AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 10 del 17 gennaio 2024
Compensazione credito IVA società non ”operative” – Articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società [ALFA] (nel prosieguo istante) al fine di avere chiarimenti in merito all’utilizzo in compensazione dell’eccedenza IVA a credito per le società che non hanno superato il ”test di operatività” di cui all’articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
L’istante che gestisce un hotel sito in […] rappresenta che «In data 26/09/2014 (…) riceveva la notifica dell’avviso di accertamento n. […], emesso dalla Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di […], avente ad oggetto le imposte IRAP e la restituzione del rimborso IVA per l’anno 2009, pari a € 140.000,00, sulla base dei presupposti di mancata operatività di cui all’art. 30, legge 724/1994».
Avverso tale atto l’istante, «Con ricorso del […] 2015 (…) introduceva il contenzioso presso la Commissione Tributaria Provinciale di […] la quale, pur riconoscendo il fumus bonis iuris ed il periculum in mora, in sede cautelare, respingeva il ricorso, ritenendo corretto l’operato dell’Ufficio in sede di autotutela.
La sentenza di primo grado veniva impugnata per mancanza di litisconsorzio necessario con la socia accomandataria, presso la Commissione Tributaria Regionale (CTR) di […], invocandone la nullità assoluta.
La CTR di […], con ordinanza collegiale, disponeva ai sensi dell’art. 59 comma 1 lett. b) d.lgs. 546/1992, la remissione della causa alla CTP di […], affinché questa integrasse il contraddittorio con la socia accomandataria.
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di […], in altra composizione, accoglieva integralmente il ricorso, condannando l’Ufficio alla refusione delle spese di lite.
L’Ufficio proponeva appello alla CTR di […], che veniva respinto. In ultimo, l’Ufficio adiva la Corte Suprema di Cassazione, la quale accoglieva il ricorso dell’Ufficio, determinando il diritto, in capo allo stesso, alla definitiva riscossione di quanto richiesto con avviso di accertamento, rettificato in autotutela».
Conseguentemente, con la cartella esattoriale n. […] di […] euro è stata richiesta la restituzione dell’IVA, per 140.000 euro, e il pagamento dell’IRAP con relativi interessi e sanzioni.
A fronte della suddetta richiesta, l’istante «ha provveduto a presentare istanza di rateizzazione, con identificativo n. […] del 25/07/2023, accordata dalla Agenzia delle Entrate Riscossione, che ha concesso la suddivisione del pagamento in n. 72 rate mensili».
Ai fini dell’utilizzo del credito IVA l’istante riferisce che «la situazione della società per il triennio 2009, 2010 e 2011, ai fini dell’operatività risulta la seguente:
2009 società di comodo;
2010 società di comodo;
2011 esclusione/disapplicazione della normativa dell’art. 30, legge n. 724/1994 per le società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore (cod. 11), come si evince dalla dichiarazione Mod. Unico SP 2012. Pertanto, il credito IVA anno 2009, di € 140.000,00, una volta ratealmente restituito, non è da considerarsi perduto e, anzi, può essere liberamente utilizzato in quanto la società nel triennio 2009-2011 ha dimostrato di non essere assoggettata al disposto del comma 4, dell’art. 30, L. 724/1994, per il fatto che l’esercizio 2011 è escluso dall’applicazione della normativa richiamata».
Tutto ciò premesso l’istante chiede «come possa ricostituire il credito IVA tramite il pagamento rateale di cui al piano di ammortamento».
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante ritiene, «Tenuto conto delle norme e delle istruzioni che regolano la compilazione della dichiarazione IVA, (…) di dover adottare il seguente comportamento.
Il credito di € 140.000,00, ripartito in n.72 rate, dà luogo ad una quota capitale di € 1.944,44 mensile che la società potrà utilizzare nelle liquidazioni mensili. Tenuto conto che la comunicazione della liquidazione IVA mensile o trimestrale non presenta una casella in cui riportare il credito ritornato disponibile, si ritiene che le 12 rate annualmente corrisposte (o minori nel caso dell’esercizio 2023), debbano essere riportate complessivamente nel rigo VL40 della dichiarazione IVA dell’anno di pagamento e liberamente utilizzate in compensazione (anche mensile) o a rimborso. […]».
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Si premette che esula dalle competenze della scrivente, in risposta all’istanza in oggetto, ogni valutazione in merito all’effettiva esistenza del credito IVA, alla sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi affinché l’istante possa considerarsi esclusa, per il periodo d’imposta 2011, dalla disciplina delle società di comodo, restando impregiudicato qualsiasi potere di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
L’articolo 30, comma 4, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni (in seguito, anche ”articolo 30”), dispone che, «Per le società e gli enti non operativi, l’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell’imposta sul valore aggiunto non è ammessa al rimborso né può costituire oggetto di compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, o di cessione ai sensi dell’articolo 5, comma 4ter, del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 154. Qualora per tre periodi di imposta consecutivi la società o l’ente non operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto non inferiore all’importo che risulta dalla applicazione delle percentuali di cui al comma 1, l’eccedenza di credito non è ulteriormente riportabile a scomputo dell’IVA a debito relativa ai periodi di imposta successivi».
In altre parole, stante quanto disposto dal primo periodo del comma 4 innanzi citato, il mancato superamento del cosiddetto ”test di operatività” comporta ai fini IVA l’indisponibilità dell’eccedenza di credito IVA risultante dalla dichiarazione annuale che, dunque, non può essere:
chiesta a rimborso;
utilizzata in compensazione ”orizzontale”, ai sensi dell’articolo 17 del d.lgs. n. 241 del 1997;
ceduta ai sensi dell’articolo 5, comma 4ter, del decreto-legge n. 70 del 1988 (Cfr. Circ. 25/E del 4 maggio 2007).
