Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza n. 1552 depositata il 14 febbraio 2023
danno curriculum per mancata aggiudicazione : insufficiente la stima forfettaria
FATTO e DIRITTO
1. Qui di seguito una breve sintesi del giudizio di primo grado:
1.1. A.A. S.r.l. (di seguito solo A.A.), dopo una iniziale aggiudicazione veniva poi esclusa dalla gara, indetta dal G.T. (G.T.), per la fornitura di 100 bus elettrici per la città di Torino. Valore dell’appalto: oltre 72 milioni di euro. Esiti valutazione: prima classificata A.A. con punti 86,59; seconda classificata (poi divenuta prima a seguito della esclusione di A.A.) BYD con punti 76,70. Motivo della esclusione di A.A.: la indicata ausiliaria L. aveva nel tempo contratto debiti fiscali (non altrimenti dichiarati) nonché subito condanne a carico dei propri vertici (anche queste non debitamente dichiarate in sede di gara). Pertanto si trattava di omissioni dichiarative relative alla regolarità fiscale ed alla onorabilità della ausiliaria L.;
1.2. Il TAR Torino, cui A.A. si era rivolta per impugnare il diniego opposto da G.T. sulla richiesta di sostituzione di L. (a causa delle suddette omissioni dichiarative), accoglieva il ricorso principale di A.A. sia perché il debito fiscale era stato poi annullato dalla CTP di Roma (per nullità della notifica del relativo atto di accertamento) e dunque non aveva carattere di definitività, sia perché, quanto alle condanne penali subite dai vertici della ausiliaria L., la ricorrente A.A. non era stata messa nelle condizioni di sostituire la ausiliaria stessa in ossequio alle conclusioni di cui alla sentenza della Corte di giustizia UE, sez. IX, 3 giugno 2021, n. 210. Il ricorso incidentale di BYD veniva invece integralmente rigettato assieme al ricorso introduttivo formulato avverso la originaria aggiudicazione disposta in favore di A.A. (poi venuta meno per le ridette omissioni dichiarative della ausiliaria L.). Di qui il travolgimento non solo del provvedimento esclusione di A.A. ma anche di quello di aggiudicazione successivamente adottato in favore di BYD. Di qui ancora la reviviscenza dell’aggiudicazione originariamente disposta in favore di A.A. e la conseguente declaratoria di inefficacia del contratto, subordinatamente alla possibilità effettiva di sostituire L., a suo tempo stipulato tra BYD e G.T.;
1.3. Lo stesso TAR rigettava tuttavia la richiesta risarcitoria (nelle more del giudizio, i primi 50 bus erano comunque stati consegnati dalla BYD che, in forza della predetta esclusione di A.A., era poi divenuta come già anticipato la prima classificata) per i seguenti motivi: a) circa il debito fiscale, la nullità circa la notifica del relativo atto di accertamento non era mai stata prospettata in sede procedimentale dinanzi alla SA (G.T. G.T.). Di qui la colpa della ricorrente nell’aver contribuito, con le proprie omissioni, al cagionarsi del danno e dunque una prima decurtazione del 50%; b) quanto al restante 50% non era comunque stato dimostrato il fermo di mezzi e maestranze, da parte di A.A., durante l’esecuzione della commessa ad opera di BYD. Di qui l’azzeramento dell’intera posta risarcitoria; c) anche il danno curricolare veniva negato per assenza di prova.
2. La sentenza di primo grado veniva appellata da A.A., sotto il solo profilo del mancato riconoscimento del risarcimento del danno, per i motivi di seguito sintetizzati:
2.1. Error in iudicando nella parte in cui è stato ritenuto che il contegno tenuto dalla A.A. nella fase del contraddittorio procedimentale abbia concorso alla riduzione del danno risarcibile, a titolo di lucro cessante, nella misura del 50%;
2.2. Error in iudicando nella parte in cui è stato ritenuto che, nel caso di specie, la presunzione di aliunde perceptum vel percipiendum possa elidere la quota di utile con conseguente riduzione del danno risarcibile, a titolo di lucro cessante, nella misura ulteriore del 50%;
2.3. Error in iudicando nella parte in cui non è stata riconosciuta alcuna somma a titolo di danno curriculare subito dalla A.A..
3. Si costituiva in giudizio G.T. per chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni di cui più avanti si darà conto.
4. Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2023 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.
