Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza n. 1786 depositata il 21 febbraio 2023
teoria del “contagio” di un operatore economico : corretta applicazione
FATTO
Con ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio la società unipersonale -OMISSIS- impugnava la propria esclusione dai lotti n. 4 e 5 della procedura aperta indetta da Roma Capitale per la conclusione di un “accordo quadro in concessione, ai sensi dell’art. 54, comma 3 del Codice, del servizio di ristoro tramite distributori automatici di bevande e generi alimentari da installare presso siti capitolini, per il periodo di 38 mesi”, disposta ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016.
Detta esclusione era stata motivata in ragione di una serie di procedimenti penali (peraltro regolarmente dichiarati dalla concorrente),“alcuni relativi alla fase delle indagini preliminari, alcuni già in fase di dibattimento ed altri ancora per i quali è stata già emessa sentenza penale/decreto di condanna, benché appellati”, a carico del legale rappresentante e Presidente del Consiglio di amministrazione di tale società, nonché legale rappresentante e Presidente del Consiglio di amministrazione della -OMISSIS- s.p.a. (proprietaria al 100% della -OMISSIS-) e di un Consigliere di -OMISSIS- titolare altresì degli incarichi di “Rappresentante dell’impresa”, amministratore delegato e consigliere della -OMISSIS-, reati ritenuti da Roma Capitale particolarmente significativi ed idonei, in concreto, a pregiudicare la valutazione sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico.
La ricorrente chiedeva in primis di essere riammessa alla procedura di gara e, quindi, di vedersela aggiudicare, deducendo la violazione e falsa applicazione del citato art. 80, comma 5, lett. c), difetto di istruttoria e motivazione, errore nei presupposti e travisamento dei fatti, sul presupposto che la stazione appaltante non avesse dimostrato, come invece richiesto dalla normativa di riferimento, “con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità e affidabilità”.
Sempre ad avviso della ricorrente, Roma Capitale avrebbe fondato le proprie convinzioni sul c.d. “principio del contagio” – espressamente richiamato nella determina di esclusione – che però nel caso di specie non avrebbe potuto trovare applicazione, dal momento che i procedimenti penali di cui sopra avrebbero riguardato dei “soggetti fisici apicali della -OMISSIS- S.P.A., socio unico della Ricorrente”, laddove le norme invocate dalla stazione appaltante a fondamento del provvedimento impugnato non avrebbero potuto applicarsi al socio unico persona giuridica.
Roma Capitale si costituiva in giudizio, contestando la fondatezza delle censure.
Anche l’ANAC si costituiva, con memoria di stile.
Con successive difese, la ricorrente ribadiva quindi l’assenza, a suo carico, di condanne penali definitive e, comunque, il riferimento delle diverse contestazioni penali a condotte commesse da una persona giuridica diversa dal partecipante alla gara, oltretutto per attività solo astrattamente incidenti sulla sua moralità professionale.
Con sentenza 13 gennaio 2022, n. 368, il giudice adito respingeva il ricorso.
Avverso tale decisione -OMISSIS- interponeva appello, affidato al seguente motivo di impugnazione:
1) Error in judicando. Inadeguata, incongrua e illogica motivazione in merito alla violazione e falsa applicazione dell’art. 80, co. 5, lett. c) del d.lgs. 50/2016. Violazione dell’art. 57 della dir. 2014/24/UE. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990. Difetto di motivazione e di istruttoria. Errato presupposto in fatto. Eccesso di potere per arbitrarietà irragionevolezza e illogicità, ingiustizia manifesta. Violazione del principio di legalità. Violazione degli artt. 24 e 97 della Cost.
Roma Capitale si costituiva in giudizio, insistendo sull’infondatezza delle doglianze dedotte dalla controparte, delle quali chiedeva in rigetto.
Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 13 dicembre 2022 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con l’unico motivo di appello -OMISSIS- lamenta la presunta mancata ponderazione, da parte del primo giudice, dell’irragionevolezza del provvedimento di esclusione a suo tempo impugnato, il quale non avrebbe dimostrato – contrariamente a quanto previsto dalla legge – la diretta e personale commissione, da parte del concorrente -OMISSIS-, di “gravi illeciti professionali idonei a giustificare l’esclusione dalla gara; vieppiù sorvolando sulla circostanza incontestata che la determina espulsiva trova origine da eventi incisi solo da procedimenti penali e/o addirittura delle mere indagini investigative di cui una nel frattempo è stata addirittura archiviata […] – e non anche sentenze definitive irrevocabili”.
In estrema sintesi, il provvedimento di esclusione non avrebbe adeguatamente valutato, né dimostrato la diretta incidenza degli addebiti mossi in sede penale sulla professionalità di -OMISSIS-, così da dar concretamente conto delle ragioni della disposta esclusione.
Erroneamente poi il primo giudice avrebbe ritenuto che “Non è […] indispensabile che i gravi illeciti professionali che devono essere posti a supporto della sanzione espulsiva del concorrente dalla gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), siano accertati con sentenza, anche se non definitiva, ma è sufficiente che gli stessi siano ricavabili anche da altri gravi indizi, avendo la stazione appaltante la possibilità di fornirne la dimostrazione con mezzi adeguati”, collidendo tale assunto con il principio, di rilevanza costituzionale, della presunzione di innocenza, per cui un impuntato non è considerato colpevole sino quando non è dimostrato, con sentenza passata in giudicato, che abbia effettivamente commesso il reato ascrittogli.
Del pari erroneamente la sentenza impugnata avrebbe fatto applicazione della “teoria del contagio”, dovendosi ritenere che “non vale ad elidere detto rapporto di immedesimazione organica la circostanza che i relativi comportamenti penalmente rilevanti siano stati posti in essere dal soggetto nell’esercizio funzioni imprenditoriali da costui ricoperte ed esercitate in qualità di legale rappresentante della -OMISSIS-”, in quanto “essi, benché realizzati – a suo tempo – quali esponenti di altre imprese, risultino comunque imputabili all’attuale società, considerato che se la persona fisica che riveste nella compagine sociale un ruolo influente per le scelte della società medesima è giudicata inaffidabile per aver commesso un illecito nella pregressa attività professionale”.
Ad avviso dell’appellante, invero, l’art. 80, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016 andrebbe riferito solamente ai soggetti fisici le cui condotte possano influire in modo ostativo alla partecipazione dell’operatore concorrente, facendo la norna riferimento unicamente alle ipotesi dei commi primo e secondo dell’art. 80, ma non anche al comma 5.
D’altro canto, conclude l’appellante, -OMISSIS- sarebbe interamente posseduta dalla -OMISSIS- s.p.a. (unica proprietaria della medesima), laddove al socio unico – persona giuridica non si applicherebbe il regime di cui all’art. 80, comma 3 d.lgs. n. 50 del 2016, non dovendo quindi lo stesso rendere alcuna dichiarazione in merito.
Il motivo, nei suoi diversi profili, non è fondato.
E’ invero innegabile il potere-dovere della stazione appaltante di autonomamente valutare – a prescindere, cioè, dalle conclusioni all’uopo raggiunte, in ordine ai medesimi fatti materiali, dal giudice penale – gli elementi in concreto posti alla sua attenzione, ai fini della verifica di affidabilità di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice dei contratti pubblici; è invero principio ormai consolidato quello per cui tale disposizione ben consentirebbe alla stazione appaltante di escludere il concorrente che si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali – tali da revocare in dubbio la sua integrità o affidabilità – il cui fondamento fattuale non solo può essere desunto dalle condanne riportate dai vertici dell’impresa, ma anche dalla semplice pendenza di procedimenti penali.
Invero, l’esclusione non discende automaticamente dall’avere riportato la condanna (come nel caso considerato dal comma primo), ma da un apprezzamento discrezionale della stazione appaltante circa i riflessi che detta condanna possa concretamente avere sull’affidabilità dell’operatore economico: ciò che rileva non è infatti il titolo giudiziale penale, ma il fatto in sé considerato, come emergente dalle risultanze penali (ex multis, Cons. Stato, V, 12 marzo 2019, n. 1644).
