Consiglio di Stato sezione V sentenza n. 113 depositata il 11 gennaio 2018

N. 00113/2018REG.PROV.COLL.

N. 05750/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5750 del 2017, proposto da:
F. Consorzio FH, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Luca Mazzeo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Eustachio Manfredi 5;

contro

Comune di Monfalcone, Comune di Ronchi dei Legionari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Gianni Zgagliardich, Luigi Manzi, Andrea Manzi, con domicilio eletto presso lo studio Luigi Manzi in Roma, via F. Confalonieri 5;

nei confronti di

I. Soc. Coop. Sociale Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Mattia Matarazzo, domiciliato ex art. 25 Cod. Proc. Amm. presso la Segreteria del Consiglio Di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA – TRIESTE, Sezione I, n. 00239/2017, resa tra le parti, per l’annullamento, previa sospensione dell’esecutività:

– della determinazione dirigenziale n. 166 del 31.1.2017, comunicata il 7.2.2017, recante l’aggiudicazione definitiva in favore della Cooperativa I. Società Cooperativa Sociale Onlus della procedura aperta, indetta dal Comune di Monfalcone, quale capofila della Centrale di Committenza “Città Mandamento”, “per l’affidamento dei servizi educativi per l’infanzia e concessione del servizio dei centri estivi dei Comuni di Monfalcone e Ronchi dei Legionari, per l’importo complessivo posto a base di gara, relativo ai primi tre anni, di € 811.085,00, IVA esclusa e oneri di sicurezza non soggetti a ribasso (solo per Monfalcone) inclusi”;

– di tutti i verbali delle sedute pubbliche e riservate della Commissione di gara (in appresso meglio specificati), ivi comprese le allegate tabelle in formato excel relative all’attribuzione dei punteggi delle offerte tecniche ed economiche dei concorrenti;

-in via subordinata e per quanto occorrer possa, delle determinazioni dirigenziali numero 2455 del 21.12.2016, 6 del 3.1.2017 e 134 del 25.1.2017 relative, rispettivamente, alla nomina e successive sostituzioni dei componenti della Commissione di gara;

– di tutti gli altri atti comunque connessi e/o presupposti e/o conseguenti, ivi compresi quelli eventualmente nelle more emanati, anche se non conosciuti dalla ricorrente, nonché, ove di contenuto provvedimentale, la nota 2.2.2017 con cui il Comune di Monfalcone ha trasmesso la richiamata aggiudicazione definitiva e i verbali di gara;

nonché per la declaratoria di invalidità e/o inefficacia del contratto eventualmente nelle more stipulato tra i Comuni di Monfalcone e Ronchi dei Legionari e la controinteressata, con ogni conseguente statuizione di condanna di risarcimento in forma specifica, nel senso del subentro della ricorrente nei suddetti contratti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Monfalcone e del Comune di Ronchi dei Legionari, nonché di I. Soc. Coop. Sociale Onlus;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2017 il Cons. Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Mazzeo, Manzi Andrea, Matarazzo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

F. Consorzio FH (d’ora in avanti soltanto “F.”) propone appello per l’annullamento della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia- Trieste, Sezione I, 10 luglio 2017, n. 239 e, per l’effetto, degli atti e dei provvedimenti, in epigrafe indicati, impugnati dall’appellante con il ricorso di primo grado e con l’atto di proposizione di motivi aggiunti.

F. partecipava, classificandosi al secondo posto della graduatoria, alla procedura aperta indetta, ai sensi dell’art. 60 del D.Lgs. n. 50 del 2016, con determinazione dirigenziale n. 1199 del 9.12.2016, dal Comune di Monfalcone, quale capofila della Centrale di Committenza “Città Mandamento”, per “l’affidamento dei servizi educativi per l’infanzia e per la concessione del servizio dei centri estivi dei Comuni di Monfalcone e di Ronchi dei Legionari, per l’importo complessivo, posto a base di gara, relativo ai primi tre anni, di € 811.085,00, IVA esclusa e oneri di sicurezza non soggetti a ribasso (solo per Monfalcone) inclusi”.

La gara era divisa in due lotti (uno per ciascun Comune) con obbligo di presentare offerta per entrambi. Il criterio di aggiudicazione era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con l’attribuzione di 85 punti all’offerta tecnica e di 15 punti a quella economica.

