COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Salerno sentenza n. 3001 sez. XI del 31 marzo 2016
REGISTRO – NON APPLICABILITA’ DELL’ESENZIONE ALLE SENTENZE ADOTTATE IN TUTTI I GRADI DI GIUDIZIO
Fatto
Con atto di appello tempestivamente notificato a controparte, l’Agenzia delle Entrate- Direzione provinciale di Salerno interponeva gravame avverso la sentenza n. 241/12/13 emessa dalla locale C.T.P. con cui era stato accolto il ricorso presentato dalla società per azioni — in persona del “rappresentante negoziale” avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro n. xxxxxxxxxx richiesta con riferimento ad una sentenza emessa dal Tribunale di Eboli adito in grado d’appello avverso una decisione di un giudici di pace del circondario in controversia risarcitoria avente valore inferiore ad euro 1033,00.
La società ricorrente aveva dedotto l’illegittimità di tale provvedimento non solo per l’asserita esistenza di alcuni vizi formali dell’atto che la recava, ma anche perché essa si riferiva a sentenza emessa in controversia di valore inferiore alla cifra richiamata e, pertanto, esente da “‘ imposta di bollo e di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura”” ai sensi dell’art. 46 della legge n. 374/1991.
Avverso la sentenza di primo grado, che aveva sostanzialmente accolto le doglianze l’—, interponeva appello la competente Agenzia delle Entrate censurandone motivatamente il contenuto in quanto fondato su di una inesatta determinazione di una esenzione da imposta di registro, insistendo per la piena assoggettabilità a detta imposta delle sentenze emesse da Tribunale quale giudice d’appello delle decisioni equitativamente assunte da un giudice di Pace.
Concludeva chiedendo l’annullamento dell’impugnata sentenza. Con vittoria di spese.
Instauratosi il contraddittorio si costituiva ritualmente in giudizio la società — distribuzione che contestava l’avverso difendendo l’operato dei primi giudici: in particolare rilevava che, stante l’unicità del giudizio, non vi poteva essere un diverso regime fiscale dei relativi atti, come rilevato anche dalla Suprema Corte di Cassazione. Concludeva per il rigetto dell’appello.
Previo preliminare esame presidenziale dell’ammissibilità del ricorso, veniva fissata per la trattazione dello stesso l’odierna pubblica udienza in prossimità della quale l’— depositava memorie illustrative con cui si opponeva ad una eventuale declaratoria di cessazione della materia del contendere.
All’esito della discussione, svoltasi come da verbale, la controversia veniva decisa in base alle seguenti considerazioni in
Diritto
Ritiene questa Commissione che il proposto appello sia giuridicamente fondato e vada conseguentemente accolto.
Per meglio comprendere i motivi che hanno indotto questa Commissione ad assumere l’anticipata decisione è opportuno svolgere le seguenti brevi argomentazioni: i giudici di prime cure hanno accolto il ricorso presentato dall’— ritenendo sostanzialmente che fosse insussistente il presupposto dell’imposta richiesta , trattandosi di sentenza emessa in controversia civile di valore inferiore ad euro 1033,00 che – sebbene emessa dal Tribunale- fosse soggetta al medesimo regime fiscale agevolato previsto dall’art. 46 della legge n.374/1991.
L’Agenzia delle Entrate ha contestato tale decisione ritenendo pienamente legittima la pretesa impositiva recata nell’atto originariamente impugnato.
Questo Giudice ritiene, esaminati gli atti di causa, ritiene di dover condividere l’assunto di parte appellante in quanto sostenuto da giuridico pregio in quanto non sono condivisibili le censure sollevate dall’— e tese sostanzialmente ad ottenere un’interpretazione estensiva di una norma fiscale eccezionale dettata per le liti di valore inferiore agli euro 1033,00 decise dai giudici di pace, vale a dire l’art.46 della legge n.374/1991 che esonera- peraltro in maniera non assoluta- dette controversie dalla soggezione a diritti e tasse, quale quella di registro.
Infatti è agevole osservare come detto regime di favore sia stato previsto dal legislatore unicamente per le controversie di minimo valore decise secondo equità dai Giudici di Pace: la ratio di tale norma non è conseguentemente estensibile in assenza di specifica normativa primaria a provvedimenti emessi (peraltro, secondo diritto) da altri Giudici per i quali vigono i generali principi in tema di spese di giustizia recati dal T.U. n. 115/2002 e di imposta di registro recati dal T.U. n. 131 del 1986.