Come ricordato anche da Roma Capitale, infatti, l’amministrazione era per legge titolare di un potere discrezionale autonomo dalle valutazioni del giudice penale, poiché volto ad apprezzare, sulla base di indizi fattuali, il grado di affidabilità professionale dell’operatore economico e non già la sua innocenza (in termini anche Corte cost., 27 luglio 2020, n. 168, “quand’anche l’illecito non sia stato accertato definitivamente in giudizio (come si può desumere anche dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 19 giugno 2019, in causa C-41/18, Meca), ma sussistano e siano valutati elementi tali da «provocare la rottura del rapporto di fiducia con l’operatore economico» (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 3 ottobre 2019, in causa C-267/18, D.A.C. SA). Al pari di chiunque altro, la pubblica amministrazione non può infatti essere obbligata a contrarre con parti che essa ritiene, in forza di elementi obiettivi, inaffidabili”).
Né, sotto diverso ma complementare profilo, potrebbe sostenersi che l’amministrazione non abbia adeguatamente motivato in ordine alle ragioni concrete che giustificavano l’esclusione dalla gara.
Invero, dopo aver preso atto della pendenza di ben diciotto procedimenti penali a carico dei sigg.ri -OMISSIS- (Consigliere di -OMISSIS- nonché “Rappresentante dell’impresa”, amministratore delegato e consigliere della -OMISSIS- s.p.a.) e -OMISSIS- (legale rappresentante e Presidente del Consiglio di amministrazione di -OMISSIS- nonché legale rappresentante e Presidente del Consiglio di amministrazione di -OMISSIS- s.p.a.), alcuni “relativi alla fase delle indagini preliminari, alcuni già in fase di dibattimento ed altri ancora per i quali è stata già emessa sentenza penale / decreto di condanna, benché appellati”, ma tutti comunque riferiti a “reati assolutamente significativi ed in concreto potenzialmente idonei ad incidere sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico da valutarsi ai fini dell’applicabilità dell’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice”, l’amministrazione non disponeva alcun acritico automatismo espulsivo, ma – come risulta dal verbale di gara prot. n. -OMISSIS- del 15 luglio 2021 – riconosceva la necessità di ulteriori approfondimenti, proprio al fine di valutare con attenzione la ricorrenza o meno di cause di esclusione ex art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016, con riferimento ai lotti n. 4 e 5.
Seguiva, in particolare, un contraddittorio con l’odierna appellante (cfr. nota Direzione Servizi della C.U.A. – Direzione generale prot. n. -OMISSIS- dell’8 luglio 2021) con il quale, nel rappresentare che i reati contestati risultavano strettamente inerenti proprio all’attività oggetto della gara e comunque concernevano profili “che, laddove confermati, avrebbero compromesso in modo inequivocabile l’affidabilità del potenziale concorrente prima ancora che contraente, nonché l’integrità del concorrente intesa come moralità professionale”, veniva richiesta una serie di chiarimenti proprio “ai fini della corretta valutazione da parte della stazione appaltante della ricorrenza, nella fattispecie, dei presupposti per l’applicabilità della causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett.c) del Codice, al fine di esercitare in modo corretto la valutazione discrezionale sulla rilevanza ostativa delle condotte sanzionate”.
Sulla base di tali premesse, l’amministrazione puntualmente esponeva le ragioni – che all’evidenza degli atti non risultano abnormi, né presentano profili contraddittori – in base alle quali si era determinata, anche alla luce dei chiarimenti forniti da -OMISSIS-, ad escluderla dalla gara, ponendo in particolare evidenza come dagli atti esaminati emergessero dei ragionevoli indizi a sostegno dell’ipotesi che i due dirigenti societari di cui si è detto avessero rivestito un vero e proprio ruolo di ideatori e/o complici di reati particolarmente gravi, “realizzati attraverso una complessa e teleologicamente orientata strategia di modifiche societarie per le quali, come risultato finale, “-OMISSIS- S.r.l.” – successivamente “-OMISSIS- S.p.A.” – è divenuta socio unico e proprietario di “-OMISSIS- S.r.l.” il cui legale rappresentante, alla stregua di “-OMISSIS- S.p.A.” è sempre il Sig. -OMISSIS- e l’Amministratore delegato è sempre il Sig. -OMISSIS-”.
