CONSIGLIO DI STATO – Sentenza 27 giugno 2013, n. 3523
Diniego emersione da lavoro irregolare – Ammissione al patrocinio a spese dello Stato
Fatto e diritto
1. Il Sig. A. F. ha presentato domanda di emersione dal lavoro irregolare a favore del cittadino di nazionalità marocchina B. B.
2. Proposto ricorso da quest’ultimo avverso il silenzio serbato dall’amministrazione e successivi motivi aggiunti avverso il sopravvenuto diniego espresso, il Tar Calabria, sezione di Reggio Calabria, ha dichiarato il primo improcedibile, sul rilievo che medio tempore l’amministrazione si era pronunciata sebbene in senso negativo, e ha respinto la seconda impugnazione in ragione della sentenza di condanna alla pena di mesi sei per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, da considerarsi ostativa siccome rientrante nella previsione di cui all’art. 381 c.p.p. cui fa rinvio l’art. 1-ter, co. 13, lett. c) del d.l. 78/2009 convertito in l. 102/2009.
3. Con il presente appello è impugnata la sentenza di primo grado, sia riproponendo una serie di vizi procedimentali e deducendo di nuovo la carenza di motivazione, che renderebbero illegittimo il provvedimento di diniego, sia sottolineando come la sentenza penale non potrebbe essere causa ostativa alla regolarizzazione in quanto con essa era stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, ai sensi e agli effetti dell’art. 166 c.p.
3.1. Con successivi motivi aggiunti all’atto di appello si chiede inoltre la riforma del decreto n. 247/2012 adottato sempre dal Giudice di primo grado e recante il rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ammissione esclusa dal Tar facendo applicazione dell’art. 119 dpr 115/2002 che limiterebbe il beneficio nei confronti dei soli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio nazionale.
3.2. Si sono costituite le amministrazioni appellate, chiedendo la conferma della sentenza.
3.3. Accolta la domanda cautelare nella camera di consiglio del 20.1.2012, all’udienza pubblica del 7.6.2013 la causa è passata in decisione.
4. Osserva il Collegio come il diniego opposto dall’amministrazione all’istanza di emersione sia stato motivato unicamente in ragione della esistenza di una sentenza penale di condanna, per un reato rientrante tra quelli previsti dall’art. 381 c.p.p., e sul presupposto che un simile precedente penale costituisse automaticamente un motivo ostativo all’accoglimento dell’istanza, ai sensi dell’art. 1 ter, co. 13, lett. C) d.l. 78/2009, vincolando in tal senso l’amministrazione competente.
4.1. Tale presupposto è stato implicitamente contestato dall’odierno appellante, sia nei motivi aggiunti in primo grado che con l’atto di appello, deducendo allora come ora la violazione dell’art. 3 della l. 241/1990 e lamentando l’insufficienza del solo riferimento alla sentenza di condanna, in assenza di ulteriori accertamenti istruttori, tanto più necessari in quanto il giudice penale nel caso di specie aveva concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.
4.2. Tanto premesso, è noto come proprio simile presupposto, ovvero l’automatismo del diniego dell’emersione fatto discendere de plano dalla condanna penale per uno qualunque dei reati previsti dall’art. 381 c.p.p., sia stato ritenuto costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza 2.7.2012, n. 172, per violazione dell’art. 3 Cost. ovvero per manifesta irragionevolezza. Ciò sul fondamentale rilievo che non necessariamente e comunque non tutti i reati di cui all’art. 381 c.p.p. sono sintomatici di una effettiva pericolosità sociale di chi li ha commessi (v., soprattutto, il punto 7.2. della motivazione).
4.3. Per effetto di tale pronuncia e del suo contenuto additivo rispetto alla disposizione impugnata, nel caso di specie, in particolare, l’amministrazione avrebbe quindi dovuto (e dovrà ora procedere a) valutare una pluralità di elementi, fra i quali, ad esempio, la effettiva gravità e rilevanza del fatto addebitato all’interessato in sede penale, la condotta complessiva del medesimo desumibile dalle sue condizioni di vita e lavorative, etc., al fine di accertare se costui rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato.
4.4. Poiché il provvedimento impugnato è invece basato unicamente sul dato di fatto dell’intervenuto procedimento penale, ne consegue che l’appello è fondato e che il diniego è illegittimo e va annullato.
5. Resta da esaminare la questione concernente l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato del ricorrente, sia per quanto attiene al giudizio di primo grado che a quello di appello.
5.1. Con riferimento al primo, parte ricorrente con motivi aggiunti ha infatti avanzato una sorta di reclamo avverso il decreto collegiale del Tar con cui è stata respinta la domanda di riesame dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, istanza respinta dall’apposita commissione costituita presso il Tar sulla base dell’art. 119 d.p.r. 115/2002 che escluderebbe dal beneficio lo straniero che non sia regolarmente soggiornante sul territorio nazionale.
5.2. Al di là della reclamabilità o meno di una simile decisione collegiale, peraltro adottata dal Tar quando già era stato proposto il presente appello, la stessa identica questione si pone comunque anche in questa sede, se è vero che l’ammissione disposta dalla Commissione presso il Consiglio di stato, con decreto 17/2012, ha carattere provvisorio ed è assoggettata al controllo del “magistrato competente per il giudizio”, come si ricava dall’art. 126, co. 3, del citato d.p.r. 115/2002.
5.3. Ciò posto, la disposizione di cui all’art. 119 – laddove sembra riconoscere il beneficio del patrocinio a spese dello Stato, oltre che al cittadino italiano, al solo “straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo” – solleva più di un dubbio di costituzionalità.
5.4. Con la presente decisione, pertanto, il Collegio risolve parzialmente la controversia, senza definire il procedimento, accogliendo per quanto di ragione l’appello e, in riforma della sentenza appellata, annullando l’atto impugnato in primo grado, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione,
Il Collegio riserva invece a separato provvedimento la pronuncia relativa all’ammissione dell’interessato al beneficio del patrocinio a spese dello Stato e l’esame della questione di costituzionalità.
Le spese relative al giudizio sin qui svoltosi possono essere compensate, tenuto conto che l’esito è stato determinato da una sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, così provvede:
1) accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie i motivi aggiunti proposti in primo grado ed annulla il diniego di emersione, compensando le relative spese;
2) riserva a separato provvedimento la decisione sull’ulteriore domanda di ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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