COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Roma sentenza n. 9810 sez. 8 del 30 dicembre 2016
REDDITOMETRO – PROPRIETARIO DI NUMEROSI IMMOBILI – CONCESSI IN LOCAZIONE – CASA VACANZA – SOMME ESIGUE DICHIARATE – DISPONIBILITA’ DEGLI IMMOBILI – LEGITTIMITA’ DELL’AVVISO
Svolgimento del processo
M.F. impugnava l’avviso di accertamento n. (omissis) con cui era stato rettificato il reddito dell’anno 2008 ai fini Irpef e addizionali regionale e comunale a seguito di accertamento sintetico effettuato ex art. 38 commi dal quarto al sesto del dpr 600/73 per applicazione del redditometro. Negava il contribuente l’esistenza di presunzioni gravi precise e concordanti per la operatività del redditometro, eccepiva che degli immobili locati non si doveva tenere conto e che andavano esclusi dal calcolo anche i costi dei mutui.
Costituitasi l’Agenzia delle Entrate, la CTP di Roma adita, con sentenza n. 23079/19/15, rigettava il ricorso con condanna del ricorrente alle spese.
La CTP – premesso che il contribuente non aveva prodotto la copia integrale dell’accertamento, risultando mancanti le pagine 3, 4 e 5 in cui era contenuta buona parte delle motivazioni – affermava che l’art. 38 citato consentiva all’Ufficio di determinare sinteticamente un imponibile maggiore rispetto a quello ricavabile dalla valutazione analitica, in presenza di fatti che, provando un certo ammontare di spesa, presuppongono la disponibilità di un corrispondente reddito e che possono anche essere accaduti in anni diversi da quello in contestazione, purché si riflettano su quest’ultimo. La CTP citava al riguardo copiosa giurisprudenza di legittimità.
Nella specie il ricorrente risultava proprietario di sette appartamenti di tre o quattro vani ciascuno, siti in Roma a via (omissis) tutti locati come residence o appartamenti vacanze, per un importo, nel 2003, di 12.000 euro l’anno. Su detti appartamenti era stato acceso un mutuo di cui non si conosceva l’ammontare. Affermava la CTP che l’opponente non aveva fornito la prova di avere sostenuto le spese necessarie alla conservazione del patrimonio ed al pagamento del mutuo, mentre non era fondata la tesi del contribuente per cui non si dovrebbe tenere conto degli immobili locati perché di essi si era persa la disponibilità, essendo vero, al contrario, che se ne era persa solo la detenzione, di talché dovevano essere considerati i costi necessari al loro mantenimento come la manutenzione straordinaria.
Avverso detta sentenza il contribuente propone appello e l’Ufficio ha presentato controdeduzioni.
Motivi della decisione
1. Eccepisce l’appellante la nullità dell’avviso per carenza di motivazione e sostiene che non ci sarebbero le presunzioni per applicare redditometro.
Evidenzia, come da documento che deposita, che per contratto erano a carico dell’inquilino le spese straordinarie, per cui sostiene che, non dovendo sopportare spese per gli immobili, con il reddito di 45.908 euro dichiarato poteva ben pagare il mutuo di 17.000 euro l’anno.
2. Con il secondo motivo sostiene ancora che si dovrebbero scomputare immobili locati, perché di questi aveva perso la disponibilità.
3. L’appello non è fondato.
Va respinta la censura di difetto di motivazione dell’avviso, giacché in esso risultano tutti gli elementi rilevanti per consentire al contribuente un’adeguata difesa.
Nel merito, risulta dall’avviso impugnato, senza ricevere precise contestazioni da parte dell’appellante, che questi è proprietario di nove immobili a Roma in via (omissis) gravati di mutuo per 16.873 annui; è proprietario altresì di sei immobili in Roma a via (omissis) è proprietario di due immobili in (omissis) è titolare di una polizza assicurativa con premio annuo di 375 euro; è proprietario di una vettura a gasolio; nel periodo 2007/2011 ha acquistato un immobile a via (omissis) per 980.000 euro, un altro di per 55.000 euro ed un terreno per 2.000 euro; ha poi acquistato nel 2011 quote societarie per 179.520 euro.
Nell’avviso è stato determinato un reddito di euro 154.326, mentre il F. aveva denunziato 45.908, ossia euro 16.876 per redditi da fabbricati e 29.028 euro redditi di impresa, si tratta di impresa di costruzioni.
Risulta altresì dall’avviso che a seguito di accertamento è stato ritenuto incongruo anche il reddito dichiarato dalla moglie A.P.
3. La giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 327 del 11/01/2006) ha affermato che «In tema di accertamento delle imposte sui redditi, il metodo disciplinato dall’art. 38, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – come via via modificato – consente, a fronte di circostanze ed elementi certi, che evidenzino un reddito complessivo superiore a quello dichiarato o ricostruibile su base analitica, la determinazione del maggior imponibile in modo sintetico, in relazione al contenuto induttivo di tali circostanze ed elementi. Pertanto, la norma esige dati certi con riguardo alla esistenza del maggiore reddito imponibile e, in presenza di dati siffatti, richiede la individuazione dell’entità del reddito stesso con parametri indiziari, in via di deduzione logica dal fatto noto del fatto taciuto dal dichiarante, secondo i comuni canoni di regolarità causale. Ne consegue che, in presenza di dati certi ed incontestati, non è consentito pretendere una motivazione specifica dei criteri in concreto adottati per pervenire alle poste di reddito fissate in via sintetica nel cosiddetto redditometro, in quanto esse, proprio per fondarsi su parametri fissati in via generale, si sottraggono all’obbligo di motivazione, secondo il principio stabilito dall’art. 3, secondo comma, della legge 7 agosto 1990, n. 241».
Ancor più chiaramente la Corte di legittimità (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5991 del 17/03/2006) ha affermato che «In tema di accertamento dell’imposta sui redditi ed al fine della determinazione sintetica del reddito annuale complessivo, secondo la previsione dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – che consiste nell’applicazione di presunzioni semplici, in virtù delle quali (art. 2727 cod. civ.) l’ufficio finanziario è legittimato a risalire da un fatto noto (nella specie, l’esborso di rilevanti somme di denaro per l’acquisto di beni) a quello ignorato (sussistenza di un certo reddito e, quindi, di capacità contributiva) – la presunzione semplice genera l’inversione dell’onere della prova, trasferendo al contribuente l’impegno di dimostrare che il dato di fatto sul quale essa si fonda non corrisponde alla realtà; in particolare, nella specie, che il pagamento del prezzo non è avvenuto e, quindi, l’effettuata acquisizione di beni non denota una reale disponibilità economica, suscettibile di valutazione a fini fiscali, poiché il contratto stipulato, in ragione della sua natura simulata, ha una causa gratuita anziché quella onerosa apparente».
4. Nella specie il possesso di tanti immobili consente di presumere il reddito del contribuente in misura molto maggiore rispetto alla esigua somma dichiarata, stante anche la accensione di mutui notevoli non congrui rispetto a quanto dichiarato.
Non è poi vero che non si dovrebbe tenere conto degli immobili locati, perché di essi il contribuente, per sua scelta, ha perso la disponibilità ricavandone un guadagno e, quanto al fatto che non sopporterebbe le spese straordinarie per gli immobili locati in quanto posti a carico dei conduttori, si rileva che l’appellante deve pur sempre pagare l’IMU per la seconda casa in relazione ai moltissimi immobili di cui è proprietario.
L’appello va quindi rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Commissione rigetta l’appello e condanna l’appellante alla rifusione delle spese liquidate in euro duemilacinquecento.
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