COMMISSIONE TRIUBUTARIA REGIONALE LOMBARDIA – Sentenza 07 maggio 2018, n. 2040
Tributi locali – ICI e IMU – Procedimento – Contenzioso tributario – Impugnazione – Accertamento negativo di debenza del tributo – Mancanza di atto autonomamente impugnabile – Inammissibilità del ricorso
Svolgimento del processo
Il sig. A.C., con ricorso depositato il 26.01.2015, riassumeva innanzi al Giudice Tributario giudizio proposto innanzi al Giudice Civile, avverso l’avviso di accertamento emesso dal Comune di Carate Brianza nei suoi confronti per IMU, con il quale aveva chiesto disporsi la ripetizione degli importi versati a titolo di ICI ed IMU dal 2009 al 2013, relativamente ad aree di sua proprietà “soggette a verde pubblico e, quindi a vincolo di inedificabilità.
Si costituiva il Comune di Carate Brianza facendo presente che il C. nel giudizio di riassunzione aveva eliminato la richiesta di rimborso, formulata nel giudizio innanzi al Tribunale, dell’ICI e IMU versate, modificando così il “thema decidendum” delineato con l’atto di citazione, motivo per il quale il ricorso era da ritenersi inammissibile e improponibile.
Con sentenza n. 989/21/2016, la C.T.P. di Milano dichiarava il ricorso inammissibile, compensando le spese.
Avverso detta sentenza, con atto depositato in data 21.07.2016, ha proposto appello il sig. A.C., chiedendone la riforma.
Eccepisce il vizio di omessa motivazione della sentenza in violazione dell’art. 111 della Costituzione e dell’art. 36 D.Lgs 546/1992.
Lamenta che “non è stato palesato l’iter logico – giuridico sotteso alla pronuncia assunta”.
Ribadisce che la Commissione di primo grado, erroneamente, non ha operato la valutazione del merito, omettendo di considerare le argomentazioni poste a suffragio del ricorso.
Conferma che i cespiti di proprietà dell’appellante risultano esclusi da qualsivoglia attività edificatoria, con la conseguenza che alcuna imposta può essere applicata.
Conclude per l’accoglimento dell’appello e che, in totale riforma della sentenza, venga accertata la non debenza dell’imposta.
Con memoria depositata l’08.11.2016 si è costituito il Comune di Carate Brianza, chiedendo il rigetto dell’appello, con vittoria di spese.
Il Comune ribadisce la inammissibilità del ricorso innanzi al Giudice Tributario in quanto, nel giudizio innanzi al Tribunale di Monza, successivamente riassunto, il C. “ha fatto scomparire …. la richiesta di ripetizione /rimborso degli importi versati a titolo di IMU/ICI che si reputano non dovuti …” passando “…. da una domanda di condanna previo accertamento, ad una mera domanda di accertamento”.
Fa presente che nel caso di specie si è di fronte ad un accertamento negativo inammissibile in quanto “la richiesta di rimborso del contribuente è stata respinta dal Comune …” e che tale “provvedimento di rigetto …. non è stato impugnato”. Nel merito eccepisce la infondatezza del ricorso del C. e, richiamando giurisprudenza della Suprema Corte, evidenzia che “ai fini tributari in sede di determinazione della base imponibile dell’ICI è sufficiente la edificabilità in astratto dell’area, cioè della sua potenzialità edificatoria …”
Il Comune ha proposto appello incidentale in ordine alle spese processuali.
Contesta, infatti, la compensazione operata dai primi giudici sostenendo che stante la inammissibilità del ricorso, così come stabilito nella sentenza di primo grado, non possono sussistere, sotto alcun profilo, i giusti motivi per procedere alla compensazione delle spese”.
Conclude per il rigetto dell’appello e la condanna del C. alle spese del doppio grado di giudizio.
Alla udienza del 12.03.2018, nessuno è comparso per il contribuente, presente per il Comune di Carate Brianza il Dott. G. che, riportandosi alle difese, deposita nota spese; udito il relatore, l’appello è stato deciso.
