Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, sentenza n. 1774 depositata il 22 febbraio 2024
Varianti in corso d’opera per far fronte alle variazioni dei costi dei materiali , riequilibrio del contratto e sostenibilità dell’ offerta
FATTO
1.Con atto notificato in data 10 maggio 2023 e depositato il successivo 16 maggio il Comune di Udine ha interposto appello avverso la sentenza ex art. 60 c.p.a. del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) 17 aprile 2023 n. 155 che ha accolto il ricorso proposto da Impresa Costruzioni B. T. S.r.l. (d’ora in poi per brevità anche semplicemente Impresa Costruzioni) avverso la determina dirigenziale prot. n. 2023/5720/53 del 2 febbraio 2023 con cui il Comune di Udine aveva disposto: (i) l’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione dei lavori di “Restauro e riuso della palazzina di ingresso al complesso edilizio ex macello – Lotto A” al RTI costituito tra Impresa Costruzioni B. T. S.r.l. (mandataria) e B.I. Società Benefit S.r.l. (mandante), nella parte in cui aveva imputato in capo all’operatore economico ogni responsabilità per la mancata tempestiva stipula del contratto di appalto; (ii) l’escussione della cauzione provvisoria; (iii) la segnalazione della vicenda ad ANAC.
2. Dagli atti di causa e dalle allegazioni delle parti risulta quanto di seguito specificato.
2.1. Con determinazione dirigenziale n. cron. 1181/2021, divenuta esecutiva in data il 29.04.2021, a seguito dell’apposizione del visto del Responsabile del Servizio Finanziario attestante la regolarità contabile e la copertura della spesa ai sensi dell’art. 153, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, il comune di Udine ha indetto una procedura negoziata, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera b), del d.l. 16 luglio 2020, convertito con modificazioni dalla l. 12 settembre 2020, n. 120, da espletarsi in modalità telematica, ai sensi dell’art. 58 del d.lgs. n. 50 del 2016 e s.m.i., tramite l’utilizzo della Piattaforma telematica “eAppaltiFvg”, per l’affidamento in appalto dei lavori di restauro e riuso palazzina di ingresso al complesso edilizio “ex macello” – LOTTO A: restauro e riuso palazzina (opera: 7766/A – CIG: 8732051C6E).
2.2. In data 29 aprile 2021, tramite la suddetta Piattaforma, è stata pubblicata la richiesta di offerta RdO rfq_24753, con indicazione, ai sensi dell’art. 4 della lettera d’invito del termine di scadenza del 18 maggio 2021 per l’invio della documentazione amministrativa e dell’offerta economica ai fini della partecipazione alla gara in questione.
2.3. La gara è stata aggiudicata al RTI costituito tra Impresa Costruzioni B. T. S.r.l. (mandataria) e B.I. Società Benefit S.r.l. (mandante), con determinazione dirigenziale
in data 09.07.2021, n. cron. 2131, divenuta esecutiva in data 13.07.2021 a seguito dell’apposizione del visto ai sensi dell’art. 153, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, con la precisazione, contenuta al pt. 11 del dispositivo, che, “ai sensi e per gli effetti di quanto disposto dall’art. 32, co. 7 del d. lgs. n. 50/2016, l’aggiudicazione diventa efficace dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti”.
2.4. Il provvedimento di aggiudicazione è divenuto efficace in data 26 ottobre 2021, una volta conclusa, con esito positivo, la detta verifica.
2.5. In data 29 ottobre 2021, ovvero prima del decorso del termine di legge di sessanta giorni dalla data di dichiarazione di efficacia dell’aggiudicazione per la stipula del contratto, ex art. 32 comma 8 d.lgs. 50 del 2016, il Direttore dei lavori ha convocato l’impresa per disporre l’esecuzione anticipata di alcune opere provvisionali, puntualmente individuate.
Si trattava, per l’esattezza, delle «opere di allestimento cantiere, recinzioni sgomberi e baraccamenti da ubicare nelle aree esterne» (cfr all. n. 6 al ricorso di primo grado; anche i documenti successivamente indicati, ove non diversamente specificato, sono quelli allegati al ricorso di primo grado).
2.5.1. In data 10 febbraio 2022, l’impresa è stata nuovamente convocata dal Direttore dei lavori, il quale ha disposto la consegna in via anticipata di alcune ulteriori lavorazioni, puntualmente individuate (cfr. allegato n. 7).
In particolare, come riportato nel relativo verbale di consegna, il Direttore dei lavori ha «designato i lavori da eseguire, che in questa fase consistono nella realizzazione delle opere di sistemazione delle aree esterne e nelle opere strutturali di consolidamento delle murature e solai»; con la precisazione che, «dovendosi la consegna intendere effettuata sotto le riserve di legge, la ditta dovrà intraprendere immediatamente solo i lavori designati».
Nel verbale si stabiliva altresì che «la riserva di legge deve intendersi sciolta dopo il perfezionamento degli atti di approvazione del contratto», e che, «nell’ipotesi di mancata stipula del contratto, si terrà conto solo di quanto predisposto o somministrato dall’appaltatore, per rimborsare le relative spese».
2.6. Nel frattempo, secondo la prospettazione dell’Impresa Costruzioni, ricorrente in prime cure, per effetto dell’insorgenza del conflitto russo-ucraino, si innescava una duplice dinamica avversa: da un lato, diveniva impossibile reperire sul mercato tutta una serie di materie prime indispensabili ai fini dell’esecuzione dei lavori; d’altro lato, si registrava un aumento vertiginoso dei prezzi dei materiali da costruzione ancora disponibili.
In un primo tempo, confidando che il rialzo dei prezzi fosse solo temporaneo, l’Impresa Costruzioni si rendeva disponibile all’esecuzione dei lavori oggetto di consegna sotto riserva di legge, presentando un cronoprogramma dei lavori.
2.7. Il Comune tuttavia non procedeva alla stipula del contratto pur essendo trascorsi oltre dieci mesi dalla presentazione dell’offerta, ed oltre quattro mesi dall’efficacia del provvedimento di aggiudicazione.
2.8. Nei successivi due mesi, essendo divenuto chiaro che gli effetti del conflitto russo-ucraino avrebbero reso irreversibile l’impatto sui costi dei materiali da costruzioni, l’impresa segnalava all’Amministrazione la necessità di sospendere le attività e di svolgere un’analisi congiunta sui prezzi delle lavorazioni.
