Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza n. 1589 depositata il 15 febbraio 2023
ai fini dell’interpretazione delle clausole di una lex specialis di gara vanno applicate le norme in materia di contratti e anzitutto il criterio letterale e quello sistematico, ex artt. 1362 e 1363 Cod. civ. – la verifica di congruità di un’offerta non può essere effettuata attraverso un giudizio comparativo che coinvolga altre offerte
FATTO
Con atto del 22 giugno 2021 T. s.p.a., positivamente espletata la verifica di congruità dell’offerta, aggiudicava a S. s.r.l., gestore uscente, la procedura negoziata di cui alla lettera-invito 20 aprile 2021, per l’affidamento con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per un triennio prorogabile, del servizio di riparazione di motori, moto ventilatori, ventilatori e turbosoffianti. La lettera-invito era stata diretta a quattro imprese storicamente riparatrici dei materiali in parola e ad A.F., costruttore del rotabile su cui vengono utilizzati gli stessi. Stipulava indi il contratto d’appalto con l’aggiudicataria il 2 agosto 2021.
F.lli A. s.p.a., seconda classificata, impugnava davanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio la predetta aggiudicazione e gli atti connessi e ampliava le relative doglianze con motivi aggiunti proposti dopo l’ottenimento integrale dell’accesso agli atti.
Il Tar adito, nella resistenza di T., decideva l’impugnativa con sentenza della Sezione terza n. 6049/2022 che – respinta, sul rilievo dell’avvenuta ammissione in gara della ricorrente, l’eccezione di inammissibilità del ricorso spiegata da T. sulla prospettazione che l’offerta della medesima, in quanto di molto superiore alla base di gara, era suscettibile di esclusione per violazione del divieto generale di presentare offerte in aumento e le altre censure ricorsuali – riteneva l’illegittimità della verifica di congruità dell’offerta dell’aggiudicataria per carenza istruttoria e difetto di motivazione. Accoglieva pertanto parzialmente il ricorso, disponendo la rinnovazione della verifica e denegando la domanda di declaratoria di inefficacia del contratto stipulato e il subentro nello stesso della ricorrente, affermando di non potersi sostituire all’amministrazione nella relativa valutazione. Condannava parzialmente T. alle spese del giudizio.
F.lli A., non condividendo le ragioni poste a base della reiezione delle censure con cui erano stati dedotti motivi di esclusione dell’offerta di S., per violazione della lettera invito (primo motivo e primo motivo aggiunto), per mancato rispetto dei costi minimi della manodopera stabiliti sulla base del contratto collettivo (secondo motivo e secondo motivo aggiunto), e per anomalia dell’offerta, asseritamente in perdita, ha impugnato la predetta sentenza. Ha dedotto: 1) Erronea ricostruzione della disciplina della lex specialis; illogicità e contraddittorietà in relazione alla decisione sul primo motivo e sul primo motivo aggiunto (violazione dei principi di imparzialità, buon andamento e par condicio; illegittima disapplicazione della lettera invito e dei chiarimenti; eccesso di potere per carenza di motivazione, di presupposto e contraddittorietà con precedenti provvedimenti); 2) Erronea valutazione del contenuto di documenti e violazione dell’art. 112 Cod. proc. civ. in relazione alla decisione sul secondo motivo e sul secondo motivo aggiunto (violazione dei principi di imparzialità, buon andamento e par condicio; violazione di legge in relazione agli artt. 23, 95 e 97 d.lgs. 50/2016; illegittima disapplicazione della lettera invito; eccesso di potere per carenza di presupposto e contraddittorietà con precedenti provvedimenti); 3) Erronea limitazione del sindacato giurisdizionale all’accertamento del deficit istruttorio e motivazionale del provvedimento in relazione alla decisione sul terzo motivo e sul terzo motivo aggiunto; violazione dei principi di imparzialità, buon andamento e par condicio; violazione di legge in relazione all’art. 3 l. 241/1900 e all’art. 97 d.lgs. 50/2016; illegittima disapplicazione della lettera invito; eccesso di potere per irrazionalità manifesta, travisamento dei fatti, carenza di presupposto, di istruttoria e di motivazione. Ha concluso per la riforma in parte qua della sentenza impugnata, con l’accoglimento integrale del ricorso di primo grado e annullamento degli atti impugnati, e, in subordine, per l’ottenimento del risarcimento per equivalente, maggiorato di interessi e rivalutazione monetaria.
