CONCORDATO PREVENTIVO
Il concordato preventivo è un istituto che consente all’imprenditore in crisi di eliminare tutti i debiti in capo alla sua impresa, tramite un piano di ristrutturazione dei debiti e di pagamento di parte di essi attraverso qualsiasi forma.
Si tratta, in sostanza, di una particolare procedura concorsuale finalizzata a prevenire e ad evitare il fallimento. Essa si differenzia, quindi, dal concordato fallimentare in quanto, mentre quest’ultimo interviene nell’ambito della procedura fallimentare e costituisce una particolare forma di chiusura della stessa, il concordato preventivo si sostanzia in una procedura a sé stante, disciplinata dal titolo III della L.F..
Ai sensi del nuovo articolo 1 della L.F., come sostituito dall’articolo 1 del D.Lgs. n. 169 del 2007, sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo “gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, esclusi gli enti pubblici”. Non sono, invece, soggetti a dette disposizioni gli imprenditori commerciali che “dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:
a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.”.
Pertanto, come evidenziato nella relazione al D.Lgs. n. 169 del 2007, “perdelimitare l’area dei soggetti esonerati dal fallimento, non viene più utilizzata la nozione di piccolo imprenditore commerciale, ma vengono indicati direttamente una serie di requisiti dimensionali massimi che gli imprenditori commerciali(resta quindi fermo l’esonero dalle procedure concorsuali di tutti gli imprenditori agricoli, piccoli e medio grandi) devono possedere congiuntamente per non essere assoggettati alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo. In questo modo, si superano i contrasti interpretativi sorti in ordine
all’individuazione dei criteri di qualificazione delle nozioni di piccolo imprenditore (art. 2083 del codice civile), da una parte, e di imprenditore non piccolo (art. 1 L.F.), dall’altra: concetti entrambi contemplati dall’articolo 1 della legge fallimentare, come modificato dal decreto legislativo n. 5 del 2006.
Con le introducende disposizioni, la non fallibilità dell’imprenditore commerciale viene ancorata alla sussistenza congiunta … anche del nuovo parametro della esposizione debitoria complessiva … . Inoltre, il parametro alquanto vago … dell’ammontare degli ‘investimenti’ viene sostituito con quello dell’‘attivo patrimoniale’, il quale consente di far riferimento alla precisa elencazione contenuta nell’art. 2424 del codice civile”.
Di seguito, si illustrano le principali fasi della procedura di concordato preventivo.
La domanda di concordato preventivo
Il primo comma dell’articolo 160 della L.F. individua i presupposti per l’ammissione al concordato preventivo, disponendo che l’imprenditore in stato di crisi (oppure in stato di insolvenza, ai sensi dell’ultimo comma dello stesso Il contenuto del piano è lasciato alla libera determinazione dell’impresa, che può individuare le concrete modalità di soddisfacimento dei crediti, “anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito”. Inoltre, il piano può prevedere l’attribuzione delle
attività delle imprese che hanno formulato la proposta di concordato ad un assuntore e la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei, nonché “trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse”.
Il D.Lgs. n. 169 del 2007 ha introdotto nell’articolo 160 della L.F. un secondo comma, in base al quale “La proposta può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato, in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella perizia giurata di un
professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d). Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione”.
Si osserva che la normativa precedentemente vigente non consentiva (a differenza di quanto poteva accadere nell’ambito del concordato fallimentare) di proporre il pagamento in misura ridotta dei creditori muniti di prelazione, neppure con riferimento a quella parte del loro credito destinata a rimanere comunque insoddisfatta avuto riguardo al presumibile valore di realizzo dei beni sui quali ricade il diritto di prelazione.