5. Tutto ciò premesso l’appello proposto da A.A. deve essere accolto per le ragioni di seguito indicate:
5.1. Quanto al primo motivo di appello ossia alla colpa della originaria ricorrente (nell’aver contribuito alla produzione del danno), la circostanza della nullità della notifica dell’atto di accertamento tributario a carico della ausiliaria L. è stata conosciuta soltanto all’indomani dell’atto di esclusione (esclusione avvenuta in data 7 ottobre 2020, laddove il ricorso davanti alla CTP di Roma da parte di L. è del successivo 21 ottobre 2020: il tutto come si evince dalla documentazione in atti puntualmente versata). In altre parole: al momento della esclusione dalla gara, e dunque ancor prima durante il pregresso procedimento che ha condotto alla ridetta esclusione, il motivo di nullità della cartella non era noto ad A.A. in quanto il ricorso di L. davanti alla commissione tributaria – di cui A.A. ha poi avuto conoscenza – non era stato ancora presentato (dunque neppure la connessa strategia difensiva avrebbe potuto essere presumibilmente nota ad A.A. stessa).
Inoltre trattasi di questione di natura strettamente specialistica, da ascrivere all’ambito delle cognizioni di carattere tecnico-tributario (densa peraltro di connotazioni di tipo processualistico strettamente riferite allo stesso settore del diritto tributario), che ben poteva essere ignorata dai vertici di A.A. nella fase procedimentale di gara.
Alla luce di quanto appena riportato, alcuna colpa ai sensi dell’art. 1227 c.c. si potrebbe ravvisare in capo a questi ultimi e dunque nessun comportamento che abbia potuto contribuire, in termini di causalità giuridica, al prodursi del danno-evento.
Da quanto detto consegue l’accoglimento dello specifico motivo di appello, con conseguente riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto di applicare una prima quota di abbattimento, pari al 50%, del quantum richiesto a titolo di risarcimento danni.
5.2. Quanto al secondo motivo di appello, con cui si lamenta la cattiva applicazione del principio dell’aliunde perceptum vel percipiendum, il giudice di primo grado ha evidenziato la mancata dimostrazione da parte di A.A. circa l’eventuale fermo di mezzi e maestranze a cagione della mancata aggiudicazione dell’appalto. Il TAR ha in particolare affermato che, non avendo A.A. provato il c.d. “fermo di maestranze e mezzi”, si presume che la stessa possa averli utilizzati per altri “analoghi lavori” ossia per “altri impieghi egualmente profittevoli”. Osserva al riguardo il collegio che:
5.2.1. Anche secondo la più recente giurisprudenza di questa sezione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2022, n. 9785): “il valore del mancato utile può essere integralmente ristorato solo laddove il danneggiato possa dimostrare di non aver potuto utilizzare i mezzi o le maestranze in altri lavori; e ciò perché, in assenza di suddetta prova, in virtù della presunzione per cui chi partecipa alle gare non tiene ferme le proprie risorse ma le impiega in altri appalti, lavori o servizi, l’utile così calcolato andrà decurtato in ragione dell’aliunde perceptum vel percipiendum, in una misura percentuale variabile (cfr. Cons. Stato, ad. plen. n. 2/2017 cit.; Cons. giust. amm. 6 novembre 2019 n. 947) che tenga, in concreto, conto della natura del contratto, del contesto operativo di riferimento, delle risorse nella ordinaria disponibilità del concorrente, della sua struttura dei costi, della sua storia professionale e del presumibile livello di operatività sul mercato, potendo, a tal fine, addivenirsi anche – nel caso di mancato assolvimento dell’onere dimostrativo ed in presenza di elementi indiziari che evidenzino l’impossibilità di ricorso cumulativo alle risorse strumentali – all’azzeramento del danno potenzialmente riconoscibile (Cons. Stato, sez. V, 12 novembre 2020, n. 7262; Id., sez. V, 23 agosto 2019, n. 5803)”;
5.2.2. Dunque in estrema sintesi occorre valutare, onde eventualmente arrivare ad azzerare l’utile di impresa: la natura del contratto, il contesto operativo, il livello di operatività sul mercato dell’impresa, l’impossibilità effettiva di ricorrere ad un impiego cumulativo delle risorse strumentali disponibili;
5.2.3. Tanto doverosamente premesso va rilevato che, nella specie:
a) Sul piano della “natura del contratto”, A.A. si era impegnata alla “fornitura” dei 100 autobus ma non anche alla loro “produzione” (che fa capo ad altri soggetti terzi che avrebbero materialmente provveduto alla realizzazione dei suddetti mezzi). Pertanto: i mezzi e la manodopera necessari per la costruzione dei veicoli non rientravano comunque nella sfera di disponibilità della A.A. che, nell’ambito dell’appalto, avrebbe svolto il ruolo di mero fornitore/distributore (e non di produttore, si ripete);
