Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza n. 1785 depositata il 21 febbraio 2023
dirigente – approvazione e sottoscrizione degli atti di gara – commissione giudicatrice – incompatibilità (art. 77 d.lgs. n. 50/2016)
FATTO
Con determinazione 14 giugno 2021, n. 87, il Comune di Sorso bandiva una procedura aperta per l’affidamento, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del servizio di accertamento, liquidazione e riscossione delle entrate tributarie ed extra tributarie, oltre che di supporto all’accertamento ed al contrasto dell’evasione dei tributi maggiori, con durata quinquennale ed un valore a base d’asta di euro 1.375.400,00, IVA esclusa.
Presentavano un’offerta le società A.T. s.r.l., C&C s.r.l., C. s.p.a., G. s.r.l., M.T. s.p.a. e S. s.r.l., tutte infine ammesse alla procedura.
All’esito delle operazioni di valutazione, la commissione di gara – nominata con deliberazione del dirigente del Servizio tributi 30 luglio 2021, n. 119, il quale contestualmente aveva autonominato sé medesimo Presidente della stessa – collocava al primo posto della graduatoria la C&C s.r.l., seguita da M.T. s.p.a. e da S. – S.T. s.r.l., come da verbale del 21 ottobre 2021.
Successivamente il Comune di Sorso, con determinazione 27 ottobre 2021, n. 164 del predetto dirigente del Servizio tributi aggiudicava l’appalto all’impresa C&C s.r.l.
Con ricorso al Tribunale amministrativo della Sardegna, la terza classificata S. s.r.l. chiedeva l’annullamento dell’intera procedura, sul presupposto dell’illegittima composizione della commissione di gara, stante in particolare l’incompatibilità del suo Presidente, dott.ssa C., sia in quanto (anche) dirigente del Settore competente in materia, sia per la non garantita indipendenza di altra componente, scelta sempre dal suddetto Presidente tra i funzionari ad esso subordinati gerarchicamente.
La ricorrente chiedeva inoltre, ai sensi dell’art. 116, comma 2, Cod. proc. amm., che la stazione appaltante fosse condannata a concedere visione e copia integrale delle offerte tecniche delle altre concorrenti, che sino a quel momento le erano stati consegnati con ampie parti oscurate.
Si costituivano in giudizio il Comune di Sorso e la C&C s.r.l., opponendosi all’accoglimento del gravame.
In data 28 dicembre 2021 il Comune di Sorso trasmetteva alla ricorrente l’offerta della seconda classificata in versione integrale e quella della aggiudicataria in versione parzialmente oscurata.
Con successivi motivi aggiunti la ricorrente S. s.r.l. insisteva nel chiedere l’esibizione integrale dell’offerta della prima classificata C&C, altresì deducendo la manifesta erroneità, illogicità e difetto di motivazione del punteggio tecnico a lei attribuito, sul presupposto che la propria offerta fosse quanto meno equivalente a quella delle prime due classificate.
Con sentenza 16 marzo 2022, n. 189, il giudice adito respingeva il ricorso, ritenendo che non potesse ravvisarsi, nel caso di specie, una violazione dell’art. 77, comma 4, del Codice dei contratti pubblici alla luce del canone di proporzionalità, dovendosi altresì tener conto del disposto di cui all’art. 107 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
Dichiarava inoltre inammissibili i motivi aggiunti, in quanto incidenti su profili di giudizio riservati alla discrezionalità tecnica della stazione appaltante.
Avverso tale decisione S. s.r.l. interponeva appello, deducendo i seguenti motivi di impugnazione:
1) Ingiustizia della sentenza impugnata in relazione all’art. 77, comma 4, d.lgs. 50/2016 ed al principio di imparzialità.
2) Ingiustizia della sentenza impugnata in relazione ai principi di imparzialità e ragionevolezza, nonché all’art. 77, commi 1 e 6, d.lgs. 50/2016.
3) Ingiustizia della sentenza impugnata in relazione all’obbligo di motivazione, al principio di imparzialità ed agli artt. 29, comma 1, d.lgs. 50/2016 e 19 del disciplinare di gara.