Segnatamente, come evidenziato dal giudice di prime cure, con affermazione non sottoposta ad alcuna critica puntuale, in data 4 aprile 2022 l’impresa inviava al Direttore dei lavori e al funzionario dell’U.O. Opere Strategiche del Comune una mail del seguente tenore: “A seguito dell’analisi del computo metrico e del progetto inerenti al cantiere <riqualificazione della palazzina d’ingresso all’ex macello>, e come anticipato telefonicamente all’arch. Moras (…), vi anticipo in via informale che invieremo tramite pec una richiesta di sospensione lavori e di perizia di variante. A tal proposito vi chiederei un incontro nel breve, magari già questo giovedì mattina se fosse possibile, presso gli uffici del rup per discutere in merito all’analisi da noi effettuata ed al prosieguo dei lavori. Ci tengo a sottolineare visti i buoni rapporti che l’incontro vuole essere improntato nella massima collaborazione tra le parti e nasce con l’obiettivo di portare a casa un risultato soddisfacente per tutte le parti in gioco” (all. 009-9 – fascicolo doc. ricorrente). Non vi è prova in atti che tale richiesta abbia ricevuto riscontro”.
2.9. Parallelamente, emergevano problemi di altra natura con riguardo all’esecuzione delle opere preliminari oggetto di consegna sotto riserva di legge:
(i) le tubazioni da rimuovere nel locale sottotetto apparivano contaminate da amianto, sicché si rendeva necessaria l’esecuzione di specifiche analisi, da parte di appositi laboratori specializzati, prima di poter far intervenire le maestranze dell’impresa (doc. 10);
(ii) il complesso edilizio dell’ex macello, da tempo in disuso, era divenuto dimora abusiva abituale di vari senzatetto, i quali tornavano sistematicamente ad occupare i locali, dopo ogni sgombero (doc. 12-13).
2.10. Il Direttore dei Lavori, con ordini di servizio n. 1 in data 6 luglio 2022 e n. 2 in data 20 luglio 2022, ordinava all’impresa di provvedere, entro il termine assegnato all’esecuzione dei (soli) “lavori previsti nel verbale di consegna del 10 febbraio 2022, in modo particolare in tutte le lavorazioni di demolizione e rimozione e nell’avvio delle opere di consolidamento di murature e solai”, rispetto ai quali aveva riscontrato il ritardo nell’esecuzione.
2.11. In data 21 luglio 2022, quando erano ormai trascorsi nove mesi dall’efficacia dell’aggiudicazione e oltre quattordici mesi dalla presentazione dell’offerta, il Comune invitava l’operatore economico a dare corso agli adempimenti prodromici alla sottoscrizione del contratto (doc. 15), fissando successivamente la data per la stipula al 7 settembre 2022 (doc. 16).
2.12. Con nota del 29 agosto 2022 (doc. 17), l’Impresa Costruzioni ribadiva la posizione già espressa, in ordine alla necessità che fossero applicati dei meccanismi idonei a sterilizzare integralmente gli effetti connessi all’indisponibilità e al vertiginoso caro dei materiali da costruzione, evidenziando che
alle condizioni vigenti, non sarebbe stata disponibile ad assoggettarsi al vincolo contrattuale, e che i termini per la stipulazione del contratto risultavano ampiamente decorsi, avuto riguardo sia al termine di vincolatività dell’offerta di centottanta giorni, non fatto oggetto di proroga, sia al termine di sessanta giorni per la stipula del contratto ex art. 32 comma 8 d.lgs. 50 del 2016.
2.13. Stante il silenzio della stazione appaltante sul punto, nonostante le sollecitazioni inoltrate dall’impresa, con nota del 4 ottobre 2022 (doc. 21), l’impresa quindi comunicava la propria rinuncia alla stipulazione del contratto, già preannunciata, in considerazione dell’intervenuto decorso di tutti i termini all’uopo normativamente previsti.
2.14. Il Comune forniva riscontro in data 10 novembre 2022 (doc. 22), premettendo che, con il verbale del 10 febbraio 2022 era stata disposta la consegna anticipata dell’intero appalto.
In secondo luogo, il Comune sosteneva che l’impresa avrebbe dovuto comunque addivenire alla stipulazione del contratto, stante l’adozione da parte del Governo di apposite misure volte ad attenuare l’impatto del caro materiali, dovendosi essa ritenere quindi automaticamente soddisfatta per effetto delle compensazioni all’uopo previste in favore degli operatori economici.
2.15. Con propria nota del 23 novembre 2022 (doc. 23), l’impresa evidenziava che:
(i) l’intervenuta consegna di alcune lavorazioni sotto riserve di legge non esimeva l’Amministrazione dal dare corso alla stipulazione del contratto entro il termine di sessanta giorni, di cui all’art. 32 comma 8 del codice dei contratti pubblici;
(ii) la normativa contemplava espressamente l’ipotesi che la consegna dei lavori in via d’urgenza non fosse seguita dalla stipulazione del contratto d’appalto, prevedendo, in tal caso, che «l’aggiudicatario ha diritto al rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione dei lavori ordinati dal direttore dei lavori, ivi comprese quelle per opere provvisionali» (art. 32, comma 8, settimo periodo, d.lgs. 50 del 2016);
(iii) anche il secondo verbale di consegna, stilato in data 10 febbraio 2022, prevedeva che l’impresa realizzasse, in via provvisoria e nelle more della successiva stipulazione del contratto, solamente alcune lavorazioni puntualmente individuate;
(iv) peraltro, le (limitate) lavorazioni ordinate sotto riserva di legge non avevano potuto essere integralmente eseguite non già a causa di una asserita unilaterale indisponibilità dell’impresa, bensì in ragione dell’inadeguatezza tecnica, accertata di concerto con il D.L., del rinforzo strutturale che avrebbe dovuto essere realizzato al piano seminterrato;
(v) in assenza di un vincolo contrattuale, non tempestivamente instaurato a causa dell’inerzia dell’Amministrazione, l’operatore economico non poteva ritenersi obbligato ad accettare le originarie condizioni di mercato, solo perché nel frattempo era stato introdotto nell’ordinamento un meccanismo di natura straordinaria di c.d. “compensazione dei prezzi”, essendo all’atto dell’esercizio della facoltà di recesso il vincolo ormai scaduto e il richiamato strumento compensativo non consentendo di assorbire integralmente l’incremento dei prezzi registrato nel periodo di riferimento.
2.16. Il Comune infine, in data 10 febbraio 2023, notificava il provvedimento di annullamento in autotutela dell’aggiudicazione, motivato sulla scorta dell’inadempimento asseritamente imputabile all’operatore economico, con contestuale escussione della garanzia provvisoria e segnalazione della vicenda ad Anac.
