Consiglio di Stato sezione IV sentenza n. 2811 depositata il 10 maggio 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – PUBBLICO IMPIEGO – INFERMITA’ PER CAUSA DI SERVIZIO ED EQUO INDENNIZZO – CAUSA DI SERVIZIO – PROCEDURA PER IL SUO RICONOSCIMENTO – PARERE DEL COMITATO DI VERIFICA
FATTO e DIRITTO
1. In data 15 marzo 2000 il sig. (omissis), all’epoca Maresciallo aiutante dell’Arma dei carabinieri, ha avanzato domanda di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio delle patologie “coxalgia sx con quadro di sofferenza femorale rmn evidenziata” e “lieve ipertensione arteriosa”.
2. Il decreto prot. n. 5627/N del 12 ottobre 2011, con cui l’Amministrazione ha inizialmente rigettato l’istanza sulla scorta del parere del Comitato di verifica per le cause di servizio prot. n. 31542 reso nell’adunanza del 21 luglio 2010, è stato annullato dal T.a.r. con sentenza n. 1636 del 13 giugno 2012 (non impugnata ex adverso e, dunque, divenuta definitiva) per mancanza della comunicazione prevista dall’art. 10-bis della l. n. 241 del 1990; in tale arresto il Tribunale, in particolare, ha statuito il dovere dell’Amministrazione “di riaprire il procedimento sollecitando il contraddittorio con il ricorrente” e dichiarato “l’obbligo di motivare in modo puntuale e dettagliato il provvedimento, prendendo specifica posizione su tutte le deduzioni formulate dal ricorrente ed evidenziando su quali leggi scientifiche anche di tipo statistico si basano i giudizi che essa dovrà esprimere”.
3. L’Amministrazione della difesa ha, quindi, emanato il provvedimento prot. n. 735/N del 21 marzo 2014, notificato in data 19 aprile 2014, con cui, sulla scorta dell’ulteriore parere del Comitato di verifica prot. n. 33443 reso nell’adunanza del 20 dicembre 2013, ha nuovamente rigettato l’istanza del ricorrente, ribadendone peraltro – come già nel precedente decreto prot. n. 5627/N – la tardività con riferimento alla patologia “lieve ipertensione arteriosa”.
4. Con successivo provvedimento del 10 luglio 2014 l’Amministrazione, alla luce della rinuncia da parte del sig. (omissis) al transito nelle aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa, ne ha disposto la cessazione dal servizio permanente ed il collocamento in congedo a decorrere dal 19 aprile 2014.
5. Il ricorrente ha impugnato entrambi gli atti (il primo con ricorso introduttivo e l’altro con motivi aggiunti), avanzando le seguenti doglianze:
– non vi sarebbe alcuna tardività nella presentazione dell’istanza relativa alla patologia “lieve ipertensione arteriosa”, come peraltro già statuito dalla citata sentenza n. 1636;
– il provvedimento sarebbe viziato da un difetto tanto di istruttoria quanto di motivazione e, oltretutto, contrasterebbe con le precise prescrizioni recate dalla menzionata sentenza n. 1636;
– il successivo provvedimento di collocamento in congedo sarebbe attinto da illegittimità derivata.
6. Costituitesi le Amministrazioni della difesa e dell’economia e finanze, il T.a.r. ha parzialmente accolto il ricorso.
6.1. Il Tribunale, prescindendo dalla questione della tempestività dell’istanza relativa alla “lieve ipertensione arteriosa”, ha sostenuto che “la statuizione dell’amministrazione in merito alla mancanza di nesso causale tra le mansioni svolte dal ricorrente e l’ipertensione è legittima”: in parte qua, pertanto, il ricorso è stato rigettato.
6.2. Il Tribunale, viceversa, ha ritenuto che la motivazione a sostegno del diniego dell’istanza di dipendenza da causa di servizio della coxalgia sia, “a fronte delle particolari circostanze e allegazioni prospettate dal ricorrente, … assolutamente insufficiente”.
