Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza n. 1626 depositata il 16 febbraio 2023
divieto di rinnovo tacito dei contratti per servizi e forniture
FATTO
1.L’A.G. (in seguito anche A.G.) proponeva ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, chiedendo l’annullamento degli atti con i quali l’A.P.V. aveva dichiarato la definitiva cessazione dell’affidamento diretto a N. s.p.a. (in seguito anche N.), società controllata dalla medesima A.P.V. (in seguito anche A.P.V.), della gestione delle strutture di approdo per lo sbarco, l’imbarco e l’eventuale sosta delle unità di navigazione, disponendo al contempo, ed in via provvisoria, la proroga della gestione dei pontili alla predetta società, nelle more dell’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica avente ad oggetto l’attività di conduzione dei pontili in questione. La gestione delle strutture di approdo nella laguna di Venezia era stata affidata, fino alla fine del 2005, al Comune di Venezia, per il tramite della propria società in house A.S.M. s.p.a.. Successivamente, a partire dal 2006, la gestione era stata trasferita all’A.P.V. che, a sua volta, gestiva gli approdi attraverso le sue società in house Porto di Venezia Servizi prima e N. poi. Quest’ultima, in base a specifici protocolli di intesa stipulati con l’A.P.V. e con il Comune, aveva detenuto la gestione del servizio fino al 31.12.2014, in quanto, intervenuto il decreto decisorio del Capo dello Stato del 24.11.2015 (e il presupposto parere n. 2414/14 del Consiglio di Stato), ravvisava la necessità di indire una procedura ad evidenza pubblica per il successivo affidamento del servizio. Tale decreto decisorio era stato pronunciato a fronte del ricorso straordinario con il quale la sola A.G., costituita nel 2012, aveva impugnato il diniego dell’ A.P.V. all’istanza di annullamento in autotutela dell’affidamento a Nethum del servizio in questione. Prendendo atto del decreto decisorio del Capo dello Stato, l’Autorità Portuale, con decreto n. 1744 del 30.12.2014, aveva sancito la cessazione, a far data dal 31.12.2014, dell’affidamento diretto alla Nethum, disponendo ‘di dar corso per il prossimo affidamento alla modalità della gara pubblica’. Con il medesimo decreto, l’A.P.V. prevedeva di affidare in via provvisoria, nelle more dell’espletamento della procedura ad evidenza pubblica, alla stessa società Nethum dal 1 gennaio 2015 e fino al 30 giugno 2015, la gestione degli approdi e pontili. In data 30.12.2014, anche il Commissario Straordinario del Comune di Venezia, con delibera n. 656, prendeva atto della opportunità di affidare il servizio tramite gara e approvava lo schema di rinnovo, sino al 31.12.2014, del Protocollo fra Nethum e le Amministrazioni, convenendo di stipularne uno nuovo entro il 28.02.2015, per regolamentare la procedura ad evidenza pubblica da indirsi per il successivo affidamento del servizio. Interveniva la comunicazione del 21.4.2015 con cui il Comune di Venezia, rivedendo le originarie intenzioni, precisava all’A.P.V. di voler ‘subentrare a breve termine nella gestione dei pontili in oggetto, in quanto prevalentemente destinati a soddisfare la mobilità urbana, mediante i servizi di trasporto pubblico collettivo non di linea’.
2. L’A.G. e le imprese ad essa associate impugnavano dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto il decreto n. 1744/14 dell’A.P.V. di proroga, la delibera commissariale n. 656 del 30.12.2014, nonché i provvedimenti di determinazione delle tariffe approvate da N. per il servizio di approdo d’intesa del 12.1.2015, con i relativi allegati. Con ricorso per motivi aggiunti le ricorrenti impugnavano i decreti n. 1799 del 26.6.2015 e n. 1806 del 30.7.2015, entrambi emessi dall’A.P.V., con cui quest’ultima prorogava l’affidamento a N. della gestione delle strutture di approdo rispettivamente al 31.7.2015 ed al 30.9.2015. Con ulteriore ricorso per motivi aggiunti, veniva impugnato anche il provvedimento dell’Autorità Portuale n. 1821 del 29.9.2015 di ulteriore proroga sino al 31.13.2015.
