
La Corte di Cassazione con l’ ordinanza n. 9927 depositata il 19 aprile 2017 intervenendo in tema di procedure concorsuali ha confermato che a pena di inammissibilità della proposta di concordato preventivo il professionista attestatore del piano concordatario deve essere indipendente rispetto al debitore e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento, non potendo dunque svolgere alcuna ulteriore attività di consulenza in favore della società proponente.
La vicenda ha riguardato una società che aveva deciso di ricorrere all’istituto del concordato preventivo è si era rivolta ad un professionista accertatore per ottenere l’attestazione della proposta di concordato. Il Tribunale aveva omologato aveva emesso il decreto di omologazione del concordato preventivo. La Corte di Appello, invece, revoca il decreto di omologazione emesso dal Tribunale in quanto ritiene violato il contenuto dell’art. 67, co. 3, lett. d), L.f. in tema di indipendenza del professionista accertatore.
L’art. 67, co. 3, lett. d), R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (cd. Legge fallimentare), come modificato dall’art. 33, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, stabilisce i requisiti di professionalità e indipendenza del soggetto incaricato di asseverare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano attestato di risanamento o concordato preventivo o la possibilità di attuare accordi di ristrutturazione dei debiti.
Per la norma e la giurisprudenza la violazione dell’indipendenza del professionista attestatore costituisce un vizio radicale che impedisce al professionista di svolgere in maniera adeguata la propria funzione e che comporta l’inammissibilità della proposta di concordato preventivo.
Gli Ermellini, chiamati a valutare la legittimità dei giudici di appello, hanno confermato la decisione di secondo grado impugnata individuando le circostanze suscettibili di compromettere l’indipendenza dell’attestatore, ossia la sua sistematica collaborazione con il professionista incaricato dal debitore per la predisposizione del piano concordatario e la proposta, o con altro professionista creditore, e quindi soggetto interessato, all’operazione. Prima di accettare l’incarico di attestatore occorre pertanto essere molto prudenti, laddove il valore di un lavoro anche diligentemente eseguito può risultare insanabilmente compromesso ove si eccepisca la sua indipendenza.
Per i giudici di legittimità lo svolgimento di qualsiasi attività libero professionale in favore della società proponente il concordato preventivo, da parte di un soggetto poi nominato professionista attestatore, lo rende incompatibile con l’incarico stesso.
Il difetto del requisito di indipendenza del professionista costituisce un vizio radicale tale da impedire al professionista medesimo di svolgere in maniera adeguata la propria funzione e di rappresentare una figura di garanzia nell’interesse del proponente il concordato e, in generale, di ogni singolo creditore e dell’intera procedura.
Pertanto, anche a tutela degli interessi pubblicistici sottesi alla procedura, la sanzione per la violazione della normativa prevista è l’inammissibilità della proposta di concordato preventivo.
Sul requisito di indipendenza imposto dal Legislatore all’attestatore è intervenuto anche l’Istituto di ricerca del consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (Cndcec) con la circolare Cndcec 30/IR/2013 fornendo opportuni chiarimenti, peraltro, proprio sul requisito soggettivo di indipendenza.
Nella circolare il Cndcec si evidenzia come l’art. 67, L.f. delinea in modo preciso le fattispecie che impediscono al professionista di essere considerato indipendente, citando a questo proposito l’esempio del rapporto di convivenza more uxorio tra il professionista incaricato dell’attestazione ed il debitore, ovvero tra il professionista e gli amministratori della società committente.
Per quanto concerne, invece, le relazioni di tipo professionale idonee a compromettere l’indipendenza e, dunque, l’obiettività di giudizio, sempre secondo il Cndcec vi rientra il caso del professionista che sia stato consulente – o associato di studio del consulente – di uno dei creditori.
Inoltre, la circolare 30/IR fa rilevare come il presupposto dell’indipendenza richieda, altresì, l’osservanza dell’art. 2399, c.c., dettato in materia di ineleggibilità a sindaco di società di capitali secondo cui l’attestatore non può essere legato alla società debitrice – oppure ad imprese dalla stessa controllate, o che la controllano o che sono sottoposte a comune controllo – da un rapporto di lavoro, o continuativo di consulenza o prestazione d’opera retribuita, ovvero da altre relazioni di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza.
Conseguentemente, secondo l’Istituto di ricerca, la consulenza occasionale dovrebbe essere esclusa dall’ambito di applicazione della norma, qualora la rilevanza e l’entità del corrispettivo sia tale da non indurre il ragionevole sospetto che l’unica prestazione d’opera possa incidere significativamente sull’indipendenza del professionista.
È altresì richiesto che il professionista attestatore, negli ultimi 5 anni, non abbia prestato – neppure per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale – attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore, ovvero partecipato agli organi di amministrazione e controllo del medesimo.
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