AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 06 novembre 2020, n. 535
Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Concordato preventivo – Applicazione dello split payment – Rimborso credito IVA – Garanzie di legge
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA] (di seguito, istante) svolge attività di […] e riferisce quanto di seguito sinteticamente riportato.
Premesso di essere appaltatrice di diverse commesse ricadenti nell’ambito applicativo dell’articolo 17-ter, commi 1 e 1-bis, (c.d. split payment) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito, decreto IVA) e di essere, pertanto, strutturalmente a credito IVA, l’istante espone di aver presentato nel […] domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo ai sensi dell’articolo 161, comma 6, del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (di seguito, legge fallimentare).
Nel periodo antecedente alla domanda di ammissione al concordato preventivo, ha maturato debiti per imposte erariali e relativi accessori:
i. in parte, derivanti da accertamento oggetto di ricorso tuttora pendente;
ii. in parte, dichiarati e non versati, di importo superiore a 1.500 euro, non ancora iscritti a ruolo.
Tanto premesso, l’istante chiede se, a seguito della pubblicazione della domanda di concordato preventivo, un soggetto passivo che applica il meccanismo dello split payment possa ottenere in via prioritaria il rimborso del credito IVA maturato dopo la pubblicazione della predetta domanda, senza l’obbligo di prestare le garanzie di legge né di compensare il credito IVA con i debiti tributari maturati antecedentemente.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante, richiamata la disciplina dello split payment, gli articoli 30 e 38-bis del decreto IVA, l’articolo 8 del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 23 gennaio 2015, nonché la prassi della scrivente (risoluzione n. 279/E del 12 agosto 2002 e circolare n. 13/E del 11 marzo 2011), conclude per la spettanza del diritto al rimborso in via prioritaria del credito IVA maturato dopo la pubblicazione della domanda di concordato preventivo, pur in presenza di debiti tributari maturati antecedentemente.
A suo giudizio, il rimborso non dovrebbe essere gravato della garanzia prevista dall’articolo 38-bis , comma 4, lettera b), del decreto IVA, né soggetto alla compensazione volontaria ex articolo 28-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ovvero d’ufficio, ex articolo 23 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, né al fermo amministrativo di cui all’articolo 69 del Regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 30, comma 3, del decreto IVA dispone: “3 Il contribuente può chiedere in tutto o in parte il rimborso dell’eccedenza detraibile, se di importo superiore a lire cinque milioni [2.582,28 euro, n.d.a.], all’atto della presentazione della dichiarazione:
a) quando esercita esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni, computando a tal fine anche le operazioni effettuate a norma dell’articolo 17, quinto, sesto e settimo comma, nonché a norma dell’articolo 17-ter; (…)”.
Come previsto dall’articolo 38-bis, comma 1, del medesimo decreto, i rimborsi di cui alla norma citata sono eseguiti, su richiesta fatta in sede di dichiarazione annuale, entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione. Tra i contribuenti che hanno diritto all’esecuzione dei rimborsi in via prioritaria – a norma del comma 10 del medesimo articolo – rientrano quelli individuati dall’articolo 8 del decreto ministeriale 23 gennaio 2015: “soggetti passivi che hanno effettuato operazioni nei confronti delle pubbliche amministrazioni e delle fondazioni, enti e società di cui all’art. 17-ter dello stesso decreto n. 633 del 1972, nel rispetto dei presupposti di cui all’art. 30, secondo comma, lettera a), del decreto n. 633 del 1972.”
Nel caso di specie, l’istante afferma di rientrare nell’ipotesi di cui all’articolo 30, comma 2, lettera a), del decreto IVA, e dell’articolo 8 del DM 23 gennaio 2015, e quindi può, in linea di principio, accedere al rimborso disciplinato dall’articolo 38-bis in rassegna e, in particolare, al rimborso accelerato di cui al successivo comma 10.
Tanto premesso, per quanto riguarda la compensabilità del credito IVA, maturato dopo la domanda di concordato preventivo e chiesto a rimborso, con debiti tributari sorti antecedentemente, occorre riferirsi alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui sono “diversi i soggetti che vantano crediti nei confronti dell’amministrazione finanziaria, a seconda che il credito insorga prima o dopo l’apertura della procedura ” (Cass., Sez. VI, 20 marzo 2014, n. 6478).
Ne discende che “nel caso in cui, in materia di concordato preventivo, l’imprenditore concordante o suoi aventi causa chiedano il rimborso di un credito IVA formatosi durante lo svolgimento della procedura concorsuale, l’amministrazione finanziaria può opporre in compensazione crediti che siano sorti successivamente all’apertura della procedura medesima, mentre al contrario – non può opporre in compensazione crediti formatisi in epoca precedente l’apertura della procedura, stante il principio richiamato dalla L. Fall., artt. 56, 169, applicabile anche ai crediti erariali.” (Cass., Sez. V, 2 luglio 2020, n. 13467).