Le ricorrenti lamentavano che i provvedimenti impugnati si ponevano in contrasto con quanto statuito con decreto decisorio del Capo dello Stato del 24 novembre 2015 a mezzo del quale – in accoglimento del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il provvedimento con cui l’A.P.V. aveva opposto il proprio diniego sulla richiesta di ritiro in autotutela dell’affidamento a N. s.p.a. del servizio di sbarco, imbarco e sosta di unità di navigazione – era stato sancito l’obbligo di mettere a gara i servizi approdo e gestione dei pontili, così come previsto dall’art. 6 della legge n. 84 del 1994, recante la disciplina generale in tema di ordinamento e attività portuali.
Deducevano, altresì, la violazione dei principi comunitari di proporzionalità, di concorrenza, di libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, nonché la violazione delle disposizioni del Trattato dell’Unione europea, degli artt. 24, 41, 111 e 117 della Costituzione, della citata legge n. 84 del 1994 e dell’art. 30 del Codice degli appalti, difetto di istruttoria, di motivazione, violazione degli artt. 11, 15 e 21 septies e nonies, della legge n. 241 del 1990, del principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi, dei principi di legalità e irretroattività di cui all’art. 11 delle preleggi, dell’art. 97 della Costituzione e degli artt. 2 e 21 bis della legge n. 241 del 1990, degli artt. 1343, 1345 e 1418 del Codice civile, dell’art. 31 del regolamento comunale di attuazione della legge regionale n. 63 del 1993 e dell’art. 1 del d.m. 14 novembre 1994, degli artt. 16 e 18 della legge n. 84 del 1994 e 18 del d.P.R. n. 328 del 1952, dei principi di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa ed eccesso di potere per sviamento manifesta illogicità irragionevolezza e contraddittorietà.
3. Il T.A.R. per il Veneto, con sentenza n. 680 del 2016, accoglieva il ricorso, ritenendo, in via preliminare, che dovevano essere respinte le eccezioni in rito con le quali si era sostenuto, rispettivamente, la carenza di legittimazione attiva delle odierne ricorrenti, nonché l’improcedibilità del gravame per il fatto che la gestione dei servizi in questione era in procinto di essere affidata al Comune di Venezia, risultando comunque sussistente l’interesse strumentale all’annullamento degli atti impugnati al fine di ottenere la restituzione, anche a titolo risarcitorio, delle somme indebitamente versate a titolo di tariffa per l’attracco ai pontili gestiti dalla società odierna controinteressata. Il Collegio di prima istanza, sempre in via preliminare, respingeva l’eccezione relativa al difetto di competenza dell’adito Tribunale amministrativo a vantaggio di quella del Consiglio di Stato, quale giudice naturale a statuire circa la violazione e/o elusione del giudicato di cui al citato decreto decisorio del Capo dello Stato del 24 novembre 2015, non avendo invero le ditte ricorrenti chiesto l’esecuzione di quanto contenuto in detto decreto, bensì l’annullamento dei successivi provvedimenti con i quali era stata disposta la proroga della gestione del servizio in questione alla società controinteressata. Nel merito, il giudice di prime cure accoglieva il ricorso introduttivo e i successivi motivi aggiunti, ritenendo fondata l’impugnazione con riferimento all’assorbente dedotta violazione della normativa nazionale ed europea in tema di ordinamento e attività portuali, atteso che (come rilevato dal Consiglio di Stato, in sede di accoglimento del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il provvedimento con cui l’A.P.V. aveva opposto il proprio diniego sulla richiesta di ritiro in autotutela dell’affidamento a N. s.p.a. del servizio di sbarco, imbarco e sosta di unità di navigazione) l’affidamento in questione, per un ulteriore periodo e la proroga, nonostante l’intervenuta scadenza del termine della precedente concessione, per il pregresso periodo 2010-2013 di cui all’art. 8 dell’allegato protocollo d’intesa, contrastava specificatamente con l’art. 6 della legge n. 84 del 1994, che prevedeva che le concessioni di specie dovessero essere affidate previo esperimento di gara concorsuale tra più concorrenti, e ciò anche qualora si volesse ritenere la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 30 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (concessione di servizi). Il Tribunale adito concludeva ritenendo l’illegittimità, per violazione dei principi nazionali e comunitari in materia di concorrenza e di abuso di posizione dominante, non soltanto dell’intervenuta proroga della convenzione stipulata tra il Comune di Venezia e l’Autorità Portuale da un lato e la Nethum s.p.a. d’altro, ma anche della conseguente ratifica delle tariffe applicate dalla ricorrente predetta. Tali tariffe avrebbero dovuto, invero, essere adottate previa valutazione della loro congruità rispetto ai costi da coprire all’esito di una procedura di valutazione comparativa nell’ambito del procedimento all’interno del quale avrebbe dovuto intervenire anche il Comitato portuale, se non altro in ragione del fatto che la proroga veniva a coprire un periodo superiore ai quattro anni, donde anche la violazione dell’art. 6, comma 5, della legge n. 84 del 1994, e non mediante applicazione retroattiva di quelle unilateralmente determinate dalla ricorrente, in virtù di un protocollo di intesa adottato senza alcuna previa fissazione da parte dell’Autorità Portuale e del Comune di Venezia quantomeno dei criteri di determinazione delle stesse, anche alla luce dei necessari e non effettuati approfondimenti istruttori concernenti la sostenibilità economica degli importi applicati, rispetto alle spese di gestione dei pontili e alle unità di navigazione utilizzatrici degli attracchi.
