COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Venezia sentenza n. 539 sez. 1 del 19 marzo 2015
ACCERTAMENTO – REDDITOMETRO – PRESUNZIONI NON CONFUTATE – LEGITTIMITÀ – SUSSISTE – SANZIONI – PRINCIPIO DI COLPEVOLEZZA – NON SUSSISTE – IRROGAZIONE – ILLEGITTIMITÀ.
FATTO
Sulla base del riscontro di indici di capacità contributiva e dei dati raccolti a seguito di questionari inviati alla parte, l’Ufficio di Padova dell’Agenzia delle entrate determinava sinteticamente il reddito del contribuente M.B. per gli anni 2006 e 2007. I ricorsi del contribuente venivano separatamente accolti dalla Commissione tributaria provinciale di Padova. Con sentenza 94/2/13 depositata il 17 ottobre 2013 in particolare, la Commissione accoglieva il ricorso relativo all’anno 2006, rilevando che con precedente sentenza n. 20/2/2012, depositata il 19 marzo 2012, era stato accolto il ricorso relativo al 2007, e argomentando nel senso di ritenere insufficiente il riferimento ai coefficienti previsti dal vecchio redditometro e necessaria la presenza di ulteriori elementi che sorreggano la determinazione del reddito effettuata dall’ufficio.
Osservava inoltre la Commissione che il contribuente, piccolo imprenditore edile, oltre a subire la notoria difficoltà in cui si trova il settore, aveva dimostrato di aver pagato il mutuo fondiario acceso per il completamento della propria casa ancora parzialmente al grezzo con l’aiuto dei familiari, di aver subito un peggioramento del volume di affari e perdite dovute a fallimenti in cui erano incorsi i suoi clienti, di aver effettuato prelievi dal conto per l’utilizzo di risparmi precedenti, e che inoltre l’autocarro e la moto non possono automaticamente considerarsi indici di capacità contributiva in quanto immatricolati rispettivamente nel 2003 e nel 2005, anni in cui l’azienda era più florida, e che del resto l’abitazione principale di 200 mq. era utilizzata solo per 145 mq., mentre il resto era ancora al grezzo.
L’ufficio appella, segnalando che il suo appello contro la sentenza analogamente favorevole al contribuente relativa all’anno 2007 è stato accolto da questa Commissione regionale, con sentenza n. 369/06/14 che ha ritenuto legittimo il ricorso all’accertamento sintetico e non convincenti e decisive le prove contrarie addotte dalla parte.
Ricorda poi i presupposti del potere dell’amministrazione di determinare sinteticamente il reddito del contribuente e fa presente che la previsione di cui all’art. 38 comma 4 del d.p.r. n. 600 del 1973 ha superato anche il vaglio della Corte costituzionale.
L’ufficio ha individuato elementi e circostanze certe che esprimono una capacità di spesa incompatibile con il reddito dichiarato, e ha tenuto conto di elementi segnalati dal contribuente (i metri quadrati effettivamente utilizzati; l’uso promiscuo dell’autocarro); il contribuente non ha provato l’affermazione di aver ricevuto prestiti dai familiari, né le movimentazioni bancarie sono dimostratamente riferibili a prelevamenti per esigenze personali.
L’appellato non si è costituito.
DIRITTO
Osserva il Collegio che l’Ufficio ha fatto corretta applicazione delle previsioni di cui all’art. 38, c. 4, del d.p.r. n. 600 del 1973, esistendo in fatto nella specie i presupposti per il ricorso all’accertamento induttivo sinteticamente fondato su elementi e circostanze certi, esprimenti una capacità di spesa che non trova riscontro nei redditi dichiarati.
Va rilevato che resto come l’Ufficio abbia correttamente provveduto a rettificare alcuni dati risultanti dall’applicazione dei parametri di legge, basando nello specifico l’accertamento sul dato relativo alla dimensione effettiva dell’immobile, come effettivamente utilizzabile in ragione del0 concreto stato di completamento dell’edificazione, secondo quanto segnalato dallo stesso contribuente, e considerando l’automezzo, in base alla risposta al questionario, come adibito ad uso promiscuo e quindi computandolo solo per il 50%.
Si deve invece tener presente, ai fini del giudizio, che il contribuente non è stato in grado di fornire prove adeguate a soddisfare l’onere spettantegli ed a contrastare le presunzioni normative cui l’Ufficio si è attenuto. In particolare non possono considerarsi probanti le dichiarazioni relative alla crisi del settore dell’edilizia, in quanto, se pur corrispondenti ad informazioni correnti, risultano generiche e inconferenti ove non riferite specificamente e dimostratamente all’attività del contribuente.
Non si può ritenere raggiunta la prova delle asserite rimesse di denaro, a titolo di prestito infruttifero o di donazione, da parte dei familiari del contribuente, dato che queste risultano esclusivamente dalle dichiarazioni delle parti interessate, e non sono state confermate da alcun elemento oggettivo, quali documentazioni relative a movimentazioni bancarie o altro.