T. si è costituita in resistenza, concludendo per la reiezione del gravame, di cui ha esposto l’infondatezza.
Le parti hanno affidato a memorie e repliche lo sviluppo delle proprie tesi difensive.
In tale ambito, è emerso che la nuova verifica di congruità è stata espletata e si è conclusa con una nuova valutazione di congruità dell’offerta di S., che F.lli A. ha gravato con ricorso allo stato pendente in primo grado (Tar Lazio, n.r.g. 9185/2022).
La causa è stata indi trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 9 febbraio 2023
DIRITTO
1. Con il primo motivo F.lli A. s.p.a. rappresenta di aver dedotto in primo grado che S. s.r.l., all’atto aggiudicataria della gara de qua, avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per aver violato la lettera-invito della procedura.
Nella tesi esposta, questa avrebbe richiesto ai partecipanti la presentazione di un’offerta economica con l’indicazione dei prezzi unitari per ogni attività indicata nella tabella ivi contenuta, e quindi sia per le attività di fascia A (attività ordinarie), che per quelle di fascia B e seguenti (attività eventuali), disponendo altresì che “il prezzo del singolo categorico è valutato sulla sommatoria dei prezzi di revisione delle singole fasce”, sicchè anche per le fasce relative alle attività eventuali le concorrenti avrebbero dovuto indicare il prezzo “unitario”, come confermato dai chiarimenti resi dalla stazione appaltante T. s.p.a. il 28 aprile 2021.
S., invece, sempre in tesi, avrebbe eluso la prescrizione, in quanto, per la maggior parte delle attività “eventuali” (37 su 41), si sarebbe limitata a “riempire le caselle” con importi irrisori (compresi tra 3 e 25 euro). Più in particolare, l’elusione consisterebbe nell’indicazione in offerta dei prezzi unitari delle attività eventuali in percentuali minime (1, 2 o 3 per cento del prezzo effettivo), sulla base della scarsa probabilità di effettuazione di tali attività, assunto arbitrario e in contrasto con la prescrizione della lettera invito che avrebbe imposto che le attività eventuali venissero svolte nelle medesime quantità delle attività di fascia ordinarie.
Tanto chiarito, lamenta ora l’appellante che il Tar, nel respingere la doglianza, pur richiamando la predetta prescrizione, l’avrebbe ingiustificatamente svalutata, evidenziando l’eventualità delle attività delle fasce B e seguenti e l’autoresponsabilità assunta dall’offerente in relazione al prezzo offerto di cui al paragrafo II.C della lettera invito, nonché richiamando le deduzioni difensive di T., che erano invece irrilevanti ai fini della valutazione dell’ammissibilità dell’offerta, in tal modo travisando il contenuto della lettera-invito e delle censure ed esponendo motivazioni illogiche e contraddittorie.
Segnala quindi l’appellante che una siffatta offerta sarebbe inammissibile, insostenibile e inattendibile, stante la palese incongruità dei prezzi unitari di cui sopra (di cui offre numerosi esempi), che renderebbe l’offerta priva del carattere di serietà, e palesemente volta a falsare l’applicazione delle regole di selezione dell’offerta migliore, atteso che, sempre in applicazione della stessa prescrizione, il prezzo offerto per ogni categorico costituiva la somma dei prezzi unitari delle singole fasce.
Parimenti, l’appellante ritiene illogico e non aderente al contenuto delle censure l’assunto del primo giudice secondo cui l’offerta sarebbe ammissibile perché, per le fasce relative alle attività eventuali, la lettera invito non avrebbe richiesto “…l’indicazione del prezzo effettivo commisurato alle medesime quantità di intervento relative alle consuete attività di riparazione individuate nella fascia ‘A’”.
