Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza n. 1635 depositata il 16 febbraio 2023
distinzione tra proroga e rinnovo contrattuale – l diritto alla revisione prezzi soggiace alla prescrizione quinquennale
FATTO
1. A seguito di procedura pubblica per l’affidamento del servizio di vigilanza degli Uffici della Regione Autonoma della Sardegna, V.S. Scarl ( in seguito anche V.S.) risultava aggiudicataria dei Lotti nn. 1, 2 e 3 relativi alle Province di Cagliari, Oristano e Nuoro, assumendo in appalto il servizio per la durata di quattro anni, decorrenti dal 1 gennaio 2001 e rinnovabili per ulteriori quattro anni.
Dopo l’iniziale scadenza, il rapporto contrattuale proseguiva in virtù di successive determinazioni regionali, tra cui l’ultima (27 giugno 2014, n. 24692) che prolungava il rapporto sino al 31 dicembre 2014. Nel complesso, l’impresa svolgeva il servizio dal 1 gennaio 2001 al 31 dicembre 2014.
La tariffa oraria spettante per il servizio era stata originariamente fissata a euro 15,24, come da condizioni di gara e, peraltro, la lettera d’invito ammetteva, all’art. 14, “la revisione prezzi ai sensi dell’art. 6, comma 4, della legge 24 dicembre 1993”, statuendo che “la revisione prezzi verrà effettuata annualmente, su richiesta dell’appaltatore e decorrerà dal mese successivo a quello di accettazione della richiesta da parte dell’Amministrazione regionale…In difetto di pubblicazione degli indici ISTAT…la revisione prezzi sarà concessa sulla sola variazione della mano d’opera, ad esibizione dei CCNL entrati in vigore nell’anno precedente la richiesta». Sulla base delle richieste presentate dalla V.S. in data 2 settembre 2003 e 13 settembre 2004, la Regione concedeva due prime revisioni prezzi, adeguando il compenso per il servizio alle nuove tabelle salariali intervenute a seguito di rinnovo del contratto collettivo nazionale di categoria dell’8 gennaio 2002: in tal modo, la tariffa oraria saliva a euro 19,55 alla data del 1 settembre 2004.
In data 28 febbraio, le parti sottoscrivevano un atto di ‘integrazione contrattuale’, abbassando nuovamente la tariffa del servizio a euro 17,60; tuttavia, a seguito di successivo rinnovo del CCNL di categoria, in data 6 dicembre 2006, la Regione accoglieva una nuova richiesta di revisione prezzi della V.S., innalzando progressivamente la tariffa sino all’importo di euro 19 alla data del 30 giugno 2007. Con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali dell’8 luglio 2009, il costo medio orario del lavoro era stato successivamente portato a euro 21,20, ancora incrementato dal rinnovo del CCNL di categoria del 22 gennaio 2013. Pertanto, con nota 17 aprile 2014, V.S. presentava alla Regione Sardegna una istanza di revisione prezzi per il periodo contrattuale decorrente da gennaio 2009 a marzo 2014, richiamando la nuova tariffa oraria di euro 21,20 prevista dal decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e, quindi, invocando il pagamento della somma complessiva, per l’intero periodo, di euro 3.842,022, 80.
Con determinazione dirigenziale n. 28313 del 22 luglio 2014, la Regione respingeva tale istanza, ritenendo che la revisione dei prezzi si applicasse solo per il tempo di durata del contratto e non anche per le sue successive proroghe o taciti rinnovi, in quanto l’art. 14 dell’originaria lettera di invito prevedeva: “La revisione verrà effettuata annualmente, su richiesta dell’appaltatore, e decorrerà dal mese successivo a quello di accettazione della richiesta”. Nel caso in esame, la società istante non aveva fatto pervenire, nei rispettivi anni di riferimento (dal 2009 – 20014), alcuna richiesta di revisione.
2. Il Fallimento V.S. Scarl impugnava la suddetta determinazione dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, assumendo che, nel caso di specie, il rapporto contrattuale era proseguito in base a ripetuti atti di proroga, compatibili con l’istituto della revisione prezzi, mentre la Regione aveva erroneamente equiparato tale figura a quella del rinnovo contrattuale, nella fattispecie non ravvisabile.