4. Con atto di appello (R.G.N. 8132/2016), notificato nei termini e nelle forme di rito, N. s.p.a ha impugnato la suddetta pronuncia, invocandone l’integrale riforma, e denunciando: “I) Sul difetto di legittimazione attiva e dell’interesse qualificato in capo alle società ricorrenti: erroneità della sentenza appellata. Difetto di motivazione. Riproposizione dell’eccezione; II) Sull’eccezione preliminare di difetto di interesse e cessazione della materia del contendere: erroneità della statuizione e riproposizione della stessa; III) Sull’eccezione di irricevibilità e/o inammissibilità del ricorso per violazione del giudice naturale e sull’insussistenza del giudicato stricto sensu inteso: ulteriore erroneità della sentenza appellata. Riproposizione delle eccezioni; IV) Nel merito: erroneità in relazione alla pretesa violazione dell’art. 6 della legge n. 84/1994; V) Nel merito: abnormità, difetto di presupposto, violazione del principio di corrispondenza del chiesto e pronunciato, violazione dei limiti della giurisdizione del G.A. Ulteriore erroneità.”
5. Il Comune di Venezia si è difeso, riproponendo il proprio difetto di legittimazione passiva e rilevando che sarebbe incontestato che gli atti di determinazione delle tariffe promanano unilateralmente da N. s.p.a., e che il Comune non li ha mai ratificati, concludendo per l’annullamento e/o la riforma della sentenza impugnata.
6. Si è costituita A.P.V. Investimenti s.p.a., già N. s.p.a., ribadendo la richiesta di riforma della sentenza n. 680 del 2016. Le parti con successive memorie hanno illustrato le proprie difese.
7. Con distinto atto di appello (R.G.N. 8188/2016), l’A.P.V. ha impugnato la suddetta pronuncia, denunciando “1) Sul difetto di legittimazione attiva e dell’interesse qualificato in capo alle società e dell’interesse qualificato in capo alle società ricorrenti: erroneità della sentenza appellata. Difetto di motivazione. Riproposizione dell’eccezione; 2) Sull’eccezione preliminare di difetto di interesse e cessazione della materia del contendere: erroneità della statuizione e riproposizione della stessa; 3) Sull’eccezione di irricevibilità e/o inammissibilità del ricorso per violazione del giudice naturale e sull’insussistenza del giudicato stricto sensu inteso: ulteriore erroneità della sentenza appellata. Riproposizione delle eccezioni; 4) Nel merito: erroneità in relazione alla pretesa violazione dell’art. 6 della legge n. 84/1994; 5) Sempre nel merito: abnormità, difetto di presupposto, violazione del principio di corrispondenza del chiesto e pronunciato, violazione dei limiti della giurisdizione del G.A..Ulteriore erroneità”.
7.1. Il Comune di Venezia si è costituito in resistenza, riproponendo, anche con riferimento all’appello R.G.N. 8188/2016, l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, assumendo di non aver mai ratificato l’atto di determinazione delle tariffe, che promanano unilateralmente da N. s.p.a.. Si sono difese l’A.G. e le altre imprese associate, insistendo per il rigetto dell’impugnazione. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si è costituito ai sensi dell’art. 55, comma 7, d.lgs. n. 104 del 2010.
7.2. Le parti, con successive memorie e repliche, hanno ribadito le proprie difese.
8. All’udienza straordinaria del 22 novembre 2022, entrambi gli appelli sono stati assunti in decisione.
DIRITTO
9. Il Collegio, preliminarmente, dispone la riunione dei ricorsi, atteso che N. s.p.a. e l’A.P.V. hanno proposto appello avverso la medesima sentenza, pertanto ricorre l’ipotesi di riunione obbligatoria delle impugnazioni, ai sensi degli artt. 96 cod. proc. amm. e 335 c.p.c. Nella fattispecie, gli appellanti hanno sostanzialmente proposto le medesime censure alla sentenza impugnata, per tale ragione, l’esame dei mezzi verrà effettuato congiuntamente, ciò al fine di garantire il principio dell’unicità del processo.
