Consiglio di Stato sezione II sentenza n. 1212 depositata il 27 febbraio 2018
LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – INFERMITA’ PER CAUSA DI SERVIZIO ED EQUO INDENNIZZO – LIQUIDAZIONE – RECEPIMENTO DEL PARERE DEL CPPO
FATTO E DIRITTO
I – -OMISSIS– Ispettore capo della Polizia di Stato – propone ricorso in appello, notificato il 2 marzo 2011, per l’annullamento e/o la riforma della sentenza n. -OMISSIS-resa dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sez. II, in data 11 novembre 2010, notificata in data 3 gennaio 2011, con la quale era rigettato il ricorso proposto dall’interessato per l’annullamento del decreto del Ministero dell’Interno n. -OMISSIS-, a firma del Direttore della III Divisione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale per le risorse umane – Servizio Trattamento di Pensione e Previdenza, con cui venivano respinte la domanda presentata dal ricorrente in data -OMISSIS-per ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità riscontratagli, nonché la domanda avanzata dal ricorrente medesimo in data -OMISSIS-per la concessione dell’equo indennizzo; e per l’annullamento di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, anche se non conosciuto dal ricorrente e, in particolare, del parere del Comitato di verifica per le cause di servizio n. -OMISSIS-.
La sentenza di prime cure, in sintesi, si attesta sulle seguenti conclusioni:
– i giudizi medico legali espressi dagli organi tecnico- consultivi, ai fini dell’accertamento della dipendenza da causa di servizio di un’infermità, sono “giudizi connotati da discrezionalità tecnica la cui valutazione è sottratta al sindacato del giudice amministrativo, salvo i poteri di questi di valutarne ab externo la irragionevolezza, la incongruità e soprattutto l’eventuale carenza di esaustività” (Cons. di Stato, Sez. IV 18 febbraio 2003 n. 877);
– per costante giurisprudenza, il parere espresso dal Comitato di verifica ai sensi dell’art. 14, comma 1, del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 ha carattere obbligatorio, nel senso che l’Amministrazione è tenuta a recepire e fare proprio il parere del Comitato di verifica, unico organo consultivo al quale spetta il compito di esprimere il giudizio finale sulla eziologia dell’infermità sofferta dal pubblico dipendente; conseguenza della particolare efficacia del parere (obbligatorio) espresso da tale organo è la sua idoneità, ove non vi siano elementi comprovanti la sua inattendibilità, a fungere da unica motivazione per il provvedimento finale, mentre solo nel caso in cui l’amministrazione ritenga di non potervi aderire sorge un obbligo specifico di motivazione in capo alla stessa (ex multis, Cons. di Stato, Sez. VI, 6v aprile 2009 n. 2118; Cons. di Stato, Sez. VI, 12 ottobre 2008 n. 5663).
Con riguardo poi al dedotto carattere stereotipato del parere formulato dal Comitato di verifica, il Collegio rilevava che esso non poteva essere considerato, di per sé solo, indice di inattendibilità del parere formulato dal Comitato di verifica.
Con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 – in disparte la non applicabilità ai procedimenti in materia previdenziale ed assistenziale – stante il disposto dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990 – il giudice di prime cure evidenziava che l’eventuale partecipazione procedimentale dell’interessato non avrebbe potuto produrre effetti sul contenuto dispositivo del provvedimento impugnato, atteso che, nei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una determinata infermità del pubblico dipendente, il parere del Comitato di verifica, oltre ad essere obbligatorio, è vincolante per l’amministrazione procedente, nel senso che quest’ultima è tenuta a concludere il procedimento in maniera conforme alle determinazioni dell’organo consultivo, fatte salve le ipotesi di palese inattendibilità o di manifesta illogicità.
Deduce l’appellante i seguenti motivi di censura:
1 – violazione dell’art. 3, l. n. 241 del 1990 per carenza assoluta di motivazione, carenza di istruttoria e violazione dei principi di efficienza, buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, in quanto il parere del Comitato di verifica, cui fa rinvio il provvedimento impugnato sarebbe altresì carente di istruttoria e motivazione;
2 – violazione dell’art. 10 bis l. n. 241 del 1990, in quanto la partecipazione dell’interessato sarebbe comunque necessaria.