Alla gara partecipava, oltre all’odierna appellante, soltanto I. Società Cooperativa Sociale Onlus (d’ora in avanti, soltanto “I.”), gestore del precedente servizio, che si classificava al primo posto della graduatoria: sommati i punti relativi alle offerte tecniche (rispettivamente pari a 85 per I. e a 65,60 per F.) a quelli inerenti il prezzo (2,38 per I. e 15 per F.), risultava un punteggio complessivo pari a 87,38 per I. e pari a 80,60 per F. (successivamente riparametrato dalla Commissione che, in accoglimento dei rilievi di F., lo rideterminava in punti 85,74, di cui 70,74 per l’offerta tecnica e 15 per l’offerta economica).

Avverso l’aggiudicazione a I. proponeva ricorso F., chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare dell’efficacia; domandava altresì dichiararsi l’inefficacia del contratto nelle more eventualmente stipulato, con ogni conseguente statuizione in relazione al risarcimento in forma specifica, nel senso del subentro dell’odierna appellante nel contratto.

L’impugnazione era affidata a un triplice ordine di motivi di illegittimità e precisamente:

a) l’integrazione da parte della Commissione di gara dell’offerta economica della concorrente, che con riguardo a due profili non risultava conforme alla lex specialis di gara;

b) la scorretta applicazione da parte della Commissione di gara dei criteri di valutazione delle offerte tecniche fissate dalla lex specialis;

c) la sostituzione, per ben due volte in corso di gara, dei componenti della Commissione giudicatrice, senza che i nuovi membri avessero fatto proprie le valutazioni svolte sino a quel momento dai propri predecessori.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti F. impugnava, oltre agli atti già gravati, anche l’atto di rideterminazione del punteggio attribuito a I. e di riconferma dell’aggiudicazione a favore della medesima, deducendo gli stessi motivi di illegittimità dedotti con il ricorso principale, ad eccezione di quello sanato con l’esercizio dell’autotutela da parte della Centrale di committenza, formulando identiche conclusioni.

Il Tribunale amministrativo regionale respingeva il ricorso e l’atto di proposizione dei motivi aggiunti diretti ad ottenere l’annullamento degli atti impugnati, ritenendo infondate le doglianze ivi prospettate.

Avverso la sentenza di primo grado, F. proponeva appello deducendo la violazione e/o falsa applicazione della lex specialis in punto di formulazione dell’offerta, l’indeterminatezza o indeterminabilità dell’offerta economica, l’eccesso di potere per difetto di presupposti, la violazione del principio della par condicio dei concorrenti, l’omessa pronuncia sulla censura di indeterminatezza o indeterminabilità, formulata con il primo motivo di ricorso e con il quarto motivo aggiunto.

Si costituivano in giudizio il Comune di Monfalcone, in proprio e quale capofila della Centrale di committenza, e il Comune di Ronchi dei Legionari, quale Ente aderente alla Centrale medesima, contestando la prospettazione avversaria e concludendo per il rigetto del ricorso in appello promosso da F., in quanto irricevibile, inammissibile e comunque infondato nel merito.

Si costituiva in giudizio la controinteressata, pure essa per opporsi alle tesi dell’appellante e chiedere il rigetto dell’impugnazione e la conferma della sentenza gravata.

All’udienza del 21 settembre 2017, l’istanza cautelare formulata dall’appellante veniva abbinata alla trattazione del merito.

All’udienza del 16 novembre 2017, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appellante ha articolato tre ordini di censure avverso la sentenza impugnata, sostanzialmente tutte riconducibili a evidenziarne l’erroneità per non aver rilevato l’esercizio, da parte della Commissione di gara, di un’inammissibile attività manipolativa volta a modificare l’offerta economica di I., caratterizzata da indeterminatezza e indeterminabilità.

Con il primo motivo, F. ha evidenziato che I., nel formulare l’offerta economica, ha proposto un ribasso sull’importo di € 811.085,00, comprensivo degli oneri per la sicurezza, e non sull’importo di € 807.440,00 al netto di detti oneri, come prescritto, a pena di esclusione, dal Disciplinare di gara.

In secondo luogo, F. lamenta che l’importo offerto da I., pari ad euro 808.669,92, corrisponde a un ribasso percentuale dello 0,297 sull’importo di € 811.085,00 e non al ribasso offerto dello 0,3%: secondo la prospettazione dell’appellante, dunque, la Commissione ha aggiudicato la gara ad I. per un importo di € 805.017,68 (oneri della sicurezza esclusi), che non è stato offerto da I., bensì stabilito direttamente dalla Commissione stessa in base al ribasso dello 0,3%, difatti mai praticato dalla controinteressata.