Conforta tale conclusione il chiaro disposto degli artt. 12 e 14 delle c.d. “preleggi” che codifica canoni ermeneutici di tradizione romanistica: a) nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso di quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore; b) le leggi che fanno eccezione a regole generali non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati.
Essendo il giudice soggetto soltanto alla legge per esplicito dettato costituzionale (art. 101, secondo comma) non può assolutamente ipotizzarsi un’interpretazione di una norma fiscale derogatoria di principi generali espressamente dettata con riferimento alla sentenze emesse in controversie “de minimis” decise da un Giudice di Pace, alle decisioni emesse da altra Autorità giudiziaria, sebbene in grado di appello rispetto a dette decisioni.
L’esenzione recata dall’art.46 della legge n. 374/1991 istitutiva, appunto, del Giudice di Pace presuppone per la sua applicazione l’esistenza di due condizioni l’una soggettiva e l’altra oggettiva: l’essere stata emessa la decisione da un Giudice di pace; l’avere un valore non superiore ad euro 1033,00 (tetto evidentemente individuato con riferimento alle controversie decidibili secondo equità, ai sensi dell’art. 113 c.p.c.).
Il venir meno di uno dei due requisiti (come nel caso di specie, in cui la sentenza sottoposta a registrazione è stata emessa da un Tribunale, seppure in grado d’Appello avverso una sentenza del Giudice di Pace) fa venir meno uno dei due indispensabili presupposti per l’applicazione – a legislazione vigente- dello speciale regime esonerativo.
Difetta in maniera evidente l'”eadem ratio” anche in considerazione del fatto che all’epoca deIl’entrata in vigore dell’art.46 in commento, tale tipo di sentenze era inappellabile proprio perché si riteneva che attraverso l’equità la controversia dovesse sostanzialmente risolversi in unico grado!
Del resto non può essere priva di significato la circostanza che la norma della cui applicazione si discute in questa sede giudiziale è contenuta nella legge istitutiva del Giudice di Pace e non è stata richiamata quando il legislatore ha successivamente introdotto l’appellabilità anche delle sentenze “de minimis” pronunciate secondo equità da detto giudice ovvero quelle relative “a rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui alle modalità di cui all’art. 1342 del codice civile” (D.lgs n.40 del 2006, articolo 1, modificativo dell’art. 339 del codice di rito civile).
Inoltre, l’evoluzione del diritto vivente, va univocamente verso una diffusa onerosità del “”servizio giustizia” tant’è che anche per le sentenze del giudice di pace di valore inferiore ad euro 1033,00 è stata temperata la primigenia esenzione totale da imposte e tasse con la modifica dell’art. 46 citato ad opera della legge n.311/2004 che estende ad esse l’applicazione del regime del contributo unificato.
In altri termini, data la normativa vigente che contiene uno speciale regime fiscale per le sole controversie decise dal Giudice di pace di valore inferiore ad euro 1033,00, nessuna possibilità di applicazione del predetto sistema di favore può essere disposta in casi diversi da quelli tassativamente ivi previsti.
Finisce per provare troppo il richiamo effettuato da alcuna giurisprudenza favorevole alle tesi della società ricorrente, alle norme recanti regimi fiscali agevolati per alcuni tipi di controversie quali quelle di lavoro o di opposizione ad ordinanza ingiunzione della P.A. ex lege n.689/1981: in detti casi il regime speciale è contenuto in norme generali che regolano una determinata materia contenziosa a prescindere da quale sia l’Autorità giudiziaria individuata per decidere le relative controversie sicchè non rileva che la relativa sentenza sia emessa da un giudice anziché da un altro, situazione assolutamente incomparabile con quella in emersione nel presente giudizio.
Neppure utile è la considerazione effettuata dall’— dell’unicità del giudizio, in quanto ciò non esclude che lo stesso – passando da un grado e l’altro – subisca una variazione in peius nel trattamento fiscale: anzi questa è proprio la regola!