4) Ingiustizia della sentenza in relazione ai principi di imparzialità e di ragionevolezza, nonché al travisamento dei fatti, all’art. 17 del disciplinare di gara ed all’art. 95, commi 8, 9 e 10-bis, d.lgs. 50/2016.
Costituitisi in giudizio, il Comune di Sorso e C&C s.r.l. insistevano per la reiezione dell’appello, in quanto infondato.
Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 13 dicembre 2022 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con il primo motivo di appello S. s.r.l. si duole del fatto che la sentenza impugnata non abbia riconosciuto, nella vicenda per cui è causa, l’intervenuta violazione dell’art. 77, comma 4, primo periodo, del d.lgs. n. 50 del 2016, a mente del quale “i commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta”: nel caso di specie, infatti, il dirigente del Servizio tributi – d.ssa C. – dapprima indiceva la procedura di gara e ne definiva integralmente la disciplina (approvando capitolato, bando, disciplinare di gara e documentazione allegata), quindi individuava la commissione giudicatrice, nominando se stessa Presidente ed una dipendente a lei sottoposta (la d.ssa B.) quale componente, per poi infine valutare le offerte in qualità di Presidente / componente della commissione, applicando le regole di gara da lei formulate.
A ciò aggiungasi che, a valle della gara, la d.ssa C. avrebbe anche vagliato positivamente la regolarità dell’operato della commissione (di cui faceva parte in qualità di Presidente), adottando dapprima la determinazione 27 ottobre 2021, n. 164 di “aggiudicazione provvisoria” e, quindi, quella relativa alla “aggiudicazione definitiva” (23 novembre 2021, n. 185).
Secondo il primo giudice non vi sarebbe stata violazione dell’art. 77, comma 4, del Codice dei contratti pubblici stante la necessità di dare un’applicazione di tale norma alla luce del criterio di ragionevolezza – ossia, in ragione della concreta realtà di volta in volta considerata – sì che “ad una statuizione di annullamento si potrebbe pervenire solo quando il funzionario abbia «una effettiva e concreta capacità di definirne autonomamente il contenuto, con valore univocamente vincolante per l’amministrazione ai fini della valutazione delle offerte, così che in definitiva il suo contenuto prescrittivo sia riferibile esclusivamente al funzionario”.
Tale soluzione ermeneutica risponderebbe anche alla necessità di coordinare la previsione di cui al predetto art. 77 comma quarto con quanto a sua volta disposto dall’art. 107, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 267 del 2000 (applicabile al caso di specie), che prevede l’attribuzione “di diritto” ai dirigenti della presidenza delle commissioni di gare e di concorso (art. 107, comma 3, lett. a.).
Il legislatore avrebbe infatti previsto, con normativa speciale valevole per i Comuni, la generale coincidenza tra dirigente dell’ente (in questo caso anche RUP) e la presidenza delle Commissioni di gara; in ogni caso, secondo il primo giudice, “la dott.ssa C. non ha in alcun modo partecipato alla redazione della lex specialis di gara, che è stata integralmente redatta dal RUP, la dott.ssa Sini, che ha, infatti, “sottoscritto da sola” i relativi atti (Progetto, Capitolato, Disciplinare e Bando di gara), mentre con determinazione 14 giugno 2021, n. 87, la dott.ssa C. si è limitata ad approvare sul piano formale tale documentazione, in qualità di Dirigente del Servizio competente”.
Neppure l’approvazione degli atti di gara da parte sempre della dott. C. sarebbe infine valsa a viziare la procedura, come si legge in sentenza, poiché “la mera appartenenza all’organico della stazione appaltante e il connesso svolgimento delle ordinarie mansioni richieste dal proprio ruolo sono irrilevanti”.
Tali valutazioni, deduce per contro l’appellante, sarebbero del tutto erronee, atteso che l’art. 77, comma 4, primo periodo, del d.lgs. 50/2016 vieterebbe senza eccezioni di sorta alla medesima persona di svolgere funzioni fra loro incompatibili all’interno della medesima procedura di gara, a tutela della trasparenza della procedura di evidenza pubblica e dell’imparzialità di giudizio dei commissari.
Il motivo è fondato.