Pertanto, la sentenza impugnata sarebbe viziata da plurimi errori “in punto di fatto prima ancora che di diritto, perché non tiene conto delle numerose incongruenze dell’offerta di I., limitandosi a ridurre la questione all’applicabilità del ribasso offerto all’importo dell’appalto al netto degli oneri della sicurezza, piuttosto che al lordo di detti oneri”.

Infine, F. si duole del fatto che l’offerta di I. sarebbe indeterminabile pure sotto altro profilo, in quanto la controinteressata ha formulato un ribasso con una sola cifra decimale, in luogo delle tre cifre decimali prescritte a pena di esclusione dalla lex specialis.

A fronte delle censure articolate nei primi due motivi di appello, i giudici di prime cure hanno fatto proprio l’orientamento giurisprudenziale in base al quale “costituisce «onere della stazione appaltante, in presenza di errore materiale nella formulazione dell’offerta, quello di ricercare l’effettiva volontà del concorrente, come nel caso in cui, mediante il ricorso ad una mera operazione matematica, effettuata sulla base degli altri elementi contenuti nell’offerta economica, si possa procedere alla correzione dell’errore materiale stesso”; sempre che l’errore materiale, rilevabile immediatamente senza necessità di particolari verifiche o interpretazioni del relativo dato, non comporti alcuna modifica dell’offerta economica globalmente intesa. Ed hanno, quindi, concluso nel senso dell’inesistenza di alcun intervento manipolativo da parte della Commissione di garache, con una mera operazione contabile, si è limitata ad applicare quella percentuale di ribasso indicata dalla concorrente alla base di calcolo fissata dalla lex specialis.

L’odierna appellante deduce, pertanto, l’erronea applicazione, nel caso di specie, del principio, richiamato dal T.A.R. ed enunciato anche in giurisprudenza, secondo cui l’offerta economica del concorrente può essere modificata, anche ex officio, allorché la stessa rechi un mero errore materiale, la cui correzione non alteri l’effettiva volontà dell’offerente, risultante chiaramente dagli altri elementi dell’offerta economica stessa.

Secondo l’appellante, avrebbero errato i giudici di primo grado nel ritenere possibile la modifica operata dalla Stazione appaltante nell’offerta economica di I. e facilmente ricostruibile l’effettiva volontà dell’offerente applicando il ribasso offerto dalla stessa all’importo dell’appalto al netto degli oneri di sicurezza, anziché al lordo di detti oneri come fatto dall’appellata.

Ed invero, ammesso che una simile operazione fosse consentita in base alla lex specialis, non vi sarebbe piena coincidenza tra l’importo di aggiudicazione, risultante dall’applicazione del ribasso sull’importo a base di gara al netto degli oneri di sicurezza, e l’importo complessivo offerto, quale risultato della somma dei sub-importi relativi ai servizi indicati nelle tabelle riportate alle pagine 3 e 4 del modulo dell’offerta economica: sicché l’offerta economica dell’appellata resterebbe comunque indeterminata e indeterminabile.

L’appellante evidenzia come anche i Comuni appellati e la controinteressata hanno riconosciuto l’esistenza di un differenza pari a circa 7 euro tra l’offerta di I. e quella rideterminata dalla Commissione: in relazione a tale profilo, F. lamenta, poi, che ove anche si ritenga che si tratti di “un modestissimo scostamento” (come sostenuto dalla controinteressata nei propri scritti difensivi), insuperabile sarebbe il rilievo per cui l’importo di aggiudicazione comunque non è quello offerto dalla stessa controinteressata.

Pertanto, avrebbe errato il T.A.R. nel ritenere, sulla base del principio di tassatività delle cause di esclusione, che tale profilo non potesse assumere valore escludente e che l’offerta non potesse ritenersi né indeterminata né incompleta: ed invero, anche a voler ritenere possibile il “soccorso” da parte della Commissione di gara, I. avrebbe comunque dovuto essere esclusa dalla gara in quanto l’importo di aggiudicazione, pari ad € 805.017,68, risultante dall’applicazione del ribasso sull’importo a base di gara al netto degli oneri di sicurezza, non compare in alcuna parte della sua offerta economica ed è comunque diverso da quello indicato dalla stessa I., pari ad € 808.669,92.

