Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 2096 depositata il 28 febbraio 2023

calcolo della revisione prezzi nei “contratti di durata”

FATTO

Il Consorzio A. ha impugnato il provvedimento del 13 settembre 2018, con il quale il Ministero della giustizia ha concluso il procedimento di revisione instaurato ai sensi dell’art. 115 d.lgs. n. 163 del 2006 respingendo l’istanza di adeguamento prezzi formulata dal Consorzio sui rapporti contrattuali scaduti il 30 giugno 2017 – lotti 2, 3, 4 – aventi ad oggetto la fornitura dei servizi di documentazione degli atti processuali penali di cui al bando di gara pubblicato in GURI 2 febbraio 2009, chiedendo, altresì, l’accertamento del diritto ad ottenere il corrispettivo revisionale nella misura di euro 10.759.325,94, computato in applicazione del metodo convenzionale dell’indice Istat c.d. FOI di variazione dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, e la condanna del Ministero della giustizia al pagamento di tale importo.

I contratti in questione avevano ad oggetto un servizio essenziale, in quanto tale non suscettibile di subire interruzioni nelle more dell’espletamento di una nuova gara, come emerge dalle lettere di proroga predisposte dal Ministero.

In seguito alle proroghe il Consorzio aveva inoltrato formali istanze di adeguamento del prezzo del servizio reso, ai sensi dell’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006, nonché in applicazione della espressa previsione contenuta in ciascuno dei tre contratti stipulati; il Ministero, però, non aveva dato riscontro a tali istanze, tanto che il ricorrente aveva proposto ricorso avverso l’illegittimo silenzio serbato.

Soltanto dopo la proposizione del ricorso l’amministrazione, il 12 febbraio 2018, aveva avviato il procedimento, chiedendo al ricorrente di fornire giustificazioni in relazione alle richieste revisionali, che il Consorzio aveva riscontrato mediante l’invio di una perizia estimativa.

Il provvedimento di rigetto dell’istanza di adeguamento prezzi è stato impugnato dal Consorzio innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio che lo ha accolto con sentenza n. 11577 del 2020, appellata dal Ministero della giustizia per i seguenti motivi di diritto:

I) erroneità della motivazione sotto il profilo del riconoscimento quale regola ordinaria del diritto alla revisione dei prezzi; natura del procedimento ex art. 115 d.lgs. 163/2006;

II) difetto di motivazione in ordine al ritenuto “difetto di istruttoria” imputabile al Ministero della giustizia;

III) difetto di motivazione sotto il profilo dell’assenza di indicazioni/criteri in merito alla modalità di calcolo del compenso revisionale;

IV) difetto di motivazione sotto il profilo dell’assenza di indicazioni/criteri in merito alla modalità di calcolo degli interessi moratori.

Si è costituito il Consorzio A. per resistere all’appello.

Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 16 febbraio 2023 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello proposto dal Ministero della giustizia contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio n. 11577 del 2020 che ha accolto il ricorso del Consorzio A. per l’annullamento del diniego di revisione prezzi richiesta nell’ambito in un contratto di fornitura del servizio di documentazione degli atti processuali, disponendo che l’amministrazione svolgesse una nuova istruttoria.

Il Ministero appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza per difetto di motivazione sotto svariati profili.

L’appello è infondato.

Il Consorzio A. aveva inviato al Ministero della giustizia, dal 2011 al 2017, 12 istanze di revisione dei prezzi, in applicazione dell’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006, nonché degli articoli 15 e 16 dei contratti stipulati in relazione ai lotti 2, 3 e 4 dell’appalto per la fornitura dei servizi di documentazione degli atti processuali penali.

Ed invero, il Ministero della giustizia aveva prorogato i contratti di semestre in semestre per circa sei anni, vincolando il Consorzio in ragione dell’essenzialità del servizio di documentazione degli atti processuali penali, ma non aveva accolto l’istanza di adeguamento dei prezzi per assunta mancanza di prove dello squilibrio determinatosi tra i costi sostenuti ed il conseguente utile di impresa, in violazione del citato art. 115 del Codice degli appalti, richiamato dai tre contratti stipulati.

Per consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, il diritto alla revisione dei prezzi deve riconoscersi nella misura contenuta dal riferimento agli indici ISTAT, in relazione al trascorrere del tempo e al correlativo aumento dei prezzi che generalmente gli corrisponde, senza che a tal fine debba essere offerta la prova di particolari e notevoli squilibri.

Il meccanismo della revisione prezzi ai sensi dell’art. 115 succitato opera, infatti, nel caso dei contratti di durata per adeguare il corrispettivo contrattualmente previsto all’andamento generale dei prezzi, al fine di salvaguardare, da un lato, l’equilibrio economico delle prestazioni a fronte di modifiche dei costi, durante l’arco temporale del rapporto, che potrebbero pregiudicare il livello qualitativo delle prestazioni o compromettere il regolare adempimento delle controprestazioni e, dall’altro, di tutelare la stazione appaltante da una lievitazione incontrollata dei corrispettivi tale da sconvolgere il quadro finanziario originario del contratto (cfr. per tutte Cons. Stato, V, 23 aprile 2014, n. 2052).

Riguardo alla misura del compenso revisionale, a fronte della mancata pubblicazione da parte dell’Istituto Nazionale di Statistica dei dati relativi ai beni e servizi acquisiti dalle stazioni appaltanti, la revisione dei prezzi deve essere calcolata utilizzando l’indice medio del paniere di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (c.d. indice FOI) pubblicato ogni mese dall’ISTAT medesimo, quale parametro generale a cui al momento si deve fare riferimento, atteso che l’appaltatore solo in casi eccezionali può affermare il suo diritto ad un maggior compenso revisionale fondato su criteri differenti, ma in ogni caso sempre tale da non superare i valori che potrebbe conseguire utilizzando i suddetti parametri.

Tale indice costituisce, invero, il limite massimo oltre il quale l’operatore economico che ha eseguito il contratto non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dallo stesso.

Resta salva la verifica da condurre in concreto attraverso la specifica istruttoria di competenza, cui la singola amministrazione committente non può sottrarsi (cfr. Cons. Stato, V, 20 novembre 2015, n. 5291).

Nella specie, come statuito dalla sentenza appellata in maniera del tutto condivisibile, sono, pertanto, ravvisabili i vizi di difetto di istruttoria e di motivazione contestati, in quanto l’amministrazione, con riferimento alla perizia redatta per conto del Consorzio A., si è limitata a contestare l’automatica applicazione dell’indice FOI, senza in alcun modo individuare e richiamare le specifiche ragioni per cui tale parametro, che come visto costituisce l’ordinario criterio di riferimento in materia, non sarebbe stato applicabile nella fattispecie in questione.

Ne deriva la legittimità dell’annullamento del diniego impugnato, nonché del conseguente ordine di rideterminazione da parte dell’amministrazione sulla spettanza o meno della revisione prezzi, peraltro già avvenuta con l’emissione di un nuovo atto di diniego il 3 settembre 2021, oggetto del successivo giudizio di ottemperanza R.G. n. 202206948 deciso in data odierna in camera di consiglio.

Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza appellata di accoglimento del ricorso di primo grado.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi, in relazione alle peculiarità della controversia, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata di accoglimento del ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.