COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Torino sentenza n. 687 del 23 maggio 2016
RISCOSSIONE – CARTELLA DI PAGAMENTO – CRISI ECONOMICA – NON CONFIGURABILE COME CAUSA DI FORZA MAGGIORE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società — impugnava: a) la cartella di pagamento (per il 2009) n 1102013002— chiedendo l’annullamento limitatamente alle sanzioni irrogate ed ai relativi interessi dovuti;
b) la cartella di pagamento (per il 2010) n 1102014002— chiedendo l’annullamento limitatamente alle sanzioni dovute.
a1) la CTP di Torino con sentenza 7.4.2014 respingeva il ricorso e condannava la contribuente alle spese liquidate in euro 1.600,00
bl) La CTP di Torino con sentenza 16.12.2014 respingeva il ricorso e condannava la ricorrente alle spese di giudizio liquidate in euro 8.000. da suddividersi in parti uguali tra Agenzia delle Entrate a Equitalia Nord spa.
L’appellante deduce come un unico motivo (nei procedimenti nn. —- e —/2015) per la riforma delle impugnate sentenze la sussistenza della forza maggiore, ponendo a sostegno della invocata esimente: le ingenti perdite economiche, il grave stato di crisi; la diminuzione delle commesse, il mancato incasso di rilevanti crediti (verso Consorzio — e soc — snc). Pertanto, la forza maggiore così individuata – continua l’appellante – non necessita di ulteriore prova ed è tale da comprimere ogni possibilità di scelta, determinando un comportamento non voluto.
Per l’appellante la forza maggiore si riscontra in un accadimento esterno al fatto non prevedibile e non evitabile e la carenza di risorse economiche integra gli estremi della forza maggiore in quanto rende impossibile l’adempimento tributario ed esclude la responsabilità oggettiva. Il tutto, secondo l’appellante, imponeva l’accertamento dell’elemento psicologico e nella fattispecie concreta non è dato prescindere dalla colpa. In particolare – sostiene la contribuente – non poteva prevedere che due società (consorzio — e la — snc) interrompessero i pagamenti, determinando la grave crisi della —.
In buona sostanza, per l’appellante, sono censurabili le sentenze della CTP di Torino che non ravvisano lo stato di necessità-forza maggiore, poiché la crisi strutturale e la carenza di pagamenti da parte dei debitori hanno ingenerato un blocco di tutte le attività produttive con conseguente cassa integrazione (la forza lavoro passa da 80 a poco più di 10 unità).
L’omissione del versamento IVA è conseguenza di quanto sopra esposto e pertanto, – per l’appellante che invoca a conforto CTP di Lecce, tributo e sanzioni vanno annullati.
Ribadisce, quindi, che l’impossibilità economica deve essere considerata esimente dalle sanzioni, integrando l’ipotesi della forza maggiore.
Invoca, inoltre il quinto comma dell’art 97 DPR 29.9.1973 n 602 ritenendo possa assurgere a valore di principio fondamentale in materia fiscale. L’appellante opera numerosi richiami alla SC (cass l sez n 4900/1992 – cass l sez n 3961/1989- cass 2 sez n 10343/2010 cass 3 sez n 97398/2000) muovendo dall’illecito amministrativo al codice penale.
Proc 247/15
L’Agenzia delle Entrate
Inammissibilità dell’appello per tardività: il termine per l’impugnazione scadeva il 12.1.2015, in quanto la sentenza è stata depositata il 27.5.2014, mentre la notifica dell’appello è del 14.I.2015.
Nel merito, rilevato che la cartella di pagamento è stata impugnata limitatamente alle somme richieste a titolo di interessi e sanzioni, non ricorrono le condizioni che integrerebbero la forza maggiore idonea ad escludere la responsabilità per l’inadempimento tributario.
L’ufficio evidenzia la gravità dell’inadempimento, posto che parte rilevante delle imposte non versate sono riferibili ad omissioni di versamenti IVA, che la società ha incassato dai propri clienti e non ha riversato all’erario.
Grave è altresì l’inadempimento per il mancato versamento delle ritenute operate sulle competenze dei lavoratori dipendenti, in quanto la società — opera come sostituto di imposta.
L’ufficio indugia, in fatto e in diritto, richiamando decisioni de giudici di merito e della Suprema Corte che confortano l’esclusione dell’esimente della forza maggiore nella fattispecie de qua.
Equitalia
In via pregiudiziale eccepisce violazione dell’art. 330 cpc e conseguente decadenza ex art 327 cpc, poiché l’atto d’appello è stato notificato direttamente alla parte e non nel domicilio eletto nel giudizio di primo grado.
Eccepisce altresì preliminarmente il difetto di legittimazione passiva dell’agente della riscossione.
In via principale rigettarsi l’appello.
Proc n 1238/15
L’Agenzia delle Entrate conclude per il rigetto dell’appello della Soc. — srl.
