COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Veneto sentenza n. 136 sez. 5 depositata il 19 gennaio 2017
Massima
“Il limite alla compensazione orizzontale del credito IVA è contrario alle norme comunitarie e il giudice tributario interno è tenuto a disapplicarlo quando l’Ufficio ne invochi gli effetti”. In base a tale principio i giudici veneti hanno accolto l’appello del contribuente che aveva utilizzato in compensazione il proprio credito IVA, superando il limite massimo fissato dall’art.34, comma 1 della Legge n. 388/2000. A sostegno della propria tesi il collegio cita il consolidato orientamento della Corte di Giustizia Europea che ha affermato che “deve ritenersi venuto meno agli obblighi fissati dalla disciplina del sistema IVA lo stato membro che introduca e mantenga una normativa di diritto interno che imponga ai soggetti passivi il riporto-parziale o integrale-dell’eccedenza a credito al periodo di imposta successivo”(cause C-78/00, C-25/07, C-274/10).
Fatto
La questione concerne l’IVA anno 2009 per la quale, a seguito di controllo sui modelli di pagamento F 24, l’Agenzia ha accertato che l’appellante aveva utilizzato in compensazione il proprio credito IVA per euro 486.300,57 e ricevuto un rimborso IVA per euro 100.000,00 per un importo complessivo di euro 586.300,57.
Ciò in contrasto con il limite massimo di euro 516.456,90 fissato dall’art.34, comma 1, della L.n.388/2000.
Riscontrando il superamento del limite di legge, l’Agenzia ha emesso atto di recupero col quale ha richiesto i maggiori importi indebitamente utilizzati oltre ad interessi e sanzioni.
Il Caseificio ha proposto ricorso eccependo
– che l’utilizzo del credito è stato soltanto anticipato di qualche mese, per la sola eccedenza di circa euro 70.000,00;
– la non debenza delle sanzioni pari al 30% dell’eccedenza, per le obiettive condizioni di incertezza dell’ambito di applicazione della norma tributaria: non di compensazione di crediti inesistenti o non spettanti si tratta, ma di violazione formale riguardante l’eccesso di utilizzo, rispetto al limite di legge, di un credito spettante;
– anche gli interessi non sono dovuti trattandosi di credito comunque spettante.
L’Ufficio si è costituito.
La CTP di Vicenza, osservando che “la fattispecie in esame ha comportato versamento inferiore al dovuto e tardivo adempimento con danno all’erario, restando comunque, attratta nella previsione sanzionatoria della norma, così superandosi la contestazione della contribuente”, ha respinto il ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
Propone appello il Caseificio eccependo:
– il mancato pronunciamento su punti decisivi della controversia; motivazione apparente della sentenza impugnata; vizio della sentenza da ultra-petizione e da omessa pronuncia.
– Nullità dell’atto di recupero perché sottoscritto da un Dirigente dell’Agenzia dichiarato decaduto con sentenza della Corte Costituzionale n.37/2015; la nullità è rilevabile anche d’ufficio in ogni grado e momento della lite.
– Nel merito: la documentazione esibita e non esaminata in prime cure dimostra che non si tratta di eccesso di compensazione, che, al contrario, è stata inferiore al limite; l’importo chiesto successivamente a rimborso è stato versato dall’A.F. dopo l’effettuazione di tutti i controlli previsti. Solo dopo 5 anni, con l’atto impugnato, l’Agenzia contesta la violazione di compensazione.
– Eccezione non esaminata relativa al fatto che il limite alla compensazione orizzontale del credito IVA è contrario alle norme comunitarie e il giudice tributario interno è tenuto a disapplicarlo quando l’Ufficio ne invoca gli effetti; in questo senso sono numerosi i pronunciamenti della Corte di Giustizia.
– Mancato esame della circostanza che, precedentemente all’emissione dell’atto di recupero, il limite di legge è stato elevato a euro 700.000,00 e per tale motivo viene invocato il principio del favor rei stante la non definitività del provvedimento di irrogazione;
– Insiste sulla natura della violazione contestata: la norma invocata dall’Ufficio, art. 13, comma 1, del D.Lgs. 471/97 si riferisce a ritardati od omessi versamenti diretti e non riguarda l’irregolare compensazione di credito IVA, oggettivamente esistente, in quanto eccedente il limite di legge.
– Anche nel calcolo degli interessi manca la trasparenza dell’atto impugnato che, pertanto, appare illegittimo.
Ha proposto istanza di sospensione che non è stata accolta per il mancato riconoscimento dell’esistenza del periculum in mora.
Si costituisce e controdeduce l’Ufficio insistendo sulla regolarità e sulla legittimità dell’atto di recupero e ribadendo nel merito che non realizzandosi la fattispecie compensativa, ne deriva l’alternativo obbligo di versamento dell’imposta, con la conseguente sanzionabilità in ipotesi di sua omissione, come statuito dalla S.C.
OSSERVA
L’appello merita accoglimento.
Dalla documentazione in atti appare evidente come non si tratti di eccesso di compensazione, che, al contrario, è stata inferiore al limite; l’importo chiesto successivamente a rimborso è stato versato dall’A.F. dopo l’effettuazione di tutti i controlli previsti; solo dopo 5 anni, con l’atto impugnato, l’Agenzia ha contestato la violazione del limite di compensazione.
Si osserva inoltre che, nel caso di specie, non si tratta di ritardati od omessi versamenti diretti, ma di credito IVA oggettivamente esistente e appare pertanto illegittimo il ricorso fatto dall’Ufficio all’art. 13 del D.Lgs. 471/97.
Va inoltre ricordato che, secondo la Corte di Giustizia, una norma di uno Stato membro che non permetta all’impresa un’immediata fruizione, anche tramite compensazione, del totale del credito IVA, stabilendo un limite massimo e obbligandola al riporto a esercizi successivi della differenza, viola la VI Direttiva Cee; in altre parole, “deve ritenersi venuto meno agli obblighi fissati dalla disciplina del sistema /VA lo Stato membro che introduca emantenga una normativa di diritto interno che imponga ai soggetti passivi il riporto -parziale o integrale – dell’eccedenza a credito al periodo d’impostasuccessivo.” (cause C-78/00, C-25/07, C-274/10).
Alla luce di tale principio, il limite alla compensazione orizzontale del credito IVA è contrario alle norme comunitarie e il giudice tributario interno è tenutoa disapplicarlo quando l’Ufficio ne invochi gli effetti.
Pertanto, assorbiti i rimanenti motivi di appello, la sentenza va totalmente riformata.
La complessità della materia e la recente evoluzione giurisprudenziale giustificano la compensazione delle spese di giudizio.
Letti gli artt. 15, 35 e 36 D.Lgs n. 546/1992, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio proposto da Caseificio —; dichiara la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.
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