Sul punto, l’appellante sostiene che il Tar non si sarebbe avveduto che l’importo offerto da S. è irrisorio già per una sola attività, anche senza considerare le quantità di intervento previste dalla lettera-invito (anche per questa censura l’appellante offre esempio), sicché i prezzi unitari offerti non potrebbero dirsi tali, anche a prescindere dai chiarimenti 28 aprile 2021, che, in ogni caso, avrebbero disposto che per le attività eventuali andava computata la medesima quantità delle attività ordinarie, mentre l’aggiudicataria, lungi dal tenere conto delle quantità indicate per i categorici, ha considerato una frazione minima (1%, 2%, 3%, etc.) del prezzo di una sola attività di revisione. Indi T., non disponendo l’esclusione dell’offerta di S., avrebbe disatteso, in assenza di giustificazione e motivazione, non solo le prescrizioni cui si era autovincolata nella lettera invito, ma anche i chiarimenti resi, nonostante questi, per la giurisprudenza, contribuiscono a fornire utili indicazioni di carattere applicativo in ordine alla ratio sottesa alle procedure e agli atti in corso di esame.
In definitiva, l’appellante – richiamata giurisprudenza amministrativa relativa a offerte economiche carenti di un elemento essenziale, da cui non è possibile inferire agevolmente la volontà negoziale, incomplete, incondizionate o contenenti modifiche e riserve alle condizioni poste a base di gara – sostiene che l’offerta S. andava esclusa per mancanza di elementi essenziali, per sostanziale assenza di una seria offerta economica, nonché per mancato rispetto delle condizioni poste a base di gara dalla lettera invito.
1.1. Il motivo è infondato.
Il Tar ha bene interpretato sia la legge di gara e i relativi chiarimenti che le censure svolte dalla ricorrente, pervenendo a conclusioni che possono essere qui integralmente condivise.
In particolare, la pretesa dell’appellante che l’aggiudicataria fosse tenuta a indicare, ai fini della regolare partecipazione alla gara, il prezzo effettivo di ogni attività “eventuale” e a rapportarlo alle stesse quantità di intervento relative alle attività di riparazione “ordinarie” è destituita di fondamento.
In primo luogo, come bene rilevato dal Tar, si tratta appunto di attività che, per la legge di gara, sono “eventuali” e che consistono nella eventuale “sostituzione” o nell’eventuale “rifacimento” di alcuni componenti: indi, sotto il profilo logico ancor prima che sotto quello giuridico, affidare la scelta tra le offerte economiche a un criterio che equipara il peso dei costi delle attività di cui sicuramente la stazione appaltante sicuramente abbisogna a quello dei costi di attività la cui necessità per la medesima è solo eventuale, e che ulteriormente, come correttamente evidenziato da T., si somma all’attività sistematica svolta dal fornitore, con la conseguenza che il relativo corrispettivo è dato dalla somma tra l’attività base e quella ulteriore eventualmente occorrente, sarebbe stata scelta che, essa sì, avrebbe comportato l’alterazione delle regole di selezione, in danno della stazione appaltante e, in ultima analisi, di tutti i concorrenti, considerato l’importo posto a base di gara (€ 330.000,00).
Nel caso di specie, poi, tanto non è stato richiesto né dalla lettera-invito de qua né dai chiarimenti 28 aprile 2021.