Peraltro, quest’ultimo importo nemmeno corrisponde allo 0,3% indicato da I. come ribasso offerto, corrispondendo invece ad un ribasso pari allo 0,297759%: il che costituirebbe un ulteriore elemento di indeterminatezza dell’offerta.

Gli importi su indicati non coinciderebbero nemmeno decurtando gli oneri della sicurezza dall’importo a base di gara.

Di conseguenza, l’attività correttiva della Commissione non avrebbe comunque consentito di ricostruire in modo chiaro e inequivocabile la volontà dell’offerente.

Né si tratterebbe di una “mera operazione matematica”, come ritenuto dal T.A.R., perché dalla somma dei sub-importi indicati nella tabella riportata nell’offerta di I. risulterebbe che gli stessi sono stati corretti al fine di dare quale risultato quello di € 808.669,92.

La Commissione avrebbe, dunque, modificato d’ufficio l’offerta economica di I., detraendo dall’importo a base di gara quello relativo agli oneri di sicurezza e applicando all’importo risultante il ribasso formulato dalla controinteressata.

I motivi di appello, da trattarsi congiuntamente, non sono fondati.

Va, invero, preliminarmente osservato che, come a più riprese chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, nella materia degli appalti pubblici vige il principio generale della immodificabilità dell’offerta, che è regola posta a tutela della imparzialità e della trasparenza dell’agire della stazione appaltante, nonché ad ineludibile tutela del principio della concorrenza e della parità di trattamento tra gli operatori economici che prendono parte alla procedura concorsuale.

In applicazione di tale principio avente carattere generale, il Collegio condivide e intende dare continuità all’orientamento consolidato di questo Consiglio, secondo cui “nelle gare pubbliche è ammissibile un’attività interpretativa della volontà dell’impresa partecipante alla gara da parte della stazione appaltante, al fine di superare eventuali ambiguità nella formulazione dell’offerta, purché si giunga ad esiti certi circa la portata dell’ impegno negoziale con essi assunti; evidenziandosi, altresì, che le offerte, intese come atto negoziale, sono suscettibili di essere interpretate in modo tale da ricercare l’effettiva volontà del dichiarante, senza peraltro attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima né a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente.” (Consiglio di Stato, IV, 6 maggio 2016 n. 1827).

Dall’esame della documentazione di gara prodotta nel giudizio di primo grado emerge, in primo luogo, che l’importo a base d’asta indicato nel Bando era pari 811.085 Euro, Iva esclusa e oneri di sicurezza non soggetti a ribasso (solo per Monfalcone) inclusi. L’importo stimato per gli oneri di sicurezza non soggetti a ribasso era pari, per l’intero triennio, a 3.645,00 euro per il Lotto 1 “Servizi educativi a favore del Comune di Monfalcone” e pari a 0 per il Lotto 2), relativo ai “Servizi educativi a favore del Comune di Ronchi dei Legionari”.

Nel Disciplinare si prevedeva che “nella busta “B- Offerta Economica “devono essere contenuti, a pena di esclusione, i seguenti documenti: A. Dichiarazione (redatta in conformità all’allegato A/2 del presente disciplinare titolato “Modulo dell’offerta”) (…) contenente l’indicazione del prezzo globale d’offerta- inferiore al prezzo posto a base di gara al netto degli oneri della sicurezza- espresso in cifre e in lettere nonché il conseguente ribasso percentuale (con tre decimali), anch’esso espresso in cifre ed in lettere, rispetto al prezzo posto a base di gara soggetto a ribasso. In caso di contrasto tra le due indicazioni prevarrà quella in lettere.

B. Stima dei costi relativi alla sicurezza aziendale, diversi dal DUVRI, di cui all’art. 97 comma 6 del Codice. (…).”.

Il disciplinare di gara chiedeva dunque di indicare il prezzo globale offerto e il conseguente ribasso percentuale.

L’importo indicato da I. non rendeva in alcun modo l’intera offerta indeterminata o indeterminabile: ed invero, il ribasso offerto da I. era stato indicato in maniera chiara ed inequivocabile ed era pari allo 0,3% sull’importo posto a base di gara di € 811.085,00.

Parte appellante fornisce una lettura atomistica e parcellizzata dell’offerta economica di I., mentre quanto indicato a pagina 2 del modulo non può essere disgiunto dalle indicazioni contenute nella tabella riepilogativa del modulo di offerta alle pagine 3 e 4.

