COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE SICILIA – Sentenza 12 marzo 2018, n. 1049
Tributi – IRPEG – Credito risultante dalla dichiarazione dei redditi – Istanza di rimborso – Diniego – Prescrizione – Applicazione del termine decennale
Svolgimento del processo
Con istanza in data 31/12/2008, Banca S. Spa – c.f. xxxxxxxxxxx – chiedeva all’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Palermo 2 – il rimborso relativo all’eccedenza d’imposta risultante dalla dichiarazione redditi mod. 760, presentata in data 19/9/1997 e relativa al periodo d’imposta 1/1/1995 – 7/3/1997, oltre interessi, per complessivi €. 1.788.80,17. Con nota prot. n. 2001/47163 del 3/3/2001 la Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Palermo comunicava il diniego al rimborso, stante l’intervenuta prescrizione decennale del credito.
Avverso detto provvedimento di diniego, quindi, proponeva ricorso l’istituto di credito, esponendo che nessuna prescrizione fosse intervenuta nel diritto al rimborso del credito, richiamando giurisprudenza di legittimità, la quale afferma che il termine prescrizionale decorrerebbe dal consolidamento del credito, dopo l’avvenuto controllo della dichiarazione da parte dell’Amministrazione.
Con sentenza n. 220/05/2012 la CTP di Palermo, dopo aver dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 – c. 58 – della l. 350 del 2003, per violazione dell’ art. 3 Costituzione, laddove fissa il termine del 30/6/1997 ai fini della maturazione o meno del termine prescrizionale per il rimborso, rigettava la domanda dell’istituto bancario, argomentando, dopo aver richiamato giurisprudenza della Corte di Cassazione, che il rimborso per le imposte versate in eccesso, richieste con istanza di rimborso oppure direttamente in dichiarazione è sottoposto alla prescrizione decennale.
Avverso detta pronuncia proponeva appello Banca S. Spa per i seguenti motivi:
– Illegittimità della sentenza di I grado nella parte in cui ha respinto nel merito il ricorso della società. Illegittimità del provvedimento di diniego, dato che non è intervenuta la prescrizione del diritto al rimborso. Spettanza del rimborso alla società;
– In subordine. Rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 58, l. 24/12/2003, n. 350, per violazione dell’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui prevede il termine del 30/6/1997 come data rilevante ai fini della maturazione o meno della prescrizione del diritto al rimborso.
In data 15/2/2017 Banca S. Spa depositava documenti. L’Agenzia delle Entrate, in data 18/2/2013, formulava controdeduzioni.
In data 24/2/2017 perveniva, quindi, memoria di parte appellante, nella quale si sostiene:
– l’illegittimità della sentenza di I grado che ha ritenuto prescritto il diritto al rimborso. L’illegittimità del provvedimento di diniego, dato che non è intervenuta prescrizione del diritto al rimborso. Infondatezza delle argomentazioni di controparte;
– spettanza del credito chiesto a rimborso. Infondatezza delle argomentazioni di controparte.
La controversia veniva, quindi, sottoposta all’esame di questa Commissione nel corso della pubblica udienza del 13 marzo 2017.
Sono presenti per Banca S. Spa, l’avv.to G.Z.; per l’Agenzia delle Entrate, la dott.ssa B.D..
Su invito del Presidente il Relatore espone i fatti e le questioni della controversia.
Dopo di che il Presidente da la parola alle parti, le quali insistono nei motivi di cui ai rispettivi atti.
Successivamente il Presidente dichiara chiusa la discussione e si pone la causa in decisione.
Motivi della decisione
Preliminarmente il Collegio deve esaminare la questione di legittimità costituzionale prospettata circa la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 58, l. 24/12/2003, n. 350, per violazione dell’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui prevede il termine del 30/6/1997 come data rilevante ai fini della maturazione o meno della prescrizione del diritto al rimborso.
Il Giudice di I grado nell’impugnata sentenza afferma, al riguardo che “la parte ricorrente invoca una ultrattività della norma per far si che essa trovi applicazione anche alle dichiarazioni presentate, come nel caso in esame, in data successiva al 30/6/1997” e, continua affermando che nessuna censura può essere addebitata alla norma, sotto il profilo dell’incostituzionalità, perché alla stessa non è stata attribuita una efficacia temporale più estesa.