Si rammenta che, per un costante orientamento di questo Consiglio di Stato, ai fini dell’interpretazione delle clausole di una lex specialis di gara vanno applicate le norme in materia di contratti e anzitutto il criterio letterale e quello sistematico, ex artt. 1362 e 1363 Cod. civ.. Conseguentemente, le stesse clausole non possono essere assoggettate a procedimento ermeneutico in una funzione integrativa, diretta a evidenziare in esse pretesi significati impliciti o inespressi, ma vanno interpretate secondo il significato immediatamente evincibile dal tenore letterale delle parole utilizzate e dalla loro connessione; soltanto ove il dato testuale presenti evidenti ambiguità deve essere prescelto dall’interprete il significato più favorevole al concorrente (Cons. Stato, V, 29 novembre 2022, n. 10491; 4 ottobre 2022, n. 8481; 2 marzo 2022 n.1486; 6 agosto 2021, n. 5781; 8 aprile 2021, n. 2844; 8 gennaio 2021, n. 298; III, 24 novembre 2020, n. 7345; 15 febbraio 2021, n. 1322; VI, 6 marzo 2018, n. 1447; V, 27 maggio 2014, n. 2709). Tanto a maggior ragione quando trattasi di clausole che possono condurre all’esclusione dell’offerta, a fronte del criterio del favor partecipationis, per il quale a fronte di più possibili interpretazioni di una clausola contenute in un bando o in un disciplinare di gara, va sempre preferita la scelta ermeneutica che consenta la più ampia partecipazione dei concorrenti (Cons. Stato, IV, 31 ottobre 2022, n. 9415).
Alla luce dei predetti criteri, deve osservarsi che la lettera di invito si è limitata a stabilire (pag. 13, paragrafo “Valutazione dell’offerta”) che “È richiesta l’indicazione del prezzo per ogni attività indicata nella tabella seguente e il prezzo del singolo categorico è valutato sulla sommatoria dei prezzi di revisione delle singole fasce”. Segue una tabella in cui sono indicate con la lettera A le attività ordinarie e con la lettera B e altre quelle eventuali.
E da nessun punto di tale previsione, che peraltro non presenta alcuna ambiguità, si desume che i prezzi di revisione delle singole fasce da indicarsi da parte degli offerenti, per poter condurre al prezzo del “singolo categorico” valutabile ai fini dell’attribuzione del punteggio secondo quanto previsto nella stessa lettera-invito, avrebbero dovuto considerare il prezzo effettivo di ogni attività “eventuale”, vieppiù nelle stesse quantità di intervento delle attività “ordinarie”.
La conclusione è confermata e non sconfessata dai chiarimenti resi dalla stazione appaltante il 28 aprile 2021.
Questi, a fronte della richiesta di se andassero quotate anche le fasce descritte come eventuali nella tabella a quantità, hanno esposto che “Come previsto nella lettera di invito, è richiesta l’indicazione del prezzo per ogni attività descritta nella tabella di cui al paragrafo IV.1 e il prezzo del singolo categorico è valutato sulla sommatoria dei prezzi di revisione delle singole fasce. Pertanto, anche se nel portale acquisti è prevista la quantità pari a “0”, bisogna inserire ugualmente la quotazione per tutte le fasce e la valutazione per quel determinato categorico sarà effettuata sulla sommatoria dei prezzi di riparazione delle singole fasce moltiplicato per la quantità indicata per quel categorico”.
Si tratta quindi, come reso palese dallo stesso chiarimento, e come ammette la stessa appellante (anche se in senso opposto a quello qui indicato), di una mera ripetizione di quanto già previsto sul punto dalla lettera-invito, cui si aggiunge la sola specificazione che “tutte” le attività previste nella tabella a quantità, e quindi anche quelle “eventuali”, riportate nella quantità pari a zero, dovessero essere quotate, senza che possano da ciò inferirsi più specifici limiti, per giunta di carattere espulsivo, alle modalità con cui gli operatori economici partecipanti alla gara dovessero quotare le attività “eventuali”.