Ciò significa che alla richiesta di rimborso del credito IVA maturato dall’istante successivamente alla domanda di concordato preventivo è inopponibile la compensazione con i debiti tributari sorti antecedentemente.
In senso conforme la circolare n. 13/E del 11 marzo 2011, paragrafo 3, in cui – confermando l’attualità della risoluzione n. 279/E del 12 agosto 2002 – si precisa ” come non possa operare la compensazione fra crediti o debiti verso il fallito e, rispettivamente, debiti o crediti verso la massa fallimentare. Le posizioni del rapporto debitorio e del rapporto creditorio sono relative a soggetti diversi (fallito e massa fallimentare) e a momenti diversi rispetto alla dichiarazione di fallimento, con conseguente illegittimità della eventuale compensazione”.
Ciò detto, la richiesta in merito all’applicabilità delle disposizioni di cui all’articolo 28-ter del D.P.R. n. 602 del 1973 (concernente il “pagamento mediante compensazione volontaria con i crediti d’imposta”), appare inconferente. Il citato articolo, infatti, dispone che “1. In sede di erogazione di un rimborso d’imposta, l’Agenzia delle entrate verifica se il beneficiario risulta iscritto a ruolo e, in caso affermativo, trasmette in via telematica apposita segnalazione all’agente della riscossione che ha in carico il ruolo, mettendo a disposizione dello stesso,[…], le somme da rimborsare.
2. Ricevuta la segnalazione di cui al comma 1, l’agente della riscossione notifica all’interessato una proposta di compensazione tra il credito d’imposta ed il debito iscritto a ruolo, sospendendo l’azione di recupero ed invitando il debitore a comunicare entro sessanta giorni se intende accettare tale proposta.
3. In caso di accettazione della proposta, l’agente della riscossione movimenta le somme di cui al comma 1 e le riversa ai sensi dell’articolo 22, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, entro i limiti dell’importo complessivamente dovuto a seguito dell’iscrizione a ruolo.
4. In caso di rifiuto della predetta proposta o di mancato tempestivo riscontro alla stessa, cessano gli effetti della sospensione di cui al comma 2 e l’agente della riscossione comunica in via telematica all’Agenzia delle entrate che non ha ottenuto l’adesione dell’interessato alla proposta di compensazione.”.
E’ evidente, dunque, che la compensazione presuppone l’accettazione della parte e che è consentita solo in presenza di imposte iscritte a ruolo.
È esclusa, parimenti, l’applicabilità ai debiti derivanti da accertamento oggetto di ricorso tuttora pendente [sub i) del quesito], dell’articolo 23 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, ai sensi del quale “1. Nei casi in cui l’autore della violazione o i soggetti obbligati in solido, vantano un credito nei confronti dell’amministrazione finanziaria, il pagamento può essere sospeso se è stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione o provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, ancorché non definitivi. La sospensione opera nei limiti di tutti gli importi dovuti in base all’atto o alla decisione della commissione tributaria ovvero dalla decisione di altro organo.
2. In presenza di provvedimento definitivo, l’ufficio competente per il rimborso pronuncia la compensazione del debito.”
Ai sensi di quanto disposto dall’articolo 168 della legge fallimentare, infatti, “Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore.
Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano.
I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall’articolo precedente. Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.”.
Quanto invece, all’obbligo di prestare la garanzia nelle forme e nella misura prescritte dall’articolo 38-bis, comma 5, del decreto IVA, si osserva che il citato articolo 38-bis dispone che “3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 4, i rimborsi di ammontare superiore a 30.000 euro sono eseguiti previa presentazione della relativa dichiarazione o istanza da cui emerge il credito richiesto a rimborso recante il visto di conformità o la sottoscrizione alternativa di cui all’articolo 10, comma 7, primo e secondo periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. Alla dichiarazione o istanza è allegata una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, a norma dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che attesti la sussistenza delle seguenti condizioni in relazione alle caratteristiche soggettive del contribuente:
a) il patrimonio netto non è diminuito, rispetto alle risultanze contabili dell’ultimo periodo d’imposta, di oltre il 40 per cento; la consistenza degli immobili non si è ridotta, rispetto alle risultanze contabili dell’ultimo periodo d’imposta, di oltre il 40 per cento per cessioni non effettuate nella normale gestione dell’attività esercitata; l’attività stessa non è cessata né si è ridotta per effetto di cessioni di aziende o rami di aziende compresi nelle suddette risultanze contabili;
b) non risultano cedute, se la richiesta di rimborso è presentata da società di capitali non quotate nei mercati regolamentati, nell’anno precedente la richiesta, azioni o quote della società stessa per un ammontare superiore al 50 per cento del capitale sociale;
c) sono stati eseguiti i versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi.