Come rilevato, la lex specialis imponeva che l’offerta economica fosse espressa indicando il prezzo globale offerto nonché il ribasso percentuale rispetto al prezzo posto a base di gara. I. ha indicato questi dati utilizzando l’apposito modello A2 predisposto dalla Stazione appaltante che, nella prima parte (pagina 2), non precisava se l’importo a base di gara fosse comprensivo o meno dei costi della sicurezza. Nel punto successivo (alle pagine 3 e 4), il modulo in modo univoco richiedeva la precisazione delle singole voci e dell’importo totale oggetto di offerta e, di seguito, della percentuale di ribasso, dei costi della sicurezza e, infine, del totale generale. Questi dati erano puntualmente indicati da I. nella tabella recante il “Riepilogo elenco delle prestazioni” con indicazione delle singole prestazioni, per un totale di euro 805.024,92, al netto degli oneri di sicurezza indicati dalla stazione appaltante e non soggetti a ribasso, e contenente, altresì, la puntuale e inequivoca indicazione della percentuale di ribasso pari allo 0,3%, dei costi della sicurezza non soggetti a ribasso (pari ad euro 3.645.00), e del totale generale (pari ad euro 808.669,92).

L’importo di € 805.024,92, indicato in tale tabella, sommato agli oneri della sicurezza non soggetti al ribasso, conduce al risultato di € 808.669,92, ovvero il prezzo globale complessivo e incondizionato offerto da I., corrispondente al ribasso del 0,3%, sull’importo posto a base di gara di € 811.085,00.

I. ha riportato, duqnue, esattamente lo schema proposto dalla medesima Stazione appaltante nel modello relativo all’offerta economica che chiedeva di indicare dopo il prezzo e il ribasso l’esatto importo a base di gara (€ 811.085,00), come peraltro descritto nel medesimo modulo vuoto, dove si legge (a pagina 2) “preso atto che l’importo a base d’asta al netto dell’IVA è pari a € 811.085,00 e che verranno escluse offerte di importo superiore. L’odierna appellante, invece, ha indicato un importo a base d’asta pari ad euro 807.440,00, diverso da quello indicato dalla Stazione appaltante in quanto ha detratto dallo stesso l’importo degli oneri della sicurezza.

Correttamente, dunque, la Commissione giudicatrice ha ritenuto che, per quanto la ditta I. abbia indicato l’importo a base di gara al lordo degli oneri (riportando la propria offerta oneri compresi), mentre F. abbia riportato la base di gara al netto degli stessi (indicando la propria offerta oneri esclusi), entrambe le offerte sono state formulate sulla base dell’importo corretto, ovvero quello decurtato degli oneri citati, e risultano regolari, come chiaramente emergeva dagli screen shot di entrambe le offerte. La Commissione ha, pertanto, esattamente ritenuto che tale discrepanza fosse da ritenersi ininfluente: e difatti sulla base dell’esame documentale dell’offerta prodotta, è emerso oggettivamente che I. ha ricompreso gli oneri della sicurezza nella sola formulazione della prima parte della propria offerta; mentre nella pagina successiva, nella tabella riepilogativa delle singole prestazioni e dei relativi importi, emerge in modo univoco che il ribasso pari allo 0,3% in cifre e lettere viene correttamente formulato sull’importo al netto degli oneri della sicurezza, che vengono poi sommati per definire il prezzo globale offerto per l’appalto. Pertanto, immune dalle dedotte censure appare l’operato della Commissione che si è limitata ad applicare il ribasso offerto da I. all’importo posto a base di gara al netto degli oneri di sicurezza, aggiudicando l’appalto all’importo netto di € 805.017,68.

L’attività della Commissione integra, di conseguenza, un mero esercizio del potere- dovere di interpretazione dell’offerta alla luce degli elementi oggettivi in essa contenuti. L’offerta economica di I. appare univoca e intrinsecamente coerente, nonché determinata e oggettivamente verificabile in tutti i suoi elementi: essa aveva prodotto il modulo compilato con una serie di dati non contraddittori e univocamente interpretabili alla luce di semplici operazioni matematiche, senza alcun intervento additivo o integrativo volte a supplire carenze sue proprie. Pertanto, tale offerta non presentava le asserite ambiguità ed incongruenze dedotte da parte appellante.

