Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, sentenza n 6424 depositata il 3 luglio 2023
costo del lavoro – soci lavoratori
FATTO
1.La società D. s.r.l. a socio unico proponeva ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia avverso la determinazione del Direttore generale di A.L.E.R. Varese – Como – Monza Brianza – Busto Arsizio n. 167 del 2 maggio 2022, comunicata via p.e.c. il successivo 3 maggio 2020, recante l’aggiudicazione a favore della controinteressata del lotto n. 3 della procedura aperta per ‘l’affidamento del Servizio di pronto intervento per la pulizia delle fosse biologiche, spurghi e disotturazioni degli impianti di depurazione, dei pozzetti e delle caditoie stradali e tubazioni fognarie da effettuarsi negli stabili di proprietà e/o gestiti da A.L.E.R. Varese – Como – Monza Brianza – Busto Arsizio – CIG Lotto 3 – 901971691’, chiedendo altresì il risarcimento del danno in forma specifica e, in subordine, quello per equivalente monetario.
2. La gara era suddivisa in quattro lotti, con un importo a base d’asta pari a euro 1.590.750,00 complessivi e avente durata triennale, da affidare mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Con specifico riguardo al lotto n. 3- avente importo a base d’asta di euro 375.000,00 IVA esclusa – vi prendevano parte sette concorrenti.
All’esito della selezione, la società M. & M. si classificava al primo posto, con un punteggio pari a complessivi 97,48 punti (di cui 67,48 per l’offerta tecnica e 30 per l’offerta economica), la società A.S.E. s.r.l. si classificava al secondo posto con 80, 56 punti (di cui 65, 94 per l’offerta tecnica e 28, 75 per l’offerta economica), mentre la ricorrente si posizionava al terzo posto con 69, 92 punti (di cui 68, 14 per l’offerta tecnica e 1,78 per l’offerta economica).
Avviato il procedimento di verifica della congruità dell’offerta della prima classificata, lo stesso si concludeva positivamente, con conseguente aggiudicazione dell’appalto di cui al lotto n. 3 alla società M. & M..
La società D. s.r.l. assumeva l’illegittimità dell’aggiudicazione, denunciando, inter alia, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei principi di remuneratività dell’offerta economica, di par condicio tra i concorrenti e di divieto di dumping, oltre che eccesso di potere per difetto di istruttoria, per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, per illogicità e ingiustizia manifesta. Il ricorso veniva proposto unicamente nei confronti della prima classificata M. & M., poiché la seconda graduata, Aba Spurghi Ecologia s.r.l. si era aggiudicata il lotto n. 1 e, tenuto conto che la lex specialis, pur ammettendo la presentazione di offerte per tutti i lotti, non consentiva allo stesso operatore di aggiudicarsene più di uno, quest’ultima non poteva aspirare, allo stato, all’assegnazione dell’appalto per il lotto n. 3.
3. Il Tribunale amministrativo regionale, con sentenza n. 2567 del 2022, accoglieva il ricorso nei termini di cui in motivazione, stabilendo che, avendo la controversia ad oggetto lo svolgimento (illegittimo) del procedimento di anomalia, l’accertata fondatezza dei motivi di ricorso imponeva la riattivazione del predetto procedimento, considerato che il controllo giudiziale sul doveroso utilizzo di regole procedurali conformi a criteri di logicità, congruità e ragionevolezza, non poteva condurre alla sostituzione dell’attività discrezionale dell’Amministrazione con quella del giudice. Il Collegio precisava che: “pertanto, in capo alla Stazione appaltante, nella persona del R.U.P., sorge l’obbligo di reiterare la verifica di congruità dell’offerta formulata dall’aggiudicataria, appurando sulla base di idonei supporti documentali e probatori, di data non successiva all’aggiudicazione, tutti gli aspetti oggetto delle richieste del medesimo R.U. O. del 16 marzo e dell’8 aprile 2002”.
4. L’Azienda Lombarda per l’Edilizia Residenziale di Varese, Como, Monza Brianza, Busto Arsizio (A.L.E.R.) ha proposto appello avverso la suddetta pronuncia, chiedendone l’integrale riforma e denunciando: “1) Erroneità della sentenza per extrapetizione. Violazione dell’art. 34, secondo comma, c.p.a. e violazione del chiesto e pronunciato. Usurpazioni delle funzioni amministrative; 2) Violazione del principio della massima partecipazione anche in riferimento alle microimprese e alle piccole e medie imprese. Erroneità della sentenza in ordine alla presunta, inadeguata valutazione della peculiare posizione dell’aggiudicataria, ai presunti omessi approfondimenti sulle sostenibilità dell’offerta. Violazione del principio di libera iniziativa economica; 3) Erroneità della sentenza in relazione alla pretesa, insussistente violazione dei principi di sostenibilità e attendibilità dell’offerta”.