9.1. Questa Sezione, sempre in via preliminare, respinge l’eccepito difetto di legittimazione passiva del Comune di Venezia, tenuto conto che è stata proposta impugnazione, inter alia, quanto al ricorso introduttivo principale, avverso la deliberazione del Commissario Straordinario del Comune di Venezia n. 656 del 30.12.2014, avverso il protocollo d’intesa del 12.1.2015 tra l’A.P.V., N. s.p.a. ed il Comune di Venezia per la gestione pubblica di approdi operativi a servizio del trasporto pubblico non di linea.
10. Con riferimento all’appello R.G.N. 8132/2016, la società N. s.p.a., con il primo mezzo, ha eccepito il difetto di legittimazione attiva delle ditte ricorrenti, in quanto non titolari di legittimazione ad agire e di un interesse qualificato a contrastare la scelta amministrativa di prorogare l’affidamento a Nethum s.p.a. del servizio in attesa dell’avvio della procedura di gara. Tale legittimazione sussisterebbe solo nel caso in cui le ricorrenti fossero operatori del settore della concorrenza, mentre, al contrario, le stesse si occuperebbero esclusivamente del ‘servizio di trasporto persone non di linea’, e non della gestione di approdi.
10.1. Con riferimento all’appello R.G.N. 8188/2016, con il primo motivo l’A.P.V. deduce la medesima censura.
10.1.1. Le critiche sono infondate.
L’eccepito difetto di legittimazione attiva dell’A.G. e delle imprese associate è stato dedotto anche dinanzi al giudice di prima istanza, il quale ha ritenuto “comunque sussistente l’interesse strumentale all’annullamento degli atti impugnati al fine di ottenere la restituzione, anche a titolo risarcitorio, delle somme indebitamente versate a titolo di tariffa per l’attracco ai pontili gestiti dalla società odierna contro interessata”.
Assume rilievo, per l’esatto inquadramento della fattispecie, quanto precisato da questo Consiglio di Stato, con il parere 2414/14, secondo cui “…la concessione in parola, affidata alla N. s.p.a., concerne, oltre che attività di natura pubblicistica, anche attività puramente privatistica, rientrando appieno nella fattispecie di cui alle sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 10/2011 e n. 17/2011 n.d.r.). In ogni caso, peraltro, l’affidamento diretto alla N. s.p.a. contrasta specificamente con l’art. 6 della legge n. 84 del 1994, che prevede che le concessioni della specie debbano essere affidate previo esperimento di gara concorsuale tra più concorrenti, e la norma suddetta, essendo una norma speciale, ha la prevalenza su qualsiasi altra norma”.
Stante la natura di attività pubblicistica, oltre che privatistica, del servizio affidato a N., emerge all’evidenza che, nella specie, sussiste l’interesse anche solo strumentale delle ricorrenti, legittimante un’impugnativa giurisdizionale al fine di ottenere la restituzione, anche sotto il profilo risarcitorio, delle somme indebitamente versate a titolo di tariffa per l’attracco ai pontili gestiti dalla società N. s.p.a. Le ditte hanno, infatti, denunciato che gli atti impugnati hanno determinato un indubbio effetto distorsivo della concorrenza, per effetto del successivo affidamento diretto alla società controllata dal Comune con applicazione delle medesime tariffe stabilite da N.. Al contrario, il Comune e l’Autorità portuale avrebbero invece dovuto garantire l’efficienza del servizio e la competitività, attraverso la concorrenza tra imprese, subordinando sia il rilascio delle concessioni dei pontili e delle aree portuali, sia dell’affidamento della gestione degli approdi al previo esperimento di una o più procedura ad evidenza pubblica, nonché esonerando le imprese del settore dal pagamento delle tariffe imposte da N.. A fronte di tali contestazioni, prospettate dalle ricorrenti nei propri atti difensivi, va rammentato che l’A.G. rappresenta ben 80 delle 120 imbarcazioni che, nella Laguna Veneta, svolgono il servizio di trasporto pubblico non di linea, sicchè ha, quale finalità istituzionale, la difesa del diritto all’accesso alle aree e strutture da destinare alle operazioni di imbarco e sbarco, e all’utilizzo delle strutture di approdo a tariffe e condizioni di trasporto concorrenziali. Ne emerge all’evidenza un interesse concreto all’annullamento degli atti impugnati, anche al fine, come precisato dal Tribunale adito, di ottenere il risarcimento dei danni e/o la restituzione degli importi pagati alla N. s.p.a., nonché, come dedotto dalle ricorrenti, di accedere per l’esercizio dell’attività di trasporto pubblico ad altri approdi, o a condizioni tariffarie più vantaggiose. Tale interesse è anche strumentale al rispetto della legalità, che viene paludato dai suddetti riferimenti soggettivi, idoneo ad accreditare la valenza personale, che è un requisito necessario per potere promuovere un ricorso giurisdizionale. Né è richiesta alle imprese ricorrenti alcuna prova in ordine al possesso di una capacità operativa paragonabile a quella di N. s.p.a., o allo svolgimento del medesimo servizio, costituendo, quest’ultimo, un elemento che assumerà rilevanza solo in sede di successiva partecipazione alla gara (Cons. Stato, 10 gennaio 2013, n. 99).