6.3. Il Tribunale, premesso che “tale infermità, secondo la scienza medica, può essere originata da diverse cause, tra cui, in via meramente esemplificativa, patologie di tipo degenerativo, come la coxartrosi, o eventi traumatici” e che il ricorrente avrebbe rappresentato di avere subito, nel corso di attività di servizio, due infortuni in data 5 novembre 1999 e 30 giugno 2004, ha osservato che “il Comitato si è soffermato su aspetti generali delle possibili cause di insorgenza dell’infermità di cui è portatore il sig. (omissis), senza specificare per quale motivo la coxalgia sinistra, quanto meno nel suo aggravarsi, non sia da ricondurre agli eventi traumatici rappresentati, e ciò nonostante la sentenza n. 1636/12 emessa dalla Sezione avesse espressamente intimato all’amministrazione di riesaminare l’istanza del ricorrente, con obbligo «di motivare in modo puntuale e dettagliato il provvedimento, prendendo specifica posizione su tutte le deduzioni formulate dal ricorrente ed evidenziando su quali legge scientifiche anche di tipo statistico si basano i giudizi che essa dovrà esprimere»”.
6.4. Il Tribunale, pertanto, ha non solo annullato in parte qua i provvedimenti gravati, “con conseguente obbligo dell’organo tecnico di motivare espressamente quali siano le evidenze scientifiche e mediche per cui, nel caso di specie, sia da escludere l’insorgenza o l’aggravarsi della suddetta patologia ad esito degli eventi traumatici rappresentati dal ricorrente”, ma ha altresì stabilito che, “nel caso in cui il Comitato di Verifica non sia in grado di effettuare tale valutazione, od ometta di soffermarsi espressamente e con motivazione adeguata sullo specifico punto indicato dal Tribunale, il Ministero procedente dovrà riconoscere senz’altro l’equo indennizzo richiesto, risultando al riguardo sufficiente la documentazione prodotta dal sig. (omissis)”.
7. Le Amministrazioni hanno interposto appello, sostenendo la completezza e l’esaustività della motivazione esposta dal Comitato di verifica (e recepita nei provvedimenti impugnati) in ordine alla non riconducibilità a causa di servizio della coxalgia e lamentato che il Tribunale avrebbe sconfinato nel merito delle valutazioni tecnico-discrezionali riservate all’Amministrazione, nonché violato l’art. 34, comma 2, primo periodo, c.p.a..
8. Si è costituito il sig. (omissis).
9. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 12 aprile 2018, in vista della quale il sig. (omissis) ha depositato documenti e memoria ex art. 73 c.p.a., in cui ha ribadito le proprie difese e rappresentato che il Comitato di verifica non si sarebbe ancora pronunciato nonostante il preciso ordine in tal senso del Tribunale.
10. Il ricorso merita accoglimento.
11. Il Collegio evidenzia, preliminarmente, che la materia del contendere di questo grado di giudizio verte sulla sola riconducibilità a causa di servizio della coxalgia: il sig. (omissis), infatti, non ha impugnato il capo della sentenza del Tribunale che ne ha rigettato il ricorso avverso la reiezione dell’istanza di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio dell’ipertensione arteriosa.
12. Ciò premesso, il Collegio rileva che il parere del Comitato di verifica prot. n. 31542 (richiamato per relationem dal decreto prot. n. 5627/N del 12 ottobre 2011) presentava, in relazione alla coxalgia, la seguente motivazione: “non risultano sussistere nel tipo di prestazioni di lavoro rese disagi e strapazzi di particolare intensità, né elementi di eccezionale gravità, che abbiano potuto prevalere sui fattori individuali, almeno sotto il profilo concausale efficiente e determinante, tenuto conto della peculiare natura della patologia di cui trattasi”.
