CONSIGLIO DI STATO – Sentenza 19 settembre 2019, n. 6249
Permesso di soggiorno per lavoro autonomo – Diniego – Carenza di reddito negli anni di riferimento
Fatto e diritto
1 – Il Signor Z.A., cittadino extracomunitario presente sul territorio italiano per motivi di lavoro, ha appellato la sentenza breve del TAR per la Liguria che ha respinto il suo ricorso contro il diniego di rinnovo per il 2018 del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, motivato dalla carenza di reddito negli anni di riferimento.
2 – Con ordinanza n. 1913/2019 questa Sezione ha accolto la domanda cautelare presentata dal ricorrente ai fini del riesame della sua domanda in un’ottica prospettica, “Considerato che, pur in mancanza di un reddito adeguato per l’anno di riferimento ai fini del rinnovo, secondo le allegazioni in atti l’attività di lavoro autonomo e dipendente dell’appellante ha portato ad un raddoppio degli introiti dichiarati per l’anno successivo, e che tale sopravvenienza consente all’Amministrazione di procedere ad una valutazione prognostica circa la possibilità di un futuro raggiungimento della soglia minima reddituale anche mediante il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione” ed ha fissato il merito alla pubblica udienza del 25 luglio 2019.
3 – Il Ministero dell’interno il 14 maggio 2019 ha fatto pervenire il provvedimento di riesame del giorno precedente che, facendo ampia citazione di singoli passi virgolettati di singole sentenze di questa Sezione, ha nuovamente fermato l’esame della situazione reddituale al medesimo anno già considerato, affermando l’irrilevanza delle sopravvenienze indicate dalla predetta ordinanza a fronte della presenza di redditi troppo bassi negli anni precedenti, nonché l’inapplicabilità al lavoro autonomo dello strumento del rinnovo del titolo di soggiorno per attesa occupazione.
4 – L’interessato ha quindi proposto nelle more, in data 12 luglio 2019, anche un nuovo separato ricorso al TAR munito di istanza cautelare, lamentando la violazione della citata precedente ordinanza cautelare, oltreché il contrasto con la giurisprudenza rinvenibile in materia e la violazione del proprio diritto di partecipazione al procedimento.
5 – Quanto al presente appello, – il signor Z., premesso di essere presente regolarmente in Italia dal 2012, di non aver mai avuto problemi con la giustizia né condanne e di non avere procedimenti penali pendenti e di aver ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno ogni due anni, riferisce che nel 2014 ha aperto una partita iva per commercio ambulante, ma ha lavorato anche come lavoratore dipendente nel 2016, percependo un reddito annuo di € 10.749 e anche nel 2017 fino al mese di aprile, percependo un reddito di € 2.344,49. Successivamente come lavoratore autonomo ha percepito un reddito di € 2.397, mentre il reddito da lavoro autonomo nel 2018, non ancora definitivo, è pari ad € 8.770 come da situazione contabile al 31.12.2018 prodotta. Ha dunque presentato nell’aprile del 2018 domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, allegando i redditi percepiti nel 2017 come lavoratore subordinato, il bilancio provvisorio dei redditi percepiti nell’anno 2017 con lavoro autonomo e il bilancio provvisorio fino a marzo 2018, ma la Questura ha contestato la mancanza di un reddito sufficiente, con provvedimento di diniego valutato come legittimo dal TAR, il quale ha ritenuto che l’andamento reddituale dell’interessato nel tempo fosse inadeguato a testimoniare un suo serio impegno lavorativo.
5.1 – Con l’appello vengono dedotti quali motivi di impugnazione la violazione di legge e l’eccesso di potere, in quanto l’art. 5 comma 5 TUI disciplina il rinnovo del permesso di soggiorno prevedendo in particolare, al comma 5, che “Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili”.
5.2 – La fattispecie in esame rientrerebbe in tale previsione, i quanto pur a fronte di una non controversa mancanza dei requisiti di reddito nel periodo valutato per il rinnovo del titolo, un fatto sopravvenuto consentirebbe comunque il rilascio del rinnovo, in presenza di un reddito per l’anno successivo a quello di riferimento di Euro 8.770 superiore sia all’importo annuo dell’assegno sociale secondo le previsioni dell’art. 39 del DPR 394/99 (regolamento attuativo TUI), ammontante per il 2018 ad € 5.824,91, sia al reddito minimo necessario per l’ingresso, cioè € 8.263,31 necessario, secondo talune pronunce, anche ai fini del rinnovo.
5.3 – Vero è che il TAR, con la sentenza breve che ha rigettato il ricorso, ha affermato che il reddito minimo disponibile per il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoratore autonomo sarebbe pari ad € 36.151,98, ossia al reddito minimo richiesto ai lavoratori per avere l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (e non al reddito di € 8.263,31 previsto per l’esenzione dalla spesa sanitaria dei disoccupati) ma, contesta l’appellante, si tratta di una interpretazione errata, non conforme né alla giurisprudenza maggioritaria né all’impianto complessivo previsto dal TUI, ove mai viene indicato un limite di reddito così elevato ed ove, anzi, all’art. 9 si chiede per il rilascio del permesso di lungo soggiorno un reddito minimo non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, senza distinguere fra lavoratori autonomi e lavoratori subordinati.