11. Con riferimento al ricorso R.G.N. 8132/2016, N. s.p.a. censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha disatteso l’eccezione di A.P.V., che ha sollevato la sopravvenuta carenza di interesse e la cessazione della materia del contendere, essendo mutata la situazione di fatto, in quanto l’Autorità Portuale, e con essa anche N., sono rimaste ‘spogliate’ del potere gestorio in passato concesso, per quanto di competenza, dal Comune di Venezia. A decorrere dal 1 gennaio 2016, infatti, la gestione del servizio di approdo dei soli pontili comunali è stata affidata dal Comune di Venezia ad A.V.M. s.p.a. Secondo l’appellante, essendosi esauriti gli effetti delle proroghe dal 1.1.2015 al 31.12.2015, oggetto di impugnativa, la lamentata lesività dei suddetti provvedimenti sarebbe venuta meno. L’asserita strumentalità dell’interesse delle ricorrenti alla proposizione del ricorso, strettamente commisurato alla richiesta di annullamento formulata in via principale, non apparirebbe attuale, atteso che il vantaggio a cui aspira la controparte presuppone la disamina da parte di altro giudice dei rapporti contrattuali intercorsi tra la società ricorrente e il gestore N., estranei alla impugnativa in esame.
11.1. Le medesime censure sono state prospettate dall’A.P.V., con il secondo motivo dell’appello R.G.N. 8188/2016.
11.1.1. I suddetti mezzi vanno respinti.
Come sopra precisato, le ricorrenti in primo grado, in disparte le successive emergenze fattuali, al momento della proposizione del ricorso, erano titolari di un interesse strumentale all’annullamento degli atti impugnati. Non è contestato che la gestione del servizio di approdo dei soli pontili comunali è stata affidata dal Comune di Venezia ad A.V.M. s.p.a. a decorrere dal 1 gennaio 2016, ma il Comune non ha regolamentato in alcun modo la situazione pregressa. Stante il rilevato interesse all’annullamento degli atti, non può essere accolta la domanda di improcedibilità del ricorso introduttivo, sicchè si deve procedere all’indagine sul merito della controversia, garantendo la piena soddisfazione del diritto di difesa delle ricorrenti, il quale, anche nel presente giudizio di appello, deve dispiegarsi in modo completo e satisfattivo.
12. Con il terzo mezzo dell’appello R.G.N. 8132/2016, N. censura la pronuncia impugnata nella parte in cui si respinge l’ulteriore eccezione proposta da A.P.V. circa il difetto di competenza a vantaggio del Consiglio di Stato, quale giudice naturale a statuire sull’elusione e/o violazione del giudicato di cui al decreto decisorio del capo dello Stato del 24.11.2015, nella parte in cui si sostiene che i ricorrenti hanno chiesto, non già l’esecuzione di quanto disposto nel precitato decreto, “bensì l’annullamento dei successivi provvedimenti con i quali è stata disposta la proroga della gestione del servizio in questione alla società odierna controinteressata”.
Secondo l’appellante, il ricorso di prime cure, proprio per la tipologia di censure in esso sollevate, avrebbe dovuto essere promosso avanti il giudice naturale, ossia il Consiglio di Stato, e non dinanzi al T.A.R. per il Veneto. Ciò in quanto il giudice dell’ottemperanza, come identificato per il tramite dell’art. 113 cod. proc. amm., deve essere attualmente considerato come il giudice naturale della conformazione dell’attività amministrativa successiva al giudicato e delle obbligazioni che da quel giudicato discendono, o che in esso trovano il proprio presupposto.