b) Dunque non ci si trova dinanzi ad un appalto di lavori o di servizi ove risulta necessario dimostrare il fermo di mezzi e maestranze. E tanto dal momento che A.A. non aveva bisogno di dedicare specifiche risorse umane e strumentali alla esecuzione della commessa o meglio alla produzione dei 100 mezzi previsti dal bando di gara. A.A. – giova rammentare – aveva stipulato un apposito contratto con un’impresa estera produttrice dei mezzi offerti. Sicché la materiale produzione dei veicoli oggetto di appalto non rientrava tra le prestazioni che avrebbero dovuto essere rese dall’odierna appellante. Ed infatti: A.A. non è un produttore di autobus elettrici, avendo stipulato con un soggetto terzo un singolo contratto che è limitato alla fornitura oggetto della procedura di gara bandita da G.T.. A.A. avrebbe in altre parole svolto la mera prestazione di distribuzione di veicoli prodotti da altro e diverso operatore economico;
c) In un certo senso, si può anzi affermare che le risorse da impiegare principalmente nella commessa erano già state utilizzate nel momento in cui si erano svolte le trattative per addivenire alla stipula del contratto con il soggetto terzo che si doveva poi occupare della realizzazione, in concreto, dell’oggetto della commessa (produzione di 100 autobus). In altre parole, i fattori della produzione erano stati prevalentemente impiegati, per quanto riguarda A.A., al raggiungimento della suddetta intesa contrattuale con il produttore terzo;
d) Sempre per quanto attiene alla sfera di competenza di A.A., e in particolare sotto il profilo del “contesto operativo”, quest’ultima (cui non occorrevano mezzi o personale da impiegare nella produzione degli autobus, si ripete) avrebbe quindi potuto provvedere alla restante esecuzione della commessa (ossia una volta ottenuta la suddetta produzione di autobus) attraverso mere operazioni logistiche ed operative – di importanza secondaria sul piano organizzativo – che ben avrebbe potuto svolgere mediante risorse umane normalmente impiegate per altre analoghe mansioni. In altri termini: per poter conseguire l’utile indicato in sede di gara l’odierna appellante non avrebbe necessitato dell’uso specifico e soprattutto dedicato di mezzi e manodopera, potendovi a ciò provvedere attraverso personale contemporaneamente e parallelamente impiegato anche in altri compiti e incombenze gestionali;
e) In estrema sintesi: l’impiego principale di alcuni dei fattori della produzione era già stato destinato alla procedura contrattuale con il soggetto terzo “realizzatore” (aspetto questo estraneo alla fase di esecuzione della gara ma, semmai, propedeutico alla fase ascendente della medesima procedura competitiva); l’impiego secondario di altri fattori (personale non specificamente dedicato alla sola commessa G.T.) si sarebbe invece orientato alla distribuzione degli autobus già realizzati ed al loro trasferimento e messa a disposizione in favore di G.T. (aspetto questo sì strettamente relativo alla fase di esecuzione della commessa);
f) In termini di “livello di operatività sul mercato”, pertanto, non si poneva un problema di “immobilizzazione” (dal momento che non era A.A. ad organizzare ed utilizzare mezzi e maestranze per produrre gli autobus da fornire a G.T.) quanto, piuttosto, di “efficace ed efficiente allocazione” di risorse umane e strumentali le quali, attraverso opportuni accorgimenti organizzativi (relativi all’ulteriore ma comunque sostenibile “carico di lavoro” concernente la esecuzione dell’appalto nei termini di cui si è detto), avrebbero potuto ragionevolmente dedicarsi, nell’ambito delle loro ordinarie mansioni di ufficio, anche a quella specifica commessa;
g) Pertanto, in questa ipotesi la commessa poteva ben essere assunta dalla impresa originariamente aggiudicataria in via “aggiuntiva”, con i ridetti opportuni accorgimenti organizzativi, e non soltanto in via “alternativa”;
h) Ne consegue da quanto detto che l’impiego cumulativo delle risorse strumentali disponibili costituiva nel caso di specie opzione effettivamente percorribile;
5.2.4. Di qui la fondatezza dello specifico motivo di appello ed il suo conseguente accoglimento, con conseguente riforma della sentenza di primo grado anche nella parte in cui ha ritenuto di applicare una seconda quota di abbattimento, pari ad un ulteriore 50%, del quantum richiesto a titolo di risarcimento danni (che dunque è stato del tutto azzerato).