5.4 – L’appellante chiede pertanto che sia respinta la predetta tesi interpretativa del TAR in quanto priva di base giuridica e del tutto irragionevole e, in subordine, solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 3 TUI (secondo il quale il lavoratore non appartenente all’Unione europea deve comunque dimostrare di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria), per contrarietà agli artt. 3 e 4 della Costituzione, i quali sanciscono il principio di uguaglianza ed il diritto al lavoro, ed all’art. 10 comma 2, che dispone che “la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali”, posto che l’art. 10 della Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro n. 143 del 24.06.1975, impegna l’ordinamento a “promuovere e garantire la parità di opportunità e di trattamento in materia di occupazione e di professione … per le persone che, in quanto lavoratori migranti o familiari degli stessi, si trovino legalmente sul suo territorio”, essendo evidente che, accogliendo l’interpretazione del TAR, la predetta disposizione comporterebbe una diversità di disciplina fra lavoro subordinato ed autonomo assolutamente irragionevole, iniqua ed ingiusta.
5.5 – L’appellante rappresenta, infine, che la possibilità di restare senza lavoro e, dunque, in una situazione di momentanea difficoltà reddituale, è espressamente prevista dal Legislatore che prevede il permesso di soggiorno per attesa occupazione della durata di un anno, certamente applicabile all’appellante, che ha perso il lavoro subordinato nell’aprile 2017.
6 – Ai fini della decisione di merito, premette il Collegio che il nuovo provvedimento di diniego, adottato a seguito dell’ordine di riesame recato dalla sopracitata ordinanza cautelare di questa Sezione, è meramente confermativo della precedente statuizione, che viene confermata a seguito di una nuova istruttoria che, in realtà, riproduce pedissequamente quella precedente, sia pure ampliandone la motivazione con richiami a precedenti giurisprudenziali, di modo che un eventuale annullamento giurisdizionale del precedente atto travolgerebbe anche quello successivo, risultando quindi confermata la sussistenza di un attuale e concreto interesse dell’appellante alla decisione.
7 – Ciò premesso, nel merito a giudizio del Collegio l’appello è fondato sotto il profilo da ultimo evidenziato al punto 5, posto che l’interessato, pur titolare di un permesso per lavoro autonomo, ha effettivamente perso il proprio posto di lavoro quale lavoratore dipendente nell’anno preso a riferimento per il rinnovo e che, comunque, questa Sezione, con sentenza n. 6070/2014, ha ritenuto di dover estendere anche alla disciplina del lavoro autonomo la previsione contenuta nell’art. 22, comma 11, TUI per il lavoro subordinato, secondo cui, nel caso di perdita del lavoro, il cittadino extracomunitario ha diritto ad ottenere un permesso di soggiorno per attesa occupazione della durata di un anno.
7.1 – In particolare, secondo la citata giurisprudenza “si evince una regola più generale di ragionevolezza relativa alla tollerabilità di temporanee o parziali carenze di reddito per i soggetti che comunque dimostrino o abbiano dimostrato la capacità di produrre reddito in conformità alla “ratio” di tutta la normativa sui requisiti di reddito riportata … tale regola di ragionevolezza è valida a maggior ragione per il lavoro autonomo in ragione della maggiore variabilità dei redditi derivanti dal tipo di attività, soprattutto in una fase di prolungata crisi economica come quella attuale“. Pertanto questa stessa Sezione con sentenza n. 5176/2018, ha precisato che “Ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno, dalle disposizioni del d.lgs. 286/1998, complessivamente considerate, non si evince che sia necessaria la dimostrazione del possesso, in modo assoluto ed ininterrotto, del prescritto livello di reddito: al contrario, l’Amministrazione deve comunque tener conto di comprovati fatti sopravvenuti prima del provvedimento (in primis: un rapporto di lavoro che faccia presumere una prospettiva di continuità per il futuro), che superino situazioni di carenza di reddito riscontrate durante il pregresso periodo di validità del precedente permesso.”
7.2 – Alla stregua delle pregresse considerazioni, nella specifica fattispecie in esame l’adozione di un nuovo diniego basato sull’insufficienza del reddito, in luogo del rilascio di un permesso annuale per attesa occupazione, contrasta con la lettera e con la ratio della normativa di riferimento, oltre ad essere manifestamente non conforme al disposto della citata ordinanza di questa Sezione, che ha testualmente indicato le ragioni (di fatto ignorate nel riesame dell’Amministrazione) che depongono per un giudizio prognostico favorevole, e che, quindi, non consentono il rinnovo del permesso (in difetto del requisito di reddito minimo, qualunque sia la soglia applicabile) e tuttavia impongono di valutare il rilascio di un permesso annuale per attesa occupazione sulla base di una valutazione, probabilistica, circa la futura capacità dell’interessato di svolgere un’attività lavorativa produttiva di un reddito idoneo al suo sostentamento, basata quindi non tanto sugli importi reddituali percepiti quanto sulla favorevole valutazione probabilistica consentita dal delta di incremento del reddito, che nella fattispecie in esame è raddoppiato nel corso di un anno.
7.3 – Le pregresse considerazioni determinano l’accoglimento dell’appello sotto il profilo sopra considerato e, per l’effetto, l’accoglimento del ricorso di primo grado, in riforma dell’appellata sentenza, ai fini del tempestivo riesame da parte dell’Amministrazione nei sensi sopraindicati, ed esimono il Collegio dall’esame delle ulteriori censure e della connessa dedotta questione di legittimità costituzionale, in quanto non rilevante ai fini della presente decisione.
7.4 – Le spese dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza accoglie il ricorso di primo grado ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Condanna l’Amministrazione dell’interno al pagamento delle spese della presente fase di giudizio, che vengono liquidate in euro 3.000,00 (tremila) oltre IVA, CPA ed accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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