3. Il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, con sentenza n. 465/2016, respingeva il ricorso, ritenendo che il rapporto contrattuale era stato prolungato tramite una serie di veri e propri rinnovi contrattuali, ostativi all’applicazione dell’istituto della revisione dei prezzi. Veniva, altresì, evidenziato il comportamento contrario a buona fede della ricorrente, che aveva presentato un’unica domanda relativa all’intero periodo 2009-2014, senza proporre singole istanze annuali di revisione prezzi, benché le nuove tabelle con essa invocate fossero state introdotte già nel 2009.
4. Con atto di appello, notificato nei termini e nelle forme di rito, il Fallimento V.S. Scarl ha impugnato la suddetta pronuncia, domandando l’integrale riforma, censurando, in sostanza, l’affermazione sostenuta dai giudici di prima istanza, secondo cui la ‘lex specialis’ della gara prevedeva, quale durata possibile del rapporto, otto anni a decorrere dal 1 gennaio 2001, con termine ultimo al 1 gennaio 2009, mentre la pretesa di revisione richiesta da V.S. si riferiva al periodo successivo (dal 2009 in poi), quando, cioè, il possibile termine di durata era scaduto. Da tale assunto conseguirebbe il ‘rinnovo’, e non la ‘proroga’, del rapporto d’appalto ritenuto scaduto. L’appellante deduce che il T.A.R. avrebbe fondato il suo convincimento sul punto sulla base di un presupposto di fatto e di diritto palesemente errato, frutto di una omessa lettura degli atti versati in causa dall’Amministrazione, proprio in vista della scadenza del rapporto.
4.1. Si è costituita in resistenza la Regione Autonoma della Sardegna, chiedendo la reiezione dell’appello.
4.2. Le parti con memorie hanno ribadito le proprie difese.
5. All’udienza straordinaria del 22 novembre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
6. L’appellante censura la sentenza impugnata contestando, come precisato nella parte in fatto, che il Collegio di prima istanza non avrebbe esaminato correttamente gli atti di causa, giungendo ad un convincimento errato nella parte in cui ha qualificato le varie determinazioni regionali in rinnovi contrattuali, deducendo che, per tale ragione, non opererebbe la disciplina della revisione dei prezzi.
L’esponente riferisce che, pur essendo vero che il punto 8 delle condizioni di gara prevedeva una durata del contratto di quattro anni rinnovabile per uguale periodo di tempo o per un periodo inferiore, al Tribunale adito sarebbe sfuggito che il contratto risultava ‘prorogato’ dalla Regione prima della scadenza prevista al citato punto 8 delle norme di gara, ossia prima della data di scadenza del 1 gennaio 2009 indicata in sentenza.
A sostegno dell’assunto, argomenta che, con la determina del Direttore del Servizio del 31 dicembre 2008, n. 0058114/4239, anteriore al 1 gennaio 2009, non risultando espletata la nuova gara del servizio, per esigenze di buon funzionamento degli uffici, la stessa Regione decideva, con urgenza, di ‘estendere’ e, quindi, di ‘prorogare’ il servizio in essere in base al precedente contratto, con decorrenza dal 1 gennaio 2009 al 31 marzo 2009 e, successivamente, ulteriormente ‘prorogare’.