5.3. Quanto al terzo ed ultimo motivo di appello, resta invece indimostrato il danno curricolare in ordine al quale la difesa di parte appellante continua a proporre stime forfettarie che la giurisprudenza ha da tempo abbandonato. Al riguardo è stato infatti affermato che: “il danno curriculare, ancorato alla perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare, deve essere oggetto di puntuale dimostrazione, ancorata … alla perdita di un livello di qualificazione già posseduta ovvero alla mancata acquisizione di un livello superiore, quale conseguenze immediate e dirette della mancata aggiudicazione; … alla mancata acquisizione di un elemento costitutivo della specifica idoneità tecnica richiesta dal bando oltre la qualificazione SOA (cfr. Cons. Stato, sez. III, 15 aprile 2019, n. 2435; Id., sez. IV, 7 novembre 2014, n. 5497), sicché solo all’esito di tale dimostrazione, relativamente all’an, è possibile procedere alla relativa liquidazione nel quantum (anche a mezzo di forfettizzazione percentuale applicata sulla somma riconosciuta a titolo di lucro cessante: cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 agosto 2019, n. 5803) e sempre che non debba ritenersi che, trattandosi di impresa leader nel settore di riferimento, l’aver conseguito già un curriculum di tutto renda la mancata aggiudicazione di un appalto non idonea, per definizione, ad incidere negativamente sulla futura possibilità di conseguire le commesse economicamente più appetibili e, più in generale, sul posizionamento dell’impresa nello specifico settore di mercato in cui è chiamata ad operare (Cons. Stato, Sez. V, 28 gennaio 2019, n. 689)” [così Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2022, n. 9785, cit.]. Ed ancora che: in tema di mancata illegittima aggiudicazione di un appalto pubblico il creditore che invochi il risarcimento del c.d. danno curricolare deve offrire prova puntuale del nocumento che asserisce di aver subito (Cons. Stato, sez. V, 19 maggio 2021, n. 3892). Infine che: “La richiesta di risarcimento del danno curriculare deve essere respinta se non è stato assolto il relativo onere probatorio, dimostrando che la mancata aggiudicazione ed esecuzione del servizio hanno precluso di acquisire ulteriori commesse pubbliche (di pari o superiore rilievo), o specificando quali sarebbero state le negative ricadute della mancata acquisizione della commessa, in termini di minore capacità competitiva e reddituale, sulle sue credenziali tecniche e commerciali” (Cons. Stato, sez. III, 5 marzo 2020, n. 1607).
Ebbene nel caso di specie alcuna dimostrazione, nel senso sopra considerato, è stata utilmente offerta dalla difesa di parte appellante la quale si è limitata: in parte a riportare stralci di giurisprudenza (cfr. pagg. 26 e 27 atto di appello); in parte ad affermare del tutto genericamente che: “Quanto, infine, alla comprova dell’an del danno, la stessa può essere ritenuta in re ipsa, anche in considerazione del consistente valore della commessa … e dell’impossibilità per A.A. (che con la partecipazione alla gara G.T. per la prima volta si è affacciata al mercato della fornitura di autobus) di utilizzare in futuro le referenze derivanti dall’esecuzione della stessa” (cfr. pag. 27 atto di appello).
Alla luce di quanto sopra riportato consegue inevitabilmente il rigetto dell’ultimo motivo di appello, con conseguente conferma della sentenza di primo grado in merito al mancato riconoscimento del danno curricolare.