Infine, nulla muta tenendo conto del richiamo da parte del Tar alle deduzioni difensive di T. (che segnalavano che i materiali oggetto dell’affidamento non sono tecnicamente complessi né hanno impatto sulla sicurezza dell’esercizio ferroviario), su cui pure si appuntano le censure dell’appellante, atteso che, anche depurate da tale richiamo, che peraltro non è in alcun modo improprio, essendo idoneo a chiarire, oltre che la posizione della parte, l’ubi consistam dell’appalto, le motivazioni del capo della sentenza in esame imperniate sulle diposizioni della lettera-invito e sui ridetti chiarimenti sarebbero state già da sole sufficienti a sorreggere la reiezione della censura in trattazione, sia ove rivolta all’esclusione della controinteressata per violazione di condizioni poste dalla lettera-invito, sia ove tendente a dimostrare, agli stessi fini espulsivi, la mancanza di elementi essenziali e la non serietà e affidabilità dell’offerta economica della medesima.
Su tale ultimo punto, merita ancora di essere osservato, al solo fine di completezza, dovendosi poi tornare in seguito sul punto, che, come da giustificazioni presentate in sede di verifica di anomalia, S., nell’indicare il costo delle fasce “eventuali” con le modalità qui stigmatizzate, ha tenuto conto “dell’esperienza di riparabilità per gli stessi categorici” maturata nell’esecuzione di contratti stipulati con altra divisione di T., tenendo in specie conto “dell’incidenza percentuale di probabilità con la quale si potrebbe verificare l’evento e moltiplicandola per il costo pieno (mdo+materiale) di tale attività”, e ha dichiarato la propria disponibilità ad utilizzare i ricambi per la riparazione dei categorici oggetto del contratto risultanti in eccedenza per i contratti già stipulati.
2. Con il secondo motivo l’appellante, evidenziato che il costo della manodopera indicato dalla controinteressata (58.000,00) è pari a meno della metà del costo stimato dalla stazione appaltante (€ 132.000,00), sostiene che questa abbia omesso la doverosa verifica del rispetto dei minimi salariali definiti dal contratto collettivo nazionale di settore, che si imponeva sia ai sensi degli artt. 23, 95 e 97 del Codice dei contratti pubblici, sia in ossequio alla lettera invito, paragrafo II.C “Busta offerta economica”, che rimandava all’art. 95 comma 10 d.lgs. 50/2016 quanto alla specificazione nell’offerta dei costi della manodopera e dei costi relativi alla sicurezza aziendale e disponeva “l’inderogabilità dei costi unitari per la manodopera determinati sulla base di minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello”.
Prosegue l’appellante esponendo di aver fatto constare nel secondo motivo del ricorso e nel secondo motivo aggiunto che S. ha indicato il costo orario della manodopera in € 15,00, importo che sarebbe poi in realtà inferiore (€ 12,58), e lamenta che il Tar non abbia considerato la relazione del consulente del lavoro da lei depositata in primo grado, da cui risulta che il minimo salariale per l’operaio specializzato previsto dal CCNL “Metalmeccanica Industria” comporta un costo aziendale orario di € 20,224 e che il minimo salariale per l’operaio specializzato provetto previsto dal CCNL “Commercio”, è pari ad € 19,858.
Ciò posto, sottopone a critica il capo di sentenza con cui il Tar ha respinto dette censure, rilevando che:
“Da un lato, la ricostruzione dei costi stimati dall’aggiudicataria in relazione alla manodopera – pari, secondo la prospettazione in ricorso, al costo orario di € 12,58 – non trova corrispondenza nell’effettivo contenuto dell’offerta presentata dall’impresa medesima, laddove risulta espressamente indicato l’importo orario di € 15,00 (cfr. nota di dettaglio dell’offerta, di cui al documento n. 16 depositato dalla Stazione appaltante, pagine 2 e 3).
Dall’altro, dalla stessa relazione del 24 settembre 2021 prodotta in giudizio da parte ricorrente (cfr. documento n. 27) proveniente da un consulente del lavoro incaricato dalla medesima società (avente ad oggetto la determinazione del costo orario medio standard del personale in merito alla procedura negoziata de qua) può ricavarsi la sostanziale corrispondenza del costo unitario indicato dall’aggiudicataria nell’offerta presentata con quello medio standard per il profilo professionale del comune operaio metalmeccanico, pari a € 15,25 (cfr. la relazione richiamata, pag. 18), tenuto conto delle deduzioni articolate dalla Stazione appaltante nell’ambito della memoria difensiva (depositata il 18 ottobre 2021) circa la natura tecnicamente non complessa dei materiali oggetto del servizio di riparazione in affidamento, richiedenti come esperienza professionale quella dell’operaio comune, non necessariamente specializzato”.