12.1. L’A.P.V., con l’appello R.G.N. 8188/2016, ha proposto la medesima censura.
12.1.1. Il Collegio non condivide le suddette critiche.
E’ noto a questa Sezione che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 5.6.2012, n. 18, ha risolto incidenter tantum un contrasto giurisprudenziale insorto tra giudice amministrativo e Corte di Cassazione in ordine al giudice competente a decidere l’ottemperanza del decreto decisorio che ha accolto il ricorso straordinario al Capo dello Stato. E’ stato chiarito che, essendo questi decreti provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo, il ricorso per la loro ottemperanza va proposto davanti allo stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica il magistrato che ha emesso il provvedimento della cui esecuzione si tratta.
Nella specie, il suddetto principio non trova applicazione, atteso che, come condivisibilmente affermato dal giudice di prime cure, le ditte ricorrenti hanno chiesto al Tribunale amministrativo regionale l’annullamento dei successivi provvedimenti con i quali è stata disposta la proroga della gestione del servizio in questione alla società N., e non, invece, l’esecuzione del predetto decreto.
13. Con la quarta doglianza del ricorso R.G.N. 8132/2016, N. censura la pronuncia impugnata nella parte in cui ha accolto il gravame con riferimento alla ‘assorbente’ dedotta violazione della normativa nazionale ed europea in tema di ordinamento e attività portuali. Secondo l’appellante, la proroga non costituirebbe affatto un nuovo affidamento, ma una modalità, in via provvisoria e di urgenza, di gestione del servizio per il tempo necessario all’indizione della gara. La proroga sarebbe tanto più legittima ed ammissibile laddove, conformemente al parere n. 2414/14 del Consiglio di Stato, si attribuisca natura di concessione demaniale al rapporto in essere fra A.P.V. e N., atteso che il comma 18 dell’art. 1 del decreto legge n. 194 del 30.12.2009, convertito in legge 26.2.2010, n. 25, ammette la proroga di dette concessioni sino al 31.12.2020. L’esponente ritiene nel potere dell’Amministrazione scegliere la linea più opportuna da adottare per impedire l’interruzione del pubblico servizio, ed evitare danni ingenti all’utenza ed alle stesse società ricorrenti.
13.1. Il medesimo motivo è stato illustrato dall’A.P.V. con l’appello R.G.N. 8188/2016.
13.1.1. I motivi vanno rigettati.
La portata applicativa del divieto di rinnovo dei contratti da parte della P.A. rappresenta un precetto che, coerentemente con la matrice euro – unitaria della norma, è oggetto di costante interpretazione estensiva in giurisprudenza.
L’art. 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (come sostituito dall’art. 44 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 ed il comma 2 è stato modificato dall’art. 23 della legge 18 aprile 2005, n. 62, poi abrogato dall’art. 256 del d.lgs. n. 163 del 2006), nel vietare il rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, comminandone la nullità, e nel consentire (fino alla modificazione introdotta dalla citata legge n. 62 del 2005) la rinnovazione espressa in presenza di ragioni di pubblico interesse (comma 2) dispone che “E’ vietato il rinnovo tacito dei contratti per la fornitura di beni e servizi, ivi compresi quelli affidati in concessione a soggetti iscritti in appositi albi. I contratti stipulati in violazione del predetto divieto sono nulli”. In ordine al divieto di rinnovo tacito, si è precisato che tale divieto non è stato introdotto per la prima volta dall’art. 44 della legge n. 724 del 1994, “ma era già previsto dalla disposizione di cui all’art. 6 della l. n. 537/1993 che altrettanto disponeva espressamente il ‘divieto del rinnovo tacito dei contratti con le P.A. per la fornitura di beni e servizi “(Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2002, n. 5116).
Lo scopo della norma è evidentemente quello di tutelare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni o servizi da parte degli appaltatori delle amministrazioni pubbliche non subiscano col tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, incidenti sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell’offerta, con conseguente incapacità del fornitore di far fronte compiutamente alle stesse prestazioni: è stato, pertanto, ad essa riconosciuta natura di norma imperativa alla quale si applicano gli artt. 1339 (inserzione automatica di clausole) e 1419 (nullità parziale) del codice civile (Cons. Stato, sez. V, 2 novembre 2009, n. 6709; Cons. Stato, sez. III, 1 febbraio 2012, n. 504; Cons. Stato, sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275; Cons. Stato, sez. V, 21 luglio 2015, n. 3594).