Detti argomenti, peraltro, trovano un ulteriore ostacolo applicativo derivante dal fatto che l’imposta di registro tassa un atto non un procedimento e, pertanto, è esclusivamente allo specifico atto che bisogna avere riguardo per valutarne l’assoggettabilità a detta imposta : nel caso di specie l’atto è costituito da una sentenza di un tribunale il cui regime fiscale è unicamente preveduto e regolato ai fini che qui interessa – dal T.U. n. 131/1986.
Questo Giudice non ignora che sul punto vi è stata una prima decisione di una Sezione della Suprema Corte (la n.16310/2014) che ha concluso in contrario avviso, ma ritiene di non poterla condividere non solo per tutte le ragioni sin qui esposte ma anche per la seguente ulteriore considerazione : essa (emessa- peraltro- con la forma “semplificata” di cui agli artt. 375, 376 e 380- bis cpc sul probabile erroneo presupposto di riguardare una “parva materia”) liquida frettolosamente la sottostante problematica (di notevole impatto finanziario) essenzialmente con due motivazioni:
a) l’art.46 della legge 374/1991 “‘si riferisce genericamente alle cause ed alle attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede euro 1033,00. ciò abilita l ‘interprete a ritenere che il legislatore abbia voluto fare riferimento, ai fini dell’esenzione e per quanto qui rileva, alle sentenze adottate in tutti i gradi di giudizio”;
b) la “sedes materiae” non appare elemento idoneo ad escludere la predetta conclusione …anche alla luce del fatto che nell’ambito del medesimo tessuto normativa il legislatore ha più volte distinto- in relazione al! ‘applicazione di questo o quell’istituto “tra la specifica attribuzione del giudice di pace e quella degli altri organi giudicanti” (art.20, per esempio).
Entrambe tali argomenti finiscono, ad avviso di questo collegio, per provare troppo: infatti per quanto attiene al primo profilo, nessuna genericità connota la nonna in quanto essa è organicamente inserita in una legge che riguarda solo l’istituzione del giudice di pace tant’è che all’art. 1 così dispone :
“1. E’ istituito il giudice di pace, il quale esercita la giurisdizione in materia civile e penale e la funzione conciliativa in materia civile secondo le norme della presente legge.” Con ciò confermandosi che trattasi di nonne speciali regolanti il solo procedimento innanzi al giudice di pace, come trasfuse – attraverso idonee novelle- nel codice di rito per le quali non è possibile alcuna interpretazione estensiva o analogica.
Peraltro nessuna ulteriore precisazione poteva richiedersi al legislatore in quanto all’epoca dette sentenze non erano assolutamente impugnabili e nella legge istitutiva del giudice di pace nessun esonero dall’imposta di registro era previsto per le uniche sentenze all’epoca appellabili innanzi al Tribunale , cioè quelle non pronunciate secondo equità (valore superiore ad euro 1033,00).
Viceversa, quando il legislatore ha inteso introdurre con la legge n.374/1991 disposizioni di più ampia portata esulando dalla disciplina specifica del giudice di pace (secondo profilo) lo ha espressamente detto ed ha utilizzato la tecnica della novellazione per modificare norme processuali di valenza generale: l’art. 20 richiamato dalla Cassazione non fa altro che confermare tale interpretazione in quanto novella l’art.82 c.p.c. e, logicamente, diviene parte integrante delle “Disposizioni generali” contenute nel libro primo del codice di rito, procedendo in quella sede a regolamentare specificamente situazioni differenziate dinnanzi ai vari organi di giustizia ordinaria.
Conseguenza logica del discorso sin qui svolto è che non aderendosi motivatamente e criticamente ali’ avviso espresso dalla Cassazione nella richiamata sentenza, né sussistendo i presupposti per la declaratoria di cessazione della materia del contendere il presente appello va accolto in quanto assistito da giuridico fondamento mentre per quanto attiene al regolamento delle spese processuali, ritiene questa Commissione che sussistano le condizioni di legge per dichiararle compensate tra le parti attesa la relativa novità della materia e l’esistenza di una giurisprudenza oscillante.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale della Campania – sede di Salerno – Sez. XII definitivamente pronunciando sull’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di Salerno nei confronti di — s.p.a., contrariis reiectiis, così decide:
A) Accoglie l’appello;
B) Compensa le spese di lite.
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