3. Tale provvedimento veniva pertanto gravato dall’Impresa Costruzioni innanzi al Tar per il Friuli Venezia Giulia, nella parte in cui si era ivi preteso di imputare all’operatore economico ogni responsabilità per la mancata tempestiva stipula del contratto di appalto, con la precisazione che l’interesse perseguito dalla ricorrente non era orientato a conseguire l’esecuzione dei lavori, ma risiedeva unicamente nell’«accertamento della non imputabilità della mancata tempestiva stipulazione del contratto d’appalto a fatti riconducibili all’operatore economico ovvero, in via subordinata, della sussistenza quanto meno di un concorso di colpa da parte dell’Amministrazione, insito nella protratta inerzia da essa serbata» (cfr. ricorso di prime cure pag. 2 e pag. 9 ss., nonché le conclusioni riportate a pagina 19).
4. Il Comune di Udine, nel costituirsi in prime cure, eccepiva preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica alle imprese utilmente posizionate in graduatoria alle spalle dell’aggiudicataria, le quali avrebbero potuto beneficiare del ritiro dell’aggiudicazione, per effetto dello scorrimento della graduatoria.
Con riguardo all’inerzia serbata ai fini della stipulazione del contratto d’appalto, il Comune invece argomentava che il termine all’uopo previsto dall’ordinamento per la stipula del contratto avrebbe natura meramente ordinatoria, sicché l’operatore economico non avrebbe potuto comunque rifiutare di assoggettarsi al vincolo negoziale, dovendo necessariamente accettare i rimedi apprestati dalla legislazione emergenziale, onde far fronte alla sperequazione dei costi rispetto all’originario equilibrio prefigurato in offerta.
5. Con la sentenza 17 aprile 2023 n. 155 il Tar per il Friuli Venezia Giulia ha accolto il ricorso rilevando che:
(i) avendo l’aggiudicataria rinunciato alla stipulazione del contratto, e in assenza di contestazioni rivolte alla scelta comunale di disporre lo scorrimento della graduatoria, non era riscontrabile alcun interesse ad opponendum in capo agli altri concorrenti utilmente collocati in graduatoria, i quali – per l’effetto – non potevano essere tecnicamente qualificati come controinteressati;
(ii) alla data del 7 settembre 2022, fissata dal Comune per la stipula del contratto d’appalto, era già ampiamente decorso tanto il termine di validità dell’offerta, pari a centottanta giorni, anche a voler considerare il provvedimento di aggiudicazione quale atto interruttivo del suddetto termine, quanto quello, pari a sessanta giorni, decorrente dall’acquisizione di efficacia del provvedimento di aggiudicazione;
(iii) né la parziale (ed anzi, minimale) consegna dei lavori in via d’urgenza e sotto riserva di legge poteva costituire vincolo incondizionato per l’aggiudicataria alla stipula del contratto, essendo in tal caso l’impresa tenuta ad eseguire solamente le lavorazioni ordinate;
(iv) oltretutto, nella specie, tali (limitate) lavorazioni non avevano potuto neppure essere completate, non già per l’asserito abbandono del cantiere da parte dell’impresa, bensì in considerazione di una serie di impedimenti materiali e tecnici non imputabili all’impresa, tra cui la rilevata presenza di amianto, le reiterate occupazioni abusive del sito di intervento, nonché la circostanza che il rinforzo strutturale da eseguire al piano seminterrato era stato ritenuto, in accordo con la direzione lavori, non adeguato allo scopo, senza che poi fossero state fornite indicazioni in merito ad eventuali soluzioni alternativo;
(v) al Comune, alla data del 2 febbraio 2023 [ovvero a ben 4 mesi di distanza dalla detta rinuncia, a circa 565 giorni dall’aggiudicazione (assumendo a riferimento il termine più favorevole per l’Amministrazione ovvero quello del 13 luglio 2021, data di esecutività della determinazione dirigenziale n. 2131/2021) e dopo decorsi addirittura circa 455 giorni dalla sua efficacia], residuava, per converso, unicamente quella di valutare la sussistenza dei presupposti di pubblico interesse per accordare alla ricorrente l’invocata rimodulazione dei prezzi contrattuali.
Laddove avesse ritenuto (come, di fatto, ha ritenuto) che non vi fosse margine in tal senso, altro non avrebbe potuto/dovuto fare che prendere lealmente atto della volontà legittimamente manifestata dall’aggiudicataria e, poi, assumere le conseguenti determinazioni per assicurare, se ancora di suo interesse, la realizzazione dei lavori che qui vengono in rilievo.
6. Con l’atto di appello il Comune di Udine ha riproposto sia il rilievo concernente l’asserita inammissibilità del ricorso di prime cure, per omessa notifica alle altre imprese utilmente collocate in graduatoria (primo motivo), sia le tesi difensiva secondo cui il termine previsto per la stipulazione avrebbe carattere ordinatorio, e l’aggiudicataria avrebbe dovuto in ogni caso accettare di eseguire l’opera facendo affidamento sull’applicazione dell’istituto della c.d. “compensazione dei prezzi” previsto dalla novellata normativa, non potendo pretendere di stipulare un contratto “diverso” da quello per cui aveva formulato l’offerta (secondo motivo), laddove la stessa si era finanche sottratta all’esecuzione della totalità dei lavori, in tesi già affidati in via d’urgenza.
Secondo la prospettazione del Comune appellante infatti dai documenti agli atti di causa si evinceva che l’Impresa Costruzioni, pur avendo accettato la consegna dei lavori prima in modo parziale e poi in data 10 febbraio 2022 in modo totale, non aveva mai seriamente inteso procedere nell’esecuzione degli stessi.
Tali consegne erano state effettuate nelle more dell’esecuzione dei dovuti controlli in merito ai documenti di gara, risultando peraltro paradigmatico il comportamento dell’appellata durante il periodo di esecuzione dei lavori come evincibile dalla nota della Direzione Lavori del 19 ottobre 2022, in cui si evidenziava che la stessa aveva abbandonato il cantiere, senza avere sostanzialmente realizzato alcunché.
In tesi del Comune appellante, sarebbe pacifico che la consegna dei lavori obbligava l’aggiudicataria medesima all’esecuzione degli stessi e fungeva da elemento prodromico per la successiva stipula del contratto, una volta terminate le verifiche dei requisiti dichiarati dalla stessa.