Ancora, “si deve sicuramente dare rilievo al fatto che l’imputazione del reato di cui 353 bis c.p. (Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente) cui ha fatto seguito il relativo “decreto di perquisizione locale, personale e informatica e di sequestro”, in uno con la condanna con il Decreto di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Torino, con riferimento al relativo procedimento penale n. 2018/1756 ed in relazione ai reati contestati di cui all’art. 640–bis c.p. (“Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche”) e 316-ter c.p. (“Indebita percezione di rogazioni a danno dello Stato”) […] sono di per sé sintomatici di una condotta degli imputati tale da poter generare nella stazione appaltante alcun affidamento, andando ad incidere da un lato addirittura nella fase prodromica alla predisposizione degli atti di gara, turbando il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente”.
Significativamente inoltre, evidenzia la stazione appaltante nel provvedimento di esclusione, “secondo quanto riportato nell’allegato decreto di sequestro che ricostruisce in modo estremamente puntuale le vicende societarie orientate ad eludere ed aggirare la normativa vigente, emergerebbero condotte fraudolente che rappresentano sicuramente “un comportamento in grado d’incrinare l’affidabilità e integrità dell’operatore nei rapporti con l’amministrazione” anche laddove non afferiscano strettamente all’esecuzione di un precedente contratto ma manifestino in modo inequivocabile condotte elusive della normativa vigente rispondenti ad un preciso disegno doloso sicuramente incidente sulla moralità e affidabilità professionale”.
Quanto poi alla dedotta erronea applicazione della “teoria del contagio”, che ad avviso dell’appellante neppure avrebbe un reale fondamento normativo, ritiene il Collegio di dover ribadire il principio – da ultimo, Cons. Stato, V, 22 aprile 2022, n. 3107 – secondo cui “Allorché una persona fisica, titolare di carica rilevante, sia coinvolta in procedimenti penali ma per condotte tenute nella qualità di organo di un operatore economico diverso da quello che partecipa alla gara o addirittura per conto proprio, la giurisprudenza risulta propensa ad adottare, a tale specifico riguardo, la teoria c.d. del “contagio”. In pratica la presenza stessa, in determinate cariche, di una persona fisica non dotata in sé della necessaria affidabilità/integrità, trasmetterebbe tale caratteristica all’operatore economico “per contagio”, ossia de facto e dunque prescindendo dalla tematica dell’imputazione degli atti”.
Nel caso in esame rilevano sia il rapporto di immedesimazione organica tra persona fisica e società, sia la posizione di controllo e vigilanza in capo ai soggetti indicati come rappresentanti legali del gruppo societario comprendente -OMISSIS- ed -OMISSIS- s.p.a.: in questi termini, va ritenuta corretta la conclusione cui perviene l’amministrazione, secondo cui “nella fattispecie tanto più rileva la partecipazione societaria in quanto “-OMISSIS- S.P.A.” risulta […] proprietario del 100% delle quote di “-OMISSIS- S.r.l.”, circostanza che rafforza la conclusione per cui se è vero che “la responsabilità penale riguarda le sole persone fisiche e non anche le imprese, ma che se realizzate da quegli esponenti di cui l’impresa si serve per operare sul mercato, incidono necessariamente sulla sua affidabilità”(Cons. Stato, V, 24 giugno 2020, n. 3507).
Alla luce dei rilievi che precedono, l’appello va dunque respinto.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore di Roma Capitale e dell’ANAC, delle spese di lite del grado di giudizio, che complessivamente liquida in euro 3.000,00 (tremila/00) ciascuno, oltre Iva e Cpa se dovute.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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