Si è costituita l’Amministrazione per resistere, producendo una diffusa relazione del Ministero dell’Interno a sostegno della legittimità del provvedimento censurato e della conseguente pronunzia del primo giudice.
All’udienza dell’11 gennaio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
II – Preliminarmente il Collegio non può che aderire al consolidato indirizzo giurisprudenziale, (da ultimo, Cons. Stato, Sez. III, 06175/2017), opportunamente richiamato anche dal giudice di prime cure, per il quale gli accertamenti sulla dipendenza di una patologia da causa di servizio rientrano nella discrezionalità tecnica del Comitato di verifica, la cui valutazione conclusiva sul nesso eziologico tra l’attività lavorativa svolta e l’infermità sofferta dal pubblico dipendente, basato su cognizioni di scienza medico-specialistica e medico-legale, non è sindacabile nel merito in sede giurisdizionale, a meno che non emergano vizi del procedimento o vizi di manifesta irragionevolezza della motivazione per l’inattendibilità metodologica delle conclusioni ovvero per il travisamento dei fatti o, ancora, per la mancata considerazione di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione finale (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25 marzo 2014, n. 1454; id., 8 giugno 2009, n. 3500; 9 marzo 2017, n.1435; 27 giugno 2017, n. 5357).
Quanto al decreto ministeriale conclusivo del relativo procedimento, esso è da considerare adeguatamente motivato attraverso il richiamo al parere negativo del Comitato di verifica per le cause di servizio, che abbia preso in considerazione tutte le patologie riscontrate, esprimendosi sulla sussistenza o meno del nesso di causalità o di concausalità determinante, e su tutte le eventuali variabili suscettibili di comportare l’insorgenza del male e verificando con puntualità se l’attività lavorativa abbia o meno costituito un rischio specifico (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5675; id., 6 agosto 2012, n. 4476; Sez. II, 15 luglio 2015, n.2376).
L’Amministrazione, cioè, deve prendere atto della determinazione dell’organo tecnico che si pronuncia complessivamente sulle risultanze del procedimento e, nell’adeguarsi alla sua valutazione, può non esprimere alcuna motivazione aggiuntiva in ordine alle ragioni di adesione al parere.
Solamente nei casi in cui, in base ad elementi di cui disponga e che non siano stati vagliati dal Comitato, ovvero in presenza di evidenti mancanze o violazioni delle regole procedimentali, ritenga di non poter aderire al parere del Comitato anzidetto, il Ministero deve farsi carico di una autonoma motivazione.
Nella specie, il Ministero dell’interno ha dato atto che con precedenti decreti era stato riconosciuto l’equo indennizzo nella misura massima per -OMISSIS-ed ha richiamato le conclusioni del Comitato di verifica in relazione alla terza patologia (-OMISSIS-). Il Comitato, del resto, ha puntualmente motivato nel senso di non riconoscere come dipendente da causa di servizio la patologia di cui al n. 3 “trattandosi di affezione prevalentemente a sfondo neuro-distonico endogeno” relativamente alla quale ha, dunque, escluso anche come concausa il servizio reso.
Di contro, va rilevato che la Commissione medico ospedaliera (C.M.O.) di Bari – coerentemente con l’art. 11 del d. P.R. n. 460 del 2001- non ha formulato alcuna conclusione concernente la dipendenza da fatti di servizio della patologia sofferta dall’interessato, essendosi viceversa limitata a diagnosticare la predetta infermità.
Del resto, in forza della consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, «il parere favorevole espresso dalla Commissione medica ospedaliera (CMO) sull’infermità denunciata dal pubblico dipendente non riveste alcun valore nel riconoscimento della dipendenza della stessa da causa di servizio, trattandosi di verifica esclusivamente demandata dalla legge vigente al giudizio tecnico-discrezionale del Comitato di verifica (CVCS)» (Cons. Stato, Sez. II, 26 luglio 2017, n. 1810).
Infine, non possono che condividersi le conclusioni del primo giudice in ordine all’inconferenza della censura di violazione dell’art. 10 bis. L. n. 241 del 1990.
In conclusione, per le ragioni esposte, la sentenza impugnata merita piena conferma, dovendo respingersi l’appello.
In ragione dell’oggetto della causa, sussistono giusti motivi per compensare le spese della presente fase di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la PUGLIA – SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE II n. -OMISSIS-.
Spese del presente grado di giudizio, compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art.22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
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