Motivi della decisione
L’appello, infondato, merita rigetto.
La decisione dei primi giudici, le cui motivazioni, logiche ed esaustive, questa Commissione condividendole, fa proprie, non merita alcuna censura.
Correttamente i primi giudici hanno dichiarato l’improponibilità / inammissibilità del ricorso proposto dal C. in quanto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 19 D.Lgs. 546/92 non è proponibile, nel processo tributario, l’azione di accertamento negativo così come statuito con univoca consolidata giurisprudenza dalla Suprema Corte: “Nel processo tributario regolato dal D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 -come del resto secondo la nuova disciplina del d.lg 31 dicembre 1992 n. 546- non è proponibile davanti alle commissioni tributarie un azione di accertamento negativo, attinente cioè la non debenza di un determinato tributo, sperimentata in via preventiva, in assenza di un atto impositivo dell’amministrazione, in quanto l’art. 16 del decreto del 1972 – rispetto al quale nulla ha innovato l’art. 19 del d.lg del 1992- prevede che la tutela del contribuente si attui mediante la proposizione di ricorsi avverso specifici atti di accertamento o di imposizione dell’amministrazione finanziaria ovvero il rigetto di istanze di rimborso di come indebitamente pagate” ( Cass., sez. Trib., nn. 20947/2013, 6610/2013 e 9181/2003).
Risulta inoltre, per tabulas, che il Comune, con provvedimento del responsabile del Settore Tributi del 14.12.2012, aveva respinto la richiesta di rimborso avanzata dal C. il quale non lo ha impugnato nei termini.
Inoltre, sempre dalla documentazione in atti prodotta sia dal contribuente che dal Comune, risulta che il C., il quale aveva pagato gli importi per IMU relativi all’anno 2013, non ha chiesto alcun rimborso al Comune, il ché rende in ogni caso inammissibile il ricorso proposto, così come ha statuito la Suprema Corte con le sentenze della sezione Tributaria nn.21356/2012, 22319/2010 e 6724/2008: “Il ricorso del contribuente al giudice tributario per ottenere il rimborso di somme che egli assume indebitamente versate postula il provvedimento di diniego, anche in forma tacita, del rimborso, la cui inesistenza, comporla l’inammissibilità del ricorso per difetto dell’atto impugnabile e cioè di un presupposto processuale, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado di giudizio.
Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello principale, infondato, merita rigetto.
Fondato invece, a parere della Commissione, è l’appello incidentale proposto dal Comune in ordine alla compensazione delle spese operata dal primo giudice.
Ritiene la Commissione che la compensazione effettuata nel primo grado violi il disposto dell’art. 15 D.Lgs 546/92 dal momento che, essendo stato dichiarato inammissibile il ricorso principale avanzato dal C., non potevano sussistere giusti motivi per la compensazione.
La inammissibilità dell’azione di mero accertamento innanzi al Giudice Tributario, nonché l’inammissibilità del ricorso per difetto dell’atto impugnabile, costituiscono, così come risulta dalle richiamate sentenze della Suprema Corte “ius receptum” che il C. non poteva non conoscere.
In riforma, sul punto, della sentenza della C.T.P. il C. è condannato alle spese di primo grado liquidate, ai sensi del D.M. 55/2014, come da dispositivo.
Sempre per il principio della soccombenza, il C. è condannato alle spese di questo grado liquidate ai sensi del D.M. 55/2014, come da dispositivo.
P.Q.M.
Sull’ appello principale proposto da C. A. avverso la sentenza della C.T.P. di Milano n. 989/16/2016 contro Comune di Carate Brianza e sul l’appello incidentale proposto dal Comune di Carate Brianza, così provvede: ” Rigetta l’appello principale. In accoglimento dell’appello incidentale proposto dal Comune in ordine alle spese, riforma sul punto la sentenza della C.T.P. di Milano e condanna il C. A. alle spese del giudizio di primo grado che liquida in €.1.500,00 oltre accessori di legge. Condanna il C. A. alle spése di questo grado che liquida in €.2.000,00 oltre accessori di legge”.
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