Inoltre, secondo la prospettazione del Comune, l’impresa aveva opposto un immotivato e plurimo rifiuto alla richiesta formulata dagli uffici dell’ente, di presentarsi alla stipula del contratto, contravvenendo alle regole della buona fede, pretendendo di stipulare un contratto a condizioni diverse da quelle di cui all’offerta presentata in gara.
A dire del Comune la reiterata pretesa di ricorrere all’art. 106 comma 1, lett. c) comma 7 del d.l.gs. 50 del 2016, contrasterebbe proprio con i disposti della normativa speciale in tema di lavori pubblici, precisamente con l’art. 26 del D.L. 50 del 2022 che aveva individuato una precisa modalità di compensazione dei maggiori costi sostenuti dalle imprese in sede di esecuzione lavori.
L’Amministrazione pertanto giammai avrebbe potuto accedere alle richieste dell’attuale appellata, dovendo per contro seguire il dettato normativo dedicato alla compensazione dei prezzi, per le offerte presentate prima del 31 dicembre 2021, come nel caso di specie.
La decisione di prime cure aveva omesso ogni valutazione al riguardo, limitandosi a riportare parzialmente il testo normativo, senza prendere posizione su un dato fondamentale del presente giudizio.
Né, a dire di parte appellante, il giudice di prime cure aveva considerato che l’Impresa Costruzioni, a fronte del legittimo rifiuto del Comune di stipulare il contratto alle condizioni pretese dalla stessa, aveva opposto il rifiuto alla stipula del contratto, trincerandosi dietro lo spirare del termine normativamente previsto per tale incombente dall’art. 32 del d.lgs. 50 del 2016, laddove detto termine secondo la giurisprudenza in materia avrebbe natura meramente ordinatoria.
Pertanto del tutto legittima doveva intendersi la revoca dell’aggiudicazione disposta dalla stazione appaltante a seguito del rifiuto da parte dell’aggiudicataria di stipulare il contratto di appalto, mancando i presupposti per un legittimo recesso.
In conclusione, secondo il Comune di Udine, la sentenza sarebbe viziata in quanto il giudice di prime cure a) aveva travisato il senso dell’affidamento urgente dei lavori, non tenendo conto dell’illecito abbandono del cantiere da parte dell’appellata; b) non aveva correttamente valutato l’illegittima richiesta formulata dall’appellata di procedere ad una perizia di variante ai sensi dell’art. 106 comma 1, lett. c) e comma 7 del d.lgs. 50 del 2016; c) non aveva tenuto in alcun conto i contenuti della sopravenuta norma, in tema di compensazione dei prezzi di cui al predetto D.L. 50 del 2022, d) non aveva correttamente valutato la natura non perentoria del termine di cui art. 32 comma 8 del d.lgs. 50 del 2016; e) non aveva valutato quindi, modo in modo coerente con i disposti normativi, l’illegittimità della pretesa dell’appellata di non addivenire alla stipula del contratto.
7. Nel costituirsi in giudizio nei termini di rito, l’Impresa Costruzione, ha riproposto, ex art. 101 c.p.a, il secondo motivo del ricorso di prime cure, dichiarato assorbito dal Tar, con il quale era stato dedotto che, anche a voler ipotizzare (a puri fini tuzioristici e defensionali) una qualche manchevolezza in capo ad essa, la condotta inerte e dilatoria tenuta dall’Amministrazione avrebbe comunque integrato un concorso di colpa.
Dal che, secondo la prospettazione dell’Impresa Costruzioni, anche in ossequio ai canoni civilistici che presiedono alla disciplina dei rapporti, l’impossibilità di imputare in via esclusiva all’impresa la mancata stipulazione del contratto di appalto.
8. In vista della celebrazione dell’udienza pubblica, le parti hanno depositato memorie difensive ex art. 73 comma 1 c.p.a., insistendo nelle rispettive conclusioni.
8.1.In particolare il Comune, nel replicare al motivo dichiarato assorbito dal primo giudice e riproposto da parte appellante con la memoria di costituzione, ex art. 101 comma 2 c.p.a., ha ancora una volta insistito per la totale addebitabilità della mancata stipula del contratto di appalto all’aggiudicataria che in tesi si era obbligata ad eseguire la totalità dei lavori all’atto del secondo verbale di consegna urgente dei medesimi, mentre aveva abbandonato il cantiere, come risultante dalla nota del Direttore dei Lavori del 19 ottobre 2022, non assumendo per contro alcuna rilevanza il decorso del termine previsto dall’art. 32 comma 8 del d.l.gs n. 50 del 2015 per la stipula del contratto di appalto, trattandosi di termine ordinatorio.
8.2. Parte appellata, oltre ad insistere nelle sue difese con la memoria diretta, ha controdedotto alle avverse difese con la memoria di replica.
8.3. La causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 19 ottobre 2023.
DIRITTO
9.In limine litis il collegio evidenzia come possa prescindersi dal rilievo d’ufficio dell’eventuale inammissibilità dell’appello in ragione della mancata critica puntuale della motivazione e dell’iter logico seguito dal primo giudice che, nei capi della sentenza impugnata, aveva già scupolosamente esaminato le difese del Comune poste a base dell’atto di appello, avuto riguardo all’infondatezza dell’interposto gravame (quanto all’onere di critica della sentenza appellata ex multis Consiglio di Stato sez. II, 20 febbraio 2020, n. 1308 secondo cui ai sensi dell’art. 101 c.p.a. il ricorrente ha l’onere di specificare i motivi di appello, non potendo limitarsi a un generico richiamo delle ragioni già presentate dinanzi al giudice di primo grado, dovendo contestare specificamente sul punto la sentenza impugnata. Il fatto che l’appello sia un mezzo di gravame ad effetto devolutivo, non esclude l’obbligo dell’appellante di indicare nell’atto le specifiche critiche rivolte alla sentenza impugnata e, inoltre, i motivi per i quali le conclusioni del primo giudice non sono condivisibili, non potendo il ricorso in appello limitarsi ad una generica riproposizione degli argomenti dedotti in primo grado).
10. Del tutto destituito di fondamento è il primo motivo di appello, con il quale il comune appellante – nel criticare la sentenza nel punto in cui aveva disatteso l’eccezione dallo stesso formulata circa l’inammissibilità del ricorso di prime cure per mancata evocazione in giudizio delle imprese che in tesi avrebbero avuto interesse allo scorrimento della graduatoria della procedura di gara – reitera acriticamente detta eccezione.