Ai sensi dell’art. 77, comma 4 d.lgs. n. 50 del 2016, “I commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. La nomina del RUP a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura”: tale fattispecie di incompatibilità deve ritenersi integrata (ex multis Cons. Stato, VI, 8 novembre 2022, n. 7419) nell’ipotesi di concentrazione in capo alla medesima persona delle attività di preparazione della documentazione di gara, implicante la definizione delle regole applicabili per la selezione del contraente migliore, e delle attività di valutazione delle offerte, da svolgere in applicazione delle regole procedurali all’uopo predefinite.
La ratio dell’impedimento di cui all’art. 77, comma 4, cit. – cfr. da ultimo Cons. Stato, V, 5 gennaio 2021, n. 144 – è di evitare ogni forma di commistione o sovrapposizione di ruoli, competenze e funzioni all’interno della procedura evidenziale, anche in assenza di specifiche, concrete ed assorbenti situazioni di incompatibilità per ragioni di ordine personale e di prevenire, con ciò, il pericolo concreto di possibili effetti disfunzionali derivanti dalla partecipazione alle commissioni giudicatrici di soggetti (progettisti, dirigenti che abbiano emanato atti del procedimento di gara e così via) che siano intervenuti a diverso titolo nella procedura concorsuale.
Più nello specifico, per il “regime di incompatibilità fra le funzioni svolte nel procedimento e quelle di presidente della commissione, il fondamento è di stretto diritto positivo e va rinvenuto nell’art. 77, comma 4, d.lgs. 50/2016” (ex multis Cons. Stato, III, 8 gennaio 2021, n. 6744; V, 17 aprile 2020, n. 2471); tale norma in effetti “risponde all’esigenza di una rigida separazione tra la fase di preparazione della documentazione di gara e quella di valutazione delle offerte in essa presentate, a garanzia della neutralità del giudizio ed in coerenza con la ratio generalmente sottesa alle cause di incompatibilità degli organi amministrativi” (così Cons. Stato n. 6744 del 2021, cit.), al fine di “evitare la partecipazione alle commissioni giudicatrici di soggetti, interni o esterni, alla stazione appaltante che abbiano avuto un ruolo significativo, tecnico o amministrativo, nella predisposizione degli atti di gara” (da ultimo Cons. Stato, V, 10 gennaio 2022, n. 167).
Ritiene il Collegio di dover confermare l’orientamento (Cons. Stato, V, 27 febbraio 2019, n. 1387) secondo cui chi “ha redatto la lex specialis non può essere componente della commissione, costituendo il principio di separazione tra chi predisponga il regolamento di gara e chi è chiamato concretamente ad applicarlo una regola generale posta a tutela della trasparenza della procedura, e dunque a garanzia del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate alle scelte che l’hanno preceduta”.
Nel caso di specie, ancorché la materiale redazione della legge di gara non fosse stata effettuata dalla d.ssa C., risulta dagli atti che la stessa aveva – in ragione della posizione dirigenziale ricoperta – non solo formalmente approvato il contenuto del bando di gara, del disciplinare, del capitolato e della documentazione ad essi allegata, ma direttamente stabilito:
a) il fine da perseguire tramite il contratto;
b) l’oggetto e la durata dell’affidamento;
c) la tipologia di procedura da seguire ed il criterio di selezione delle offerte;
d) la piattaforma telematica per lo svolgimento della gara,
oltre a determinare in autonomia l’ammontare complessivo del compenso per l’aggiudicatario e l’importo a base d’asta.
Tali attività denotano il “ruolo significativo, tecnico o amministrativo, nella predisposizione degli atti di gara” del detto dirigente, idoneo a ricadere nel divieto di cui all’art. 77 comma 4 cit.; quanto all’attività da questi complessivamente posta in essere, d’altronde, va ricordato che “attraverso la sottoscrizione, l’organo procedente non si limita a recepire l’altrui volontà dispositiva, ma, facendo proprio il lavoro preparatorio svolto dall’ufficio, manifesta in via immediata e diretta la volontà dell’amministrazione di appartenenza, attuando un definitivo assetto di interessi sul piano sostanziale” (così Cons. Stato, VI, 8 novembre 2021, n. 7419).