La pronuncia, inoltre, anche sotto il profilo logico – giuridico, sarebbe viziata da una evidente contraddizione, in quanto il Collegio di primo grado sostiene l’insussistenza dei presupposti della ‘mera proroga’ in ragione del rilievo che, nel 2006, le parti avevano sottoscritto un atto negoziale di ‘integrazione del contratto’, con cui avevano fissato in euro 17,60 la tariffa media oraria, in diminuzione rispetto a quanto corrisposto negli anni precedenti. Ciò sarebbe stata, secondo il giudicante, una chiara dimostrazione di un’oggettiva censura rispetto all’originaria fonte regolamentare del rapporto, con conseguente impossibilità di ricondurre le vicende successive al concetto di ‘proroga contrattuale’ e il loro inquadramento nell’alveo della diversa figura del ‘rinnovo’. Il fatto che la Regione, nonostante ciò, per il 2006 e per gli anni successivi, avesse riconosciuto e corrisposto la revisione senza eccepire nulla, secondo il T.A.R., non avrebbe alcun rilievo, tuttavia, precisa l’appellante, non si riuscirebbe a comprendere come il Tribunale, per un verso afferma che il rapporto, fino al 2008, era compatibile con le originarie previsioni contrattuali e come tale ‘suscettibile di revisione’ e, nel contempo, afferma che, per il 2006, non lo era.
Si denuncia anche l’erronea interpretazione dell’art.14 delle condizioni di gara prospettata dal giudice di primo grado, secondo cui, ai fini della revisione, sarebbe stato necessario presentare apposita richiesta nel termine di un anno.
V.S., invece, non aveva presentato richieste annuali di revisione prezzi, bensì un’unica domanda relativa all’intero periodo, proposta nell’aprile del 2014, anche se le nuove tabelle con essa invocate fossero state introdotte con il D.M. del 2009.
Secondo il ricorrente, la clausola revisionale prevista all’art. 14 delle condizioni di gara sostanzialmente stabiliva il carattere ‘annuale’ della revisione solo per indicare che la misurazione della durata dei costi andava compiuta su base annuale, ma non stabiliva alcun termine di decadenza per la presentazione della relativa domanda, sicchè la richiesta poteva essere certamente proposta entro il termine di prescrizione stabilito per le prestazioni, che dovevano essere rese in modo periodico e, quindi, nel termine di prescrizione quinquennale dettato dall’art. 2948 n. 4, c.c. Nella fattispecie, la domanda di revisione, essendo stata inoltrata in data 14 aprile 2014, era stata proposta tempestivamente, ossia quando il termine di prescrizione non era ancora maturato.
6.1. La Regione Sardegna, con memorie, ha contestato i motivi di appello, argomentando che le uniche proroghe consentite erano quelle previste dagli atti di gara (quattro più quattro) e coperte dalla dotazione finanziaria di base prevista nella lettera di invito. Per l’effetto, ogni affidamento successivo al periodo originariamente computato (quindi a partire dal 1.1.2009) non poteva rientrare nel novero delle proroghe previste negli originari atti di gara, in quanto ne esorbitava non solo la durata ma pure la previsione di spesa. Inoltre, secondo l’ente regionale, nel caso di specie, neppure poteva ritenersi che i nuovi affidamenti fossero soggetti agli stessi patti e condizioni, in quanto fino dal 2006 era stata modificata la prestazione con una rimodulazione dei servizi di sicurezza presso i siti regionali; una rimodulazione confermata nel nuovo contratto stipulato e che, stante la riduzione dei servizi di vigilanza in favore di quelli di portierato, aveva comportato una significativa rivisitazione del contenuto degli autonomi atti di affidamento intervenuti nelle more della nuova gara del 2009 al 2015.
7. Le critiche sono fondate.
7.1. La questione sottoposta all’esame di questa Sezione concerne la corretta qualificazione degli atti intervenuti tra le parti dal 2009, atteso che parte ricorrente sostiene che nel caso di specie il rapporto contrattuale sarebbe proseguito in base a ripetuti atti di proroga compatibili con l’istituto della revisione prezzi, mentre la Regione avrebbe erroneamente equiparato tale figura a quella del rinnovo contrattuale, nella fattispecie non ravvisabile.
Il giudice di prima istanza ha respinto il ricorso, ritenendo che nel caso in esame non si è in presenza di semplici proroghe, ma di veri e propri rinnovi contrattuali, ostativi all’applicazione dell’istituto della revisione prezzi, in quanto il concetto di ‘proroga’ presupporrebbe non solo la corrispondenza tra il contenuto sostanziale del nuovo rapporto e quello originariamente statuito, ma anche che la stessa prosecuzione nel tempo fosse già originariamente prevista negli atti di gara da cui aveva tratto origine il primo contratto. In mancanza di tale presupposto, secondo il Tribunale adito, dove ravvisarsi la diversa fattispecie del ‘rinnovo’, che presuppone l’insorgere di un nuovo differente rapporto.
