CONSIGLIO DI STATO – Sentenza 27 giugno 2013, n. 3525
Diniego rinnovo permesso di soggiorno
Fatto e diritto
1. – Il signor M. E. ha impugnato la sentenza del TAR per il Veneto n. 01632/2011, che respinto il ricorso da lui proposto per l’annullamento del provvedimento di irricevibilità dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.
2. – La sentenza ha respinto il ricorso affermando che l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno è tardiva, in quanto è stata presentata dopo nove mesi dalla scadenza del permesso di soggiorno per attesa occupazione scaduto in data 24 Dicembre 2008. Dal secondo comma dell’art. 13 del D.Lgs. n. 286 del 1998 si desume che non è rinnovabile il permesso di soggiorno, quando è scaduto da più di 60 giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo. L’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 286 del 1998, che consente la valutazione di elementi sopravvenuti, presuppone comunque la valida presentazione di rilascio del permesso di soggiorno, che difetta nel caso di specie. Essendo il provvedimento vincolato non rileva la mancata applicazione delle garanzie di partecipazione al procedimento di cui alla legge n. 241/1990.
3. – L’appellante oppone alla sentenza – frutto a suo avviso di una distorta interpretazione della normativa del testo unico in tema di immigrazione, assai distante dalla prevalente giurisprudenza – in primo luogo il carattere incolpevole del ritardo, che risulta da una serie di circostanze che il TAR ha ritenuto di non prendere in considerazione. In particolare l’appellante è rimasto bloccato per 5 mesi in Marocco dal ritardo nel rilascio del nulla osta al visto di ingresso in Italia da parte della stessa Questura di Treviso. L’appellante lamenta il mancato rispetto dell’obbligo della comunicazione di preavviso del rigetto di cui all’art. 10 bis della legge n. 241/1990, in riferimento al quale è del tutto illogica la motivazione della sentenza, che fa riferimento ai principi di cui all’art. 21-octies della medesima legge, non pertinenti in questo caso dal momento che l’appellante avrebbe ben potuto opporre la giustificazione del ritardo e la situazione familiare. Né può dirsi che vi erano motivi di urgenza dato il lungo tempo trascorso dalla presentazione della domanda all’emissione del provvedimento di diniego. Del tutto errata è l’interpretazione dell’art. 13, comma 2, del D.Lgs. n. 286/1998, sulla base della quale il TAR sostiene che la scadenza del termine preclude la presentazione tardiva della domanda di soggiorno, interpretazione che contrasta con la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato in materia.
4. – La causa è stata discussa e trattenuta in decisione all’udienza pubblica dell’8 marzo 2013.
5. – L’appello è fondato.
5. 1. – Il Collegio, in disparte le confuse e controverse circostanze di fatto che ricorrono nella vicenda in esame e la palese inammissibilità delle censure svolte in questa sede dall’appellante anche avverso il precedente permesso di soggiorno scaduto, giudica determinante ai fini della decisione il fatto che l’Amministrazione procedente ha omesso di far ricorso, nel procedimento che ha portato all’adozione dell’atto oggetto del giudizio, agli istituti di partecipazione procedimentale e, in particolare, il fatto ch’essa non ha effettuato la comunicazione del preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, che poteva nel caso di specie consentire al destinatario di comprovare la sua situazione familiare nonché la sussistenza di gravi motivi, che possono aver determinato il ritardo nella presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno.
5.2. – La giustificazione del ritardo è invero rilevante ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 13, comma 2, del D. Lgs. n. 286/1998, che, in caso di ritardo nella presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, fanno comunque salvo il caso della forza maggiore. Siffatta giustificazione può assumere altresì rilievo ai sensi dell’art. 5, comma 5, primo periodo, del medesimo decreto, che prescrivono di tenere conto, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, degli elementi sopravvenuti, verificando, in presenza di elementi ostativi, se non si tratti di irregolarità amministrative sanabili;
5.3. – Al pari degli aspetti di cui al punto precedente, non sono state fatte oggetto di valutazione, né nell’ambito del provvedimento impugnato in primo grado né da parte della sentenza del TAR, neppure le circostanze relative alla autosufficienza economica ed alla situazione familiare dell’appellante, la cui posizione personale può essere sostanzialmente assimilata a quella di ricongiungimento familiare in quanto tuttora appartenente ad una famiglia che si è riunita in Italia a seguito di ricongiungimento familiare operato dal padre nei confronti della madre e dei fratelli; invero, in caso di ricongiungimento familiare o di situazioni ad esso ritenute assimilabili dalla giurisprudenza, le disposizioni dell’art 5, comma 5, secondo periodo, nonché quelle dell’art. 13, comma 2 bis, del D.Lgs. n. 286/1998 sono tassative nel richiedere una specifica valutazione dei legami familiari in Italia e nel paese di origine nonché della durata del soggiorno in Italia.
5.4. – Va anche considerato che, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza del TAR, la fissazione di un termine per la presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno deve essere considerato un aspetto certamente volto ad assicurare il buon andamento dell’azione amministrativa ed il buon governo della gestione dei permessi previsti dall’ordinamento per la valida permanenza degli stranieri extracomunitarii sul territorio nazionale,,ma non consente comunque all’Autorità amministrativa di limitarsi ad opporre all’istanza di rinnovo la irricevibilità della domanda tardiva, senza tener conto di ogni eventuale circostanza di fatto, che possa aver determinato il superamento del veduto termine.
5.5. – Le considerazioni di cui ai punti precedenti individuano quindi altrettanti aspetti di illegittimità del provvedimento impugnato e si sommano nel confermare la inequivoca rilevanza della mancata comunicazione di preavviso del procedimento di cui all’art. 10-bis della legge 241/1990, che non trova nel caso in esame, per più aspetti, alcuna esimente nelle disposizioni di cui all’art. 21-octies della stessa legge, dato che l’Amministrazione avrebbe avuto, ai sensi di legge, l’obbligo di verificare e valutare proprio le informazioni che non si è dato la possibilità di fornire tempestivamente nel corso del procedimento e che sono pertanto emerse solo in sede giurisdizionale.
6. – L’appello dev’essere di conseguenza accolto e la sentenza del TAR deve essere riformata nel senso di accoglimento del ricorso in primo grado.
7. – In relazione alla natura della controversia ed alla violazione, da parte dell’appellante, del principio di sinteticità degli atti di cui all’art. 3 c.p.a., le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate fra le parti.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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