CONSIGLIO DI STATO – Sentenza 26 giugno 2013, n. 3510
Declaratoria del diritto al trattamento economico con decorrenza retroattiva
Fatto e diritto
1.- La prof. D. V., nominata in ruolo quale docente di materie letterarie nella scuola media con decreto del Provveditore agli studi di Massa Carrara 25 settembre 1991, n. 634, impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Toscana 21 giugno 2010, n. 2016, che ha respinto il ricorso (r.g.n. 1723/2000) proposto per il riconoscimento del suo diritto al trattamento retributivo fin dal 10 settembre 1984, data della decorrenza giuridica della sua nomina in ruolo ovvero, in subordine, per il risarcimento del danno subito in dipendenza della mancata tempestiva assunzione in ruolo, da liquidarsi in misura corrispondente alla retribuzione e ad ogni altra somma non percepita nel periodo compreso tra il 10 settembre 1984 e la data di effettiva assunzione (4 aprile 1991), con maggiorazione di interessi legali e rivalutazione monetaria.
Premette l’appellante di aver superato nel 1982 il concorso a cattedra per l’insegnamento di materie letterarie nella scuola media di primo grado, ma di aver ottenuto l’assunzione in ruolo soltanto nel 1991 a causa della determinazione dell’Amministrazione scolastica (poi accertata come illegittima da Tar Toscana 14 dicembre 1990, n. 90) di assegnare ai vincitori del concorso a cattedra soltanto la metà dei posti disponibili (l’altra metà dovendo restare a disposizione dei cosiddetti docenti soprannumerari).
Si duole l’appellante della erroneità della gravata sentenza, che avrebbe denegato ogni riparazione pecuniaria in suo favore, in relazione alla ritardata assunzione in ruolo conseguente all’illegittimo comportamento della amministrazione, muovendo dalla non condivisibile assimilazione della fattispecie in oggetto alla categoria della responsabilità extracontrattuale della p.a., per la cui configurazione sarebbe mancata, a giudizio dei giudici di primo grado, la prova della colpa della Amministrazione scolastica.
Si è costituita in giudizio l’appellata Amministrazione per resistere all’appello e per chiederne la reiezione.
All’udienza del 17 maggio 2013 la causa è stata trattenuta per la sentenza.
2.- L’appello è infondato e va respinto.
Come ricostruito in fatto nella impugnata sentenza, nel concorso a cattedra cui partecipò la ricorrente nel 1982, solo la metà dei posti furono destinati ai candidati utilmente graduati, gli altri (e cioè la restante metà) furono lasciati disponibili per il riassorbimento dei docenti soprannumerari. Solo a seguito del vittorioso esperimento di un ricorso giurisdizionale collettivo, conclusosi con la sentenza 14 dicembre 1990, n. 990, con cui il Tar della Toscana stabilì la illegittimità della determinazione soppressiva dei posti di dotazione organica aggiuntiva (D.O.A.), quei posti furono finalmente assegnati a beneficio della graduatoria concorsuale in cui figurava la odierna appellante. In esecuzione della predetta sentenza, la ricorrente ha ottenuto, nel 1991, l’assunzione in ruolo, che è stata disposta con decorrenza giuridica dal 1984, ma con decorrenza economica dalla data di effettivo inizio dell’attività lavorativa.
3.- Si tratta quindi di stabilire se la odierna appellante, come dalla stessa chiesto fin dal primo grado, abbia diritto ad ottenere la reintegrazione patrimoniale, in relazione ad ogni emolumento non percepito per il periodo di mancata assunzione in ruolo ed a qual titolo, eventualmente, la domanda in tal senso proposta possa trovare accoglimento.
3.1- Ritiene il Collegio che vada anzitutto disattesa la pretesa della odierna appellante a vedersi riconosciuto il credito rivendicato a titolo di trattamento retributivo.
E’ pacifico che l’appellante non abbia prestato servizio nel periodo considerato (10 settembre 1984- 25 settembre 1991), non già in dipendenza di un fatto interruttivo del rapporto di lavoro, ma in relazione alla circostanza oggettiva della mancanza, ab origine, del decreto di nomina, sopravvenuto a distanza di molti anni, sia pur con decorrenza giuridica retroattiva.
