare automaticamente le risultanze dello studio di settore, senza considerare che la cessione del ramo di azienda relativo alla vendita nell’anno 2007 la società era stata costretta ad una l’attività e successivamente poi state effettuate continue svendite e vendite a stock.
L’Agenzia delle Entrate, con le controdeduzioni al ricorso, ha ribadito la legittimità del proprio operato e chiesto il rigetto dei ricorsi. In particolare è stato sottolineato che:
– priva di fondamento risultava l’eccezione della parte in merito alla inesistenza/nullità degli avvisi di accertamento per difetto di valida sottoscrizione in quanto gli atti sono firmati dal capo Team su delega del Direttore come da Disposizione di Servizio n. 12/2011 del 14/11/2011 emessa ad integrazione dell’Ordine di Servizio n. 18/2009 che l’Ufficio, essendo un atto interno, non era tenuto ad allegare agli accertamenti. Stesso discorso è stato fatto valere per gli inviti al contraddittorio legittimamente firmati dal Capo Team. Con le controdeduzioni l’Ufficio ha prodotto i citati ordini di servizio;
– la società non ha dato seguito all’invito al contraddittorio, e pertanto l’ente impositore ha proceduto, seguendo l’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione (sentenze nn. 26635, 26636, 26637 e 26638 del 2009 delle Sezioni finite della Corte di Cassazione), ad emettere l’avviso di accertamento sulla base dei dati presuntivi di non congruità in proprio possesso dando conto della impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente nonostante il rituale invito;
– le argomentazioni esposte dal contribuente con il ricorso non erano, comunque, in grado di giustificare lo scostamento dei ricavi dichiarati rispetto alle risultanze dello studio di settore, e che la inadeguatezza dei ricavi contabilizzati era comunque resa evidente da ulteriori elementi tratti dai dati contabili dichiarati.
La Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo, previa riunione dei ricorsi per connessione soggettiva ed oggettiva di cui all’art. 29, comma 1, del D.Lgs. 546/92, li ha respinti con sentenza n. 839/01/2014 depositata il 22/09/2014. I giudici di primo grado hanno affermato che “verificati elementi versati in atti e le richieste formulate”, si rilevava che gli “… avvisi come quelli in questione non sono privi di retta motivazione, e pertanto i ricorsi vanno rigettati”.
In data 20/04/2015 la società F. Sas e il socio F.S. hanno dunque presentato appello avverso la suddetta sentenza chiedendone l’annullamento. I contribuenti hanno contestato la sentenza in quanto con questa la Commissione Tributaria Provinciale:
1. non ha rilevato la già evidenziata inesistenza degli inviti a comparire e degli avvisi di accertamento per carenza di valida sottoscrizione;
2. ha ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento pur essendo privi di motivazione sulla sola base della mancata partecipazione al contraddittorio;
3. ha omesso di vagliare la fondatezza delle ragioni addotte dal contribuente (cattivo andamento dell’attività che aveva portato già dal 2007 alla cessione del ramo d’azienda relativo alla vendita di abbigliamento per bambini; contrazione di un mutuo ipotecario per estinzione di esposizioni debitorie; esecuzione di vendite a stock e vendite promozionali) a giustificazione dello scostamento evidenziato dallo studio di settore.
Le rimanenze di merci, fino a che, a che quelle di magazzino alla data dell’1/1/2009 dichiarate risultavano pari, al 31/12/2009, per secondo quanto dichiarato dal contribuente, ad euro 141.557,00.
2. A fronte di un costo del venduto pari ad euro 194.141,00 la società ha dichiarato ricavi per soli euro 235.668,00 con una percentuale di ricarico del 21,39%. Tale percentuale risulta decisamente ridotta sia con riferimento alle percentuali di ricarico dichiarate dagli altri quattro negozi di confezioni per adulti presenti a Soriano del Cimino (paese in cui è ubicato il negozio della società controllata), sia con riferimento alle percentuali di ricarico dichiarate in altri anni dalla stessa F. Sas. Gli altri quattro negozi di abbigliamento presenti nel 2009 a Soriano nel Cimino, pur operando nello stesso ambito territoriale, affrontando la medesima “crisi del settore” ed effettuando vendite promozionali, hanno dichiarato una percentuale media del 40,77% (A. Snc 30,30%; F. Snc 42,99%; R.S. 46,32%; S.A. 43,47%) nettamente superiore a quella della F. Sas (21,39%). La percentuale di ricarico del 2009 della F. Sas risulta poi nettamente inferiore, ad esempio, a quella dichiarata dalla stessa società nel 2012 che è risultata pari al 46,60%.
Nonostante il 2012 fosse effettivamente un anno di conclamata crisi economica e fosse addirittura l’anno precedente a quello di chiusura del negozio, la società rappresenta che vi è stata una percentuale di ricarico più che doppia rispetto al 2009 ed in linea con i normali ricarichi del settore.
3. Presunzione semplice rappresentata dallo studio di settore privi dei requisiti della gravità, precisione e concordanza e legittimare, di conseguenza, un atto impositivo;
4. L’Ufficio delle Entrate sospetta, leggendosi sotto le righe dell’atto di accertamento, una omessa registrazione di ricavi conseguiti;
5. La società ha dichiarato una perdita di esercizio, rispettivamente, di euro 11.388,00 ma ha sostenuto una spesa per i dipendenti di euro 19.468,00. Dai dati contabili dichiarati risulta, dunque, che i dipendenti hanno guadagnato più dei soci della società che in questa hanno profuso lavoro e investito capitali.
Questa Sezione osserva, in punto di diritto, che la sentenza appellata è corretta, logica ed inappuntabile, avendo i giudici di primo grado, a differenza di quanto sostenuto dal contribuente nell’appello, attentamente analizzato le contrapposte posizioni e le relative osservazioni, esprimendo specificatamente la propria condivisione e adesione alle puntuali ed ineccepibili repliche dell’Ufficio nei confronti delle deduzioni esposte dalla società circa l’impossibilità di realizzare ulteriori ricavi rispetto a quelli contabilizzati, nonché rimarcato e specificato la consistenza degli ulteriori elementi evidenziati dall’Ufficio a conferma della inadeguatezza dei ricavi dichiarati, in grado insieme (repliche ed ulteriori elementi) di costituire considerazioni logiche tali da far assumere alla accertamento emesso dall’ente impositore. Inoltre va specificato che il contribuente non si è presentato all’invito al contraddittorio, rendendo così la presunzione semplice degli studi di settore un vero e proprio motivo di atto di accertamento.
L’appellante risulta quindi soccombente e dichiarato condannato alle spese del grado quantificate in euro 1.500,00 per i motivi esposti.
P.Q.M.
Questa Commissione Tributaria Regionale:
1) Rigetta l’appello;
2) condanna l’appellante alle spese del grado alle spese di giudizio, quantificate in euro 1.500,00.