5. La società D. s.r.l. a socio unico si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto dell’appello e riproponendo, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi del ricorso introduttivo.
6. Le parti, con successive memorie, hanno precisato le proprie difese.
7. All’udienza del 13 aprile 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
8. Con il primo mezzo, l’A.L.E.R. denuncia il vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata. L’appellante argomenta che il bene della vita richiesto dalla società D. s.r.l. era rappresentato dall’annullamento dell’aggiudicazione, pertanto, non essendo emersi nel corso del giudizio elementi sufficienti per ritenere l’illegittimità dell’aggiudicazione, il Giudice avrebbe dovuto respingere il ricorso e non, come invece ha fatto, imporre la riattivazione del procedimento di anomalia, riservando ad un successivo eventuale giudizio la pronuncia sull’eventuale annullamento dell’aggiudicazione e sul risarcimento del danno. Secondo l’esponente, il T.A.R. avrebbe impiegato, nella fase decisoria e di definizione del giudizio, uno strumento tipico della fase cautelare, sicchè la decisione ha assunto il contenuto di una ordinanza di remand, sicchè l’attività del giudice si sarebbe sostituita all’autorità amministrativa. In assenza della pronuncia di annullamento, e dunque dei connessi effetti caducatori, ripristinatori e conformativi, la decisione si porrebbe in violazione del principio di separazione dei poteri, potendo potenzialmente generare una decisione in sostituzione dell’autorità amministrativa.
9. Con il secondo motivo, si censura la sentenza impugnata nella parte in cui si è omesso di considerare che la Stazione appaltante, impegnata con numerose procedure ad evidenza pubblica, avrebbe inteso dare rilevanza a quegli elementi indubitabili che deporrebbero per un’offerta assolutamente sostenibile e immune dalle censure sollevate.
Il T.A.R. non avrebbe considerato la rilevanza degli elementi addotti dall’aggiudicataria, soffermandosi su questioni di assoluto dettaglio, quando al contrario M. & M., relativamente all’imputazione del costo dei mezzi, avrebbe dichiarato che tutti gli automezzi impiegati sarebbero stati integralmente ammortizzati, pertanto non si comprenderebbe l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui non vi sarebbe una chiara esplicitazione dei relativi costi. Analogamente, quanto al costo del personale, trattandosi di una società di persone a conduzione familiare, il Collegio avrebbe omesso di considerare che i titolari sono soci prestatori d’opera, laddove l’A.L.E.R. avrebbe valorizzato l’esperienza dell’impresa, legata alla perfetta conoscenza del territorio e delle modalità di intervento, legittimamente spendibile per contenere al massimo i costi della produzione.
10. Con la terza censura si denuncia l’illegittimità della sentenza, in quanto, diversamente da quanto sostenuto dal Collegio giudicante, l’impresa aggiudicataria avrebbe fornito adeguate giustificazioni con riferimento al fatto che si sarebbe conseguito un utile modesto. A livello normativo, e secondo i principi precisati dalla giurisprudenza eurounitaria, non vi sarebbe una quota predeterminata di utile al di sotto della quale la proposta dell’offerente si dovrebbe considerare incongrua. Nella specie, la Stazione appaltante, nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica, ha reputato gli elementi rilevati di anomalia non incidenti sulla credibilità e convenienza dell’offerta complessivamente considerata.
11. L’appello è infondato.
12. Analizzando con ordine le censure prospettate dall’appellante, va respinto il primo mezzo.
Questa Sezione non ritiene che il Giudice di prima istanza sia incorso in un vizio di ultrapetizione. Il percorso motivazionale della decisione impugnata, con cui si è accertata la fondatezza delle censure prospettate dalla ricorrente, ha coerentemente e logicamente condotto il Giudicante, a cui non era concesso di sostituirsi nelle valutazioni discrezionali dell’Amministrazione, a rimettere in gioco l’assetto di interessi definiti con l’atto impugnato, restituendo all’Amministrazione stessa l’intero potere decisionale iniziale. In tal modo, nel rispetto delle specifiche attribuzioni, il T.A.R. non ha pregiudicato il risultato finale, che è rimasto nella discrezionalità della Stazione appaltante, la quale può pervenire, sulla base della riponderazione degli elementi offerti dagli operatori economici concorrenti, anche ad altre determinazioni, oppure a confermare le precedenti.