6. A questo punto il collegio, prima di esprimersi defintivamente sul quantum risarcibile osserva ancora che, ripercorrendo brevemente ed utilmente gli elementi costitutivi dell’illecito di natura oggettiva (danno ingiusto, nesso di causalità, elemento soggettivo):
6.1. La giurisprudenza di questa stessa sezione ha avuto modo di affermare quanto segue:
– “L’azione risarcitoria va quindi ricondotta alle disposizioni dell’art. 30, comma 2, Cod. proc. amm. e dell’art. 2043 cod. civ.: il fatto costitutivo è l’illegittimità del provvedimento; l’elemento soggettivo del dolo o della colpa, in materia di pubblici appalti, non è rilevante, né richiesto a presupposto della responsabilità della pubblica amministrazione; l’evento di danno (ingiusto) è appunto l’adozione del provvedimento illegittimo per avere la pubblica amministrazione esercitato l’attività amministrativa con incompetenza o in violazione di legge o eccesso di potere; le conseguenze pregiudizievoli risarcibili perché prodotte da tale evento di danno sono quelle direttamente e immediatamente causate dall’atto illegittimo” (Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 2021, n. 7960; Cons. Stato, Ad. plen., 12 maggio 2017, n. 2). Il danneggiato è, dunque, tenuto a provare il nesso eziologico tra il danno ingiusto, costituito dal provvedimento illegittimo, e le dirette e immediate conseguenze pregiudiziali risarcibili (danno conseguenza). Nella materia dei pubblici appalti tali conseguenze consistono sostanzialmente nella perdita dell’aggiudicazione o nella perdita delle chances di aggiudicazione, come nel caso di specie” (Cons. Stato, sez. V, 4 luglio 2022, n. 5554);
– allorché “il concorrente danneggiato sia in grado di dimostrare con certezza che, in assenza del comportamento illegittimo serbato dalla stazione appaltante, si sarebbe aggiudicato la commessa (e cioè che – ove il contratto fosse stato dichiarato inefficace, ricorrendone le condizioni – avrebbe senz’altro avuto diritto alla stipula o al subentro)”, si tratterebbe “in tal caso, propriamente di danno da mancata aggiudicazione” (Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2022, n. 9785);
– vanno dunque confermati certi “consolidati principi giurisprudenziali in materia di criteri di determinazione del danno da mancata aggiudicazione, in base ai quali il fatto stesso di eseguire un appalto pubblico è in astratto fonte di un vantaggio economicamente valutabile, sia per lucro ricavabile dal corrispettivo a carico della stazione appaltante, sia perché accresce la capacità di competere sul mercato e, quindi, la chance di aggiudicarsi ulteriori e futuri appalti” (Cons. Stato, sez. V, 26 luglio 2019, n. 5283);
6.2. Con riferimento invece all’elemento soggettivo, va confermato quanto al riguardo rilevato dal giudice di prime cure secondo cui: “La responsabilità per danni conseguenti all’illegittima aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell’elemento soggettivo della colpa, giacché la responsabilità, negli appalti pubblici, è improntata -secondo le previsioni contenute nelle direttive europee – a un modello di tipo oggettivo, disancorato dall’elemento soggettivo, coerente con l’esigenza di assicurare l’effettività del rimedio risarcitorio” (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 1° febbraio 2021, n. 912).
6.3. Sulla base delle considerazioni sopra formulate sussistono dunque tutti i presupposti per il riconoscimento dell’an risarcitorio.