4. Sono eseguiti previa prestazione della garanzia di cui al comma 5 i rimborsi di ammontare superiore a 30.000 euro quando richiesti:
a) da soggetti passivi che esercitano un’attività d’impresa da meno di due anni diversi dalle imprese start-up innovative di cui all’articolo 25 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221;
b) da soggetti passivi ai quali, nei due anni antecedenti la richiesta di rimborso, sono stati notificati avvisi di accertamento o di rettifica da cui risulti, per ciascun anno, una differenza tra gli importi accertati e quelli dell’imposta dovuta o del credito dichiarato superiore:
1) al 10 per cento degli importi dichiarati se questi non superano 150.000 euro;
2) al 5 per cento degli importi dichiarati se questi superano 150.000 euro ma non superano 1.500.000 euro;
3) all’1 per cento degli importi dichiarati, o comunque a 150.000 euro, se gli importi dichiarati superano 1.500.000 euro;
c) da soggetti passivi che nelle ipotesi di cui al comma 3, presentano la dichiarazione o istanza da cui emerge il credito richiesto a rimborso priva del visto di conformità o della sottoscrizione alternativa, o non presentano la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà;
d) da soggetti passivi che richiedono il rimborso dell’eccedenza detraibile risultante all’atto della cessazione dell’attività.
5. La garanzia di cui al comma 4 è prestata per una durata pari a tre anni dall’esecuzione del rimborso, ovvero, se inferiore, al periodo mancante al termine di decadenza dell’accertamento, sotto forma di cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, al valore di borsa, ovvero di fideiussione rilasciata da una banca o da una impresa commerciale che a giudizio dell’Amministrazione finanziaria offra adeguate garanzie di solvibilità ovvero di polizza fideiussoria rilasciata da un’impresa di assicurazione.[…]”.
Pertanto, in assenza delle condizioni di cui al comma 3, ovvero al verificarsi di una delle situazioni di cui al successivo comma 4, la circostanza che i debiti pregressi non possano essere compensati con i crediti maturati dopo l’apertura del concordato non esime l’istante dall’obbligo di prestare garanzia, verificandosi una situazione di rischio che la norma intende tutelare.
Né si applica alla caso di specie quanto disposto dal terzo comma dell’articolo 74-bis del decreto IVA, secondo cui “In deroga a quanto disposto dal primo comma dell’articolo 38-bis, i rimborsi previsti nell’articolo 30, non ancora liquidati alla data della dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa e i rimborsi successivi, sono eseguiti senza la prestazione delle prescritte garanzie per un ammontare non superiore a lire cinquecento milioni (pari a 258.228,45 euro)” poiché, come chiarito dalla circolare n. 32/E del 30 dicembre 2014, “considerato il carattere agevolativo, la disposizione recata dall’articolo 74-bis del DPR n. 633 non è suscettibile di estensione ad altre procedure diverse dal fallimento e dalla liquidazione coatta amministrativa”.
Quanto infine all’applicabilità del fermo amministrativo di cui all’articolo 69, sesto comma del regio decreto n. 2440 del 1923, la Corte di cassazione a Sezione unite con la sentenza del 31 gennaio 2020 n. 2320, ha chiarito che “Queste Sezioni Unite ritengono, infatti, che l’Amministrazione non possa cautelarsi due volte, pur se con finalità diverse, in riferimento allo stesso credito del contribuente e cioè che essa possa emettere il provvedimento di fermo durante il periodo di vigenza della garanzia (cauzione, o fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa, che sia) prestata dal contribuente ai sensi dell’art. 38 bis, del decreto IVA […]”; conseguentemente “tra la disposizione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-bis, comma 1, da una parte, e gli istituti cautelari di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 23, comma 1 e del R.D. n. 2440 del 1923, art. 69, dall’altra, deve ravvisarsi un rapporto di alternatività: a fronte della prestazione della garanzia ed in costanza di sua validità, il fermo cautelare non può essere opposto, e, viceversa, potrà essere opposto nei casi di assenza di garanzia”.
In tal senso si era espressa anche la circolare n. 33/E del 22 luglio 2016, paragrafo 3, laddove era stato chiarito che, in quanto istituto di carattere generale nell’ambito della contabilità pubblica, il fermo amministrativo può trovare applicazione “esclusivamente in via residuale in tutte quelle ipotesi nelle quali non siano utilizzabili gli specifici strumenti di tutela del credito erariale disciplinati dalla normativa tributaria.”. Sulla scorta di quanto precede, si conferma che il credito IVA chiesto a rimborso in via prioritaria, maturato dopo alla pubblicazione della domanda di concordato preventivo, seppur non aggredibile tout court con le procedure messe a disposizione dell’Erario a tutela dei propri crediti, deve, sussistendone i presupposti, essere assistito dalla garanzia prevista dall’articolo 38-bis, comma 4, del decreto IVA.
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