La disposizione è stata ritenuta espressiva di un precetto di portata generale in base al quale il rinnovo dei contratti pubblici scaduti deve essere considerato alla stregua di un contratto originario, necessitante della sottoposizione ai canoni dell’evidenza pubblica, atteso che la procrastinazione meccanica del termine originario di durata del contratto ha l’effetto di sottrarre, in maniera intollerabilmente lunga, un bene economicamente contenibile alle dinamiche fisiologiche del mercato.
Sul punto, questo Consiglio di Stato (sez. IV, sent. n. 6458 del 31 ottobre 2006) ha affermato che l’eliminazione della possibilità di provvedere al rinnovo dei contratti scaduti “ha valenza generale e portata preclusiva di opzioni ermeneutiche ed applicative di altre disposizioni dell’ordinamento che si risolvono, di fatto, nell’elusione del divieto di rinnovazione dei contratti pubblici”.
Non convince lo sforzo ermeneutico delle appellanti finalizzato a sostenere che la proroga sarebbe intervenuta per evitare l’interruzione del servizio e i danni all’utenza, tenuto conto che, come risulta dalle emergenze processuali, gli impugnati provvedimenti hanno consentito alla N. fino al 2016, senza il previo espletamento di alcuna procedura ad evidenza pubblica, la gestione esclusiva di tutte le strutture di approdo destinate al servizio di trasporto pubblico nella laguna veneta, con assegnazione ad un unico operatore. Come è noto, secondo la giurisprudenza prevalente, nel vigente quadro ordinamentale, è consentita solo la ‘proroga tecnica’, l’unica ammessa in materia di pubblici contratti, avente ‘carattere eccezionale’ (ex multis Cons. Stato, sez. III, 3 aprile 2017, n. 1521; Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 274), la quale deve essere fondata su ‘oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della nuova gara non imputabili alla stazione appaltante’ (Cons. Stato, sez. V, 29 maggio 2019, n. 3588).
Il fondamento del divieto del rinnovo tacito si ricollega ad una molteplicità di esigenze: da un lato la norma tende anzitutto a conferire effettività al principio generale della concorrenza e della gara formale ad evidenza pubblica, quale canone fondamentale dell’attività contrattuale della P.A., contribuendo in tal modo alla dinamicità e trasparenza del mercato; dall’altro, si consente all’amministrazione di assumere obbligazioni di pagamento di somme di denaro unicamente con l’adozione di un provvedimento formale di impegno, previo il positivo riscontro delle relative disponibilità.
Né può essere predicato quanto sostenuto dalle appellanti nei propri scritti difensivi che la proroga non ha rappresentato un nuovo affidamento, ma una modalità di gestione del servizio in via provvisoria e d’urgenza per il tempo necessario all’indizione della gara, ciò in quanto non può essere ammessa una proroga del contratto eccedente i limiti stabiliti dalla legge, posto che essa si risolverebbe in un vero e proprio rinnovo, e dunque nella continuazione del rapporto contrattuale in violazione dei limiti previsti dall’art. 6 della legge n. 537 del 1993, e in assenza dei presupposti di convenienza e pubblico interesse, che, essi soli, fondano la deroga al principio della gara ad evidenza pubblica.
Stante i principi espressi, non coglie nel segno la precisazione delle appellanti circa la insindacabilità della proroga riferita agli anni 2010-2013, essendo l’Amministrazione tenuta a far cessare l’affidamento del servizio a N. esclusivamente per il periodo successivo all’emanazione del decreto decisorio del Capo dello Stato del 24.11.2014, ciò in quanto l’affidamento in questione per un ulteriore periodo e la proroga per il pregresso periodo 2010-2013, di cui all’art. 8 dell’allegato protocollo d’intesa – “contrasta specificamente con l’art. 6 della legge n. 84 del 1994, che prevede che le concessioni della specie debbano essere affidate previo esperimento di gara concorsuale tra più concorrenti”. Il principio, precisato dal giudice del merito, tenuto conto degli illustrati chiarimenti offerti dalla giurisprudenza amministrativa, è applicabile anche qualora si voglia ritenere che si ricada nella fattispecie di cui all’art. 30 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (concessione di servizi), sicchè va respinta la relativa obiezione delle appellanti.