Ed invero, come correttamente evidenziato dal primo giudice, l’aggiudicataria, ricorrente in prime cure, ha impugnato la determinazione di revoca dell’aggiudicazione nel solo punto in cui le aveva addebitato la mancata stipula del contratto, con conseguente incameramento della cauzione e segnalazione all’Anac, senza coltivare pertanto alcun interesse alla stipula del contratto, dal quale essa stessa aveva inteso sciogliersi – decorso tanto il termine di centottanta giorni dalla presentazione dell’offerta, ex art. 32 comma 4, quanto il termine di sessanta giorni dalla data di acquisizione di efficacia del provvedimento di aggiudicazione, ex art. 32 comma 8 del d.lgs. 50 del 2016 – non essendo più l’offerta presentata nel corso della procedura di gara adeguata all’aumento vertiginoso dei prezzi dei materiali avutosi dopo l’insorgere del conflitto russo- ucraino.
Pertanto, a fronte del perimento dell’impugnativa dell’aggiudicataria – non superabile dal giudice pena la violazione del principio della domanda – non era individuabile alcun controinteressato.
10.1. Non vi era pertanto alcun ostacolo per la stazione appaltante di procedere nello scorrimento della graduatoria, al fine di individuare l’impresa disponibile alla sottoscrizione del contratto alle condizioni offerte, con la sola possibilità di usufruire della compensazione ex lege prevista dall’art. 26 del D.L. 50 del 2022, residuando altrimenti la (sola) possibilità di revoca dell’intera procedura di gara in quanto non più adeguata agli intervenuti e imprevisti mutamenti del mercato e alle correlative esigenze (cfr al riguardo Cons. Stato, Sez. V, 11.1.2022, n.202, sia pure relativa alla revoca di una procedura di gara intervenuta prima dell’aggiudicazione, riferita alla stipula di una convenzione avente ad oggetto l’erogazione di servizi di pulizia a ridotto impatto ambientale, motivata in ragione della sopravvenuta inadeguatezza dell’istituto della convenzione, cui dar seguito attraverso meri contratti attuativi, a far fronte alle diverse necessità di ciascuna amministrazione venutesi a creare in seguito all’insorgere dell’emergenza pandemica, che, nel rigettare l’impugnativa, ha evidenziato che “costituisce un’evidente forzatura il procedere con l’aggiudicazione di un contratto nella consapevolezza che lo stesso si dimostri già inizialmente inadeguato al punto di dover immediatamente azionare (prima ancora della stipulazione) istituti di legge che sono invece destinati ad assolvere necessità impreviste e sopravvenute nel corso dell’esecuzione del contratto”).
11. Parimenti non meritevole di accoglimento è il secondo motivo di appello con cui il Comune, senza puntualmente criticare il puntuale ragionamento seguito dal primo giudice, ripropone, come innanzi evidenziato, la tesi difensiva circa la totale addebitabilità della mancata stipula del contratto all’aggiudicataria, ricorrente in prime cure.
11.1. Risulta in primo luogo destituita di fondamento la deduzione del Comune circa la non corretta ricostruzione da parte del giudice di prime cure della vicenda fattuale sottoposta al suo esame, giacché l’attenta ricostruzione operata al riguardo dal primo giudice risulta confermata dalla disamina degli atti di causa, quale riportata nella parte in fatto, con puntuale riferimento anche agli allegati al ricorso di prime cure.
11.2. Segnatamente il Comune, nonostante quanto correttamente osservato dal primo giudice circa il fatto che la consegna anticipata dei lavori avesse avuto ad oggetto solo una parte minimale delle opere, continua ad insistere nel rilievo che l’aggiudicataria si fosse impegnata con il secondo verbale di consegna anticipata ad eseguire la totalità delle opere, laddove detto rilievo contrasta con quanto expressis verbis previsto nel verbale di consegna del 10 febbraio 2022, come riportato al § 2.5.1.
In particolare il Tar, con statuizione non sottoposta ad alcuna critica puntuale, ha osservato che l’aggiudicataria “era, dunque, tenuta ad eseguire quei soli lavori, veramente minimali, com’è agevole evincere dal raffronto tra quanto specificato nei verbali di consegna in via d’urgenza (all. 006-6 fascicolo doc. ricorrente/all. 005-5 – fascicolo doc. Comune e all. 007-7 fascicolo doc. ricorrente/all. 007-7 – fascicolo doc. Comune) e le lavorazioni descritte nei cronoprogrammi dei lavori predisposti e consegnati dalla ricorrente a marzo e/o luglio 2022 (all. 008-8 e 014-14 – fascicolo doc. ricorrente), che le erano stati formalmente consegnati. Al di là della palese imprecisione che connota il verbale di consegna del 10 febbraio 2022 ove viene riportato che “dalla data del presente verbale decorre il tempo utile per dare compiuti i lavori, stabilito in giorni 240 (duecentoquaranta) naturali e consecutivi, come indicato nel Capitolato Speciale d’Appalto, e perciò cessanti col giorno 07 ottobre 2022”, è, infatti, evidente che sempre e solo di consegna di lavori “in via d’urgenza e sotto riserva di legge” e soprattutto parziali si è trattato, che, in ogni caso, in alcun modo possono costituire vincolo incondizionato per l’aggiudicataria alla stipula del contratto, viepiù laddove, come nella fattispecie in esame, la stipula stessa venga richiesta ad offerta non più vincolante e ampiamente oltre il termine di 60 (sessanta) giorni dall’efficacia dell’aggiudicazione”.
Né, tanto meno, può costituire vincolo per l’aggiudicataria all’esecuzione dei lavori nella loro interezza, essendo evidente che nessuno può essere tenuto ad eseguire lavori per la cui esecuzione non è stato mai autorizzato, né tanto meno essere ritenuto responsabile se non l’ha fatto”.
11.2.1. Né alcun rilievo assume quanto dedotto da parte appellante circa il fatto che l’impresa avesse sottoscritto entrambi i verbali di consegna anticipata senza muovere alcuna riserva; ciò in quanto il primo verbale era stato sottoscritto allorquando non era ancora decorso il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 32 comma 8 d.lgs. 50 del 2016 per la stipula del contratto ed il secondo verbale in data comunque antecedente, sia pure di pochi giorni, all’insorgere del conflitto russo- ucraino e sicuramente antecedente pertanto al manifestarsi della successiva impennata dei prezzi dei materiali di costruzione.