L’approdo argomentativo seguito dal Collegio di prime cure non può essere condiviso.
Questa Sezione ritiene che l’analisi del contenuto degli atti emanati dall’Amministrazione fa emergere chiaramente la natura di ‘proroga’ dell’affidamento del servizio di vigilanza, con cui la Regione Autonoma della Sardegna ha prolungato l’efficacia dell’affidamento dal 2009 al 31 dicembre 2014.
Tali atti, definiti formalmente proroghe, avevano la sola funzione di differire il termine di scadenza del contratto, senza apportare alcuna modifica sostanziale al regolamento negoziale.
La distinzione tra proroga contrattuale e rinnovo deve essere fatta guardando agli effetti dell’atto: mentre la proroga del contratto, infatti, ha la mera funzione di spostare in avanti la scadenza conclusiva del rapporto, mantenendo inalterato il regolamento negoziale, il rinnovo, al contrario, realizza una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti, con un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 8 agosto 2018, n. 4867).
Come chiarito dalla costante giurisprudenza che si è occupata del tema, si verte in ipotesi di proroga contrattuale allorquando vi sia una integrale conferma delle precedenti condizioni (fatta salva la modifica di quelle non più attuali), con il solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, per il resto regolato dall’atto originario; mentre ricorre l’ipotesi di rinnovo, quando interviene una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti che si conclude con una modifica delle precedenti condizioni (ex multis Cons. Stato, sez. III, n. 5059 del 2018; Cons. Stato, sez. VI, n. 3478 del 2019; Cons. Stato, sez. VI, n. 8219 del 2019; Cons. Stato, sez. V, n. 3874 del 2020).
Il rinnovo, dunque, in disparte il dato non determinante del nomen iuris formalmente attribuito dalle parti, si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorchè di contenuto analogo a quello originario. In assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto (Cons. Stato, sez. V, 3874 del 2020, Cons. Stato, sez.III, 24.3.2022, n. 2157).
E’ stato, infatti, precisato che: “Il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorchè di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto” (Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2022, n. 2157).
7.2. Nel caso di specie, alla luce degli atti di causa, le determinazioni regionali presentano natura sostanziale di mere proroghe, lasciando inalterate le condizioni del contratto originario e presentando il solo effetto di differire il termine di scadenza dell’affidamento.
Nelle determinazioni non si rintraccia alcuna negoziazione novativa, né un nuovo esercizio dell’autonomia negoziale. La natura di proroga va ravvisata anche a prescindere dal dato formale, in quanto le singole determinazioni incidono solo sull’efficacia del negozio in via unilaterale, condizionando risolutivamente il differimento del termine finale del servizio all’espletamento di una nuova procedura di gara o alla definizione delle liti in corso.
7.3. Orbene, un altro argomento depone nel senso delle considerazioni sopra espresse.
Il giudice di prima istanza ha tratto dal contenuto del punto 8 della lettera d’invito un motivo a sostegno della natura di ‘rinnovo’ degli atti in contestazione, ma nella illustrazione di tale tesi interpretativa trascura di considerare che, se è vero che la suddetta clausola prevedeva la possibilità di una sola proroga per un periodo corrispondente a quello di durata dell’affidamento (4 anni), contestualmente, al terzo capoverso, disciplinava la facoltà di proroghe ulteriori per ragioni di interesse pubblico, stabilendo che «la ditta aggiudicataria resta comunque impegnata all’esecuzione del servizio, agli stessi patti e condizioni, oltre la scadenza del contratto, per il periodo eventualmente necessario affinché l’Amministrazione Regionale proceda all’espletamento di un nuovo appalto e fino alla data di inizio del servizio da parte di un’altra ditta».