Ancor più nello specifico, “non potrebbe, dunque, ritenersi che [il Direttore], attraverso la sottoscrizione, non abbia partecipato alla formazione sostanziale degli atti di indizione e di disciplina della gara, bensì si sia limitato ad approvare le risultanze dell’altrui attività: il Direttore non svolgeva, infatti, una mera attività di controllo dell’altrui attività provvedimentale – nel qual caso, effettivamente, sarebbe stato possibile distinguere sub specie iuris la formazione dell’atto e l’approvazione di un atto ad altri imputabile, già perfetto nei suoi elementi costitutivi -, bensì ha manifestato, quale organo di amministrazione attiva, la volontà dispositiva della stazione appaltante, prendendo atto dell’attività istruttoria svolta dall’Ufficio, condividendone le risultanze e adottando la decisione conclusiva, in tale modo assumendo sia la paternità del contenuto degli atti sottoscritti, allo stesso direttamente riferibili, sia, per l’effetto, la responsabilità in ordine agli effetti giuridici in concreto prodotti (sulla rilevanza della sottoscrizione quale “prova della paternità assunta dal sottoscrittore in ordine al contenuto dell’atto” cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 8 ottobre 2021, n. 6744)”.
Nel caso attualmente in esame – come già nei precedenti richiamati – la stessa persona, da un lato, aveva sottoscritto gli atti di indizione della procedura di affidamento e di definizione delle regole di suo svolgimento e, dall’altro, aveva altresì provveduto a concretamente applicare le regole da lei stessa predefinite, concorrendo in qualità di Presidente della Commissione giudicatrice alla valutazione delle offerte ed all’individuazione dell’aggiudicatario della procedura.
In tal modo, però, si consumava la violazione del principio di necessaria separazione tra fase regolatoria e fase attuativa, così compromettendo le esigenze di tutela della trasparenza della procedura, poste a garanzia “del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate dalle scelte che l’hanno preceduta” (Cons. Stato, III, 8 ottobre 2021, n. 6744).
Va infine riconosciuto che, in ragione della sua portata generale, eventuali deroghe al divieto di cui all’art. 77 comma 4 cit. devono essere necessariamente oggetto di espressa previsione normativa, che non è però dato individuare nel disposto dell’art. 107, comma 3 d.lgs. n. 267 del 2000, come invece ritenuto nella sentenza appellata.
Tale norma si limita infatti a prevedere, in termini generali, l’attribuzione ai dirigenti comunali – tra l’altro – della “presidenza delle commissioni di gara e di concorso”, ma nulla dice in merito alla possibilità che lo stesso dirigente venga in concreto a svolgere, nell’ambito della singola procedura di gara o di concorso, più incarichi relativi a fasi diverse della stessa, aspetto cui si riferisce invece il divieto posto dall’art. 77 comma 4 del Codice dei contratti pubblici.
In questi termini va quindi ribadito il principio secondo cui l’art. 107 cit. “non afferma il principio del cumulo nella stessa persona delle funzioni di presidente della Commissione e di responsabile dell’istruttoria, ma semplicemente enuclea le «funzioni e responsabilità della dirigenza»” (ex multis, Cons. Stato, V, 17 aprile 2020, n. 2471; V, 9 gennaio 2019, n. 193).
Ne consegue la piena applicabilità anche al caso di specie del divieto, per il Presidente della commissione, di svolgere (o di aver in precedenza svolto) altre funzioni o incarichi tecnici e/o amministrativi relativamente al contratto del cui affidamento si tratta.
L’accoglimento del primo motivo di gravame, concernendo la stessa legittimità della composizione della commissione di gara e, dunque, la legittimità degli atti da questa adottati, è assorbente degli ulteriori profili di censura dedotti dall’appellante, conseguendone l’accoglimento dell’appello.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, per l’effetto accogliendo, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso originariamente proposto da S. – S.T. Enti Pubblici s.r.l.
Condanna gli appellati Comune di Sorso e C&C – Concessioni e Consulenze s.r.l., in solido tra loro, al pagamento in favore di S. – S.T. Enti Pubblici s.r.l. delle spese di lite del doppio grado di giudizio, che complessivamente liquida in euro 8.000,00 (ottomila/00), oltre Iva e Cpa se dovute.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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