Ne consegue che le censure prospettate dall’appellante non colgono nel segno, atteso che il Giudice rimanda la completa valutazione all’Amministrazione e, pertanto, non esercita funzioni amministrative in luogo dell’Autorità competente, la quale rimarrà libera di svolgere la propria scelta senza interferenza giudiziali (Cons. Stato, n. 2607 del 2001; Cons. Stato, n. 2312 del 2008; Cons. Stato n. 10 del 2009).
La necessità di reiterare il procedimento di verifica della congruità dell’offerta di M. & M. e la non avvenuta stipula del contratto di appalto (pur essendo stato depositato in giudizio un verbale di avvio dell’esecuzione del contratto in via d’urgenza), hanno impedito, correttamente, al Giudice di prime cure di pronunciarsi sulla richiesta di aggiudicazione dell’appalto in favore della ricorrente, la quale avrebbe potuto trovare soddisfazione all’esito del procedimento di verifica della congruità dell’offerta formulata dall’aggiudicataria, e quindi all’esito della determinazione finale dell’Amministrazione.
Nè si può predicare che vi sia stato un vizio nell’effettività della tutela nei confronti del potere amministrativo, atteso che il Giudice ha assolto comunque al suo ruolo, che è quello di rispondere alle domande delle parti, non ravvisandosi, altresì, nel sistema ordinamentale alcun divieto espresso al potere di ordinare all’Amministrazione la riattivazione del procedimento nel momento in cui viene individuato un vizio, in conformità al principio ‘dispositivo’ che regola il processo.
Infatti, il Collegio ha condivisibilmente chiarito che: “ Avendo a oggetto la controversia lo svolgimento (illegittimo) del procedimento di anomalia, l’accertata fondatezza dei motivi di ricorso impone la riattivazione del predetto procedimento, considerato che il controllo giudiziale sul doveroso utilizzo di regole procedurali conformi a criteri di logicità, congruità e ragionevolezza, non può condurre alla sostituzione dell’attività discrezionale dell’Amministrazione con quella del giudice… pertanto, in capo alla Stazione appaltante, nella persona del R.U.P., sorge l’obbligo di reiterare la verifica di congruità dell’offerta formulata dall’aggiudicataria, appurando sulla base di idonei supporti documentali e probatori, di data non successiva all’aggiudicazione, tutti gli aspetti oggetto delle richieste del medesimo R.U.P. del 16 marzo e dell’8 aprile 2022 (…) e motivando adeguatamente in ordine alla determinazione finale”.
Va rammentato che costituisce principio consolidato del processo amministrativo in materia di appalti pubblici che, in caso di annullamento giurisdizionale degli atti di gara, la procedura debba essere ripresa dall’ultimo degli atti non annullati, in quanto il vincolo derivante dalla statuizione di annullamento consente la riedizione della sola fase procedurale colpita dal dictum di illegittimità, che nel caso di specie coincide, come si è detto, con il procedimento di verifica della congruità dell’offerta formulata dall’aggiudicataria. Invero, l’esigenza di tutela della segretezza delle offerte e della par condicio dei concorrenti impone di rinnovare la procedura quando le altre offerte siano state rese note e valutate secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (Cons. Stato, sez. V, n. 3452 del 2023).
Laddove le censure rivolte al provvedimento impugnato attengano a profili di illegittimità che (quando ritenuti fondati, come nella specie, con la sentenza di merito) non consentirebbero il conseguimento automatico del bene della vita per il cui soddisfacimento il giudizio è stato promosso, sarebbe inammissibile la sostituzione del giudice all’amministrazione, la cui valutazione discrezionale resta infungibile (tranne, naturalmente, i casi di attività vincolata o scarsamente discrezionale).
Eliminati i vizi ritenuti sussistenti dal giudice, sarà comunque l’amministrazione a definire il rapporto. Seppure il provvedimento impugnato rappresenti l’oggetto dell’impugnativa, esso non costituisce, d’altra parte, un limite per il giudicante, stante la concezione soggettiva della giurisdizione, da cui, come è noto, è conseguito un progressivo cambiamento di visione dell’oggetto del processo: non più (esclusivamente) l’atto, ma il complessivo rapporto pubblico sotteso. In ipotesi siffatte, il giudice amministrativo non può riconoscere come spettante al privato il preteso bene della vita in termini di certezza, ma solo di possibilità, e comunque all’esito di una nuova riedizione del potere, atteso che il compito dell’interprete dev’essere necessariamente quello di individuare sempre più soluzioni possibili per rendere la giurisdizione amministrativa maggiormente aderente alle esigenze del privato nel caso concreto e in modo compatibile con i principi generali.