Né rappresenta un argomento decisivo, ai fini dell’insussistenza dei presupposti della proroga, il fatto che nel 2006 le parti avevano sottoscritto un atto negoziale di ‘integrazione del contratto’, fissando in euro 17,60 la tariffa media oraria, in diminuzione rispetto a quanto corrisposto negli anni precedenti. Tale integrazione è intervenuta in una fase antecedente a quella oggetto del presente giudizio, qualificata come “integrazione al contratto stipulato in data 12 dicembre 2000”, pertanto, la qualificazione giuridica della natura di tale negozio esula dal presente accertamento, e in alcun modo può incidere sulla natura delle determinazioni unilaterali intervenute dopo il 2009.
7.4. Stante la chiara natura di ‘proroga’ delle suddette determinazioni, il provvedimento di diniego della richiesta di revisione prezzi per il periodo contrattuale da gennaio 2009 a marzo 2014 proposto da V.S. Scarl è illegittimo, tenuto conto della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato che ha, con indirizzo consolidato, ritenuto applicabile la revisione dei prezzi anche alle proroghe negoziali.
E’ stato affermato, in più occasioni, che: «In materia di appalti pubblici, presupposto per l’applicazione della norma di cui all’ art. 115, d.lgs. n. 163 del 2006 – secondo cui tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo – è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale» (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 17 luglio 2019, n. 5021; Consiglio di Stato, sez. III, 27 agosto 2018, n. 5059; Consiglio di Stato, sez. VI, 17 marzo 2016, n. 1091).
Premesso che la norma rilevante è quella dell’art. 115 del Codice dei contratti pubblici del d.lgs. n. 163 del 2006 (applicabile ratione temporis: “1. Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dei dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5”), va ricordata la giurisprudenza (formatasi anche in riferimento alla disciplina previgente, confluita nel citato art. 115 perché sostanzialmente riproduttivo dell’art. 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 come sostituito dell’art. 44 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, il cui comma 2 era stato modificato dall’art. 23 delle legge 18 aprile 2005, n. 62, poi abrogato dell’art. 256 del d.lgs. n. 163 del 2006) per la quale la normativa in questione ha natura imperativa, per cui si inserisce automaticamente e prevale sulla regolamentazione pattizia (cfr., tra le altre, Cons. Stato, III, 9 maggio 2012, n. 2682; id. V, 22 dicembre 2014, n. 6275).
8. Vanno accolte anche le censure finalizzate a contestare la sussistenza di un termine decadenziale di un anno entro cui richiedere la revisione dei prezzi. A tale riguardo, il Tribunale deduce l’esistenza di un termine annuale di decadenza dal dato letterale della lettera di invito, nella parte in cui prevede “annualmente, su richiesta dell’appaltatore”, con decorrenza “dal mese successivo a quello di accettazione della richiesta da parte dell’Amministrazione regionale”, la necessità di presentare apposita richiesta, riferita all’anno precedente, su cui la Regione dovrebbe provvedere nel mese successivo.
L’approdo argomentativo non può essere condiviso. Il riferimento al termine annuale della revisione, infatti, starebbe solo ad indicare il parametro temporale di riferimento per la misurazione dei costi, senza inserire alcun termine decadenziale, con la conseguenza che il termine indicato all’art. 14 non ha natura decadenziale, ma definisce il solo lasso temporale a cui far riferimento per la revisione dei prezzi. Si tratta di un parametro da considerare per il computo della revisione che deve essere effettuato su base annua.
L’assunto è linea con l’indirizzo espresso dalla prevalente giurisprudenza amministrativa, secondo cui: “il diritto alla revisione prezzi soggiace alla prescrizione quinquennale atteso che non è altro che il diritto ad un diverso e più vantaggioso calcolo del quantum spettante al prestatore del servizio; pertanto esso si prescrive, per ciascun rateo del corrispettivo contrattuale, a decorrere dal termine di pagamento del rateo, se questo non venga pagato, ovvero del diritto alla integrazione, se il rateo venga pagato in un importo inferiore a quello contrattualmente dovuto e, poiché il diritto al pagamento dei singoli ratei è soggetto a prescrizione quinquennale, questo è il termine da applicare anche al diritto di chiedere la revisione”(Cons. Stato, sez. III, 22 ottobre 2013, n. 5128). Pertanto, in ragione di siffatti rilievi, neppure si può predicare un comportamento contrario a buona fede, avendo la ricorrente ritenuto di proporre istanza di revisione entro il termine di prescrizione quinquennale.