13. La sentenza del T.a.r. n. 1636 ha poi annullato, sia pure solo per un vizio procedimentale, il decreto prot. n. 5627/N del 12 ottobre 2011 ed il propedeutico parere del Comitato, prescrivendo precisi vincoli conformativi alla riedizione del potere: l’Amministrazione, infatti, avrebbe dovuto “motivare in modo puntuale e dettagliato il provvedimento, prendendo specifica posizione su tutte le deduzioni formulate dal ricorrente ed evidenziando su quali leggi scientifiche anche di tipo statistico si basano i giudizi che essa dovrà esprimere”.
14. L’Amministrazione ha quindi nuovamente interpellato il Comitato e, a fronte di un iniziale parere piuttosto scarno (si fa riferimento al parere prot. n. 8343 reso all’adunanza del 24 ottobre 2013), ha richiesto un più motivato atto, che il Comitato ha alfine reso con il citato parere prot. n. 33443 reso all’adunanza del 20 dicembre 2013.
15. In tale ultimo atto il Comitato ha confermato i propri precedenti pareri negativi “in quanto le deduzioni prodotte dall’interessato non contengono nuovi elementi di prova rispetto a quelli già esaminati e, pertanto, non introducono un quid novi od un quid pluris che possa far ricondurre la patologia in questione al servizio svolto; inoltre, trattandosi di patologia legata a disturbi circolatori, meccanici o dismetabolici, secondari il più delle volte a displasia, per errato sviluppo dell’articolazione coxofemorale (60-80% delle forme) con difetti singoli o multipli a carico delle componenti articolari (cotile, testa o collo femorale), elementi questi che comportano uno spostamento dell’asse di carico e, di conseguenza, una comparsa ed una evoluzione ingravescente dell’affezione. Gli allegati eventi di servizio pertanto possono avere svolto tutt’al più il ruolo di occasione rivelatrice, ma non quello di concausa efficiente e determinante”.
15.1. Il Comitato, dunque, premesso un inquadramento generale della patologia (“trattandosi di patologia legata a disturbi circolatori, meccanici o dismetabolici”), ha atteso ad un’individuazione delle prevalenti cause (“secondari il più delle volte a displasia, per errato sviluppo dell’articolazione coxofemorale (60-80% delle forme)”), dei caratteri (“con difetti singoli o multipli a carico delle componenti articolari (cotile, testa o collo femorale)”) e delle modalità di manifestazione ed evoluzione (“elementi questi che comportano uno spostamento dell’asse di carico e, di conseguenza, una comparsa ed una evoluzione ingravescente dell’affezione”) dell’infermità in questione.
15.2. Il Comitato, dunque, ha invero specificato “in modo puntuale e dettagliato” le ragioni a sostegno del proprio parere negativo ed ha preso “specifica posizione su tutte le deduzioni formulate dal ricorrente”, evidenziando che, sulla base delle attuali conoscenze mediche, la patologia deriva, nella maggior parte dei casi (“60-80% delle forme”) da ragioni endogene (“disturbi circolatori, meccanici o dismetabolicisecondari il più delle volte a displasia”) e non da eventi esogeni quali traumi.
16. In proposito, peraltro, è vero che in due occasioni, nel novembre 1999 e nel giugno 2004, il sig. (omissis) ha riportato traumi nel corso dell’espletamento del servizio (trattavasi, in particolare, dell’esecuzione di arresti).
16.1. Tuttavia, nel primo caso (caduta dall’alto da circa due metri) il referto dell’ospedale civile reca “contusione frontale – contusione ginocchio dx” e indica una prognosi di 7 giorni; inoltre, lo specialista privato cui, nel mese di febbraio 2000, si rivolse il sig. (omissis) rilevò, nelle proprie conclusioni, che la “contusione all’articolazione coxo-femorale” sinistra insisteva su una “preesistente coxartrosi”.