Denunzia l’appellante che con tale motivazione la sentenza impugnata ha acriticamente aderito all’erroneo assunto contenuto nella memoria 29 novembre 2021 di T., secondo cui l’importo di € 15,00, indicato a S. nel dettaglio dei costi 26 maggio 2021, sarebbe pari al costo netto, esponendo che così non è, come da sua confutazione in sede di replica, in quanto nel predetto dettaglio dei costi S. precisa che l’importo offerto è indicato al lordo di alcune voci (costi fissi: 5% dell’importo offerto; costo imballaggio e trasporto: 3% dell’importo offerto; mark up: 8% dell’importo offerto; identificazione: 0,1 % dell’importo offerto).
Segnala inoltre che l’importo offerto da S., pari a complessivi € 147.520,95, trattandosi di appalto a misura, risulta dalla moltiplicazione dei “prezzi unitari” per le quantità di ciascun categorico, e che i prezzi unitari indicati nel dettaglio risultano dalla somma di manodopera e materiali, sicché per stabilire il costo netto la percentuale complessiva indicata nel dettaglio dei costi, pari al 16,1% (5+3+8+0,1), andrebbe applicata a entrambe le componenti del prezzo, e così anche alla manodopera: indi, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, il costo orario della manodopera indicato da S., al netto di costi fissi, all’utile di impresa e delle altre voci indicate, sarebbe pari a € 12,58 (€ 15,00 – 16,1% di 15,00), e cioè inferiore al costo orario minimo anche dell’operaio comune (€ 15,25).
Da quanto sopra l’appellante fa derivare la dovutezza dell’esclusione dell’offerta, non rispettosa dei minimi stabiliti dalla contrattazione collettiva, dalla legge e dalla lettera invito.
Soggiunge ancora di aver evidenziato nel ricorso di primo grado anche la radicale insufficienza del numero di ore per lavorazione indicate da S. nello stesso dettaglio costi, ben inferiori a quelle effettivamente necessarie, invece indicate dalla deducente (come da esempi riportati), censura sulla quale l’impugnata sentenza ha omesso di pronunciarsi.
Denunzia quindi la violazione dell’art. 112 Cod. proc. civ. e prospetta la conferma di una verificazione o consulenza tecnica d’ufficio per attestare la radicale insufficienza delle ore indicate da S..
2.1. Il motivo va respinto sotto entrambi i profili di cui si compone.
Quanto al costo del personale, se è vero che S. nella nota di dettaglio dell’offerta economica considerata dal primo giudice ha indicato in calce i costi fissi e gli altri costi segnalati nel motivo e le relative percentuali, è parimenti vero che nella stessa nota il costo orario della manodopera è stato espressamente indicato nell’importo di € 15,00, sicchè la conclusione cui giunge la censura, come dimostra l’articolata operazione illustrata nel motivo per pervenire a un minore importo, risulta frutto di una evidente interpolazione dell’offerta di S..
Inoltre, come fa constare T., il costo complessivo della manodopera indicato dalla controinteressata si attesta con quanto previsto dalla stazione appaltante in termini percentuali (43% dell’importo offerto).
Infine, è manifestamente infondata la pretesa di dimostrare l’insufficienza del numero delle ore di lavorazione indicate da S. sulla base di quello indicato dalla deducente: per consolidata giurisprudenza, la verifica di congruità di un’offerta non può essere effettuata attraverso un giudizio comparativo che coinvolga altre offerte, perché va condotta con esclusivo riguardo agli elementi costitutivi dell’offerta analizzata e alla capacità dell’impresa offerente, tenendo conto della sua organizzazione aziendale e, se del caso, della comprovata esistenza di particolari condizioni favorevoli esterne. Il raffronto fra offerte differenti non è dunque indicativo (Cons. Stato, V, 28 gennaio 2019, n. 690; 13 febbraio 2017, n. 607; 20 luglio 2016, n. 3271; 7 settembre 2007, n. 4694; IV, 29 ottobre 2002, n. 5945).