Sul punto richiama, quindi, giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (sent. n. 2687/2007) laddove si afferma che la disposizione di cui all’art. 2, comma 58, della l. 24/12/2003, n. 350 – legge finanziaria 2004 – in realtà non modifica i termini prescrizionali ordinari, ma consente all’Amministrazione finanziaria, nell’ottica di agevolare la definizione delle pendenze con i contribuenti e i relativi rimborsi, di non tener conto di eventuali prescrizioni. A detta pronuncia hanno fatto seguito ulteriori decisioni conformi.
Ritiene questa Commissioni tributaria regionale, sul punto, che nessuna censura possa essere mossa alla sentenza oggetto d’impugnativa e che la questione di legittimità costituzionale sia manifestamente infondata e, come tale, da rigettare.
Invero, la disposizione di cui all’art. 2, comma 58, l. 24/12/2003, n. 350, inserita nel quadro delle iniziative volte a definire le pendenze con i contribuenti e i rimborsi delle imposte, era finalizzata a chiudere tutte le posizioni, sia nelle quali il contribuente avesse proposto ricorso avverso il rifiuto espresso o tacito, ma non fosse stata emessa ancora sentenza definitiva, sia nel caso in cui il ricorso non fosse stato ancora proposto.
In ogni caso tuttavia, permane, ben delineato l’arco temporale di operatività della norma giacché i periodi d’imposta interessati sono quelli dal 1974 al 1996, anno cui si riferisce l’ultima dichiarazione da presentare entro il 30 giugno 1997; la norma non si applica alle dichiarazioni dei redditi relativi all’anno d’imposta dal 1997 in poi.
Come rilevato da autorevole dottrina una norma che miri a favorire i rimborsi che si sarebbero dovuti eseguire d’ufficio è coerente con i principi dell’ordinamento tributario, essendo preciso obbligo dell’amministrazione procedere al rimborso delle somme versate in eccedenza dai contribuenti, onde non violare i principi base quali quello sulla capacità contributiva, sull’affidamento del contribuente e sulla buona fede nei rapporti tra quest’ultimo e l’Amministrazione stessa.
Contestualizzando, poi, la norma di che trattasi nel preciso momento in cui veniva emanata, non può non rilevarsi come la stessa costituisse norma atta ad agevolare i rimborsi per le dichiarazioni riferite agli anni predetti, in un momento in cui diverse e profonde modifiche normative rendevano necessario una chiusura delle posizioni pendenti a quella data.
In tale contesto è stata appunto inserita la norma speciale sulla prescrizione, rispetto alla disciplina della prescrizione applicabile in linea generale. Detta norma speciale di fatto deroga al regime ordinario ella prescrizione, con una scelta normativa legata a precise esigenze di definizione dei rapporti pendenti, e come tale non suscettibile di ultraattività.
In ordine, quindi, al motivo di appello circa l’illegittimità della sentenza di I grado, nella parte in cui ha respinto nel merito il ricorso della società e l’illegittimità del provvedimento di diniego, dato che non è intervenuta la prescrizione del diritto al rimborso con conseguente spettanza del rimborso alla società, osserva questa Commissione che l’impugnata sentenza si ritiene esente dalle censure lamentate. Invero, il tema della prescrizione del diritto del contribuente a richiedere il rimborso delle somme versate in eccedenza è stato oggetto di plurime pronunce in sede di legittimità ove è stato ribadita la prescrizione decennale – ex art. 2946 c.c., del diritto al rimborso (Cass. SS.UU. n. 2687/2007; Cass. n. 26453/2008; Cass. n. 6245/2007).
Come già ampiamente argomentato, la normativa invocata da parte contribuente si manifesta come speciale e derogatoria rispetto all’ordinario termine prescrizionale decennale, termine la cui effettività è ribadita e confermata da unanime giurisprudenza tributaria, anche di legittimità. Tutto ciò considerato, questa Commissione tributaria regionale rigetta l’appello di Banca Sella Spa e conferma la sentenza n. 220/05/12 della CTP di Palermo.
Le spese vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta l’appello proposto da Banca S. Spa e conferma la sentenza di I grado n. 220/05/12 della CTP di Palermo.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di questo grado di giudizio che liquida in €. 2.500,00, oltre oneri di legge.
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