7. Sul quantum risarcitorio, una volta affrontati i sollevati motivi di appello (nei sensi di cui al complessivo punto 5) va ancora rilevato che:
7.1. In ossequio alla prevalente giurisprudenza di questa stessa sezione (Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2022, n. 9785, cit.): spetta in siffatte ipotesi il lucro cessante, che si identifica con il c.d. interesse positivo e che ricomprende in particolare il mancato profitto, cioè a dire l’utile che l’impresa avrebbe ricavato, in base alla formulata proposta negoziale ed alla propria struttura dei costi, dalla esecuzione del contratto. Ai fini della base di calcolo della percentuale per il mancato utile, non si può prendere a riferimento l’importo posto a base della gara, dovendo aversi riguardo al margine di utile effettivo, quale ricavabile dal ribasso offerto dall’impresa danneggiata;
7.2. Dalle suddette considerazioni discende che il quantum risarcitorio sarà pari all’utile dichiarato in sede di gara, corrispondente ossia “al 6% al netto delle spese generali per A.A.” (cfr. verbale di verifica di congruità dell’offerta in data 4 agosto 2020, ove si dava atto dell’utile effettivamente indicato da A.A.) da calcolare sull’offerta economica formulata da A.A. medesima in sede di gara, offerta “che ammonta a Euro 53.644.055,00” (cfr. verbale di gara in data 22 luglio 2020, pag. 3). Il tutto dimidiato del 50%, corrispondente ossia alla quota di autobus sinora oggetto di fornitura da parte di BYD (“aggiudicataria successiva” poi correttamente “rimossa” dal TAR Piemonte);
7.3. A ben vedere la difesa di parte appellante ribadisce, con ultima memoria del 29 dicembre 2022, di avere interesse al risarcimento sull’intera fornitura di 100 autobus in quanto sui restanti 50 mezzi non avrebbe trovato un accordo con la SA per via dell’aumento dei prezzi rispetto al 2020. In disparte il fatto che non sono state fornite più precise dimostrazioni circa l’effettiva impossibilità (e per fatto della SA) di addivenire a questo contratto “residuale” (manca infatti documentazione da cui evincere tali infruttuose interlocuzioni con la SA), e ritenuto tra l’altro che trattasi di aspetto da riservare alla sua sede naturale, ossia al meccanismo di revisione dei prezzi che segue ben altra procedura (e una volta stipulato il relativo contratto), osserva ad ogni modo il collegio che una simile evenienza esula dal perimetro di questo giudizio dal momento che la statuizione del giudice di primo grado che disponeva la reviviscenza dell’aggiudicazione in favore di A.A. ed il conseguente “subentro nell’accordo quadro per la conclusione del secondo contratto applicativo” (ossia per la fornitura dei restanti 50 mezzi) non ha formato oggetto di specifica impugnativa in questa sede. Del resto, la condizione che il giudice di primo grado aveva posto onde poter procedere al subentro nel contratto era unicamente legata alla possibilità effettiva di sostituire l’ausiliaria L. (aspetto questo che non risulta essere stato al centro delle ridette infruttuose trattative di secondo livello, le quali hanno avuto ad oggetto unicamente l’aumento dei prezzi medio tempore registratosi). In altre parole: A.A. non ha mai allegato di non poter subentrare nel contratto per inidoneità o indisponibilità di altri operatori da indicare in sostituzione di L. nella qualità di soggetti ausiliari (né la difesa di G.T. ha mai evidenziato elementi ostativi in tal senso). Dunque – giova ripetere – la impossibilità di addivenire alla stipula del “contratto residuale” da 50 autobus non dipende dalla mancata verificazione della condizione espressamente indicata dal giudice di primo grado le cui statuizioni, sul punto, deve ritenersi abbiano acquisito forza di giudicato;
7.4. In conclusione la stima dell’utile (pari al 6% della offerta economica formulata in sede di gara) deve essere commisurata al solo 50% della iniziale fornitura che, per le ragioni qui diffusamente esposte, non è stato possibile eseguire ad opera di A.A.;
7.5. Ai fini dell’integrale risarcimento del danno, che costituisce debito di valore, occorre poi riconoscere al ricorrente, sulla somma sopra ricavata secondo gli indicati parametri, sia la rivalutazione monetaria secondo l’indice medio dei prezzi al consumo elaborato dall’Istat, che attualizza al momento della liquidazione il danno subito, sia gli interessi compensativi (determinati in via equitativa assumendo come parametro il tasso di interesse legale), calcolati sulla somma periodicamente rivalutata, volti a compensare la mancata disponibilità di tale somma fino al giorno della liquidazione del danno e con decorrenza dalla data di cristallizzazione del danno, da individuare nel momento della notifica del ricorso di primo grado e sino alla data di pubblicazione della presente decisione. Il tutto comprensivo, infine, degli interessi legali da calcolare sulla somma complessiva dal giorno della pubblicazione della sentenza — trattandosi di debito di valuta — e sino all’effettivo soddisfo (Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 2017, n. 3448).
8. In conclusione il ricorso in appello è fondato e deve essere accolto nei sensi e nei limiti di cui sopra.
9. La sentenza di primo grado va dunque riformata nella sola parte in cui non riconosce una posta risarcitoria legata al danno da mancata aggiudicazione della commessa, sempre nei termini e nei limiti sopra partitamente esposti.
10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma parziale della gravata sentenza, dispone il risarcimento dei danni nei sensi, nei termini e nei limiti di cui alla parte motiva.
Condanna la parte appellata alla rifusione delle spese di lite, da quantificare nella complessiva somma di euro 4.000 (quattromila/00), oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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