Non vi è quindi luogo per disporre le istanze istruttorie pure avanzate nel motivo.
3. Con il terzo motivo l’appellante lamenta che il primo giudice abbia erroneamente limitato il sindacato giurisdizionale all’accertamento del deficit istruttorio e motivazionale del giudizio di congruità, laddove invece con il terzo motivo di ricorso e il terzo motivo aggiunto la società avrebbe dimostrato la palese insostenibilità dell’offerta di S., che risultava in perdita, e quindi anomala, come in sostanza accertato dalla stessa sentenza gravata laddove afferma che l’unico passaggio procedimentale che si è reso possibile verificare è consistito nell’acquisizione della nota di dettaglio di S. già sopra citata, che, in tesi, non atterrebbe a quel “livello minimo di attendibilità e rilevanza” sulla cui base il giudice amministrativo dà modo alla stazione appaltante di ripetere il sub-procedimento di verifica dell’anomalia. Al riguardo, l’appellante cita varie sentenze amministrative (tra cui Cons. Stato, V, 22 marzo 2021, n. 2437; III, 17 gennaio 2020, n. 414).
Conclude pertanto che nella fattispecie sussistevano tutte le condizioni per escludere S. dalla gara, senza dare corso alla rinnovazione della verifica dell’anomalia.
3.1. Il motivo è infondato.
Nel capo di sentenza in esame il primo giudice ha accertato esclusivamente vizi istruttori e motivazionali, senza in alcun modo pronunziarsi sull’inattendibilità dell’offerta della controinteressata.
E l’accertamento della palese insostenibilità dell’offerta di S. non può conseguire neanche dal presente giudizio, stante la reiezione dianzi disposta dei due primi motivi di appello.
Allo stesso accertamento non conducono neanche gli specifici rilievi mossi nel motivo in trattazione, che pretende di attestare una perdita dell’offerta della controinteressata pari a € 30.517,40 ipotizzando la necessità di fronteggiare in concreto alcune delle più consistenti sostituzioni di cui alle attività “eventuali” di cui al primo motivo: sicchè in sostanza le relative argomentazioni costituiscono la riproposizione sotto altro profilo di doglianze già respinte.
Infine, l’appellante sostiene che l’affermazione di S. , contenuta nella ridetta nota di dettaglio, che “nel caso il numero di interventi eventuali risulti superiore a quanto da noi preventivato o con costi maggiori, i maggiori oneri saranno sostenuti dalla nostra società”, attesti una “confessione” delle perdite che la società ha già messo in conto.
L’argomentazione non persuade.
La qui considerata dichiarazione, diversamente da quanto ritenuto dall’appellante e come sottolineato da T., attesta esclusivamente che l’offerta economica di S. si compone di una parte che, sebbene stimata sulla base dell’esperienza tecnica dell’offerente e sulle percentuali di ricorrenza delle attività “eventuali”, risulta meno remunerativa, il che non esclude che essa possa trovare equilibrio e sostenibilità nei corrispettivi delle attività ordinarie. Ciò anche perché, come sopra già rilevato, la società ha anche rappresentato subito dopo, nella stessa nota di dettaglio, la disponibilità a utilizzare i ricambi per la riparazione dei categorici oggetto del contratto disponibili in magazzino, in quanto risultati in eccedenza nei contratti già stipulati.
4. Per tutto quanto precede, l’appello deve essere respinto.
Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, lo respinge.
Condanna la parte appellante alla refusione in favore della parte resistente delle spese del grado, che quantifica in € 5.000,00 (euro cinquemila/00).
.Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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