11.3. Ciò senza mancare di rilevare che, secondo quanto di seguito precisato, la consegna anticipata ed urgente dei lavori, nelle more della stipula del contratto, deve comunque intendersi sotto la riserva di legge della successiva stipula, che non può che avvenire in tempi celeri, una volta concluse le verifiche ad opera della stazione appaltante ed acquistata l’efficacia del contratto, non potendo i tempi di detta stipula essere ad libitum rimessi alla volontà della stazione appaltante.
12. Destituita di fondamento è infatti la critica mossa da parte appellante alla sentenza di prime cure per non avere debitamente tenuto conto della circostanza che il termine per la stipula del contratto previsto dall’art. 32 comma 8 d.l.gs. 50 del 2016 sia meramente ordinatorio.
12.1. Ed invero, sebbene il termine per la stipula del contratto sia ordinatorio, non può essere rimesso ad libitum alla stazione appaltante in quanto, ove l’amministrazione procedente potesse costringere in ogni tempo l’operatore a concludere il contratto d’appalto, la relativa disposizione di legge risulterebbe completamente svuotata della funzione che le è propria; vale a dire quella di tutelare «l’aggiudicatario, il quale deve poter calcolare ed attuare le scelte imprenditoriali entro tempi certi» (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 luglio 2022, n. 5991, § 28.5, nonché Cons. Stato, sez. IV, 29 ottobre 2020, n. 6620).
Infatti una volta che sia decorso il termine di centottanta giorni di validità dell’offerta, anche a volerlo considerare interrotto al momento dell’aggiudicazione, come rilevato dal primo giudice, e quello di sessanta giorni previsto per la stipulazione del contratto, l’ordinamento consente all’operatore economico, specie ove questi abbia visto mutare in senso peggiorativo le condizioni di esecuzione dell’appalto, di affrancarsi dall’impegno originariamente assunto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 ottobre 2020 n. 6620).
12.2. E’ pur vero che secondo quanto ritenuto da questa Sezione con la sentenza 14 luglio 2022, n. 5991, citata da parte appellante, che l’art. 32 comma 8 del Codice dei contratti è una disposizione che si applica quando il contratto che l’amministrazione rifiuta di stipulare è quello scaturito dalla procedura di gara, non quello che l’operatore economico pretende di stipulare dopo le modifiche cui aspira, ma il condivisibile principio individuato in tale sentenza è riferito a fattispecie del tutto differente da quella di cui è causa, come ben evidenziato da parte appellata: in quel caso, l’operatore economico aggiudicatario aveva sin da subito avanzato richieste di modifica delle condizioni contrattuali, e proprio per tale ragione, e cioè per la necessità di interloquire sul punto tramite un apposito carteggio, la stazione appaltante aveva formulato tardivamente la convocazione alla stipula del contratto d’appalto (si era trattato, peraltro, di un ritardo di soli 27 giorni, e non di interi mesi, come nel caso di specie).
Per contro nell’ipotesi di specie, si è dapprima assistito all’infruttuoso decorso del termine stabilito dalla legge per la stipulazione del contratto; e solo in un secondo momento, a partire dal mese di aprile 2022, quando ormai l’impresa poteva legittimamente decidere di svincolarsi dall’impegno assunto in gara, essa aveva fatto presente che sarebbe stata disponibile a realizzare l’opera unicamente a fronte di un integrale riequilibrio del sinallagma.
12.3. La circostanza che l’amministrazione non intendesse dar seguito alla richiesta dell’aggiudicataria, considerandola contra legem, stante la ritenuta applicabilità alla fattispecie di cui è causa del (solo) meccanismo compensativo previsto dall’art. 26 D.L. 50 del 2022, non legittimava pertanto l’Amministrazione a tenere un comportamento inerte per altri mesi, per poi imputare all’aggiudicataria la mancata stipula del contratto, in quanto la medesima amministrazione, come correttamente ritenuto dal primo giudice “laddove avesse ritenuto (come, di fatto, ha ritenuto) che non vi fosse margine in tal senso, altro non avrebbe potuto/dovuto fare che prendere lealmente atto della volontà legittimamente manifestata dall’aggiudicataria e, poi, assumere le conseguenti determinazioni per assicurare, se ancora di suo interesse, la realizzazione dei lavori che qui vengono in rilievo”.
12.4. Né rileva, in senso contrario, avuto riguardo a quanto già osservato nei § 11.2. e 11.3, l’intervenuta consegna anticipata, e sotto le riserve di legge, di una quota minima delle lavorazioni contrattuali, per le ragioni ben evidenziate dal giudice di prime cure.
Infatti come recentemente chiarito da questo Consiglio di Stato, Sez. III, 21 giungo 2023, n. 6074 “se è vero che il termine per la conclusione del contratto non può ritenersi inderogabilmente perentorio, è altresì vero che l’intera normativa nella materia dei contratti pubblici converge univocamente nel senso di ritenere la conclusione del contratto un adempimento da definirsi nel tempo più rapido possibile: l’art. 32, comma 8, del codice dei contratti pubblici, sopra citato, configura chiaramente il predetto termine come derogabile solo in via di eccezione, con conseguenziale obbligo di motivazione, imposto in capo alla stazione appaltante, sul preminente interesse pubblico che giustifica la dilazione, quale deroga alla spedita conclusione del contratto in potenziale contrasto con l’interesse prevalente alla esecuzione puntuale dei connessi adempimenti contrattuali, in una dinamica improntata sempre più a criteri di massima accelerazione.
La procedura di gara serve del resto esattamente a fornire all’amministrazione i mezzi di cui abbisogna per esercitare le sue funzioni ed erogare i servizi di sua competenza, sicché sarebbe paradossale affermare la tesi secondo la quale, fatta la gara e selezionato il fornitore, non vi sia poi alcun termine cogente entro il quale la fornitura debba essere effettivamente e compiutamente prestata sulla base di un regolare contratto (e non in modo provvisorio, incompleto e precario, come avviene nell’anticipo di esecuzione, che deve costituire comunque una molto ben motivata eccezione alla regola, come reso esplicito dall’ultimo periodo del comma 8 dell’art. 32 del D.Lgs. n. 50 del 2016, in base al quale “L’esecuzione d’urgenza di cui al presente comma è ammessa esclusivamente nelle ipotesi di eventi oggettivamente imprevedibili, per ovviare a situazioni di pericolo per persone, animali o cose, ovvero per l’igiene e la salute pubblica, ovvero per il patrimonio, storico, artistico, culturale ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all’interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari”). Consentire termini indeterminati e liberi per la piena esecuzione della fornitura, pur dopo esperita la gara, significherebbe negare contraddittoriamente quel bisogno di acquisto di beni, servizi, lavori che ha mosso l’amministrazione a procedere (secondo un dovere funzionale, peraltro, di razionale programmazione degli acquisti) e che ha giustificato l’indizione della procedura selettiva. Il che cozzerebbe frontalmente con il principio di buona amministrazione e con i principi di economicità, efficacia, tempestività ripetutamente richiamati nel codice dei contratti pubblici (…).