Non vi è stata alcuna inammissibile attività manipolativa ad opera della Commissione: questa si è al più limitata a correggere un mero errore materiale, a fronte di una volontà correttamente espressa dalla partecipante in relazione all’offerta economica, nei limiti indicati dalla consolidata giurisprudenza in materia: ed invero, l’errore materiale direttamente emendabile è soltanto quello che può essere percepito o rilevato ictu oculi, dal contesto stesso dell’atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive di una volontà agevolmente individuabile e chiaramente riconoscibile da chiunque (si veda in tal senso Consiglio di Stato, VI, 2 marzo 2017, n. 978).

La Stazione appaltante nel caso di specie si è dunque limitata ad una mera correzione dell’errore di calcolo, ponendo in essere un’operazione che non lede in alcun modo in concreto la par condicio dei concorrenti.

Di conseguenza, la Sezione ritiene condivisibile il ragionamento del T.A.R. il quale ha correttamente rilevato come “nel caso in esame il disciplinare di gara imponeva l’indicazione della percentuale di ribasso offerta: così ha fatto la Cooperativa I., e correttamente l’Amministrazione ha applicato quel ribasso al prezzo posto a base di gara al netto (e non al lordo) degli oneri di sicurezza non soggetti a ribasso”; ed ha pertanto esattamente ricondotto l’attività della Commissione ad una mera operazione matematica, escludendo ogni intervento additivo o integrativo sull’offerta economica della concorrente.

Parimenti, il Collegio ravvisa l’immunità dai vizi addotti della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che non possa assumere valore escludente “in un sistema ordinamentale, quale per l’appunto quello italiano, basato sul principio di tassatività delle cause di esclusione e sul divieto di irragionevole restrizione della concorrenza, in applicazione di rigidi formalismi non funzionali al perseguimento di interessi meritevoli di tutela, la mancata espressione del ribasso offerto con tre decimali dopo la virgola, ancorché così richiedesse il disciplinare di gara”; e che, pertanto, l’offerta di I. non possa per questa ragione ritenersi né incompleta, né indeterminata, dovendosi intendere i decimali omessi come pari a zero, cosicché il risultato finale è rimasto inalterato.

Sul punto, si osserva, in primo luogo, come non vi fosse alcuna prescrizione della legge di gara che imponesse, a pena di esclusione, di indicare il ribasso con l’indicazione delle tre cifre decimali, in quanto ciò che assumeva rilievo (si veda pagina 40 del Disciplinare) era il ribasso percentuale unico offerto.

Inoltre, la tesi sostenuta dall’appellante condurrebbe a ritenere che un ribasso offerto con tre decimali, nella quale le ultime due cifre siano lo zero, sia da considerare ammissibile, perché rispettoso della lettera della disposizione, mentre la stessa offerta non lo sarebbe se l’offerente avesse omesso di aggiungere due zeri finali, sebbene tale omissione non altererebbe in nulla il valore del ribasso indicato dall’offerente.

Può certamente affermarsi che tale non fosse l’intenzione dell’autore della disposizione, per la semplice ragione che siffatta interpretazione, mentre non è fondata sull’esigenza di salvaguardare un qualche valore giuridico sostanziale, comporterebbe la violazione di un principio essenziale nelle pubbliche gare, che consiste nel favor partecipationis, ossia nell’interesse pubblico all’ampliamento della platea delle imprese in gara.

Pertanto, appare corretto ritenere che le cifre decimali omesse devono essere interpretate come pari a zero e ciò anche in applicazione di principi matematici secondo i quali le cifre pari allo zero successive alla cifra decimale diversa da zero non devono essere indicate: in tal senso peraltro è orientata l’unanime giurisprudenza amministrativa (si veda Cons. Giust. Amm. Regione Sicilia, 29 aprile 2013, n. 414; Cons. Stato, V, 25 maggio 2010, n. 3311).

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto in quanto infondato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Condanna F. Consorzio FH al pagamento delle spese di giudizio che sono liquidate forfettariamente in complessivi € 4.000,00 (quattromila) in favore delle Amministrazioni appellate, di cui € 2.000,00 (duemila) a favore del Comune di Monfalcone e 2.000,00 (duemila) a favore del Comune di Ronchi dei Legionari, ed in euro 4.000,00 (quattromila), in favore di I. Società Cooperativa Sociale Onlus, oltre oneri accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere, Estensore

L’ESTENSOREIL PRESIDENTE
Angela RotondanoFrancesco Caringella

IL SEGRETARIO