9. Va respinta, infatti, l’eccezione di prescrizione proposta dalla Regione Autonoma della Sardegna, ex art. 2948, n. 4), c.c., del diritto alla revisione del corrispettivo d’appalto per il periodo antecedente al quinquennio decorrente dal 17 aprile 2014, data di prescrizione dell’istanza revisionale.
Ai sensi dell’art. 2935 c.c. ‘il termine della prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere’. In materia di revisione dei prezzi tale diritto sorge con il riconoscimento dello stesso da parte dell’Amministrazione, nella specie ravvisabile nel decreto che ha previsto l’aumento tariffario in modo preciso, senza lasciare alcun margine di valutazione (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 24 gennaio 2019, n. 613).
Appare evidente allora che, nel caso in esame, il diritto alla revisione poteva essere fatto valere solo dal 8 luglio 2009, data del Decreto Ministeriale che aveva previsto un aumento dei prezzi. Prima di tale momento, non sussisteva alcun diritto in capo all’impresa alla revisione del proprio compenso, in linea con la disciplina vigente. Va precisato, inoltre, che il Decreto Ministeriale faceva espressamente riferimento alle tariffe previste per il mese di gennaio 2009 e che, in ragione, del riferimento annuale – previsto dalla lettera di invio – la revisione poteva essere richiesta da fine 2009, per la differenza tariffaria dell’intera annualità.
10. In definitiva, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso originario proposto da V.S. Scarl.
11. La peculiarità della vicenda processuale e il recente consolidarsi della giurisprudenza sulle questioni trattate, rispetto all’epoca della introduzione della lite, giustificano la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso originario proposto dal Fallimento V.S. Scarl.
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite del doppio grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- INPS - Messaggio 08 maggio 2023, n. 1645 Telematizzazione del TFR per i dipendenti pubblici di cui al D.P.C.M. 20 dicembre 1999, e successive modificazioni Con la circolare n. 185 del 14 dicembre 2021 è stato comunicato l’avvio del nuovo processo di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 settembre 2022, n. 27681 - La cessione del contratto comporta il trasferimento soggettivo del complesso unitario di diritti ed obblighi derivanti dal contratto, lasciando immutati gli elementi oggettivi essenziali e…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 6336 depositata il 2 marzo 2023 - In tema di licenziamento per superamento del comporto, non assimilabile a quello disciplinare, il datore di lavoro non deve specificare i singoli giorni di assenza, potendosi ritenere…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 settembre 2021, n. 26499 - L'incorporazione in un solo documento di più dichiarazioni negoziali, produttive di effetti giuridici distinti e l'incorporazione in documenti diversi di dichiarazioni negoziali miranti a…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 settembre 2021, n. 26505 - L'incorporazione in un solo documento di più dichiarazioni negoziali, produttive di effetti giuridici distinti e l'incorporazione in documenti diversi di dichiarazioni negoziali miranti a…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 settembre 2021, n. 26503 - L'incorporazione in un solo documento di più dichiarazioni negoziali, produttive di effetti giuridici distinti e l'incorporazione in documenti diversi di dichiarazioni negoziali miranti a…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Processo tributario: travisamento della prova
In ordine all’omesso esame di un fatto decisivo il Supremo consesso (Cass….
- Unico 2023: compilazione del quadro RU per i credi
La compilazione del quadro RU della dichiarazione dei redditi 2023 per l’i…
- Si può richiedere il rimborso del credito d’
Il credito relativi a versamenti per imposta non dovuto se esposto in dichiarazi…
- L’avvocato deve risarcire il cliente per il
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26464 depositata il 13 settembre…
- In caso di fallimento della società cedente, il cu
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 19806 depositata il 12 luglio 20…