13. Il secondo ed il terzo motivo di appello, in quanto attinenti a profili connessi, vanno esaminati congiuntamente.
Le critiche vanno disattese.
Il T.A.R. ha accertato, sulla base della documentazione versata in giudizio, che la valutazione di congruità dell’offerta presentata dall’aggiudicataria M. & M. è illegittima, atteso che l’aggiudicataria non ha dimostrato, in modo adeguato e con gli opportuni supporti probatori, la sostenibilità dell’offerta. L’assunto non è stato adeguatamente contestato nel corso del giudizio di primo grado, né in sede di appello, tenuto delle affermazioni sostanzialmente assertive della Stazione appaltante.
L’aggiudicataria, nonostante la richiesta del R.U.P., non ha fornito alcuna documentazione a supporto dei chiarimenti resi con riguardo all’offerta presentata in sede di gara, nè sono state adeguatamente esplicitate alcune voci riguardanti l’imputazione dei costi dei mezzi, dei costi del personale, dei costi di smaltimento del materiale di risulta.
La tesi difensiva sostenuta dall’A.L.E.R., a supporto della sostenibilità dell’offerta dell’aggiudicataria, circa la congruità del costo del lavoro per il fatto che i soci lavoratori presterebbero personalmente l’attività lavorativa, è fermamente smentita dalla giurisprudenza prevalente.
Va rammentato che l’impiego nell’esecuzione dell’appalto di soggetti non retribuiti è idoneo a provocare distorsioni nel mercato, atteso che, come sostiene il Collegio di prima istanza, la presenza di soci d’opera (o di volontari), in astratto ammissibile, garantisce una maggiore competitività, in contrasto con la par condicio e la concorrenza, sicchè la Stazione appaltante avrebbe dovuto verificare in maniera puntuale se tale elemento non abbia potuto rappresentare una modalità elusiva delle norme che impongono il rispetto delle regole concorrenziali e i principi di sostenibilità e attendibilità dell’offerta.
La riduzione del costo del lavoro che taluni soggetti, come nella specie, possono procurarsi, anche mediante la rinuncia al trattamento economico che loro spetterebbe in base alla contrattazione collettiva, non può e non deve essere tenuta in considerazione ai fini della valutazione della congruità dell’offerta economica presentata da tali soggetti e/o del costo del lavoro: ciò in ragione del fatto che si determina a favore di essi un vantaggio che deve considerarsi lesivo della parità di trattamento tra operatori economici nella misura in cui non è espressione di uno ‘sforzo imprenditoriale’ e, quindi, di una ‘sana competizione’. Ne consegue che le Stazioni appaltanti devono determinare il costo del lavoro esposto dall’operatore economico, per l’attività prestata dai soci lavoratori, in applicazione integrale dei diritti riconosciuti dalla contrattazione collettiva di riferimento, e ciò al fine di ristabilire il corretto confronto concorrenziale rispetto agli altri operatori partecipanti alla gara, e quindi valutare l’effettivo costo del lavoro che si deve sostenere per far fronte all’esecuzione del contratto (Cons. Stato n. 84 del 2015; T.A.R. Piemonte, sez. I, 20 marzo 2018, n. 327).
Inoltre, pur a fronte delle chiare obiezioni prospettate dal Giudice di prima istanza, l’A.L.E.R. in sede di appello non ha ritenuto di fornire adeguati chiarimenti in ordine al fatto se ‘la presenza di soli tre soci – tutti prestatori di opera e di cui uno anche con la veste di Responsabile del servizio – si possa far fronte all’esecuzione di un appalto che ricomprende anche attività di ‘pronto intervento’ per l’intera giornata (h24)’. Da ultimo, va precisato che neppure si è adeguatamente giustificato, ai fini della valutazione della sostenibilità dell’offerta, l’esiguità dell’utile di impresa, né si è chiarito il difetto di istruttoria sui costi degli automezzi, che si assumono interamente ammortizzati.
14. In definitiva, l’appello va respinto ed ogni altra censura deve ritenersi assorbita.
15. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante alla rifusione delle spese di lite a favore della parte costituita, che liquida in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.