Come chiarito dalla relazione illustrativa al D.Lgs. n. 169 del 2007, con l’inserimento dell’indicato secondo comma dell’articolo 160 della L.F. “Si è quindi voluto, al fine di incentivare ulteriormente il ricorso al concordato preventivo, e di eliminare una illogica diversità di disciplina rispetto al concordato fallimentare, prevedere che anche la proposta di concordato preventivo possa contemplare il pagamento in percentuale dei creditori
privilegiati, semprechè la misura del soddisfacimento proposta non sia inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di vendita dei beni sui quali il privilegio cade … il debitore ha la possibilità di offrire un pagamento in percentuale non solo ai creditori muniti di un privilegio speciale, nella parte in cui il credito sia incapiente, ma anche a quelli muniti di un privilegio generale, sempre nella misura in cui tale credito non risulti capiente”.
Il professionista incaricato della redazione della relazione giurata, oltre a possedere i requisiti indicati dall’articolo 28, lettere a) e b) della L.F. (ovvero esercitare la professione di avvocato, dottore commercialista, ragioniere e ragioniere commercialista, sia in forma individuale che mediante studio professionale associato o società tra professionisti), deve essere iscritto nel registro dei revisori contabili.
Ai sensi dell’articolo 161 della L.F., la domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo è proposta con ricorso al Tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale (non rileva, a tal fine, il trasferimento della stessa nell’anno antecedente al deposito), sottoscritto dal debitore e corredato dal piano e dalla documentazione elencata dallo stesso articolo 161.
Approvazione del concordato
Qualora la domanda di concordato non sia dichiarata inammissibile dal Tribunale ai sensi dell’articolo 162 della L.F., si passa alla fase di approvazione del concordato, che avviene all’adunanza dei creditori, presieduta dal giudice delegato. Nel corso dell’adunanza, i creditori possono esporre le ragioni per le quali eventualmente ritengano non ammissibile la proposta e contestare le ragioni sui crediti concorrenti. Il debitore può, a sua volta, sollevare repliche o contestazioni sui crediti ed ha il dovere di fornire al giudice gli opportuni
chiarimenti (articolo 175 della L.F.).
Particolare rilevanza assume la fase della votazione dei creditori, disciplinata dal nuovo testo dell’articolo 177 della L.F., introdotto dal D.Lgs. n. 169 del 2007.
La norma prevede che il concordato sia approvato “dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto”, precisando che, ove siano previste diverse classi di creditori, “il concordato è approvato se tale maggioranza si verifica inoltre nel maggior numero di classi”.
In sintesi, le nuove disposizioni stabiliscono che:
- la maggioranza richiesta per l’approvazione deve essere sia quella dei creditori nel loro complesso sia quella dei creditori nelle singole classi;
- la maggioranza riportata in ciascuna classe non è sufficiente all’approvazione del concordato, se la maggioranza non si verifica anche con riguardo a tutti i creditori ammessi al voto.
Preme sottolineare in merito al voto che con la nuova formulazione i creditori che non hanno espresso il loro voto sono considerati come creditori favorevoli all’approvazione del concordato preventivo.
In ordine alla modifica in questione, la relazione illustrativa al D.Lgs. n. 169 del 2007 afferma che “In tal modo, anche nel concordato preventivo si chiarisce, analogamente a quanto stabilito anche per il concordato fallimentare ed in accoglimento delle osservazioni di Camera e Senato, che il voto favorevole della maggioranza dei crediti ammessi al voto è sempre necessario per l’approvazione di qualsiasi tipo di concordato, anche quello che prevede la suddivisione dei creditori in classi. In tal caso, difatti, oltre al voto favorevole
del maggior numero di classi, è comunque necessario che il concordato riporti anche il voto favorevole della maggioranza di tutti i crediti ammessi al voto”.
Altra importante innovazione attiene al diritto di voto dei creditori muniti di prelazione che, in base alla normativa precedentemente in vigore, erano esclusi dal voto se non rinunciavano al proprio diritto di prelazione. L’introduzione della possibilità di prevedere la soddisfazione parziale dei creditori in esame, prevista dal nuovo secondo comma dell’articolo 160 della L.F., ha comportato la necessità di modificare anche la disciplina del voto.