Il secondo periodo del comma 4 dell’articolo 30 dispone, inoltre, che l’eccedenza di credito IVA maturata non può essere ulteriormente riportata a scomputo dell’IVA a debito relativa ai periodi d’imposta successivi (i.e. compensazione verticale), con conseguente perdita definitiva di tale credito, qualora il contribuente:
sia risultato non operativo per tre periodi d’imposta consecutivi; e al contempo,
non abbia effettuato, in nessuno dei menzionati tre periodi d’imposta consecutivi, operazioni rilevanti ai fini dell’IVA per un importo almeno pari a quello risultante dall’applicazione delle percentuali di cui al comma 1 dell’articolo 30 (Cfr. risoluzione n. 225/E del 10 agosto 2007, circolare n. 25/E del 2007, p. 7).
Ciò detto, nel caso di specie, per stessa ammissione dell’istante, con riferimento al triennio 2009-2011, la società è risultata non operativa per soli i periodi d’imposta 2009 e 2010 e non anche per il 2011, ricorrendo una delle cause di «esclusione/disapplicazione della normativa dell’art. 30, legge n. 724/1994»; la stessa è infatti risultata congrua e coerente «ai fini degli studi di settore (cod. 11), come si evince dalla dichiarazione Mod. Unico SP 2012».
Si tratta, in particolare, dell’esimente prevista dall’articolo 30, comma 1, n. 6sexies), che opera ex lege, «nel senso che, in presenza di [una o più cause di esclusione ndr], in ogni caso ed indipendentemente dal reddito conseguito, la società non potrà considerarsi ”non operativa”», senza che il contribuente debba fornire alcuna prova contraria (cfr. per dettagli circolare 5/E del 2 febbraio 2007, paragrafo 4.1.).
Il ricorrere, per il 2011, della causa di esclusione sopra indicata, comporta, altresì, il venir meno di uno dei presupposti per la perdita definitiva del credito IVA maturato.
Nel presupposto, dunque, dell’effettivo ricorrere di una causa di esclusione e dell’effettiva esistenza del credito IVA in commento, circostanze non verificabili in sede di interpello, si ritiene che l’istante possa rigenerare il credito IVA oggetto di recupero, previo riversamento delle 72 rate mensili (con identificativo n. […] del 25 luglio 2023 l’Agenzia delle entrate-Riscossione ha accordato la rateizzazione della cartella n. […] per la restituzione del credito IVA di 140.000 euro).
A tal proposito, giova richiamare le indicazioni rese con la risoluzione 27 novembre 2008, n. 452/E (che, stante quanto chiarito con la circolare 25 settembre 2017, n. 23/E, punto 5.1, restano valide con riferimento alle indebite compensazioni oggetto di recupero con atto notificato ante vigenza del comma 4 dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, introdotto dal decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158), secondo cui, «l’errato utilizzo in compensazione di un credito Iva esistente oltre il limite previsto dall’articolo 34 della legge n. 388 del 2000, potrà essere regolarizzato mediante il versamento di una somma pari all’eccedenza Iva utilizzata, maggiorata degli interessi e con il versamento delle sanzioni (pari al 30 per cento del credito eccedente) in misura ridotta così come prevede l’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Il credito Iva così ripristinato potrà essere utilizzato in compensazione, nei limiti previsti, con eventuali debiti tributari e contributi futuri».
Nelle Istruzioni per la compilazione del Modello IVA 2023, inoltre, con riferimento al Rigo VL40, viene chiarito che è possibile «indicare l’ammontare corrispondente al credito riversato, al netto delle somme versate a titolo di sanzione e interessi, qualora nel corso del periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione siano state versate somme richieste con appositi atti di recupero emessi a seguito dell’indebito utilizzo in compensazione di crediti esistenti ma non disponibili (ad es. utilizzo in compensazione del credito IVA in mancanza del visto di conformità previsto dall’art. 10, comma 1, lett. a), n. 7, del decreto-legge n. 78 del 2009). Attraverso tale esposizione, la validità del credito oggetto di riversamento viene rigenerata ed equiparata a quella del credito formatosi nel periodo d’imposta relativo alla presente dichiarazione».
Orbene, in ragione di quanto sin qui esposto, si ritiene che, limitatamente alle somme rateali effettivamente pagate ogni anno, l’istante possa indicare, nel rigo VL40 della dichiarazione IVA annuale, la quota di credito IVA così ”ripristinata”, che confluirà in tal modo nel quadro VX, ove sarà possibile chiederne il rimborso, sussistendo le condizioni enucleate dall’articolo 30 del decreto Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero destinarlo in detrazione e/o in compensazione. L’utilizzo del credito resta, in ogni caso, subordinato alla preventiva esposizione nella dichiarazione annuale. Ciò, ancor di più nel caso di specie, ove il riversamento del credito è eseguito non mediante il modello F24, ma utilizzando bollettini/moduli di pagamento o mediante addebito diretto su conto corrente (così come indicato sul sito dell’Agenzia entrate-Riscossione). In tale evenienza, sarà peraltro essenziale che l’istante conservi la documentazione relativa ai versamenti eseguiti, al fine di poterla esibire all’ufficio nel caso in cui emergano anomalie in sede di controllo.
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