E’ noto che la giurisprudenza amministrativa distingue, ai fini del diritto o meno alla restituito in integrum, tra l’ipotesi della illegittima sospensione o interruzione del rapporto lavorativo (rispetto alla quale pur sempre si tratta di individuare le conseguenze della emanazione di un atto illegittimo) e quella della ritardata assunzione del dipendente. In quest’ultimo caso, attesa l’insussistenza del rapporto sinallagmatico nel periodo di mancata attivazione del contratto di lavoro (durante il quale il dipendente non ha conseguentemente profuso in favore della amministrazione le proprie energie lavorative) il lavoratore non ha diritto al pagamento della retribuzione, ferma restando, tuttavia, nel concorso delle condizioni, la possibilità di accedere alla tutela risarcitoria.
Applicando tali condivisibili principi al caso di specie consegue che alla odierna appellante non potrebbe essere riconosciuto alcunché a titolo contrattuale nel periodo compreso tra il 10 settembre 1984 ed il 25 settembre 1991, tanto più che a suo tempo non è stato impugnato il suindicato provvedimento di nomina, che ha costituito il rapporto lavorativo retroattivamente (e cioè a decorrere dal 10 settembre 1984) soltanto sul piano giuridico, senza tuttavia nulla riconoscere alla ricorrente sul piano economico (in assenza, in fatto, di attività di lavoro).
3.2- Venendo al titolo risarcitorio della domanda proposta in primo grado, il Collegio ritiene che neanche in base a tale causa petendi l’odierna appellante abbia titolo ad ottenere la reintegrazione patrimoniale e che, pertanto, vada ritenuta esente da censure la impugnata sentenza di reiezione dell’originario ricorso.
Il TAR ha ritenuto al riguardo che l’interessata non ha provato la sussistenza della colpa dell’amministrazione. Tale statuizione è stata contestata dall’appellante, la quale ha invocato i principi riguardanti la responsabilità contrattuale, deducendo che dovrebbe al contrario presumersi la colpa dell’amministrazione.
Ritiene al riguardo il Collegio che, quando è proposta una domanda risarcitoria basata sulla illegittimità di un atto autoritativo di cui sia stata rilevata l’illegittimità, la sussistenza della rimproverabilità va accertata dal giudice senza formalismi, e cioè senza gravare alcuno dell’onere della relativa prova, tenendo conto delle deduzioni delle parti e di quanto può emergere dall’esercizio dei suoi poteri istruttori, tra l’altro valutando le condizioni caratterizzanti l’organizzazione e l’attività amministrativa, la chiarezza della normativa, lo stato della giurisprudenza, la complessità delle questioni coinvolte, la condotta degli interessati nel corso del procedimento (cfr. Sez. VI, 14 marzo 2005, n. 1047; Sez. VI, 27 gennaio 2012, 376).
Nella specie, non sussiste la riproverabilità dell’amministrazione, il cui provvedimento – pur risultato illegittimo – ha originariamente assegnato al concorso solo la metà dei posti disponibili delle dotazioni organiche aggiuntive, sulla base di un quadro normativo notevolmente complesso, di cui rilevavano le linee programmatiche della legge n. 270 del 1982 che, all’art. 20, comma 5, secondo cui “Il 50 per cento dei posti compresi nelle dotazioni aggiuntive della scuola materna, elementare e media di cui al presente articolo, con esclusione degli istituti di istruzione secondaria superiore ed artistica,è assegnato al concorso ordinario che sarà indetto in prima applicazione della presente legge, entro novanta giorni dalla sua entrata in vigore”.
Per altro verso, l’attività amministrativa risultava ispirata ad un canone comportamentale di prudenziale attesa nelle more dell’adozione delle determinazioni ministeriali in ordine alla possibilità di assegnare al concorso tutti i posti disponibili nelle province – come appunto nella Provincia di Massa Carrara- in cui non figuravano soprannumerari da assorbire.
Per tali ragioni, il Collegio ritiene che difettino, nel caso di specie, i presupposti per ravvisare la colpa dell’amministrazione scolastica in relazione al comportamento causativo del ritardo col quale la odierna appellante ha ottenuto l’assunzione in ruolo, non essendo evidentemente sufficiente, ad integrare la complessa fattispecie della responsabilità civile della amministrazione, la sola illegittimità provvedimentale rilevata dal Tar Toscana nella sentenza 14 dicembre 1990, n. 990. .
4.-In definitiva, alla luce dei rilievi svolti, l’appello va respinto.
Ricorrono tuttavia giusti motivi per far luogo alla compensazione tra le parti delle spese e competenze del secondo grado del giudizio, anche in considerazione della particolarità della materia trattata.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sull’appello (r.g.n. 5365/2011), come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del presente grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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