16.2. Nel secondo caso (violenta torsione dell’arto inferiore sinistro) il referto dell’ospedale civile reca “coxalgia sx” e, di nuovo, indica una prognosi di 7 giorni.
16.3. In proposito il Collegio evidenzia che questo secondo episodio risale al 30 giugno 2004, ossia ad un momento ben posteriore alla formulazione della domanda di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio (anche) della coxalgia, invero avanzata in data 15 marzo 2000, che, dunque, è del tutto logico che, nel 2004, fosse già conclamata.
16.4. Quanto al primo episodio, esso non solo risale ad appena quattro mesi prima della formulazione della cennata domanda, ma è stato oggetto di una prognosi invero contenuta (sette giorni) e, soprattutto, di una diagnosi piuttosto generica e, oltretutto, più rivolta al ginocchio destro.
16.5. Inoltre, lo specialista privato di fiducia del sig. (omissis) ha comunque rilevato, nel mese di febbraio 2000, una “preesistente coxartrosi”.
16.6. Queste evenienze, unite alla circostanza valorizzata dal Comitato secondo cui la patogenesi della coxalgia è da individuarsi prevalentemente in cause endogene, lasciano stimare esente da vizi l’operato dell’Amministrazione, comunque espressione di ampia discrezionalità tecnica sindacabile in sede giurisdizionale solo ab externo, ossia per errore di fatto o per violazione dei canoni di logica formale, cristallizzati nei principi di non contraddizione, di ragionevolezza, di consequenzialità argomentativa (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11 settembre 2017, n. 4266; 4 ottobre 2017, n. 4619, § 9; 9 aprile 2018, n. 2140).
16.7. Come noto, infatti, il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni del Comitato è estrinseco, ossia volto a verificare, oltre all’eventuale ricorrenza di errori di fatto, il rispetto dei canoni di logica formale, senza tuttavia poter impingere nel merito delle conclusioni raggiunte dall’Amministrazione, nel doveroso rispetto della sfera di attribuzioni alla stessa ex lege affidata.
16.8. Del resto, le valutazioni del Comitato non sono contestabili alla luce di difformi conclusioni raggiunte da sanitari compulsati autonomamente dalla parte (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 4 ottobre 2017, n. 4619, § 10 e 6 giugno 2017, n. 2718).
16.9. Di converso, il positivo riconoscimento della dipendenza di una patologia da causa di servizio consegue all’accertamento, da parte dell’Amministrazione, dell’effettiva e comprovata “riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l’infermità o lesione” (cfr. art. 11, primo comma, d.p.r. 29 ottobre 2001, n. 461): la legge, quindi, non ritiene sufficiente, a tale fine, la mera “possibile” valenza patogenetica del servizio prestato, ma, di contro, impone la puntuale verifica, connotata da certezza o da alto grado di credibilità logica e razionale, della valenza del servizio prestato quale fattore eziologicamente assorbente o, quanto meno, preponderante nella genesi della patologia.
17. Le esposte ragioni conducono alla riforma della sentenza impugnata nella parte in cui stima “assolutamente insufficiente” la motivazione del Comitato recepita per relationem dal provvedimento impugnato: ad avviso del Collegio, di contro, il Comitato, nell’esercizio della propria ampia sfera riservata di attribuzioni, ha espresso un parere motivato in maniera logica e conseguente e che, sia pure implicitamente, ha chiarito le ragioni per le quali i rilievi dell’interessato non sono stati ritenuti idonei a determinare una diversa conclusione.
18. Ne consegue che non vi è ragione di scrutinare le altre censure svolte dalle appellanti Amministrazioni, che, comunque, incidentalmente si palesano fondate: il Giudice, infatti, non può sostituire il proprio apprezzamento a quello del competente organo amministrativo e, per tale via, dichiarare senz’altro la spettanza del bene della vita.
19. La natura della controversia e dei sottesi interessi suggerisce, comunque, la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, rigetta il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 22, comma 8, d.lgs. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
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