L’ufficio invoca a conforto alcune decisioni della Suprema Corte secondo cui, nella fattispecie concreta, non ricorrono quei presupposti che possano integrare l’istituto della forza maggiore, in quanto la contribuente ha invocato lo stato di crisi economica che non ha natura di evento eccezionale di origine naturalistica (quali calamità), ovvero umana (scioperi- furti ecc).
Equitalia propone in via pregiudiziale la violazione dell’art 330 cpc e conseguente decadenza ex art. 327 cpc in quanto la notifica dell’atto di appello è stata effettuata direttamente presso la sede dell’Equitalia, invece che nel domicilio eletto in primo grado.
Insiste altresì eccependo il difetto di legittimazione passiva.
Motivazione
Le impugnate sentenze meritano conferma in quanto non ricorrono gli estremi dello stato di forza maggiore invocato, ed in ogni caso intempestiva risulta la proposizione dell’appello avverso la sentenza relativa al proc. n 247/2015 in quanto notificato in data 14.1.2015 anziché entro il 12.1.2015.
Quanto alla notifica nei confronti di Equitalia non risulta rispettato il disposto degli artt 330 – 327 cpc.
Il motivo di gravame in ogni caso non è fondato e le sentenze della CTP meritano conferma. L’appellante correttamente e puntualmente osserva che l’art 97 c 5 DPR 602/73 è “collocato nell’ambito delle disposizioni afferenti alla morosità del pagamento di imposte riscosse mediante i ruoli”, ma bisogna aggiungere che il comma invocato è stato abrogato dall’art. 16 c l lett c) del d. lgs 18.12.97 n 471.
Il successivo d. lgs n 472/97 disciplina la materia ed all’art 6 prevede tra le cause di non punibilità l’avere “commesso il fatto per forza maggiore” (comma 5).
Resta da verificare, come ha diligentemente tentato di argomentare l’appellante, se nella fattispecie concreta ricorra l’istituto della forza maggiore.
L’appellante ha corredato l’invocazione de qua di diffusi richiami giurisprudenziali e dottrinari. Ha insistito ed ha – coerentemente con la tesi che crisi economica costituisce forza maggiore – richiamato la crisi strutturale ed in particolare l’inadempimento di due importanti contraenti (consorzio — e soc —), Ha quindi censurato le sentenze di primo grado che avevano escluso la forza maggiore, ritenendo le vicende denunciate mero rischio di impresa.
A parere della Commissione l’inadempimento di debitori della contribuente più in generale la crisi economica sono paradigmatici del rischio di impresa. Non sono certamente eventi né imprevedibili né inevitabili.
La circostanza poi che, nella specie, si tratta prevalentemente di omissioni relative al versamento IVA e all’IRPEF non versata relativa alle ritenute operate sulle competenze dei lavoratori dipendenti, per un verso rende più grave la condotta della contribuente e per un altro frantuma ogni possibilità di ritenere sussistente l’esimente della forza maggiore. Ciò per la conclusiva ragione che l’IVA è stata già percepita al fine di riversarla, così come per le ritenute, in quanto la — srl opera quale sostituto di imposta.
Il mancato adempimento tributario non è conseguente a fenomeni naturali o di terzi che esulano dal rapporto imprenditoriale-commerciale: le difficoltà economiche, pur dovute a crisi di settore, o inadempimenti di contraenti attengono purtroppo proprio alle dinamiche imprenditoriali e commerciali.
Non si ravvisa alcun “vizio di motivazione contraddittoria” secondo quanto dedotto dall’appellante.
La CTP di Torino nelle sentenze impugnate ha motivato adeguatamente, ritenendo insussistente l’ipotesi della forza maggiore. Correttamente ha motivato che per forza maggiore deve “esclusivamente ritenersi la calamità naturale o altro evento eccezionale ed imprevedibile che abbia impedito al contribuente di adempiere ai propri obblighi verso l’Erario”, sottolineando che la crisi congiunturale rientra nel rischio di impresa.
Alla luce di quanto sopra, le sentenze impugnate meritano conferma.
Si osserva, inoltre, che sussistono sia il difetto di legittimazione passiva di Equitalia spa, sia la irritualità della notifica alla stessa (effettuata direttamente e non al domicilio eletto).
Quanto alla tempestività della proposizione degli appelli si rileva che è tempestivo l’appello di cui al proc. n 1238/15 notificato il 13.7.15 (il termine scadeva il 12.7.15 giorno festivo); mentre è intempestivo quello relativo al proc n 247/2015 (la sentenza è stata depositata il 27.5.14. Il termine per impugnare scadeva il 12.1.15. L’appello è stato notificato il 14.1.15).
La condanna alle spese consegue alla soccombenza.
P. Q. M.
La Commissione conferma le Sentenze impugnate. Condanna l’appellante nei giudizi riuniti alle spese del grado che si liquidano in complessivi euro 9.000 (novemila) di cui 3.000 (tremila) per Equitalia e 6.000 (seimila) per l’Agenzia delle Entrate.
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