14. Con il quinto motivo dell’appello R.G.N. 8132/2016, N. lamenta che il Tribunale di prime cure, nella seconda parte della statuizione, travalicando i limiti di cui all’art. 112 c.p.c., si sarebbe addentrato in valutazioni inerenti la congruità delle tariffe, prospettando un preteso mancato approfondimento istruttorio da parte delle Amministrazioni sulla “sostenibilità economica” delle stesse. Il Giudice di prime cure, secondo l’appellante, non era affatto chiamato a valutare la congruità o “sostenibilità economica” delle stesse, né a verificare il corretto iter della loro fissazione, ostandovi non soltanto il principio della necessaria corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato (art. 112 c.p.c.), ma pure l’evidente limite della giurisdizione amministrativa, competendo al solo G.O. l’eventuale vaglio della congruità della tariffa. La fissazione della tariffa non costituisce esercizio dell’attività autoritativa della P.A., bensì un atto di natura privatistica imputabile a N. s.p.a., trasfuso nei singoli contratti che le stesse ricorrenti hanno sottoscritto ed accettato in ogni loro parte, ma tali contratti sarebbero estranei all’oggetto del contendere.
14.1. L’A.P.V., con riferimento al procedimento R.G.N. 8188/2016, ha dedotto la medesima doglianza.
14.1.1. Le doglianze sono infondate.
Il T.A.R. ha precisato che “l’illegittimità per violazione dei principi nazionali e comunitari in materia di concorrenza e di abuso di posizione dominante, non soltanto dell’intervenuta proroga della convenzione stipulata tra il Comune di Venezia e l’Autorità Portuale da un lato e la Nethum s.p.a. d’altro, ma anche della conseguente ratifica delle tariffe applicate dalla ricorrente predetta; tariffe che avrebbero dovuto invero essere adottate previa valutazione della loro congruità rispetto ai costi da coprire all’esito di una procedura di valutazione comparativa nell’ambito del procedimento all’interno del quale avrebbe dovuto intervenire anche il Comitato portuale se non altro in ragione del fatto che la proroga veniva a coprire un periodo superiore ai quattro anni, donde anche la violazione dell’art. 6, comma 5, della legge n. 84 del 1994, e non mediante applicazione retroattiva di quelle unilateralmente determinate dalla ricorrente in virtù di un protocollo di intesa adottato senza alcuna previa fissazione da parte dell’Autorità Portuale e del Comune di Venezia quantomeno dei criteri di determinazione delle stesse, anche alla luce dei necessari e non effettuati approfondimenti istruttori concernenti la sostenibilità economica degli importi applicati rispetto alle spese di gestione dei pontili e alle unità di navigazione utilizzatrici degli attracchi”.
Nella predetta statuizione, il Collegio non ravvisa alcuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.), né dei limiti della giurisdizione del G.A., atteso che il giudicante, a fronte delle espresse contestazioni delle ricorrenti in ordine alla congruità delle tariffe applicate, non travalicando i limiti della propria giurisdizione, ha correttamente rilevato l’illegittimità, in ossequio ai principi nazionali e comunitari in materia di concorrenza e di abuso di posizione dominante, non solo dell’intervenuta proroga della convenzione stipulata tra il Comune di Venezia e l’Autorità Portuale da un lato e la N. s.p.a. dall’altro, ma anche della conseguente ratifica delle tariffe applicate, individuando i criteri che l’amministrazione avrebbe dovuto seguire, secondo i principi che regolamentano il corretto esercizio dell’attività amministrativa “se non altro in ragione del fatto che la proroga veniva a coprire un periodo superiore ai quattro anni”. Invero, nella specie, come chiarito dal T.A.R., in violazione dell’art. 6, comma 5, della legge n. 84 del 1994, l’Amministrazione ha predisposto anche l’applicazione retroattiva delle tariffe determinate unilateralmente da N. s.p.a., senza alcun approfondimento istruttorio in ordine alla concreta sostenibilità economica degli importi applicati “rispetto alle spese di gestione dei pontili e alle unità di navigazione utilizzatrici degli attracchi”.
15. In definitiva, gli appelli R.G.N. 8132 del 2016 e R.G.N. 8188 del 2016 vanno respinti, ed ogni altra questione proposta dalle parti deve ritersi assorbita, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
16. Le spese di lite del grado di giudizio seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo a favore dell’A.G. e alle imprese associate, mentre vanno compensate con le altre parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti R.G.N. 8132/2016 e R.G.N. 8188/2016, come in epigrafe proposti, li respinge e conferma la sentenza impugnata.
Condanna ciascuna delle parti appellanti alla rifusione delle spese di lite del grado a favore dell’A.G. e delle imprese associate, liquidate nella misura di euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge se dovuti. Compensa le spese di lite tra con le altre parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.