La non perentorietà del suddetto termine non implica che la sua funzione acceleratoria possa e debba essere vanificata, senza una stringente motivazione sulle ragioni specifiche, preferibilmente legate a sopravvenienze imprevedibili, che ne impongano la dilazione. Il che, d’altra parte, discende pianamente anche dai soli principi del diritto civile in tema di adempimento delle obbligazioni”).
12.4.1. Infatti ai sensi dell’art. 13 della lettera di invito, disposizione che riproduce quanto previsto all’art. 8, co. 1, lett. a), DL 76/2020, la stazione appaltante può certamente procedere alla consegna dei lavori in via d’urgenza, «nelle more della verifica dei requisiti di cui all’art. 80, D.Lgs. 50/2016, nonché dei requisiti di qualificazione previsti per la partecipazione alla procedura»; ma ciò evidentemente non la esime dal dare tempestivamente corso alla stipulazione del contratto, una volta che le predette verifiche si siano concluse.
12.4.2. Al riguardo appare utile ricordare che l’aggiudicazione de qua ha acquistato efficacia, all’esito delle dovute verifiche, in data 26 ottobre 2021, laddove per la stipula del contratto il Comune ha ingiustificatamente fissato la data del 7 settembre 2022.
12.4.3. Peraltro, come innanzi osservato, la consegna in via anticipata ha avuto ad oggetto solamente talune specifiche lavorazioni, ed in particolare: con il primo verbale di consegna del 29 ottobre 2021 (doc. 6), le «opere di allestimento cantiere, recinzioni sgomberi e baraccamenti da ubicare nelle aree esterne»; mentre, con il secondo verbale di consegna del 10 febbraio 2022 (doc. 7), le «opere di sistemazione delle aree esterne e le opere strutturali di consolidamento delle murature e solai».
13. Né la mancata esecuzione di parte delle lavorazioni indicate in detti verbali di consegna, quale riscontrata dal D.L. nel mese di ottobre 2022, o il ritardo nella loro esecuzione, quale evincibile dagli ordini di servizio n. n. 1 in data 6 luglio 2022 e n. 2 in data 20 luglio 2022, poteva comportare ex se l’addebitabilità all’impresa della mancata stipula del contratto in quanto, come correttamente evidenziato dal primo giudice “Va, in ogni caso, da sé che la loro eventuale rilevanza avrebbe dovuto essere più approfonditamente indagata e soprattutto che avrebbe potuto spiegare effetti nell’ambito delle valutazioni da effettuarsi al fine del “rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione dei lavori ordinati dal direttore lavori”, ma non essere sfruttata per vanificare – peraltro, a distanza di mesi – la volontà legittimamente manifestata dalla ricorrente di rinunciare alla stipula del contratto”.
13.1. Ciò in disparte dalla considerazione, che secondo quanto ritenuto dal primo giudice, con motivazione non sottoposta a critica puntuale ed in ogni caso corroborata dagli atti di causa, quali riportati nella parte in fatto, era plausibile ritenere che ai ritardi lamentati nell’esecuzione delle opere oggetto di consegna anticipata avessero contribuito non solo le difficoltà legate alle reiterate occupazioni abusive del complesso edilizio da parte di terzi e alla rilevata presenza di amianto nelle tubature di cui già innanzi si è data evidenza, ma anche la circostanza che il rinforzo strutturale da eseguire al piano seminterrato era stato ritenuto, in accordo con la direzione lavori, non adeguato allo scopo e che successivamente non fossero state fornite indicazioni in merito ad eventuali soluzioni alternative.
14. Ininfluente, ai fini della riforma del decisum, è poi quanto dedotto dal Comune in ordine alla non applicabilità alla fattispecie di cui è causa del rimedio previsto dall’art. 106, comma 1, lett. c) e comma 7, del d.l.gs. n. 50 del 2016, prospettazione peraltro che questo giudice condivide.
14.1. Infatti l’art. 7, comma 2-ter, del D.L. n. 36 del 2022, conv. in L. n. 79 del 2022 – con disposizione specificamente riferita all’attuazione del PNRR (come si evince dalla rubrica della norma), ma alla quale viene riconosciuta valenza generale, stante il carattere interpretativo della medesima (cfr. Del. ANAC n. 67 dell’11.1.2023) – ha disposto che “L’articolo 106, comma 1, lettera c), numero 1), del codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, si interpreta nel senso che tra le circostanze indicate al primo periodo sono incluse anche quelle impreviste ed imprevedibili che alterano in maniera significativa il costo dei materiali necessari alla realizzazione dell’opera“.
La citata disposizione peraltro aggiunge, al comma 2-quater, che “Nei casi indicati al comma 2-ter, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la stazione appaltante o l’aggiudicatario possono proporre, senza che sia alterata la natura generale del contratto e ferma restando la piena funzionalità dell’opera, una variante in corso d’opera che assicuri risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare esclusivamente in compensazione per far fronte alle variazioni in aumento dei costi dei materiali“.
Sennonché, come è evidente, anche nella prospettiva interpretativa introdotta dal richiamato art. 7 del D.L. n. 36 del 2022, l’istituto in parola non può trovare applicazione al caso specifico oggetto di giudizio, perché le varianti in corso d’opera – considerate dalla norma al fine del conseguimento di risparmi di spesa da utilizzare in compensazione “per far fronte alle variazioni dei costi dei materiali” – presuppongono pur sempre “modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale “, che nella specie non sembrano essere state puntualmente proposte – e conseguentemente accettate – da alcuna delle parti (cfr. sulla natura delle varianti, ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 7 gennaio 2022, n. 48; id: Sez. III, 7 dicembre 2021, n. 8180; Sez. V, 15 novembre 2021, n. 7602 e Sez. V, 2 agosto 2019, n. 5505).
