La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 16333 depositata il 18 aprile 2023, intervenendo in tema di misure cautelare reale, in particolare del rapporto tra le determinazioni dell’Agenzia delle Entrate che in applicazione degli istituti deflativi del contenzioso tributario riduce le imposte dovute dal contribuente e la quantificazione del profitto del reatoin sede penale. ha ribadito che in tema di reati tributari “… il giudice non è vincolato, nella determinazione del profitto confiscabile, all’imposta risultante a seguito dell’accertamento con adesione o del concordato fiscale tra l’amministrazione finanziaria ed il contribuente anche se, per potersi discostare dal dato quantitativo convenzionalmente accertato e tener invece conto dell’iniziale pretesa tributaria dell’Erario, occorre che risultino concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l’originaria quantificazione dell’imposta dovuta. (Sez. 3, n. 29091 del 04/04/2019, Nugo, Rv. 276756; Sez. 3, n. 5640 del 02/12/2011, dep. 2012, Manco, Rv. 251892) …”
La vicenda ha riguardato la richiesta, ad opera della difesa di un imprenditore indagato per il reato di dichiarazione di cui all’articolo 2 del d.lgs. n. 74/2000, della riduzione del sequestro preventivo.
Il Tribunale del riesame, in sede di rinvio, rigettava la richiesta del contribuente. Avverso la decisione del Tribunale la difesa dell’imprenditore indagato proponeva ricorso in cassazione. L’impugnazione dell’ordinanza denunciava il vizio di legge connesso alla mancata rideterminazione del profitto del reato in misura conforme a quanto accertato dall’Agenzia delle Entrate in sede di adesione intervenuta con il contribuente per lo stesso fatto sottoposto ad indagine in ordine al delitto previsto e punito dall’art. 2 d.lgs. n. 74/2000.
Gli Ermellini nel dichiarare inammissibile il ricorso hanno riaffermato che “L’ordinanza impugnata opera, pertanto, un buongoverno della consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui, nei reati tributari, il compito di accertare l’ammontare dell’imposta evasa è rimesso al giudice penale, al quale spetta di compiere una verifica che, privilegiando il dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l’ordinamento fiscale, può sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata in sede amministrativa o dinanzi al giudice tributario (v.Sez. 3, n. 38684 del 04/06/2014, Agresti, Rv. 260389).
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