Risultano del resto documentate dell’Ufficio uscite relative a pagamenti per fornitori, – dalle quali è lecito ricavare indicazione nel senso di una prosecuzione, nonostante la richiamata situazione di crisi, dell’attività della ditta individuale.
Pur risultando la diminuzione del volume d’affari documentata dai bilanci degli anni in questione, e pur dovendosi prendere atto della fondatezza dell’affermazione del contribuente circa l’insolvenza e il fallimento di alcuni dei clienti suoi debitori, adeguatamente provata dalla documentazione prodotta, non può ritenersi conclusivamente che il contribuente abbia adeguatamente soddisfatto l’onere, su di lui incombente, di dimostrare in concreto che il proprio reddito effettivo è diverso ed inferiore a quello scaturente dalle presunzioni adottate dall’Amministrazione finanziaria.
Va quindi considerato fondato l’appello dell’Ufficio.
Ritiene tuttavia questo Collegio che l’accoglimento dell’appello, e la conseguente riforma della sentenza di primo grado favorevole al contribuente, non possa essere che parziale, dovendosi ritenere la parziale illegittimità del provvedimento impugnato con riferimento alla parte in cui procede all’irrogazione delle sanzioni.
Nella applicazione del “redditometro” infatti l’Ufficio procede a determinare il reddito imponibile in via presuntiva e standardizzata con riferimento a parametri e criteri di calcolo normativamente determinati, seguendo cioè una logica ed una modalità che si colloca su di un piano di verità legale, una volta che la presunzione non sia stata efficacemente contrastata con idonea allegazione di prove da parte del contribuente. Ciò impone, in esito del procedimento di determinazione sintetica, di considerare legalmente fissata la misura del reddito che risulta dall’applicazione dei criteri di legge, ma non comporta né la dimostrazione, né alcuna verità legale in ordine alla ricorrenza, in concreto, dell’elemento soggettivo della consapevolezza e della colpevolezza, solo in presenza del quale è consentita l’irrogazione di sanzioni. Al contrario, il meccanismo presuntivo del “redditometro” si colloca in tutt’altra dimensione, oggettiva e puramente matematica, rispetto alla ordinaria logica imperniata sulla verifica di comportamenti di inadempimento di obblighi.
Ritiene insomma il Collegio che la logica presuntiva e meccanica che informa la disciplina dell’accertamento sintetico basato su indici di capacità contributiva possa agire, in virtù di espressa previsione normativa, esclusivamente con riferimento al calcolo del reddito, ma non consenta, poiché prescinde dalla presenza stessa, non meno che dall’accertamento e dalla valutazione di comportamenti del contribuente, di irrogare alcun tipo di sanzione.
È infatti ormai acquisito il principio (Cass. Sez. 5, Sent. n. 13068 del 15.6.2011) secondo il quale: “In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, ai fini dell’affermazione di responsabilità del contribuente, ai sensi del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 5, occorre che l’azione od omissione causativa della violazione sia volontaria, ossia compiuta con coscienza e volontà, e colpevole, ossia compiuta con dolo o negligenza”.
Si deve rilevare che nel ragionamento della Suprema Corte viene assunto come ovvio presupposto che a causare la violazione oggetto di sanzione sia una “azione od omissione”, della quale si vuole inoltre che sia “volontaria e colpevole”.
Nel caso degli accertamenti automatici basati su indici presuntivi non viene in considerazione alcuna “azione od omissione” del contribuente, tanto meno viene in considerazione una valutazione di colpevolezza.
Il principio di colpevolezza, come presupposto per l’irrogazione di sanzioni tributarie, risulterebbe quindi svuotato ed aggirato ove si accedesse alla conclusione che si possa predicare una qualche forma di colpevolezza anche nei casi nei quali la violazione tributaria (ove pure la si voglia vedere nella non corrispondenza fra reddito dichiarato e reddito calcolato) non derivi da un comportamento del contribuente ma dall’applicazione di criteri automatici di calcolo del reddito.
Accogliendo in parte l’appello dell’Ufficio, non resta che dichiarare, in riforma della sentenza appellata, la legittimità degli avvisi oggetto del giudizio nella parte in cui determinano i redditi imponibili per gli anni 2006 e 2007; deve invece essere confermato l’annullamento degli impugnati avvisi nella parte in cui dispongono l’irrogazione di sanzioni.
Non essendosi costituito il contribuente, non vi è luogo a provvedere sulle spese.
P.Q.M.
La Commissione tributaria regionale di Venezia, sez. 1, definitivamente pronunciando così provvede:
1. Accoglie in parte l’appello dell’Ufficio, e per l’effetto dichiara la legittimità degli atti impugnati, salvo quanto alle sanzioni, che dichiara non dovute;
2. Compensa fra le parti le spese del giudizio.
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