Di conseguenza, l’attuale articolo 177, terzo comma, della L.F. dispone che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, per i quali la proposta di concordato preveda la soddisfazione non integrale, hanno diritto di voto in quanto “equiparati ai chirografari per la parte residua del credito”.
Pertanto, il creditore con diritto di prelazione, per il quale il piano di concordato preveda una soddisfazione parziale del suo credito, è ammesso a votare in sede di adunanza dei creditori limitatamente alla quota del credito oggetto di falcidia.
Qualora il creditore vanti crediti con diritto di prelazione insieme con altri di natura chirografaria, l’eventuale falcidia del credito privilegiato non comporta lo spostamento della quota dei crediti muniti di prelazione nella classe di crediti chirografari.
Infine, l’articolo 15 del D.Lgs. n. 169 del 2007 ha modificato il quarto comma dell’articolo 178 della L.F., il quale prevede attualmente che “Le adesioni, pervenute per telegramma o per lettera o per telefax o per posta elettronica nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale, sono annotate dal cancelliere in calce al medesimo e sono considerate ai fini del computo della maggioranza dei crediti”.
La modifica normativa in esame è intervenuta sulla disciplina del voto per posta, al fine di chiarire, “in modo espresso ed in linea con gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti, che ai fini del computo delle maggioranze si deve tener conto dei voti pervenuti nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale di adunanza dei creditori” (relazione illustrativa al D.Lgs. n. 169 del 2007).
Omologazione del concordato
Se il concordato viene approvato con le maggioranze prescritte, si apre la fase dell’omologazione.
Ai sensi del nuovo articolo 180 della L.F., il giudice delegato riferisce al Tribunale, che fissa un’udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del Commissario giudiziale.
Tutte le parti interessate, compresi gli eventuali creditori dissenzienti, devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata e, nello stesso termine, il Commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere.
Il Tribunale, se non sono proposte opposizioni, una volta verificata la regolarità della procedura nonché l’esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame. Se, invece, sono state proposte opposizioni, “il Tribunale assume i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti di ufficio”. Inoltre, nel caso in cui un creditore proveniente da una classe dissenziente contesti la convenienza della proposta, il Tribunale può comunque omologare il concordato qualora ritenga che il piano sia idoneo a soddisfare le ragioni del creditore dissenziente “in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili”.
Per l’ipotesi in cui sia respinto il concordato, l’ultimo comma dell’articolo 180 della L.F. stabilisce che “Il tribunale, se respinge il concordato, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore, con separata sentenza, emessa contestualmente al decreto”.
Pertanto, il Tribunale dichiara il fallimento con separata sentenza solo su istanza di uno dei creditori o su richiesta del pubblico ministero e, comunque, previo accertamento dei presupposti di cui agli articoli 1 e 5 della L.F. (gli stessi previsti per l’avvio del concordato).
L’articolo 184 della L.F., oltre a stabilire che l’omologazione del concordato comporta la sua obbligatorietà per tutti i creditori anteriori al decreto di ammissione alla procedura, precisa quali siano gli effetti dello stesso nei confronti di coobbligati, fideiussori del debitore ed obbligati in via di regresso. I diritti dei creditori nei confronti di questi ultimi, infatti, restano impregiudicati, in quanto l’effetto del concordato è dato esclusivamente dal provvedimento del Tribunale e l’efficacia estintiva del debito eccedente la percentuale pagata si produce solo nei confronti del debitore. Ciò comporta che i creditori, per la parte
del proprio credito rimasta insoddisfatta, possono agire nei confronti di coobbligati, fideiussori e obbligati in via di regresso, esclusi dalla vicenda estintiva prodottasi con il provvedimento del Tribunale.
L’ultimo comma dell’articolo 184 della L.F., infine, stabilisce che, salvo patto contrario, il concordato della società ha effetto anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili.
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