14.2. Peraltro la circostanza che alla fattispecie de qua non potesse applicarsi tale disposto normativo non implicava, al contrario di quanto ritenuto dal Comune, che l’impresa fosse tenuta ad accettare supinamente – senza possibilità di esercizio della facoltà di sciogliersi dall’offerta venuta a scadenza e dopo l’ampio decorso del termine previsto dall’art. 32 comma 8 del d.lgs. 50 del 2016 – le sole misure di compensazione introdotte dal legislatore con l’art. 26 del d.l. 50 del 2022.
14.3. Ed invero, un’impresa che ha la facoltà di rinunciare all’esecuzione di un’opera, in virtù dell’inutile decorso dei termini ultimi per la tempestiva stipulazione del contratto d’appalto, ex art. 32 comma 8 d.lgs. 50 del 2016, nonché del decorso del termine di centottanta dalla presentazione dell’offerta, non può comunque ritenersi tenuta ad assoggettarsi al vincolo negoziale, per il fatto che il legislatore è intervenuto con una normativa di natura emergenziale, apprestando delle soluzioni in ogni caso non idonee a ripristinare integralmente l’equilibrio sinallagmatico compromesso dagli eccezionali eventi perturbatori, dovendo la stessa applicarsi ai soli rapporti in corso, per i quali sia già intervenuto pertanto il vincolo negoziale.
14.3.1. Infatti come facilmente ricavabile dalla lettura della norma de qua, il meccanismo delle c.d. “compensazioni”: (i) ha natura solamente eventuale, posto che la reintegrazione economica è garantita solo fino a esaurimento dei relativi fondi; (ii) i tempi previsti per l’erogazione degli importi aggiuntivi impongono alle imprese coinvolte di anticipare i costi dell’opera, soggetti a sensibili rialzo rispetto all’originario piano economico, con il rischio di non riuscire a reggere allo sforzo sul piano finanziario; (iii) la misura del ristoro dei maggiori costi sopportati è comunque parziale.
Secondo quanto evidenziato da parte appellata, già solo la “franchigia” del 10% prevista dalla cennata norma, sarebbe in grado di erodere integralmente l’utile atteso in relazione alla commessa; e ciò senza considerare, l’esposizione a cui l’operatore economico sarebbe costretto sul piano finanziario, comportanti ulteriori potenziali costi.
14.4. Al riguardo va rimarcato che rientra nei generali principi di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione, sanciti dalla Costituzione, nonché nei canoni comunitari di proporzionalità e trasparenza, l’obbligo – nelle procedure ad evidenza pubblica – di stabilire compensi remunerativi capaci di mettere i concorrenti nella condizione di presentare un’offerta sostenibile ed affidabile e di eseguire l’impegno negoziale in conformità della stessa, evitando il serio rischio di distorsioni nelle dinamiche concorrenziali e dell’effettuazione di lavori o erogazione di servizi di scarsa qualità.
In questo senso, gli appalti devono pur sempre essere aggiudicati ad un prezzo che consenta un adeguato margine di guadagno per le imprese, giacché le acquisizioni in perdita porterebbero inevitabilmente gli affidatari ad una negligente esecuzione, oltre che ad un probabile contenzioso.
L’art. 30 comma 1 del d.lgs. n. 50 del 2016 rubricato “Principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni” – in continuità con il previgente codice dei contratti pubblici – ha al riguardo sancito che: “L’affidamento e l’esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni ai sensi del presente codice garantisce la qualità delle prestazioni e si svolge nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza. Nell’affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano, altresì, i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice“.
Pertanto, proprio alla luce di tali principi, laddove i costi non considerati o non giustificati siano tali da non poter essere coperti neanche tramite il valore economico dell’utile stimato, che si valuta la non renumeratività dell’offerta e la sua non sostenibilità, con ovvie conseguenze sulla veridicità della stessa (Cons. Stato, sez. V, 27 novembre 2019, n. 8110; id., 15 aprile 2013, n. 2063; id., sez. IV, 26 febbraio 2015, n. 963; id., sez. III, 11 aprile 2012, n. 2073; id, 10 luglio 2020, n. 4451).
14.5. In ragione di tali principi deve ritenersi che il parziale strumento di riequilibrio del sinallagma previsto dall’art. 26 del D.L. n. 50 del 2022 sia destinato a fronteggiare l’aumento dei prezzi sopravvenuto al sorgere dell’impegno negoziale, ma non possa essere imposto all’aggiudicatario allorché non si sia ancora addivenuti alla stipula del contratto prima dell’insorgere dell’imprevisto amento dei prezzi, tra l’altro, come nel caso di specie, per volontà della stessa stazione appaltante.
14.5.1. Infatti, come evidenziato nella sentenza Cons. Stato, Sez. V, 11.1.2022, n.202 citata al § 10.1, sia pure relativa alla revoca di una procedura di gara intervenuta prima dell’aggiudicazione, riferita alla stipula di una convenzione avente ad oggetto l’erogazione di servizi di pulizia a ridotto impatto ambientale, motivata in ragione della sopravvenienza pandemica “costituisce un’evidente forzatura il procedere con l’aggiudicazione di un contratto nella consapevolezza che lo stesso si dimostri già inizialmente inadeguato al punto di dover immediatamente azionare (prima ancora della stipulazione) istituti di legge che sono invece destinati ad assolvere necessità impreviste e sopravvenute nel corso dell’esecuzione del contratto”.
Detto principio ben può trovare applicazione anche alla fattispecie de qua, laddove il mutamento della situazione economico finanziaria del mercato dopo l’insorgere del conflitto russo- ucraino, con conseguente innalzamento dei prezzi dei materiali di costruzione, è intervenuta dopo l’aggiudicazione ma prima della stipula del contratto, colpevolmente ritardata dall’Amministrazione nonostante l’aggiudicazione fosse divenuta efficace già alla data del 26 ottobre 2021, ovvero in data ampiamente antecedente all’insorgere di tale conflitto.
15. In ragione dei suesposti rilievi l’appello va rigettato, non potendo la mancata stipula del contratto imputarsi all’aggiudicataria e non ricorrendo pertanto le condizioni per l’incameramento della cauzione (con conseguente venir meno anche della segnalazione all’Anac, sia pure non avente immediata efficacia lesiva, come ben evidenziato dal primo giudice, trattandosi soltanto di “impulso” all’attivazione del procedimento sanzionatorio di competenza dell’Autorità, i cui esiti potranno essere eventualmente impugnati (ex multis Cons. Stato, sez. V, 28 marzo 2019, n. 2069).
16. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il Comune di Udine alla refusione delle spese di lite nei confronti di parte appellata, liquidate in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre oneri accessori, se previsti, come per legge.