COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Roma sentenza n. 8217 sez. 1 del 12 dicembre 2016
PROCESSO – RISPOSTA ALL’INTERPELLO – SOCIETA’ – DISAPPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA ANTIELUSIVA – RIFORMA DEL PROCESSO TRIBUTARIO – ATTO NON IMPUGNABILE – INAMMISSIBILITA’
FATTO
La società “PL srl” chiedeva alla DP di Rieti, per l’anno di imposta 2011, la disapplicazione della disciplina antielusiva di cui alle società non operative prevista dall’art. 30, co. 1 della L. 724/94, nel presupposto di trovarsi in situazione di perdita fiscale sistematica per ragioni oggettive tali da rendere impossibile il conseguimento di ricavi di cui ai parametri previsti dalla citata normativa.
L’Ufficio, esaminata l’istanza, con parere prot. n. 79531 del 3/10/12, la dichiarava inammissibile, in quanto trasmessa oltre il termine utile del 3/7/12, individuato per la Dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2011, per consentire la valutazione di merito.
Avverso il provvedimento la parte proponeva ricorso innanzi la CTP di Roma, eccependo l’irrilevanza del mancato rispetto del termine, in quanto la richiesta di disapplicazione sarebbe stata spedita 88 giorni prima, invece dei 90 giorni previsti per la proposizione dell’istanza. Chiedeva pertanto l’accoglimento delle proprie ragioni.
L’Ufficio si costituiva in giudizio eccependo, in via preliminare, la non impugnabilità dell’atto per carenza del presupposto impositivo di cui all’art. 19 D.lgs. 546/92, nonché per carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., in quanto ricorso proposto avverso un atto non idoneo ad incidere nella sfera giuridico-patrimoniale del contribuente. Nel merito difendeva la correttezza del proprio operato, in quanto l’istanza di disapplicazione era stata presentata tardivamente.
La C.T.P. adita accoglieva il ricorso.
Avverso la sentenza propone appello l’Ufficio, lamentandone l’illegittimità per insufficienza della motivazione, posto che i primi giudici hanno omesso di pronunciarsi su tutte le eccezioni sollevate, ivi incluse le eccezioni preliminari di merito, relative alla non impugnabilità del parere reso dalla Direzione Regionale Entrate, ai sensi dell’art. 19 del D.lgs. 546/92 ed alla carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. Invoca a sostegno delle riproposte eccezioni il consolidato orientamento giurisprudenziale che si è formato in ordine alla non impugnabilità del parere, apertamente condiviso, da ultimo, dalla SC con la sentenza n. 6200 del 27/3/15. Conclude che se i primi giudici avessero opportunamente valutato le eccezioni avanti riproposte, anzicché limitarsi ad esaminare le doglianze di parte circa l’asserita tempestività dell’istanza, per insussistenza di un termine entro il quale presentare l’istanza di interpello, sarebbero legittimamente pervenuti alla conclusione di dichiarare inammissibile il ricorso introduttivo. Per completezza di difesa, l’Ufficio ribadisce la correttezza del proprio operato, in quanto l’istanza veniva inviata oltre i termini necessari per consentire l’ottenimento di una risposta da parte della DRE. Conclude per la riforma dell’impugnata sentenza, in accoglimento del proposto appello.
Con proprie controdeduzioni la parte contribuente insiste sulla correttezza dell’impugnata sentenza nella parte in cui si afferma l’insussistenza di un termine entro il quale presentare l’istanza di interpello; contesta le avverse doglianze e, conclusivamente, chiede la conferma della sentenza impugnata.
Durante la discussione pubblica, le parti insistono sulla fondatezza delle rispettive difese.
DIRITTO
La Commissione, preso atto di quanto dedotto dalle parti, ritiene il proposto appello meritevole di accoglimento, ritenendo del tutto fondato il vizio di insufficiente motivazione della sentenza impugnata.
Osserva infatti che, al di là della tempestività dell’istanza di disapplicazione proposta dalla società, invero unico punto in relazione al quale i primi giudici si sono espressi ed hanno fondato la decisione, il ricorso introduttivo avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto avverso il diniego della disapplicazione della disciplina antielusiva di cui alle società non operative prevista dall’art. 30, co. 1 della L. 724/94. Orbene, al riguardo si precisa che già la univoca giurisprudenza, invero condivisibile e dalla quale non vi è motivo di discostarsi, si era orientata nel senso di non ritenere impugnabile la risposta all’atto di interpello (se non per l’interpello disapplicativo unitamente all’atto impositivo) e ciò sia per la carenza del presupposto impositivo invece postulato dall’art. 19 D.lgs. 546/92, in quanto ricorso proposto avverso un atto non idoneo ad incidere nella sfera giuridico-patrimoniale del contribuente e sia per la carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. del contribuente medesimo. Inoltre, da ultimo, la risposta all’interpello è stata ritenuta atto non impugnabile dalla recentissima norma contenuta nel D.lgs. 156/15.
Conseguentemente, dovendocisi attenere al sopravvenuto disposto normativo il quale, non toccando l’aspetto sostanziale dell’istituto, ma solo la procedura necessaria per la sua applicazione, riveste carattere processuale e, come tale, esplica effetti retroattivi, il ricorso proposto dalla società ricorrente deve essere dichiarato inammissibile.
Conclusivamente, la censura della inammissibilità del ricorso introduttivo, proposta dall’Ufficio, deve essere accolta, con conseguente accoglimento del proposto appello. Tuttavia le spese di giudizio si compensano tra le parti per le alterne vicende processuali della controversia.
P.Q.M.
Accoglie l’appello dell’Ufficio. Spese compensate.
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